Making Life numero zero_ web_FINALE
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MAKING LIFE | Novembre 2020 | Numero Zero
PHARMA REPUTATION
PharmaFuture & Health
MAKING LIFE | Novembre 2020
INDICE
01
L’inizio di una nuova era
Covid-19 e industria farmaceutica,
opportunità e sfide
Covid & Pharma reputation
Ridefinire il contenuto
02 03 04 05
Relazioni Youngers’ pericolose feedback
06
Trasparenza
07
Youngers’ feedback
Making Life 4 Gabriele Costantino 6 Caterina Lucchini 8 Simone Montonati 10 Monica Torriani 14 Paola Arosio 18 Silvia Vernotico
22
MAKING LIFE | Novembre 2020
L’inizio
di una
nuova era
All’alba del 2021 è terribilmente affascinante dar vita a un’iniziativa
editoriale importante come la nascita di una nuova rivista
– che esplode poi nel suo universo di comunicazione digitale
– in un mondo che in qualche modo è costretto a fare i conti con
se stesso e a ripartire da zero. Perché il presente è molto veloce
e il futuro è accelerato da una pandemia non ancora sconfitta.
Un essere biologicamente microscopico e invisibile all’occhio
umano ha prodotto nel chiasso dell’emergenza sanitaria un riassetto
dell’ordine mondiale, e ancora non è finita. Il coronavirus
ci consegna un mondo al tempo stesso più largo e più stretto, un
pianeta contemporaneamente più piccolo e più grande. E il virus
non è stato che la miccia per dar fuoco alle polveri di una crisi
che salutiamo come l’inizio di una nuova era, che ci piaccia o no.
Eccolo qua, il cambiamento: si impone con forza, non si fa scegliere
ma ci sceglie e ci forza a modificare la nostra rotta di abitudini
inveterate e sonnolenti pigrizie. Basta, occorre cambiare:
pensare in un modo nuovo la realtà, metterla finalmente in sintonia
con le aspettative e le esigenze della persona.
Occorre pensare un nuovo futuro.
Per la verità, i mesi dell’emergenza sanitaria hanno prodotto
una grande quantità di futuro, almeno a livello di previsioni e
analisi. Ora tocca trasformare le lezioni apprese in progetti. Ma
la creatività richiesta per pensare e gestire nuovi modelli nasce
dall’incontro di competenze, culture e profili diversi, e il gruppo
di lavoro che ha dato vita a questo progetto editoriale – un gruppo
composto da ricercatori e giornalisti, donne e uomini di marketing
e di scienza, capitani coraggiosi di aziende che navigano
per acque sconosciute e profonde - ha chiesto fin da subito ai più
giovani di salire a bordo: perché sono i millenials a possedere
il nocciolo duro e il vero segreto del nuovo modo di pensare la
realtà, che è la condivisione. I giovani più talentuosi condividono
volentieri conoscenze e competenze, cercano sempre feedback,
non amano organigrammi e gerarchie: sono loro i padroni del
nuovo linguaggio digitale, spetta a loro comprendere che cosa
manca, individuarlo e mettersi in cammino. E spetta a noi, meno
giovani, accompagnare la crescita di persone nuove, dotate di
visione creativa e di strumenti manageriali adatti a superare le
zavorre del passato. Perché nessuno ce la fa da solo.
Le aziende destinate a vivere e a crescere hanno a loro volta
preso coscienza delle ricadute nel sociale della propria attività,
del proprio essere sempre componenti – preziose e fondamentali
– di un sistema più complesso, parti di una collettività unita
dalle medesime esigenze di sviluppo e di sostenibilità. Per le
imprese ovviamente questo non significa venire meno alla propria
ontologica mission di creare ricchezza, ma semplicemente
farlo in modo più moderno, nella consapevolezza del rapporto di
osmosi tra i risultati aziendali e il bene pubblico. Tutto questo in
un quadro di crescente e doverosa sensibilità verso i temi della
sostenibilità ambientale, economica e sociale, nonché di attenzione
ai paradigmi dell’economia circolare.
Su questo si costruisce la reputazione aziendale, che è oggi una
risorsa di valore inestimabile con un impatto rilevante sul business
aziendale. Making Life -Pharmafuture & Health avrà per
ogni uscita un fil rouge, che condurrà il lettore attraverso un
percorso di crescita: e questo primo numero è dedicato proprio
alla Corporate Reputation. I criteri di valutazione più utilizzati
per determinarne peso e qualità sono l’innovazione, la responsabilità
sociale, la gestione del personale e della clientela, la
trasparenza della gestione economica, l’impatto sull’ambiente,
l’eticità della mission, la sicurezza generale dell’azienda.
Anche per le imprese del settore farmaceutico, che stanno vivendo
un trend evolutivo tumultuoso e rapido, la Corporate Reputation
costituisce un asset in grado di creare e mantenere
posizioni di vantaggio competitivo. In quest’area si evidenziano
in modo particolare gli investimenti in ricerca e innovazione, la
riduzione degli inquinanti, l’utilizzo di energie rinnovabili.
Fondamentale l’attenzione alla compliance del paziente come
aderenza alla terapia fuori dal contesto ospedaliero: oggi è chiaro
il ruolo chiave dei pazienti per la diffusione di informazioni di
qualità sulle terapie innovative e l’accesso alla cura; per questo,
le aziende devono far proprio il concetto che per la costruzione
della propria reputazione è indispensabile la capacità di saper
sfruttare efficacemente le enormi potenzialità di social e digital
media e tutte le opportunità offerte dal web.
Vale per le imprese come per tutti noi l’impegno a ripensare le
catene globali del valore, in ottica di accorciamento e di circolarità,
per non rischiare che la solidarietà invocata oggi in risposta
alla crisi si esaurisca con la fine dell’emergenza; e il nostro
modesto ma tenace contributo sarà quello di ricordare sempre
la vitalità del nesso fra tutela dei diritti individuali e sostenibilità
economica.
4 5
MAKING LIFE | Novembre 2020
COVID-19 E INDUSTRIA
FARMACEUTICA,
OPPORTUNITÀ E SFIDE
Gabriele Costantino
L’emersione del beta coronavirus denominato
SAR-CoV2 e l’emergenza indotta dalla diffusione
dell’infezione e della malattia sistemica a essa
associata hanno, in tempi rapidissimi, modificato le
priorità e le riflessioni di larghi strati della società.
Per diverse generazioni, soprattutto le più giovani,
l’idea di una malattia trasmissibile da uomo a uomo,
per via respiratoria, è stato qualcosa di assolutamente
inatteso. E forse ancora più inatteso, soprattutto
per le generazioni cui appartiene chi scrive, il fatto
che improvvisamente ci siamo trovati di fronte alla
constatazione che non esistono farmaci per trattare una
condizione estremamente diffusa e diffondibile!
Queste riflessioni portano a una serie di
questioni che sono molto dibattute in questi
giorni e che riguardano non solo i rapporti
tra individui ma anche i rapporti che a
livello di società abbiamo con i farmaci.
L’industria farmaceutica rappresenta
una componente importante - e sovente
anticiclica - per le economie dei Paesi
sviluppati, ma anche un driver insostituibile
di progresso e di innovazione. Da
questo punto di vista, è indispensabile
un’operazione culturale che faccia
sedimentare il più possibile nell’opinione
pubblica l’idea che il farmaco (e chi, dalle
università all’industria, mette energia e
rischio di impresa nella sua ideazione
e sviluppo) non è un bene di largo
consumo ma una vera e propria opera di
ingegno e di inventività. Detto questo, le
vicissitudini (iniziali?) di questa pandemia
hanno fatto emergere anche dinamiche
che dovrebbero esser attentamente
considerate nell’ottica di un aumento della
reputazione, sociale ed economica, della
filiera del farmaceutico.
Due aspetti sono particolarmente
significativi, da questo punto di vista.
Il primo riguarda il fatto – ovvio per gli
addetti ai lavori ma forse meno per
l’opinione pubblica – che i nuovi farmaci
di oggi derivano da ricerche e, soprattutto,
investimenti di 10-15 anni fa. La capacità
di prevedere scenari (e mercati, e bisogni)
a tale distanza è indice di enorme
lungimiranza, e non è possibile quindi
biasimare nessuno se ci troviamo oggi
in una grave carenza di farmaci contro
malattie infettive e trasmissibili. Questo
vale per le infezioni virali, ma lo stesso
discorso può esser fatto per le resistenze
batteriche, le infezioni fungine sistemiche,
le malattie parassitarie. Oggi sappiamo
che la crescita demografica, le migrazioni,
la sempre maggiore contiguità tra uomo
e animali da allevamento renderanno
sempre più probabile l’emersione di
nuove malattie zoonotiche, trasmissibili
e favoriranno sempre più la selezione di
geni di resistenza a farmaci. L’industria
farmaceutica ha iniziato oggi un percorso
di ricerca e di sviluppo (basato su approcci
di systems biology, knowledge-based,
riposizionamento, screening) che forse
non servirà ad avere un nuovo farmaco
per il Covid-19 prima del vaccino o di
altri interventi non farmacologici, ma che
sicuramente fornirà la base di conoscenza
e di materiale con cui affrontare le
inevitabili crisi dei prossimi decenni,
esattamente come l’industria e il mondo
della ricerca si sono trovati pronti negli
scorsi anni ad affrontare le malattie
oncologiche e non trasmissibili.
Il public engagement è fondamentale nello
stabilire se questa sfida sarà coronata o
meno dal successo, ma non v’è dubbio
che ci dovrà esser supporto a livello
governativo – nazionale e sovranazionale
– nel finanziare e nel dirigere anche
con interventi top-down la ricerca e lo
sviluppo in aree terapeutiche sinora
trascurate. Ma allo stesso modo l’industria
farmaceutica dovrà mettere in gioco la
sua reputazione come attività a forte
ruolo sociale e di progresso, non avendo
timore di investire in aree e progetti a forte
rischio e, apparentemente, a minor ritorno
economico.
La saldatura tra mondo farmaceutico
(industria, università, enti di ricerca) e
società civile dovrà avvenire su questi temi
e dovrà accadere alla svelta per riuscire ad
aver impatto per i prossimi decenni.
L’epidemia da SARS-Cov2 ha però messo
in luce anche un altro aspetto su cui
vale la pena riflettere, di ordine diverso
(e apparentemente meno significativo)
rispetto a quello precedente, ma
probabilmente di analoga se non peggiore
conseguenza. Sin dall’inizio della pandemia
- che evidentemente è stata ed è fenomeno
globale - si è osservato il fenomeno dello
shortage di farmaci, neppure direttamente
coinvolti nella gestione della pandemia
stessa. Questa è una dinamica oramai ben
conosciuta in economia, relativamente
all’impatto di crisi sistemiche (come
possiamo a ben diritto definire Covid-19)
sulle filiere di produzione e distribuzione di
prodotti sia di largo consumo che a elevato
valore aggiunto. Nel caso dei farmaci e
delle materie prime per la loro produzione,
le dinamiche produttive e di distribuzione
sono fortemente globalizzate (o, per dirla
dalla nostra prospettiva, delocalizzate) e i
volumi vengono stimati con largo anticipo.
Qualora venga richiesta, improvvisamente
e su larga scala, una riconversione della
produzione verso determinati principi
attivi o formulazioni, si possono generare
interruzioni sulla catena, con ripercussioni
importanti sulla disponibilità al banco.
Un esempio di ciò è facilmente desumibile
osservando i report di AIFA che, nel
primo semestre 2020, ha evidenziato
la carenza di numerosi principi attivi,
sia per blocco di approvvigionamento o
fabbricazione, sia per eccessiva domanda
(il lettore potrà trovare informazioni su
come l’Agenzia italiana ha affrontato la
crisi all’indirizzo: https://www.aifa.gov.
it/web/guest/-/carenze-di-farmacied-emergenza-covid-19).
L’esperienza
accumulata in questi mesi suggerisce
quindi la necessità che gli Stati sovrani,
attraverso le proprie agenzie di regolazione
e di controllo, esercitino non solo azione
di vigilanza e allerta, ma anche di
programmazione a lungo termine delle
disponibilità. A tale riguardo potrebbe
essere utile osservare che per gran
parte delle malattie non trasmissibili (ad
esempio malattie del metabolismo, tumori,
malattie cardiovascolari) è estremamente
improbabile assistere a una improvvisa
e massiva richiesta di una particolare
classe di farmaci, in quanto le dinamiche
di cambio di prevalenza su scala geotemporale
medio-alta richiedono tempi
molto lunghi. Viceversa, e l’esperienza
Covid19 è qui a insegnarcelo, le malattie
trasmissibili possono causare impennate
improvvise nella richiesta di particolari
farmaci, che dovrebbero sempre esser
disponibili. Ad esempio, il fatto che un
certo antibiotico abbia una domanda
costantemente bassa, non vuol dire che
non ce ne possa essere improvvisamente
un bisogno insostenibile su scala mondiale.
Il lettore potrà ricordare ad esempio il caso
dell’uso terroristico dell’antrace, che ha
causato uno shortage improvviso di un
normale antibatterico, appartenente alla
classe dei fluorochinoloni.
È necessario quindi che le aziende
produttrici, ma anche le agenzie nazionali,
riprendano un ruolo non solo burocratico
ma di analisi e previsione scientifica,
identificando con anticipo possibili
evoluzioni pandemiche che, soprattutto
di origine zoonotica, saranno sempre più
frequenti.
6 7
MAKING LIFE | Novembre 2020
COVID &
LA CLASSIFICA
Tra le farmaceutiche, l’indice reputazionale
più elevato è stato misurato per Roche, la cui
reputazione è migliorata nelle prime settimane
di emergenza grazie ad azioni mirate e al fatto
di aver fornito farmaci, dispositivi medici,
risorse economiche e umane per combattere
la pandemia. La medaglia d’argento spetta a
Gilead, premiata per il suo programma di uso
compassionevole di un suo farmaco per il
quale ha anche avviato una sperimentazione
clinica. Nella figura a fianco la classifica delle
farmaceutiche più apprezzate.
1.792
ROCHE
363
879
GILEAD
430
MENARINI
464
NOVARTIS
PHARMA
REPUTATION
322
SANOFI
CHIESI
279
240
JANSSEN
162
PFIZER
135
BAYER
COME È CAMBIATA
L’OPINIONE DEGLI ITALIANI
SUL MONDO DEL PHARMA
DOPO L’EMERGENZA
SANITARIA?
Caterina Lucchini
SENTIMENT NEGATIVO
ThatMorning ha rilevato che le aziende con la
percentuale più alta di menzioni negative online
sono le stesse che si stanno impegnando nella
ricerca del vaccino anti Covid-19, ovvero Sanofi,
GSK, Janssen e Pfizer (Figura 2). Questo dato,
comunque, non intacca in maniera eccessiva la
loro reputazione: complessivamente, l’impatto
delle menzioni positive prevale nettamente su
quelle negative.
Molto negativo
100%
MSD
FIGURA 1 Indice reputazionale per brand
(Fonte: ThatMorning da Web e Twitter, Periodo: 21/02 – 30/04/2020)
102
ELI LILLY
121
AMGEN
Negativo Neutro Positivo Molto Positivo
80%
60%
THATMORNING
INDICE REPUTAZIONALE
IL PESO DELLE FONTI
40%
È un osservatorio italiano che monitora
quotidianamente le notizie del settore
LifeSciences & HealthCare sui social e su oltre
75 milioni di siti grazie al suo tool proprietario
denominato #reputaction. Dal 21 febbraio
scorso l’osservatorio sta analizzando, sul web
e su Twitter in Italia, le menzioni di aziende
appartenenti al settore pharma in relazione al
tema coronavirus.
Realizzato da ThatMorning, viene calcolato
grazie a un algoritmo proprietario presente nel
tool #reputaction.
Per ogni azienda, questo strumento analizza
il numero di menzioni, il sentiment e l’impact
e li sintetizza in un valore che varia da
+infinito a -infinito. L’indice tiene anche conto
dell’obsolescenza delle notizie.
Nell’analisi reputazionale online non è sufficiente
contare il numero di menzioni positive e negative
ma è di primaria importanza comprendere la
forza delle menzioni attraverso la rilevanza della
fonte: la variabile “Impact” verifica l’importanza
delle fonti online pesando in maniera diversa le
menzioni pubblicate su piattaforme ad ampio
traffico rispetto a quelle presenti su fonti di
dimensioni ridotte.
20%
0%
ROCHE
GILEAD
NOVARTIS
SANOFI
GSK
MENARINI
MSD
PFIZER
JANSSEN
CHIESI
FIGURA 2 Sentiment delle menzioni per brand.
(Fonte: ThatMorning da Web e Twitter, Periodo: 21/02 – 30/04/2020)
8 9
MAKING LIFE | Novembre 2020
(RI) DEFINIRE
IL CONTENUTO
Simone Montonati
produzione di valore a lungo
termine e la trasparenza verso
azionisti e consumatori.
In questo contesto, dotarsi
di una strategia per la
responsabilità sociale d’impresa
(CSR) non è semplicemente una
buona idea, ma può rivelarsi
uno strumento fondamentale
per emergere in un’arena
sempre più competitiva.
Un approccio strategico nei
confronti di questo tema può
portare benefici in termini
di gestione del rischio,
riduzione dei costi, accesso al
capitale, relazioni con i clienti,
gestione delle risorse umane
e capacità di innovazione.
Anche gli stakeholder, inclusi
gli investitori, impiegano
sempre di più i parametri
sociali e ambientali per valutare
l’appetibilità di un’impresa.
E il settore farmaceutico non
fa eccezione, come ci spiega
Valeria Brambilla, Partner
italian Life sciences and Health
care leader di Deloitte Italia.
attraverso il loro coinvolgimento
(“stakeholder engagement”).
Ogni azienda, infatti, svolge
attività e ruoli sociali
differenti. Una farmaceutica
italiana potrebbe includere
stakeholders differenti rispetto
ad una grande multinazionale
“big pharma”, in funzione
del radicamento o meno
territoriale che le stesse
hanno nel nostro Paese. In
altri casi, vi sono aziende
del settore che producono
prodotti potenzialmente
impattanti sull’ambiente,
quindi si dovranno occupare
maggiormente di questo
66 %
aspetto; ci sono poi elementi
peculiari, come la privacy.
In definitiva, si tratta di allargare
l’approccio seguito finora, che
privilegiava il punto di vista
degli azionisti. Scelta del tutto
legittima e in qualche modo
doverosa dato che lo scopo
di ogni società è comunque
quello di esercitare un’attività
economica e produrre utili.
Ora però la sensibilità dei
cittadini sta cambiando e le
aziende farmaceutiche sono
disponibili ad adeguarsi: diventa
così fondamentale aderire
a framework legali e sociali
del business e utilizzare i
programmi CSR per distribuire
vantaggi a tutti gli stakeholder.
Come devono adeguarsi le
aziende farmaceutiche?
Il mondo farmaceutico per sua
natura ha sempre investito
principalmente nella leadership
di prodotto, perché lì risiede il
suo core business: realizzare
prodotti eccellenti, in termini
di efficacia e sicurezza. Questo
ha attratto gran parte delle
risorse e delle attenzioni
aziendali, compresa la
comunicazione. Coerentemente
delle società
italiane attua un
Tradizionalmente
legate alla
leadership di
prodotto, le aziende
farmaceutiche
devono ora offrire
una definizione
più ampia del loro
valore, identificando
con precisione i
propri stakeholder
e le loro specifiche
esigenze
Valeria Brambilla - Deloitte Italia
Ad agosto 2019, la Business
Roundtable, un gruppo
costituito da 181 Ceo di
grandi società americane, ha
sancito un nuovo standard
per la gestione delle imprese
sostenendo che l’obiettivo
principale di un’azienda non è
più solo il valore per l’azionista.
D’ora in poi devono diventare
prioritari anche i dipendenti,
il rispetto delle diversità, la
promozione dell’inclusione, la
creazione di valore per i clienti,
la costruzione di relazioni
etiche con i fornitori, la tutela
ambientale, il sostegno delle
– e alle – comunità, oltre alla
Cosa distingue le attività di
CSR nei settori farmaceutico e
biomedicale?
La CSR nel settore delle
scienze della vita è diversa
da quella di altri settori in
quanto la popolazione ha
aspettative molto elevate sul
suo ruolo sociale: l’idea che
la medicina debba superare il
concetto di semplice “bene” ha
guadagnato popolarità negli
ambienti economici e pubblici.
La medicina salva la vita delle
persone ed è una necessità, non
un semplice bisogno.
La definizione delle strategie
in termini di CSR, comunque,
dovrebbe avvenire a livello di
singola azienda e non seguire
un percorso generalizzato.
Ogni impresa deve individuare
con precisione non solo i
propri specifici stakeholder –
attraverso un processo definito
appunto “identificazione degli
stakeholder” - ma soprattutto le
loro principali esigenze anche
percorso di stakeholder
Stakeholder engagement
finalizzato all’aggiornamento
dell’analisi di materialità
Presente
Non presente
Esplicitazione degli
stakeholder coinvolti
engagement
34 % 41 % 40%
60 %
66 % 59 %
5% 50 %
67 %
Fonte: Osservatorio nazionale sulla rendicontazione non finanziaria, 2°rapporto, 2019
95 % 50 % 33 %
10 11
MAKING LIFE | Novembre 2020
19 % nel 2017 26 % Presenza di piani di sostenibilità
Fonte: Osservatorio nazionale sulla rendicontazione non finanziaria, 2°rapporto, 2019
20 % Appartenenti al settore non finanziario
6 % Appartenenti al settore finanziario
74 % Nessun piano di sostenibilità dichiarato
definiti dalla Global Reporting
Initiative (GRI) che forniscono un
framework fondamentale ma
ancora generico. Servono ora
indicatori specifici e affidabili
come avviene per le valutazioni
finanziarie.
Un impulso importante è stato
fornito dalle istituzioni...
Certamente le Direttive
2013/34/UE e 2014/95/UE,
introducendo nuovi obblighi
sulla comunicazione di
informazioni di carattere non
finanziario per le aziende di
grandi dimensioni, hanno
accelerato il processo.
In Italia un salto di qualità
si è avuto con il D.Lgs.
254/2016, che ha introdotto
nell’ordinamento Italiano
l’obbligo per gli enti di interesse
pubblico di grandi dimensioni
di redigere e pubblicare una
“Dichiarazione di carattere non
finanziario”.
Un ulteriore importante passo è
stato compiuto dalle istituzioni
finanziarie – a iniziare dalla
Banca Centrale Europea – che
stanno progressivamente
introducendo parametri
non finanziari, legati alle
performance sociali e
ambientali nei loro processi
di attribuzione dei rating per
la concessione del credito.
Questo ha indotto anche i fondi
di investimento a prendere in
considerazione questi aspetti
per selezionare le società
su cui investire. Per questo
sono nati molti servizi che
forniscono dati e analisi sulle
attività di CSR delle aziende,
esattamente come avviene per
le informazioni finanziarie. È
evidente che se tutto il mercato
dà valore anche economico a
questi fattori non finanziari,
le società saranno ancor più
indotte ad affrontarli.
Resta comunque da vedere se
(e quando) queste informazioni
diventeranno accessibili anche
ai consumatori come già
avviene per i bilanci. Siamo solo
all’inizio di un percorso ancora
in gran parte da percorrere.
In questo contesto, qual è il
valore delle certificazioni?
Le certificazioni sicuramente
aiutano, se non altro perché il
giudizio di un ente indipendente
fornisce garanzie agli
osservatori e agli investitori.
Vale il principio che si applica
per il bilancio: non certificarlo
equivale a dichiarare una non
disponibilità a sottoporsi a un
controllo esterno. Non a caso
il decreto sulle società quotate
non si è limitato a introdurre
una rendicontazione non
finanziaria ma ha imposto alle
aziende di certificarla.
Il processo di certificazione
può essere utile anche per
individuare e sistemare
eventuali lacune o, viceversa,
rilevare punti di eccellenza che
possono essere valorizzati nella
comunicazione verso i terzi.
Presenza
di piani di
sostenibilità
Nel 2018, il 26% delle società analizzate
dall’Osservatorio nazionale sulla rendicontazione
non finanziaria ha inserito nell’elaborazione del
proprio bilancio aziendale anche obiettivi qualiquantitativi
dedicati in modo specifico alle
tematiche di sostenibilità, una percentuale in
crescita rispetto all’anno precedente, quando
meno di un’azienda su cinque aveva provveduto.
Circa i due terzi di queste hanno integrato un
piano di sostenibilità all’interno del proprio
piano industriale, una quota superiore di 12
punti percentuali rispetto al 2017.
In generale, le aziende di maggiori dimensioni si
dimostrano più mature nella gestione della
responsabilità sociale di impresa e l’ambito
della sostenibilità non fa eccezione. Il 66%
delle società appartenenti al FTSE MIB
(il più significativo indice azionario della
Borsa italiana) ha infatti definito un piano
di sostenibilità (erano il 53% nel 2017). Di
queste, il 90% lo ha collegato al proprio piano
industriale.
con la leadership di prodotto,
la strategia è stata quella di
rivolgersi ai medici (e non ai
pazienti), maggiormente in
grado di apprezzare il valore
del prodotto. La CSR impone
ora una definizione più ampia
del valore, e le strategie devono
cambiare di conseguenza,
compresa la comunicazione.
Da qualche anno la leadership
si sta spostando dal prodotto
al valore, un concetto ben
più esteso, che per essere
definito richiede la capacità
di individuare e coinvolgere
i propri stakeholder e loro
esigenze.
A che punto sono le aziende
riguardo alla CSR?
È un tema estremamente
attuale, a tutti i livelli e in tutti
i settori e le aziende si stanno
progressivamente adattando.
Un’analisi del Nasdaq Center
for corporate governance ha
evidenziato che le aziende
pongono maggiore enfasi sulla
divulgazione di informazioni
e metriche “che esulano
dall’ambito finanziario” e il
91% di esse ha pubblicato un
rapporto di sostenibilità.
“L’Osservatorio nazionale
sulla rendicontazione
non finanziaria” - una
collaborazione tra Deloitte e lo
Sda Bocconi – ha analizzato
197 società italiane soggette
all’applicazione del D.Lgs.
254/2016 mettendo in luce
una emergente sensibilità
aziendale verso obiettivi non
finanziari e un maggior livello di
stakeholder engagement.
Al momento le società di
maggiori dimensioni mostrano
un impegno più intenso sui temi
di responsabilità sociale, ma
questo è anche dovuto al fatto
che queste attività richiedono
ingenti investimenti, non solo in
termini monetari ma anche di
risorse, di formazione ecc.
Si tratta peraltro di aree di
studio non ancora consolidate,
con una metodologia standard
sottoposta a continua
trasformazione. Gli analisti
stanno lavorando, anche in
collaborazione con le istituzioni
europee, per definire regole
condivise, indici, algoritmi
decisionali. Al momento, però,
sono stati fissati soprattutto
dei principi, come quelli
indicati nelle linee guida per la
rendicontazione di sostenibilità
2018
2017
86 /197 SDGs citati nella DNS
società citano i
Sustainable
Development Goals
(SDGs) all’interno
della propria DNF
44 %
56 %
SDGs non citati nella DNS
41 /194 SDGs collegati agli obiettivi futuri
società citano i
Sustainable
Development Goals
(SDGs) all’interno
della propria DNF
21 %
79 %
Fonte: Osservatorio nazionale sulla rendicontazione non finanziaria, 2°rapporto, 2019
Disclosure degli SDG
SDGs non citati nella DNS
Sebbene in un anno sia più che raddoppiata la percentuale di aziende che citano gli SDG (gli Obiettivi di sviluppo
sostenibile fissati dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite) nella propria Dichiarazione non finanziaria (dal 21%
del 2017 al 44% nel 2018), crolla la quota di società che li collegano a obiettivi futuri (dal 76% al 36%).
12 13
RELA
ZIO
NI
PERI
CO
LOSE
LA PRODUZIONE MONDIALE DEI FARMACI DIPENDE IN
LARGA MISURA DALLA FORNITURA DI API DA PARTE
DEI 1.500 STABILIMENTI CINESI. OLTRE ALL’AZZARDO
GEOSTRATEGICO CHE QUESTO VINCOLO COMPORTA,
ESISTONO SERI RISCHI PER LA REPUTAZIONE DELLE
AZIENDE FARMACEUTICHE
Monica Torriani
”Quando controlli le forniture di farmaci, controlli il mondo” è il suggestivo mantra di Rosemary
Gibson, Senior advisor dell’Hastings Center e coautrice del libro “China RX - Exposing the risks of
America’s dependence on China for medicine”. Una frase suggestiva, che la Gibson non ha avuto
timore di ripetere davanti al Congresso, in un’audizione che si è tenuta lo scorso luglio.
E che esprime il sentiment che serpeggia nell’ambiente.
Del resto, gli analisti elaborano forecast brillanti per la farmaceutica del prossimo futuro. In questo
scenario, il mercato globale degli API raggiungerà i 245 miliardi di dollari entro il 2024, 63 in
più rispetto al 2019. Un Cagr nel periodo considerato (6,1%) mantenuto da un lato frizzante dal costante
incremento dell’incidenza delle malattie croniche, della richiesta di farmaci biotecnologici
e dell’uso dei generici, e dall’altro frenato dai costi significativamente minori di questi ultimi e dai
tagli alle debordanti spese associate alla sanità pubblica.
Questi numeri sono comunque subordinati al soddisfacimento della domanda globale di API nel
rispetto di standard di qualità elevati e di opportuni requisiti di sostenibilità ambientale. Tutti fattori
che concorrono alla costruzione (o alla distruzione) della reputation delle aziende coinvolte.
DIPENDENZA
RISCHIOSA
1QUALITÀ
Una delle principali preoccupazioni è legata alle
pratiche di produzione impiegate dai fornitori
asiatici. Le recenti rilevazioni di medicinali
provenienti dalla Cina contaminati con
nitrosammine e condroitinsolfato ipersolfatato
hanno accresciuto i timori in quest’ambito.
2AMBIENTE
Una produzione concentrata in pochi luoghi specifici
– particolarmente se i requisiti ambientali sono
permissivi – crea il rischio di elevate concentrazioni di
residui tossici con impatto sulle comunità biologiche e
potenziale sviluppo di resistenza ai farmaci. Nel 2007, la
concentrazione di ciprofloxacina nel polo produttivo di
Patancheru era un milione di volte quella delle acque di
scarico municipali.
3TRASPARENZA
MAKING LIFE | Novembre 2020
Affidarsi massivamente a fornitori delocalizzati
che rispondono a criteri normativi diversi da quelli
europei o americani comporta seri rischi in termini di
qualità, impatto ambientale, sicurezza e trattamento
dei lavoratori. Incidenti o irregolarità rilevate presso
uno degli stabilimenti che producono farmaci o
API possono avere gravi ripercussioni anche sulla
reputazione delle aziende farmaceutiche.
Come rilevato dal pharmaceutical committee della
Commissione europea, un altro punto preoccupante
è il fatto che in molti casi i MAH non hanno un
sufficiente accesso alle informazioni sui processi di
produzione e controllo, in quanto tali informazioni
sono considerate commercialmente riservate dai
produttori di API.
4TRATTAMENTO DEI LAVORATORI
I diritti umani e le condizioni di lavoro sono tra le
questioni più controverse in tema di rapporti con la
Cina. Negli anni, diverse organizzazioni internazionali
hanno documentato violazioni riguardanti salario
minimo, orario di lavoro, requisiti ambientali, e azioni
inappropriate sui dipendenti da parte dei datori di
lavoro.
14
15
MAKING LIFE | Novembre 2020
POTENZIARE LA
PRODUZIONE
SENZA RIDURRE
LA QUALITÀ
NO API,
NO FARMACI
Rendere la produzione di API scalabile
per fare fronte alle fluttuanti esigenze
del contesto sanitario globale richiede
una profonda conoscenza del process
design su cui intervenire. Inoltre, il
potenziamento produttivo giova alla
reputazione della company solo se
salvaguarda gli standard di qualità.
Per questo sarebbe importante poter
tracciare lungo tutta la filiera non solo
il prodotto finito, ma anche i suoi singoli
elementi costitutivi.
In Europa, è il MAH ad avere l’obbligo
di presentare la QP Declaration, che
attesta la conformità degli attivi alle
GMP e la conoscenza dettagliata della
supply chain. Al produttore spetta
la responsabilità di discutere con il
fornitore di API dei requisiti necessari
per raggiungere i livelli di qualità
imposti.
PRINCIPALI AZIENDE
CHE OPERANO NEL MERCATO
DEGLI
API
Aurobindo Pharma
Teva Pharmaceutical Industries Ltd.
Dr. Reddy’s Laboratories Ltd.
Mylan N.V.
AbbVie Inc.
Sun Pharmaceutical Industries Ltd.
Abbott
Biocon
Cipla Inc.
Amgen Inc.
Fonte: Fortune Business Insights , “Active Pharmaceutical Ingredients 2019-2026.”
Lo stesso non avviene nei Paesi asiatici,
dove può accadere che i siti produttivi
non corrispondano a quelli dichiarati,
che alcuni step della produzione siano
subappaltati senza autorizzazione
o che le GMP non siano pienamente
rispettate.
Da questo punto di vista, la completa
digitalizzazione della filiera, ad esempio
mediante tecnologie blockchain,
consentirebbe una tracciabilità analoga
a quella dei farmaci finiti.
Nell’aria da anni, il tema della sicurezza
dei principi attivi è esploso nel giugno
2018, quando è stata rintracciata la
presenza di residui di nitrosammine nei
sartani.
Queste impurezze, che si possono
formare in seguito all’utilizzo di
determinati solventi, reagenti e
starting material o di apparecchiature
contaminate, sono classificate come
probabili agenti cancerogeni per l’uomo.
Ema ha pubblicato tre paper con le
indicazioni dirette alle aziende per
una gestione efficace del problema,
che impongono ai titolari di AIC
adempimenti ai fini di scongiurare il
rischio di contaminazioni.
Tuttavia, il caso delle nitrosammine ha
richiamato l’attenzione sulla necessità
di una valutazione chimica degli API
durante il processo produttivo e di un
continuo aggiornamento sul fronte
regolatorio.
Aspetti che si ripercuotono sui piani di
approvvigionamento di materie prime
e sul process design delle aziende,
ma che è fondamentale considerare
per prevenire il danno reputazionale:
per quanto riguarda le nitrosamine, le
industrie coinvolte stanno valutando
l’ipotesi di citare in giudizio i produttori
di API.
DIMENSIONE DEL
MERCATO GLOBALE
DEGLI
API
$ 164,20
miliardi
L’ottenimento delle sostanze attive
dipende strettamente dal reperimento
degli starting material, per i quali la
Cina, forte dei suoi quasi 1.500 impianti
produttivi (sui 3.350 circa presenti a
livello mondiale) detiene il primato
produttivo. Tuttavia, in un contesto
nel quale la tutela della reputazione
aziendale confligge con la continuità
nelle forniture, l’impossibilità di
acquisire materie prime e intermedi che
soddisfino i requisiti necessari genera
interruzioni nella supply chain. Questa è,
insieme all’aumento della domanda, una
delle ragioni principali alla base degli
shortage che negli ultimi mesi hanno
agitato le acque già turbolente della
gestione dell’emergenza sanitaria.
Il ministro delle Finanze francese Bruno
Lemaire, solitamente compassato,
ha commentato con parole dure la
condizione della nostra industria
farmaceutica, invitando a rivedere il
concetto stesso di globalizzazione e
descrivendo l’eccessiva dipendenza
$ 261,28
miliardi
europea dalla Cina come “irresponsabile
e irragionevole”. Del resto, a fine gennaio,
quando ancora la COVID-19 non aveva
assunto le proporzioni della pandemia e
le difficoltà di reperimento cominciavano
già a balenare, anche oltreoceano
l’atteggiamento non era più rilassato, se
Ed Silverman pubblicava su Stat News
un pezzo dal minaccioso titolo “Ora è il
momento di preoccuparsi”.
L’affrancamento da questa dipendenza
è un processo la cui complessità
deve essere ancora compresa
completamente. L’India, definita da
molti “la farmacia del mondo”, si affida
alla Cina per l’approvvigionamento di
API, starting material e intermedi di
produzione. E tutti i suoi tentativi di
emancipazione sono miseramente falliti,
perché se i costi di manodopera sono
paragonabili nei due Paesi, la scala della
produzione cinese è irraggiungibile:
è questo a mantenere significativo il
differenziale dei prezzi per gli API
UNA PRODUZIONE
SOSTENIBILE FIN
DALLE PRIME FASI
Malgrado le preoccupazioni globali
in materia di protezione ambientale
connesse all’industria chimicofarmaceutica,
la vivace attenzione
dei media, e la nuova sensibilità della
cittadinanza rispetto a queste tematiche
– che hanno un deciso impatto sulla
reputazione delle aziende – non esiste a
oggi una regolamentazione specifica del
rilascio di sostanze nell’ambiente.
Non sono, per esempio, disponibili
informazioni sull’impatto ambientale
degli API, i requisiti da monitorare
sono insufficienti e non esistono limiti
specifici alle emissioni dagli impianti
produttivi.
In alcuni Paesi non esiste neppure
l’obbligo di dichiarare i disastri
ambientali.
Poiché la produzione sia degli attivi
che dei prodotti finiti è concentrata in
aree geografiche precise, le emissioni
inquinanti raggiungono in queste zone
concentrazioni allarmanti, tossiche
di per sé e, nel caso in cui si tratti
di antibiotici, attive nel contribuire
al fenomeno globale dell’antibiotico
resistenza.
La questione ambientale ha spinto il
governo cinese a innalzare gli standard
di produzione, imponendo adempimenti
più stringenti che hanno reso
economicamente insostenibile l’attività
per molte aziende.
“
Dobbiamo
guardare ai
farmaci come
siamo abituati
a guardare ad armi
di importanza
strategica
Andrew Badrot,
CEO di C-squared Pharma
Fra il 2016 e il 2018 circa 150 fabbriche
di API sono fallite, con ripercussioni
dirompenti sulla supply chain.
L’introduzione della tassa ambientale,
che risale al 2018, porterà a un gettito
complessivo preveniente dall’industria
dei principi attivi cinese pari a circa 50
miliardi di yuan (qualcosa come 7,68
miliardi di dollari) ogni anno.
L’incertezza regolatoria, la riduzione del
numero di impianti e l’aumento dei costi
della produzione sono destinati a ridurre
il peso della Cina nelle forniture mondiali
di API: siamo pronti a farcene carico?
17
MAKING LIFE | Novembre 2020
DAL 2021, PER PROMUOVERE UN SISTEMA
ETICO E RESPONSABILE, LE AZIENDE
ASSOCIATE A CONFINDUSTRIA DISPOSITIVI
MEDICI DOVRANNO RENDERE PUBBLICI
I CONTRIBUTI EROGATI IN FAVORE
DI PROFESSIONISTI DELLA SALUTE,
ORGANIZZAZIONI SANITARIE, PROVIDER E
CURATORI DI CONVEGNI
Paola Arosio
Era il 2001 quando in Toscana esplose la tangentopoli delle
cardiochirurgie. Un’azienda del settore piazzava le proprie
forniture a suon di mazzette, elargendo a cardiochirurghi e
specialisti rianimatori bustarelle tra i 20 e i 100 milioni di lire
all’anno. L’inchiesta si concluse con una sfilza di patteggiamenti
e di condanne.
Nel 2008 fu la volta delle protesi ortopediche, con le imprese
produttrici che erano solite favorire i propri prodotti offrendo ai
medici viaggi all’estero, telefonini, computer, televisori.
Nel 2012 a entrare nel mirino fu la chirurgia plastica: un illustre
professore utilizzava le protesi mammarie di un determinato
produttore in cambio di apparizioni televisive, convegni, docenze
ai corsi.
Gli esempi potrebbero continuare, ricostruendo un quadro, tanto
preciso quanto poco edificante, delle forniture di dispositivi alle
strutture sanitarie.
Proprio per contrastare la corruzione in questo settore,
Confindustria dispositivi medici ha riservato alla trasparenza
uno specifico provvedimento, all’interno del proprio codice etico,
approvato nel 2018 e di prossima attuazione. Dal 1° gennaio
2021 le aziende associate dovranno, infatti, pubblicare sul
proprio sito web tutti i trasferimenti economici avvenuti nel
2020 ed effettuati nei confronti di professionisti della salute
(come medici, infermieri, personale di laboratorio, tecnici),
organizzazioni sanitarie (ospedali, uffici acquisti centralizzati,
cliniche, farmacie, laboratori, istituti di ricerca, associazioni di
pazienti), provider e organizzatori di convegni.
“
L’obiettivo del nostro lavoro è
ricostruire la fiducia tra il mondo
dei produttori, gli operatori
sanitari e la politica, facendo
della trasparenza uno degli
asset strategici per
le imprese del settore»
Laura Ressa, direttore Affari legali e compliance
di Confindustria dispositivi medici.
19
MAKING LIFE | Novembre 2020
PUBBLICARE
ANCHE DONAZIONI
E BORSE DI
STUDIO
SOBRIETÀ E INTEGRITÀ
Nel dettaglio, per quanto riguarda i professionisti devono essere
pubblicate le spese di partecipazione ad attività formative,
educazionali, promozionali sui prodotti organizzate dalle aziende
di dispositivi e i corrispettivi per consulenze e prestazioni
professionali, incluse le attività di speaker. I dati possono essere
resi noti in forma sia aggregata che individuale (in quest’ultimo
caso occorre, però, il consenso dell’interessato). Per quanto
concerne le organizzazioni sanitarie, occorre rendere pubblici,
in forma individuale e senza consenso, il finanziamento di
eventi formativi; i corrispettivi per consulenze e prestazioni
professionali, comprese le spese di viaggio e ospitalità; le
donazioni a favore delle strutture stesse. Altri dati da pubblicare,
in forma aggregata, sono le spese per le attività di ricerca e
per le borse di studio. Non è, invece, obbligatorio palesare i
contributi per materiali promozionali, pasti, bevande, campioni di
prodotto. Le aziende produttrici dovranno mettere in rete anche
una nota riepilogativa del metodo utilizzato per predisporre i
dati, con informazioni riguardanti Iva, valuta, aspetti fiscali. Tutte
le informazioni dovranno rimanere online per almeno tre anni.
ANALOGIE E
DIFFERENZE
Il nuovo provvedimento sulla trasparenza
aggiunge un ulteriore tassello al codice etico di
Confindustria dispositivi medici, un documento
che ha segnato l’avvio di un nuovo paradigma
incentrato su correttezza e responsabilità.
Già nel gennaio 2019 sono, infatti, entrati in
vigore altri due aspetti del codice. Il primo
concerne la sobrietà e riguarda i requisiti
organizzativi degli eventi di formazione, ovvero
congressi, corsi, seminari, workshop. Vanno
evitati, in particolare, alberghi a cinque stelle
(esclusi quelli in convenzione), località turistiche
di mare o di montagna in alta stagione, viaggi in
prima classe, attività ricreative, accompagnatori
e prolungamento delle trasferte a carico
dell’organizzazione. Per verificare, attraverso un
controllo preventivo, il rispetto delle disposizioni
è stato introdotto il “Sistema di valutazione delle
conferenze”.
Il secondo aspetto del codice concerne, invece,
l’integrità e riguarda la sponsorizzazione
indiretta. In pratica, il produttore può dare
il proprio contributo per la formazione degli
operatori, senza però intervenire nella scelta
del programma scientifico, dei relatori e dei
professionisti che ne beneficiano.
A monitorare in generale l’applicazione del
codice è un’apposita Commissione di controllo,
che supervisiona anche l’operato del “Sistema di
valutazione delle conferenze”.
REGISTRO PUBBLICO
SANITÀ TRASPARENTE
SUNSHINE ACT IN ATTESA
DI APPROVAZIONE
Parallelamente al provvedimento sulla
trasparenza, si è sviluppato il disegno di legge
numero 491 (il cosiddetto Sunshine Act),
approvato dalla Camera e in attesa del via libera
da parte del Senato, che mira a garantire il
“diritto alla conoscenza” dei rapporti economici
che intercorrono tra i produttori e gli operatori
della salute o le organizzazioni sanitarie. In
particolare, la norma propone di istituire, entro
sei mesi dalla sua entrata in vigore, il registro
pubblico “Sanità trasparente” sul sito web del
ministero della Salute, nel quale le imprese
dovranno segnalare le erogazioni in denaro o
in beni e servizi. L’obbligo di comunicazione
scatta per un valore unitario maggiore di 50
euro o superiore a 500 euro all’anno nel caso
dei professionisti della salute e per un valore
unitario maggiore di 500 euro o superiore a
2.500 euro annui nel caso delle organizzazioni
sanitarie. Per chi non rispetta le regole sono
previste sanzioni che vanno da 1.000 a 100mila
euro.
Anche il governo vorrebbe introdurre alcuni provvedimenti simili
alle disposizioni sulla trasparenza varate da Confindustria, ma
con qualche differenza. Per esempio, nel caso del disegno di
legge del governo, la categoria dei professionisti include anche
i componenti delle commissioni giudicatrici nelle procedure di
affidamento dei contratti pubblici; il consenso alla pubblicazione
non deve essere esplicitamente richiesto, perché si intende
prestato nel momento stesso in cui vengono versati i contributi;
le comunicazioni vanno effettuate ogni sei mesi; possono
essere pubblicate anche informazioni riguardanti parenti fino al
secondo grado e conviventi di un professionista.
20 21
MAKING LIFE | Novembre 2020
YOUNGERS’ FEEDBACK
PHARMA E
GIOVANI
Bene, ma non
benissimo
Quale percezione
hanno i giovani
della reputation
delle aziende
farmaceutiche?
I risultati della
survey condotta
sui social da
MakingLife in
collaborazione
con Farmaceutica
Younger
In tema di reputazione delle
aziende farmaceutiche, un
interessante sondaggio è
stato condotto da MakingLIfe
in collaborazione con
Farmaceutica Younger,
piattaforma italiana dedicata
a giovani laureati in discipline
scientifiche che vogliono
reperire informazioni per
comprendere regole e
meccanismi del settore
farmaceutico. Con l’idea
di valutare la percezione
dei lavoratori più giovani,
la piattaforma ha lanciato
una survey tra i suoi social
follower. Pur non avendo
la pretesa di riprodurre un
campione statisticamente
rappresentativo, l’indagine
risulta ugualmente stimolante,
perché la maggior parte delle
risposte è stata fornita da
giovani tra i 26 e i 35 anni
che lavorano in un’azienda
farmaceutica.
QUANTO LE AZIENDE
FARMACEUTICHE
SONO ATTENTE ALLA
RESPONSABILITÀ
SOCIALE?
La prima informazione
che emerge è un generale
apprezzamento per il livello
di responsabilità sociale
mostrato dalle farmaceutiche.
Gli intervistati hanno valutato
questo aspetto con un
punteggio medio di 3,5 (su una
scala da 1 a 5) con oltre la metà
del campione che ha fornito
una valutazione positiva. In
particolare, l’8,6% ha attribuito
il massimo punteggio. La stessa
percentuale ha risposto con
giudizio negativo (“1” o “2”)
mentre il 38,6% ha valutato con
un “3” le performance sociali
dell’industria.
Percezione del livello di
responsabilità sociale
delle aziende pharma
QUALE INFLUENZA
HA IL MANIFESTO
ETICO DI UN’AZIENDA
SULLE SCELTE
PROFESSIONALI?
Si tratta di dati da non
trascurare, perché i giovani
sono particolarmente attenti
all’approccio delle aziende
sui temi sociali e ambientali
e questo fattore influenza
significativamente anche le
loro scelte professionali, come
conferma lo stesso sondaggio.
Il 42,9% degli intervistati, infatti,
attribuisce importanza 4 o 5 al
manifesto etico aziendale per
selezionare il proprio posto di
lavoro.
Influenza del manifesto
etico delle aziende sulle
scelte professionali
DURANTE UN
COLLOQUIO O IN
FASE DI ASSUNZIONE
TI È STATA SPIEGATA
IN MANIERA
ESAUSTIVA L’ETICA
AZIENDALE?
Questa esigenza non pare
essere pienamente recepita
dalle imprese, dato che quasi
l’80% dei giovani intervistati
lamenta di non aver ricevuto
spiegazioni esaustive sul
codice etico dell’azienda
durante il colloquio di
selezione.
I pochi cui è stata illustrata
la politica sociale sono
rimasti positivamente colpiti
soprattutto dal livello di
trasparenza (indicato in quasi
il 43% dei casi).
Seguono, a pari merito,
l’attenzione all’utilizzatore
finale, il rispetto per i
dipendenti, l’ambiente, la
sostenibilità e la categoria
“qualsiasi decisione, anche
la più piccola, deve sempre
essere presa in ottica di
preservare e garantire la
sicurezza del paziente”.
Riguardo agli aspetti etici
maggiormente penalizzati
dalle aziende, gli intervistati
si sono dimostrati meno
unanimi, indicando quasi
in egual misura tre diversi
fattori: “gestione del
personale”, “pratiche di
marketing”, “trasparenza
e cooperazione con altre
aziende farmaceutiche”.
Solamente l’ultima risposta
ha ottenuto una leggera
preferenza, raccogliendo il
40% delle scelte.
Aziende che illustrano
il proprio codice etico in
fase di assunzione
22 Silvia Vernotico
23
MAKING LIFE | Novembre 2020
PRODUCTION
Pharma Telling & Industry
MAKING LIFE | Novembre 2020
Covid-19, un test rapido ad alta resa
“Abbiamo un solo competitor, ed è il virus”
Marc Casper, Ceo di Thermo Fisher Scientific
Thermo Scientific
Amplitude Solution è una
soluzione di diagnostica
molecolare ad alta
automazione in grado di
analizzare fino a 8.000
campioni umani in 24 ore
per rilevare la presenza del
virus SARS-CoV-2
sola in un processo che
dura circa 3 ore e mezza
e può essere monitorato
in tempo reale tramite un
apposito computer. I risultati
vengono automaticamente
trasferiti al software
SampleManager LIMS per la
revisione, autorizzazione e
archiviazione.
della vita e altri laboratori
del mondo industriale,
accademico e governativo.
Possiede numerosi marchi tra
cui Thermo Scientific, Applied
Biosystems, Invitrogen, Fisher
Scientific, Unity Lab Services e
Patheon.
GLI ESPERTI
Diagnosi precoci per tutelare
salute ed economia
Espandere al più presto la platea dei beneficiari dei test, isolare
con rapidità i casi, investire nella prevenzione per ridurre l’impatto
sul sistema sanitario e sull’economia: sono le armi individuate
dagli esperti per contrastare il Covid-19
GOLD
STANDARD
Amplitude Solution si basa
sul sistema di test RT-PCR,
attualmente considerato la
metodologia di riferimento
per questo tipo di diagnosi.
In questo tipo di test l’Rna del
virus viene convertito in Dna
tramite trascrizione inversa e
successivamente amplificato
via PCR (Polymerase chain
reaction), una tecnica
che permette di replicare
rapidamente campioni di Dna
molto piccoli consentendo di
ottenerne quantità sufficienti
per le analisi di laboratorio.
Si tratta di una soluzione che
offre la massima produttività
garantendo nel contempo un
impegno minimo in termini di
tempi gestione, attrezzature e
personale.
UN TEST
ALTAMENTE
SPECIFICO
Per limitare il rischio di falsi
negativi generati da mutazioni
del virus, Amplitude solution
analizza tre regioni di SARS-
CoV-2 con un ridotto rischio
di mutazione (proteine target
orf-1ab, S e N). Si tratta di un
test a elevata sensibilità e con
una specificità del 100% .
Questa tecnologia può
analizzare fino a 376
campioni in una volta
L’AZIENDA
Thermo Fisher Scientific
è una società americana,
quotata al Nasdaq, che fattura
più di 25 miliardi di dollari
all’anno. Fornisce tecnologie
scientifiche, reagenti, materiali
di consumo, software, servizi
per la sanità, le scienze
SCARICA IL MANUALE DI
AMPLITUDE SOLUTION
Molti laboratori di
diagnostica clinica si
basano attualmente
su test molecolari che
impiegano la Polymerase
chain reaction (PCR) per
rilevare l’infezione da
SARS-CoV-2 da campioni
di pazienti, come tamponi
per la gola o il naso.
«Finché non verrà
sviluppato un vaccino,
il nostro approccio
principale sarà quello
di testare e prevenire la
trasmissione del virus. I
test basati sulla PCR sono
vengono considerati
il “gold standard” in
termini di sensibilità e
specificità».
Chaz Langelier
Assistant Professor
UCSF Infectious Disease
division
«Quando inizia
un’epidemia di malattia
trasmissibile, la risposta
ideale è cominciare al
più presto a effettuare
test diagnostici.
Questo porta a una
rapida identificazione
dei casi, a un veloce
trattamento per
queste persone e a un
immediato isolamento
per prevenire la
diffusione.
I test precoci aiutano
anche a identificare
chiunque sia entrato
in contatto con
persone infette, in
modo che anche loro
possano essere trattati
rapidamente».
Eduardo Sanchez
Chief medical officer per
la prevenzione
American Heart
Association
«Per riaprire l’economia
in sicurezza, dicono gli
esperti, gli Stati Uniti
hanno bisogno di circa
20 milioni di test al
giorno.
Spendere, ad esempio,
250 miliardi di dollari
per i test è un piccolo
sforzo rispetto ai
miliardi di dollari che
l’economia sta perdendo
durante la pandemia.
Inoltre, finanziare una
significativa espansione
dei test è indispensabile
per ridurre i rischi
di chi svolge lavori
essenziali. Questo è
sia economicamente
giustificabile che un
imperativo morale».
Zack Cooper
Associate professor
Yale School of Public
Health & Department of
Economics
26 27
“ REALIZZA UN
NETWORK
MULTIDISCIPLINARE
TRA GLI
STAKEHOLDER
DEL COMPARTO
HEALTHCARE“
“ COMUNICA LO
STATO DELL’ARTE
E LE PROSPETTIVE
DI RICERCA E
SVILUPPO
NEI SETTORI
MEDICO,
FARMACEUTICO
E MEDTECH“
“
MARKET ACCESS
COMMUNICATION
FAVORISCE ACCESSO,
ADOZIONE E
RICONOSCIMENTO DEL
VALORE DI FARMACI,
INTEGRATORI E DISPOSITIVI
MEDICI, COMPRESE TERAPIE
DIGITALI E PIATTAFORME DI
SUPPORTO AL PAZIENTE“
“ PROMUOVE E
FAVORISCE I
DECISION
MAKING
PROCESS
PER L’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
DI MEDICINALI E
DISPOSITIVI MEDICI “
è la community
dell’innovazione nell’healthcare
e ne governa il cambiamento.