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società. La società può sussistere, sebbene non nel<br />
modo migliore, senza gratuità; ma la prevalenza dell’ingiustizia<br />
la distrugge senz’altro».<br />
E su questa base Smith afferma che: «La società<br />
civile può esistere tra persone diverse ... sulla<br />
base della considerazione dell’utilità individuale,<br />
senza alcuna forma di amore reciproco o di affetto».<br />
Una tesi importante e apparentemente condivisibile;<br />
in realtà in essa si nasconde un’insidia,<br />
rappresentata dall’idea che la società civile<br />
possa funzionare e svilupparsi anche senza<br />
gratuità, ovvero che il contratto possa essere<br />
un buon sostituto del dono: una tesi, questa,<br />
che guadagna sempre più consenso oggi nella<br />
società globalizzata. Il dono e l’amicizia<br />
sono faccende importanti<br />
nella sfera privata, si dice, ma<br />
nel mercato e nella vita civile<br />
possiamo farne tranquillamente<br />
a meno. In realtà, come la crescente<br />
solitudine e infelicità delle<br />
nostre economie opulente ci<br />
stanno dicendo, una società senza<br />
gratuità non è un luogo vivibile,<br />
né tantomeno un luogo di<br />
gioia. Nessuna idea come questa<br />
di Smith si pone ancora oggi al<br />
cuore della scienza economica.<br />
Le conseguenze che derivano da<br />
questo modo di vedere la realtà<br />
sono molte. Ne citiamo solo alcune.<br />
La prima è che l’economia<br />
PREPARATI A SERVIRE<br />
ne è venuta fuori come la scienza triste, che si<br />
occupa solo di massimizzazione di profitti e<br />
ottimizzazione delle scelte di consumo. Ma se,<br />
invece, l’economia è anche il luogo delle passioni,<br />
degli ideali, dell’interesse per la felicità<br />
pubblica, allora anche oggi, ci può essere qualcosa<br />
di nuovo da proporre al modo di fare economia<br />
e di vivere nelle organizzazioni. La seconda<br />
è che la gratuità è stata e tuttora viene<br />
considerata come un di più, come un dessert<br />
alla fine di un lauto pranzo: se c’è, tutti sono<br />
contenti; se non c’è il pranzo comunque l’abbiamo<br />
consumato.<br />
Il mondo dell’economia, quindi, da una<br />
parte ha espulso la dimensione del prendersi<br />
cura, delle relazioni, della vulnerabilità e della<br />
fragilità, affidandole alla vita privata, e in particolare<br />
al mondo femminile, rendendo di fatto<br />
spesso impossibile che molte donne possano<br />
coltivare anche una loro vocazione professionale;<br />
dall’altra, espellendo la vulnerabilità e<br />
la cura ha reso la vita lavorativa un luogo spesso<br />
invivibile, perché la vulnerabilità e la fragilità<br />
sono condizione dell’umano, di ogni uomo<br />
e di ogni donna.<br />
È corretto perciò dire che l’abitudine<br />
alla gratuità è insieme una risorsa importante<br />
per la persona ed un valore aggiunto<br />
per la comunità?<br />
Esattamente, purché capiamo bene cosa<br />
sia la gratuità e la riportiamo nelle piazze,<br />
nelle strade, nei luoghi di lavoro. Benedetto<br />
XVI, nella sua ultima enciclica, Caritas in Veritate,<br />
al numero 2 così si esprime: “Sono con-<br />
<strong>AZIMUTH</strong> • SCOUT D’EUROPA 2/2013 11