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6. UTILIZZO DEI DATI IN UN MODELLO 2D

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- la presenza di neve fresca al suolo, che determina un sovraccarico soprattutto in<br />

seguito a precipitazioni intense;<br />

- il trasporto ad opera del vento, con formazione di accumuli instabili. In presenza di<br />

pendenze elevate, i pendii con maggiore accumulo eolico sono quelli che con<br />

maggiore probabilità possono dar luogo a valanghe;<br />

- il riscaldamento del manto, che determina variazioni del comportamento meccanico<br />

della neve, diminuendone la resistenza.<br />

- la morfologia del terreno, una morfologia di tipo irregolare ha l’effetto di ancorare il<br />

manto nevoso (fino a che questo non è abbastanza spesso da formare una superficie<br />

relativamente liscia). I massi, come gli alberi, possono però contribuire a concentrare<br />

le sollecitazioni. Infatti le valanghe innescate spontaneamente dallo slittamento della<br />

neve si verificano con più facilità su rocce lisce o su prati adibiti a pascolo.<br />

Nella letteratura sono numerosi, a partire dagli antichi Greci, i riferimenti alle valanghe. In<br />

particolare i primi sono da attribuirsi al geografo greco Strabone (63-23 a.C.) e allo<br />

storiografo romano Tito Livio (59 a.C. – 23 d.C.). Fu soltanto nel 1574 che con il “De<br />

Alpibus Commentarius” di Josia Simler venne scritto un primo documento relativo alla<br />

classificazione delle valanghe.<br />

Nel corso dei secoli i tentativi di descrivere il fenomeno furono molteplici, ma, data la sua<br />

complessità, il lavoro non fu sempre facile. Nel 1981 l’<strong>UN</strong>ESCO (United Educational<br />

Scientific and Cultural Organization) affrontò la questione applicando un metodo di studio<br />

basato sulla distinzione tra caratteri morfologici e fattori genetici. Nella classificazione<br />

proposta la valanga viene analizzata nelle sue tre sezioni caratteristiche: una zona di distacco,<br />

dove il fenomeno ha origine, una zona di scorrimento, che è l’area compresa tra il distacco e<br />

l’arresto e una zona di deposito, che è il luogo dove la massa nevosa rallenta<br />

progressivamente fino a fermarsi.<br />

Per ognuna delle tre zone vengono presi in considerazione alcuni parametri diagnostici che<br />

permettono di descrivere in modo chiaro e completo qualsiasi evento valanghivo.<br />

Come si può vedere nella tabella 2.7 i criteri di classificazione sono riassumibili in una serie<br />

di punti. Prima di tutto viene analizzata la tipologia di distacco, lineare o puntiforme, in<br />

secondo luogo la posizione della superficie di slittamento, che determina una valanga<br />

superficiale o di fondo, l’umidità della neve, la forma del percorso, il tipo di movimento, e le<br />

caratteristiche del deposito.<br />

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