6. UTILIZZO DEI DATI IN UN MODELLO 2D

More documents

Recommendations

Info

metamorfismo è molto importante perché determina assestamento e coesione della neve con conseguente stabilizzazione. Fig. 2.3: Metamorfismo di gradiente medio. Nell’immagine sono visibili dei cristalli sfaccettati Il secondo tipo di metamorfismo si osserva sui grani arrotondati o sui cristalli di neve recente quando il gradiente di temperatura nel manto nevoso varia tra 0.05 e 0.2°C/cm (fig. 2.3). I grani posti inferiormente hanno una temperatura maggiore, di conseguenza la parte superiore sublima e il vapore prodotto rigela nella parte inferiore dei grani che sono al di sopra. Durante questo processo i grani, definiti grani sfaccettati diventano angolosi e presentano delle facce piane. Questa tipologia di grano è generalmente instabile visto che la formazione di facce piane determina la perdita della coesione originaria del manto. Fig. 2.4: Metamorfismo da gradiente elevato. Nell’immagine a sinistra sono ben visibili i cristalli a calice. A destra un esempio di brina di profondità formatasi in corrispondenza di cavità. 8
La trasformazione non è però irreversibile, visto che nel caso di un cambiamento di temperatura, i grani possono tornare ad essere arrotondati con conseguente ristabilizzazione. Quando poi la variazione di temperatura nel manto nevoso è continua per più giorni i grani e le facce piane continueranno a formarsi. I grani si trasformeranno ulteriormente andando a formare quella che viene chiamata brina di profondità o cristalli a calice (fig. 2.4). I cristalli a calice, non avendo nessuna coesione, possono determinare una instabilità del manto nevoso. Questo tipo di trasformazione è irreversibile visto che la brina scompare solamente allo scioglimento delle nevi o in seguito ad un riscaldamento significativo. Fig.2.5: Esempio di metamorfismo di neve umida: cristalli a grappolo. Nell’immagine sono ben visibili i legami che intercorrono tra un grano e l’altro. La neve umida è invece caratteristica della stagione primaverile ed è caratterizzata dalla presenza di acqua allo stato liquido. In questo tipo di neve le parti convesse fondono per prime e l’acqua rigela nelle parti concave, determinando la formazione di grani con diametri superiori al millimetro (fig. 2.5) Fig. 2.6: Nell’immagine sono visibili dei bellissimi cristalli di brina di superficie. Esiste un ulteriore tipo di cristallo che è importante menzionare. Nelle notti fredde e stellate il manto nevoso è interessato dalla formazione della brina di superficie, formata da una serie di cristalli aghiformi (fig. 2.6). La brina si forma grazie alla sublimazione del vapore acqueo contenuto nell’aria al contatto con la superficie della neve che è più fredda dell’aria. 9
Page 1 and 2: UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
Page 3 and 4: INDICE 1. INTRODUZIONE 5 2. LE VALA
Page 5 and 6: 1. INTRODUZIONE Lo studio delle val
Page 7: A seconda della temperatura e del g
Page 11 and 12: 2.2 FORMAZIONE E TIPOLOGIA DELLE VA
Page 13 and 14: Tab. 2.7: Tabella contenente la cla
Page 15 and 16: Perché si formi una valanga di que
Page 17 and 18: Zona blu (zona a moderata pericolos
Page 19 and 20: moderatamente a debolmente consolid
Page 21 and 22: I risultati del progetto europeo CA
Page 23 and 24: flusso, i bilanci di massa e altre
Page 25 and 26: distruttiva. La ripresa di neve ris
Page 27 and 28: Per quanto riguarda i dati registra
Page 29 and 30: Le testimonianze della presenza di
Page 31 and 32: L’attenzione viene principalmente
Page 33 and 34: 3.2.1 Inquadramento Geologico e Geo
Page 35 and 36: 3.2.2 Il Clima della Stagione Inver
Page 37 and 38: La caduta di neve è stata accompag
Page 39 and 40: L’osservazione di valanghe sponta
Page 41 and 42: 6-12 Gennaio 2006 Nel corso delle n
Page 43 and 44: A causa delle nevicate dei giorni p
Page 45 and 46: Le nuove precipitazioni hanno fatto
Page 47 and 48: 24 Febbraio - 2 Marzo 2006 L’impo
Page 49 and 50: Nei Grigioni la parte debole del ma
Page 51 and 52: 31 Marzo - 6 Aprile 2006 Nel weeken
Page 53 and 54: 4.1 CARTOGRAFIA UTILIZZATA La base
Page 55 and 56: Fig. 4.2: Nella foto il tentativo d
Page 57 and 58: compattate di varie dimensioni, fin
Page 59 and 60:
Fig. 4.5: Metodo di misura della de
Page 61 and 62:
4.3 MONITORAGGI GIORNALIERI I monit
Page 63 and 64:
Nell’area del Dorfbachtobel una v
Page 65 and 66:
Più a valle ma sempre sullo stesso
Page 67 and 68:
Nella zona della Parsennfurgga (fig
Page 69 and 70:
Weissfluhjoch Il versante nord del
Page 71 and 72:
4.4 ANALISI DEI SINGOLI EVENTI Dell
Page 73 and 74:
T5 T4 T3 Fig. 4.20 A sinistra, pian
Page 75 and 76:
Nella prima e nella seconda trincea
Page 77 and 78:
Fase 2: Distinzione tra i 2 eventi
Page 79 and 80:
campionamento è stato eseguito sag
Page 81 and 82:
450 100 m T5 400 350 FINE CANALE 30
Page 83 and 84:
Il pendio del Gotschnawang è gener
Page 85 and 86:
Al di sopra della maggior parte del
Page 87 and 88:
4.4.3 La Valanga della Parsennfurgg
Page 89 and 90:
Il lavoro di campo è stato effettu
Page 91 and 92:
Le osservazioni relative alle somig
Page 93 and 94:
Parte A: La zona di distacco La pri
Page 95 and 96:
Parte B: La zona di scorrimento Fig
Page 97 and 98:
La trincea è stata scavata in modo
Page 99 and 100:
Fig. 4.54: 2° trincea, all’inter
Page 101 and 102:
4.4.5 La Valanga della Val Sertig (
Page 103 and 104:
La raccolta dati sul campo è stata
Page 105 and 106:
Per questa valanga purtroppo non è
Page 107 and 108:
Un’ulteriore considerazione sareb
Page 109 and 110:
2° Giorno � Osservazione e valut
Page 111 and 112:
100cm 30cm Fig. 4.71: 2° trincea:
Page 113 and 114:
Tramite una bilancia di precisione
Page 115 and 116:
Molto spesso infatti questo tipo di
Page 117 and 118:
fresca appena caduta: questa genera
Page 119 and 120:
La decisione di mantenere questo da
Page 121 and 122:
Correlazioni valide per valanghe di
Page 123 and 124:
icercato nella scarsità di dati pr
Page 125 and 126:
Per questa tipologia di valanghe è
Page 127 and 128:
Fig. 5.9 La valanga del 19 dicembre
Page 129 and 130:
La velocità delle due parti è sta
Page 131 and 132:
densità di 350 kg/m 3 , per un tot
Page 133 and 134:
Il lavoro di terreno è stato piani
Page 135 and 136:
- Parsennfurgga (# 21): lo strato d
Page 137 and 138:
Fig. 5.23: Vista laterale dello chu
Page 139 and 140:
Quello che però rimane ancora piut
Page 141 and 142:
Al contrario, le valanghe di neve u
Page 143 and 144:
6. UTILIZZO DEI DATI IN UN MODELLO
Page 145 and 146:
dove: Vs è la velocità precedente
Page 147 and 148:
6.2 RAMMS L’Istituto per lo Studi
Page 149 and 150:
6.4 DATI DI INPUT Tra gli eventi os
Page 151 and 152:
6.5 DESCRIZIONE E RISULTATI DELLE P
Page 153 and 154:
ID μ ξ H disp (m) Rho (Kg/m3) Tau
Page 155 and 156:
Come si vede nell’immagine 6.6, i
Page 157 and 158:
che di quello fluidizzato, la secon
Page 159 and 160:
Le velocità indicate dal modello r
Page 161 and 162:
ID μ Xi H disp (m) Rho (kg/m3) Tau
Page 163 and 164:
Nel test “S” (fig. 6.16), mante
Page 165 and 166:
Nel test “P3”, rappresentativo
Page 167 and 168:
ID μ ξ H disp (m) Rho (kg/m3) Tau
Page 169 and 170:
metri. Come si può vedere in figur
Page 171 and 172:
comportamento della valanga senza c
Page 173 and 174:
6.5.4 Gotschnawang (# 41), 15 marzo
Page 175 and 176:
Il modello infatti determina un esp
Page 177 and 178:
seconda (T2) nel deposito denso in
Page 179 and 180:
6.5.5 Analisi Parametrica Per megli
Page 181 and 182:
Volume eroso (m3) 4000 3500 3000 25
Page 183 and 184:
I tre grafici precedenti sono stati
Page 185 and 186:
6.6 CONCLUSIONI L’obiettivo princ
Page 187 and 188:
Nei test relativi alla valanga del
Page 189 and 190:
7. BIBLIOGRAFIA - AA.VV. Avalanches
Page 191 and 192:
RINGRAZIAMENTI Il primo ringraziame
show all

6. UTILIZZO DEI DATI IN UN MODELLO 2D

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

Delete template?

Save as template?