56L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DEI CSV:LE PROSPETTIVE APERTEMarco Granelli, Presidente CSV.netNon posso non nascondere un po’ di emozioneparticolare. In questo anno, un po’ di incontri diquesto tipo per l’Italia mi sono capitati e sonostati incontri interessanti. Essere qui oggi con voiè per me un’occasione un po’ particolare chemi fa ripensare al percorso che con molti di voiabbiamo compiuto insieme in questi anni. Bellaquesta idea del cantiere, di un lavoro semprepiù in progress. Questo penso che sia significativoe lo ricollego al lavoro di tutta la rete nazionaledei Centri di servizio. Quando si apre uncantiere bisogna sapere dove si vuole arrivare.Vuol dire scavare e lavorare con le cose concrete,con le mani nella concretezza, non è unlavoro solo di testa, ma vuol dire aver primapensato dove si vuole arrivare, conoscere quelterreno lì, conoscere quello spazio lì e averel’idea e il sogno di cosa metterci e come trasformarequel pezzo di terra in forma di casa. Allorapenso che lo sforzo che oggi il volontariatoitaliano deve fare è quello di avere questosguardo, di avere questo sogno, di tenere i piedinella terra, nella concretezza, ma di guardarelontano, di sognare da questo punto di vista eimmaginare qualcosa da mettere lì. Un sognoè la riforma della legge 266, la legge sul volontariato,un percorso che auspico sia fatto insiemeal Parlamento, perché il volontariato hala forza e la capacità di mettere sul piatto nontre paroline di modifica agli articoli della legge,ma di far capire quale è lo scenario in cui il volontariatovuole collocarsi e di cosa ha bisognoper realizzare il sogno che ha in testa. Oggi iopenso che questo sia un po’ la debolezza delvolontariato. Abbiamo tanti sogni e siamo impegnatiin tante cose che fanno parte della nostraattività quotidiana, ma dobbiamo avere unsogno che guarda un po’ più in là.Il volontariato deve produrre coesione sociale,deve produrre quella colla che serve a farestare insieme e a cambiare la nostra cultura perunire le persone e sentirsi parte di un insieme.Certo che questo è fatto con la concretezzadegli strumenti, non con le teorie. Un collanteche avviene con la piccola società sportiva dilettantisticadel quartiere di periferia o con unlavoro sulla mondialità o sull’ambiente, o con igruppi di acquisto solidale.Condivido molto l’aspetto della fraternità, peresempio noi oggi siamo ospiti in una RSA, unastruttura complessa del sociale che non può esserefatta dal volontariato, ma se non ha dentroil volontariato fa un servizio di qualità inferiore,perché la persona che viene qui, oltre a tutto ilresto, deve avere anche delle persone amicheche sanno stare a suo fianco. Allora il volontariatodeve recuperare la cura del verde nei nostriquartieri, certo che è una cura che devo chiedereall’assessore competente, ma devo anchechiedere che io senta mio quel giardino sottocasa e quindi lo uso bene e lo curo, perché losento mio. E questo è il collante del volontariato.Allora io penso che questo c’entri con il cantieredel Centro di Servizi di Milano e il cantiere diCSVnet, e i cantieri che insieme dobbiamo farecome Centri servizio. Nei primi anni dei Centri diServizio c’è stata molta fatica a rendersi contoche il fondo messo a disposizione dalla legge266, nell’articolo 15, dalle fondazione di originebancaria è un fondo vincolato a disposizionedel volontariato. Il volontariato ha fatto un po’ difatica perché si è concentrato a capire che eraa sua disposizione per il suo sviluppo, per trasformarloin azioni che servivano. Ora anche noicome centri di servizi dobbiamo porci in quest’otticae dire quanto il volontariato dei nostriterritori, quello piccolo e grande insieme, devesapere che quelle sono delle risorse significativea disposizione del suo sviluppo. Molte volte, invece,abbiamo su questo un atteggiamento burocratico:andiamo se il decreto ministerialedice che quei fondi dobbiamo fare quelle treazioni, allora chiediamo il permesso di farequella cosa. No! Nell’articolo 15 c’è scritto chequei fondi sono a disposizione per qualificare esostenere il volontariato. E allora la fatica di dire:“di cosa abbiamo bisogno noi?” Se abbiamo bisognodi cambiare la cultura del nostro paese,della nostra comunità perché si riscopra l’appartenenza,la voglia di fare volontariato, o chele associazioni sappiano riscoprire la voglia deigiovani di fare volontariato, magari in manieradiversa e renderli protagonisti e di far nascereun nuovo volontariato. Ciessevi ha aiutato a farnascere un’associazione di volontariato di alcunistranieri che qui a Milano hanno cominciatoad essere non oggetti di un aiuto, masoggetti di coesione sociale, magari meglio diqualcuno di noi, allora la capacità di saper scoprirequesto è quello che dobbiamo fare comecentri di servizio. Vuol dire rendere protagonistala piccola associazione della nostra provinciache devono essere capaci di non sentirsi soloutilizzatori del centro servizio, ma padroni, proprietari,parlando in termini a cui noi non siamoabituati.Stiamo lavorando sulla governance dei centri diservizio, interpretare bene quello che dice lalegge, che il volontariato è proprietario di queifondi e dei centri di servizio, azionista, quello chedecide dove deve andare. Questo però non èfacile perché vuol dire che dobbiamo trovare fradi noi delle persone che oltre a fare il loro lavoro,fare i volontari, si dedicano anche a fare questafatica. Allora insieme in questa città abbiamo bisognodi che cosa per far migliorare il volonta-
57riato, per aumentare le risorse del volontariato ditesta, di pensiero, di volontari, di risorse economicheper far sì che la nostra comunità viva meglio?Questo è un lavoro di fatica; quando noidiciamo dobbiamo informare i nostri consigli direttivi,pensarli come comitati di indirizzo chesappiano fare questo lavoro, la fatica del pensareche cosa abbiamo bisogno insieme fradieci anni, non ieri. E poi l’altra fatica, pensare etrovare persone professionisti competenti, capaci,che sappiano trasformare queste idee inservizi efficaci, efficienti, pronti, innovativi. L’esperienzadel servizio al 5 per mille favorendo e facilitandol’accesso al 5 per mille sicuro,tranquillo, senza costi, è la concretezza di unostrumento semplice messo a disposizione perchénon debba far fatica per accedere a un diritto.Questo vuol dire logistica, sedi, accesso aicomputer, alle informazioni, accesso a saperequando c’è un bando e non saperlo tre giorniprima della scadenza ma saperlo il giornostesso in cui viene emanato. E magari di averedelle persone che aiutano anche la piccola associazionea fare il progetto che poi fatto insiemecon altre tre riceve i fondi della Provincia,della Cariplo o di un privato perché ha trovatoqualcuno che lo ha aiutato a trasformare la suaidea in un progetto. Questa sono cose concreteche dobbiamo innovare. Come il progetto chestiamo cercando di attuare per avere un sistemadi prestiti agevolati per le associazioni divolontariato con copertura non dei beni propridegli amministratori degli enti, ma offerti e garantitida qualcuno che vede la bontà di un progetto.Ma allora il fare il cantiere vuol dire fare inmodo che tutto il volontariato sappia sentirsi capacedi fare questo e avere una struttura capacedi dare, di trasformare questo in progetticoncreti che domani mattina uno vede, usufruiscee riesce ad utilizzare.Chiudo auspicando che Ciessevi riesca a realizzare,magari al termine dell’Expo, un luogo fisicoe virtuale, una “casa del volontariato” nelsenso di avere una sede un po’ più grande incui mettere qualcosa di visibile che lanci e facciavedere, faccia trasparire questa nostra peculiarità,anche a tutto il mondo che ci guarderànell’Expo. Una casa dei volontari e deivolontariati e anche di tutti coloro che noi di solitonon pensiamo che siano volontariati. Dei volontariatifatti da nuovi cittadini di Milano, chesono qui con noi, facendo capire che sono il futuroinsieme con noi nella nostra città e che,quindi, ci aiutano anche a vivere meglio. Mi auguroche questa cosa sia il segno bello dell’Expoper il futuro di Milano.