16Antonella CandosinTELEFONO AMICOHo iniziato la mia esperienza di volontaria in unalinea d’ascolto 11 anni fa su suggerimento di unmio ex fidanzato. In quel particolare momentodella sua vita riteneva importante intraprenderequesta via per trovare nuovi stimoli di formazionepersonale e io lo seguii, neanche particolarmenteconvinta. Con il tempo però la situazionecambiò: dopo due anni lui se ne andò seguendoaltri interessi, mentre io continuai questaesperienza, più entusiasta che mai. Frequentaicinque mesi di corso di preparazione, poi iniziaia rispondere al telefono, dapprima affiancandoi “vecchi” turnisti e poi da sola, ma sempre con ilprezioso sostegno del gruppo. Il mondo che mi siaprì fu talmente vasto e disparato da farmi metterea fuoco la mia stessa vita con occhi nuovi.Mi resi conto di aver vissuto per troppi anni dentrouna cupola di cristallo. Una protezione che miera servita per crescere serenamente ma chenon mi aveva permesso di comprendere realmenteciò che mi circondava. Scoprii così alloraquanto è complessa la mente umana.Telefonata dopo telefonata, molte dinamiche esituazioni mi hanno colpita. In particolare mihanno stupito le assurde spiegazioni che la nostramente trova per evitare di farci soffrire. In alcunesituazioni, quando un famigliare ci usaviolenza, anche della peggior specie, noi riusciamoaddirittura a giustificarlo: arriviamo adirci che agisce in quel modo per comunicarciamore. A volte, ancora, ci si relaziona con personecostantemente aggressive e ostili con lequali si fatica a comunicare. Ho scoperto chequesto comportamento è solo un atteggiamentoappreso da piccoli e poi messo in praticanegli anni semplicemente perché soloagendo così si riesce a catturare l’attenzionedelle persone. Ho anche imparato che, purtroppo,a volte è difficile trovare una logica aldelirio perché quello che se ne ricava è solo ungrande male alla testa a conclusione della telefonata.Ho scoperto milioni di altre verità ma,ahimé, milioni ne devo ancora imparare!Durante i primi cinque anni di esperienza, misono documentata e ho studiato, facendomiun’idea di cosa significava fare relazione d’aiuto.Ho conosciuto molte persone, poi divenuteamici, e proprio con alcuni di questi compagnidi viaggio ho deciso di fondare un’associazione:mettere insieme le nostre forze ed esperienze afavore di chi soffre. Che ambizione! Non è statofacile: un grosso dispendio di energie che ci haassorbito completamente, ma ne abbiamo ricavatosicuramente una fantastica crescita interiore.Sono passati sei anni dall’apertura diquesta associazione e sono contentissima pertutto ciò che mi ha portato questo impegno.Sono felice ogni volta che entrano “i nuovi” in associazioneperché mi rivedo in loro e perchéspero possano trovare in questa esperienza divolontariato tanto quanto ho trovato io.Non nascondo di aver dovuto affrontare moltedifficoltà in questo percorso, ma la crescita cheho vissuto ha sicuramente più valore. Tutto quelloche ho ricevuto l’ho portato nella mia vita quotidiana:con i miei familiari, con i miei amici, perfinonel mio lavoro. Tre anni fa mi sono guardataintorno e mi sono resa conto che non mi riconoscevopiù nell’ambiente di lavoro che mi circondava.Allora ho deciso di cercare un impiegonel sociale, un’attività che mi permettessedi esercitare quanto appreso in questi anni diesperienza nell’ascolto e nella relazione d’aiuto.Ora mi sto formando per diventare counselor. Lavoroin ospedale, sono a stretto contatto con ipazienti e, ancora una volta, ascolto. Questaesperienza mi ha aiutata a crescere. Probabilmentese non avessi imparato ad ascoltare mestessa non sarei riuscita a capire come ascoltaregli altri. Riconosco che questo percorso non èstato facile…ma cosa lo è nella vita?
17Ivan Di BitettoASSOCIAZIONE VOLONTARI OSPE<strong>DA</strong>LIERI (AVO)La mia storia di volontariato è iniziata un po’ percaso. Le cose migliori accadono così, inaspettatamente,quando meno te ne accorgi. Avevocirca l’età dei tredici anni. Frequentavo la terzamedia inferiore e la materia che studiavo con piùinteresse e piacere era Geografia. Un argomentoin particolare suscitò molto il mio interesse: l’India.Ogni volta che sfogliavo il mio libro e scorgevoquelle immagini struggenti di sofferenza, avvertivouna forte emozione, mai provata prima. Quellasensazione mi comunicava qualcosa d’importante,che solo dopo alcuni anni capii. Ricordoancora quando comunicai ai miei genitori il miodesiderio di fare un’esperienza di volontariato inIndia ma, data la mia giovane età, non fui presoseriamente in considerazione. Quella strana sensazionecustodita in me però, di tanto in tanto, sirifaceva viva e decisi di ascoltarla. Mi recai nell’ospedaledella mia città, Cinisello Balsamo, doveera presente l’Avo, l’Associazione volontari ospedalieri.Mi recai in segreteria e lasciai il mio nominativoper diventare anche io un volontario, unavolta raggiunta la maggiore età. Nel 1997 finalmenteiniziai a frequentare il Corso base di formazioneper nuovi volontari ospedalieri. Da quelgiorno, il mio sogno iniziò a diventare realtà.Dopo il corso, iniziai l’esperienza pratica sul cam -po tra le corsie dell’unità operativa di Otorino,presso l’ospedale Bassini di Cinisello. Ricordoancora oggi, come se fosse ieri, la mia primaesperienza con i malati, il mio batticuore, la miatimidezza, la mia insicurezza, la mia gioia e queldubbio: chissà che cosa combinerò?! Beh, neho combinate un po’ di tutti i colori: di blu comel’intensità, di verde come la speranza, di giallocome l’impegno e di rosso come il coraggio el’amore dello sforzo di dare il meglio di me inquesta attività. Dopo due anni trascorsi nellacorsia dell’unità operativa di Otorino, sono passatopoi nel reparto di Ortopedia.In questi anni di servizio a stretto contatto con ildegente, sono riuscito a comprendere l’importanzadella figura del volontario all’interno di unastruttura sociosanitaria. L’esperienza mi ha insegnatoche può bastare anche una stretta dimano al momento giusto, una parola di confortoo un semplice sorriso, per rendere una personamalata più serena e tranquilla. È molto importantesaper ascoltare le confidenze delmalato, le sue paure e i suoi problemi, anche sea volte è difficile evitare di farsi coinvolgere emotivamente.A volte, mi sono accorto, il silenzio èpiù utile di mille parole. Il silenzio è la migliorecompagnia, quando capita di incontrare personein determinate situazioni. La sola presenzapuò essere di conforto, in quanto l’ammalatocomprende che si è accostata a loro una personaper trasmettergli coraggio e forza.È capitato più di una volta che la mia presenzafosse rifiutata per motivi che non riuscivo a comprendere.Non riuscivo a capire se quello che facevoera corretto o sbagliato. Sono arrivato alpunto di pensare che la mia voglia interiore di aiutaregli altri in certe situazioni potesse quasi dar fastidioalle persone in certe situazioni. Con l’esperienzae con il tempo sono riuscito ad accettareanche questi sporadici episodi, imparando a rispettarele scelte altrui, senza mettere in crisi le miemotivazioni. In questi anni, sono venuto a conoscenzadi una parte della realtà di questo mondo,un tempo per me sconosciuta. Ora so che ilmondo che scorgo dalla finestra di casa non ètutto “rose e fiori” e nel cielo non splende semprel’arcobaleno, ma ci sono alcune persone che nonriescono a scorgere queste meraviglie della natura.In Avo ho imparato a considerare fondamentaleanche la vita associativa. Per apprezzare fino infondo il senso di un’esperienza speciale, comequella del volontariato ospedaliero, l’incontro fravolontari deve essere posto sullo stesso piano delservizio in corsia. Inoltre per un’associazione è importanteguardare all’esterno del proprio ambitod’intervento, la realtà del territorio e l’impegno conle istituzioni. Questa evoluzione del mio modo di“fare volontariato” mi ha portato a vivere un’altraesperienza. Nel ho assunto l’incarico di delegatoregionale Avo giovani Lombardia e, per ben quattroanni, ho avuto modo di conoscere la realtà regionaledella mia associazione e collaborare sulterritorio a diversi progetti e iniziative. Terminatoquesto incarico, nel 2006 sono stato poi elettopresidente Avo Cinisello Balsamo, il più giovanepresidente Avo a livello nazionale. Un’altra scommessa,un’altra nuova esperienza: la mia giovaneetà, i miei timori, i miei pensieri e la mia buona volontàdi mettere a disposizione le mie capacità. Unincarico che mi vede impegnato tuttora in un volontariatodiverso rispetto ai miei inizi: responsabilità,contatti e collaborazioni anche con altre associazionidi volontariato e istituzioni. Senzadimenticare l’incontro con i volontari, il confronto,l’arricchimento delle esperienze vissute e condivise.Gestire quasi cento volontari a volte è difficilema da qui nasce la voglia di realizzare qualcosadi nuovo. Bisogna seminare per poi raccogliere emi accorgo che qualche girasole sta nascendo…e questa è la mia più grande soddisfazione. Il servizioAvo mi ha aiutato a crescere, a maturare, portandomia vivere esperienze positive e altre più difficili.Da queste ultime nasce la voglia di mettersiin gioco per migliorare. Mi viene in mente un pensierodi Padre Arnaldo Pangrazzi: “I salici piangentinon si possono sradicare dalla vita…per tutti prestoo tardi il dolore bussa alla porta della propriacasa… ma all’ombra di ogni salice piangente èascosto un girasole”.