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AZIMUTH

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Saluto di Papa Benedetto XVI agli Scout d’Europa<br />

In occasione della ricorrenza del centenario dello scautismo, Papa Benedetto XVI nell’udienza<br />

del 1 agosto 2007 salutò una delegazione degli Scout d’Europa, guidata dall’allora Presidente<br />

Federale Giovanni Franchi. Questo il testo del saluto.<br />

Saluto il gruppo degli Scout d’Europa, che questa mattina con la loro presenza intendono<br />

riaffermare la loro partecipazione ecclesiale, dopo aver rinnovato la promessa Scout,<br />

che li impegna a compiere il proprio dovere verso Dio e a servire gli altri con generosità. Il<br />

mio pensiero si rivolge anche a tutti<br />

gli Scout e le Guide del mondo, che<br />

rinnovano la loro promessa proprio<br />

oggi, giorno in cui cade il centenario<br />

dell’inizio dello Scautismo. Infatti<br />

esattamente cento anni fa, il 1° agosto<br />

1907, nell’Isola di Brownsea ebbe<br />

avvio il primo campo Scout della storia.<br />

Auguro di cuore che il movimento<br />

educativo dello Scautismo, scaturito<br />

dalla profonda intuizione di Lord Robert<br />

Baden Powell, continui a produrre<br />

fecondi frutti di formazione<br />

umana, spirituale e civile in tutti i<br />

Paesi del mondo.<br />

voluto suggerire un comportamento arbitrario<br />

e superficiale di fronte ad essa. Il padre e la madre<br />

di famiglia non si dimettono neanche sul<br />

letto di morte. Tutti ricordiamo le parole dell’ultimo<br />

messaggio di B.-P., “siate preparati a<br />

vivere felici e a morire felici”: in che modo<br />

la decisione di Benedetto XVI ci aiuta a mantenere<br />

nel cuore questa felicità, e a non abbandonarci<br />

alla delusione e all’incertezza?<br />

La risposta non sta solo nella fiducia nel<br />

nuovo Papa, che certamente guiderà la Chiesa<br />

con maggiore slancio e coraggio, contando sulla<br />

maggiore giovinezza: anche per lui verrà il<br />

tempo della debolezza finale, e si riproporrà<br />

l’interrogativo. Può il capo essere debole e sfiduciato?<br />

Ricordiamo allora “l’ultimo messaggio<br />

di Benedetto XVI”, le parole pronunciate<br />

durante l’ultimo Angelus del 24 febbraio 2013:<br />

In questo momento della mia vita il Signore mi chiama<br />

a ‘salire sul monte’, a dedicarmi ancora di più alla<br />

preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa<br />

abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede proprio<br />

questo è perché possa continuare a servirla con la stessa<br />

dedizione e lo stesso amore con cui l’ho fatto finora,<br />

ma in un modo più adatto alle mie forze. Non sono<br />

certo parole di sconforto o di frustrazione, anzi:<br />

il papa anziano (più o meno la stessa età di B.-<br />

P-, quando concluse il suo cammino in Kenya)<br />

ci ha lasciato un messaggio sereno e affettuoso,<br />

come di chi è convinto di aver fatto la scelta<br />

giusta, di aver fatto la volontà di Dio.<br />

“Salire sul monte”<br />

Prendendo spunto dal Vangelo della Trasfigurazione,<br />

Benedetto XVI si è identificato<br />

nell’apostolo che il Signore chiama, per condividere<br />

l’esperienza della preghiera e dell’intimità<br />

con i santi e i profeti, nella sfolgorante<br />

luce divina. Questo è il vero senso della promessa:<br />

non tanto affermare una propria volontà,<br />

ma la disponibilità a rispondere a una<br />

chiamata. “Se piace a Dio”, è la chiave per<br />

comprendere la promessa: non ci si impegna<br />

soltanto ad essere coerenti con se stessi, ma<br />

<strong>AZIMUTH</strong> • SCOUT D’EUROPA 2/2013 3

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