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DA DIECI ANNI

DA DIECI ANNI - Ciessevi

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46fare a scalare”. Dove i tradizionali contenuti delWelfare, previdenza, sanità e assistenza, sono ascalare: la previdenza ha una competenzaesclusiva dello Stato; la sanità ha una competenzaconcorrente, quindi i principi generalisono ancora in capo allo Stato; l’assistenza èuna competenza residuale delle Regioni. Nontenere conto di questo quadro ci porta ad alcunediscrasie sul tema delle integrazioni. Trovosempre operatori che faticano a far sintesi perchénon sanno di chi è la competenza: se è delComune/Sindaco; se del Piano di Zona; se dell’Asl(ma a che livello); se dell’Ospedale, perchéla psichiatria e neuropsichiatria hanno afferenzaOspedaliera.Voi capite allora che l’assetto del Welfare è undiscorso complicato. In questa quadro credoche sia importante avere come riferimento ilquadro normativo esistente, quanto meno il discorsocostituzionale.Lo scenario culturale post-moderno. Sappianoche l’epoca della modernità è finita, ma nonsappiamo dove stiamo andando. Diciamopost-cristiano, post-capitalistico. Post, il dopo,vuol dire che una stagione è finita, ma non abbiamograndi elementi per dire che cosa. Se ilmoderno era significato dal pensiero forte, iltardo moderno è significato dal pensiero debole,il post-moderno parla già di pensierounico, di pensiero freddo, di pensiero affaticato.Il post moderno è definito come il tempo in cuiè finita la necessità, l’utilità, la prassi della metanarrazione.La meta-narrazione è quella grammaticae sintassi con cui una Nazione, unpopolo, un territorio, interpreta e comunica, a see agli altri, l’orizzonte e il significato del vivere.Con gli stili di vita di oggi, con la globalizzazione,con le pluriculture, questo discorso meta-narrativonon c’è più. Non mi interessa stabilire se èun bene o un male; quando non c’è coscienzadi questo ci sono le derive identitarie, che sonosempre molto difensive. In questo scenario noiabbiamo quadri molto differenziati.Oggi c’è una parola nuova che io chiamo “desiderio”;cioè un frammento di meta-narrazioneche è molto più personale, che è molto più soggettivoe molto più individuale. Per il Welfare questasituazione è un gap, è la ragione per cuinon si può non far sistema tra il pubblico e privato,tra privato sociale e tutte le forme espressive.In questo contesto diventa debole anche lacoordinazione delle relazioni in un Piano di zona,dei tavoli a cui partecipiamo. Allora il desiderio èla nostalgia di questa meta-narrazione che èmolto più soggettiva; è il desiderio di realizzare ilproprio nome; è il desiderio di rinascere a sestessi; è il desiderio di costruire relazioni più significative.Non si sostituisce la risposta al desideriocon una moltiplicazione coatta dei bisogni,talvolta anche indotti. Quindi, dimenticare loscenario socio culturale è estremamente pericoloso,anche dentro il quadro della complessità.Faccio qualche esempio. La malattia, oggi,non è più solo un evento clinico, ma un eventoesistenziale, soprattutto quando la malattia diventacronica. La Regione Lombardia nonprende in considerazione un diritto che è quellodell’auto-integrazione socio sanitaria. L’auto-integrazionesocio sanitaria, principio della sanità,è quella che afferma che in questa situazioneparticolare, la malattia cronica, occorre una tutelae una cura di tipo sanitario, intensivo e dilungo termine, senza essere “ad tempus”. Pensate,per esempio, ad un anziano che è in RSA,che magari è malato oncologico e che si fa tremesi di malattia terminale: l’assistenza del malatoterminale è auto-integrazione socio sanitariaa totale carico della sanità, invece continua apagare la sua retta. C’e una grande differenzatra bisogno e desiderio: il desiderio è la qualitàpost moderna con cui la persona umana cidice il proprio bisogno; bisogno dice appagamento,desiderio dice riconoscimento; bisognodice prestazione, desiderio dice relazione; bisognodice livelli essenziali delle prestazioni, desideriodice livelli esistenziali delle prestazioni. Allorail livello esistenziale e della relazione, non è garantitodalla somma delle prestazioni codificateda un diritto, questa dimensione può essere garantitada soggetti che fanno la comunità, e sec’è un titolo che differenzia il soggetto gestorenon profit è questa qualità relazionale. Altrimentiriduciamo il vivere civile al bene pubblico o aquello privato, ma non c’è democrazia se nonc’è il bene comune o l’interesse generale. Laqualità del Welfare non può essere fatta dalloStato. Lo Stato garantirà livelli essenziali delle prestazioni,ma occorre la comunità, occorre la societàcivile. E il volontariato ha il compito e il dovereinderogabile della solidarietà senza laquale le democrazie finiscono.Il tema dei legami deboli, il tema dell’assenzadelle relazioni è la tragedia del nostro tempo. Latragedia del nostro Paese è che non sappiamopiù pensare, aggiriamo il pensiero ma non siaggira la responsabilità del pensare. Sono tantele conseguenze che derivano dalle politiche socialinello scenario culturale post-moderno: l’ingressodi povertà materiali e immateriali;l’insorgere e il consolidarsi di nuove fragilità; l’affacciarsidel desiderio come nome nuovo bisognosociale. Il Welfare deve essere promotore disviluppo, e non soltanto protezione degli esclusi,quindi deve coniugare responsabilità e solidarietà,partecipazione e sussidiarietà.Il nome nuovo che si può dare al Welfare è “fraternitàe solidarietà”. Che non è il buonismo cattolicoo la buona azione, non è terzo, così come

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