20 luglio - storia, arte e cultura

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pienza sul Lungarno per Via d Borgo Stretto, 389 uomini con in testa i propri professori si diressero alla stazione per raggiungere in treno Lucca gridando “Viva l’Italia” ed inneggiando a Pio IX. Il giorno successivo, Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria e si mise in marcia per passare il Ticino. Il 3 aprile gli studenti pisani si incontrano con i 74 dell’Università senese e, tutti insieme, inquadrati in 6 Compagnie al comando di Fabrizio Masotti, professore di Meccanica Celeste, al canto di “Addio, mia bella, addio”, marciano su Reggio Emilia. Quel canto fu l’indimenticabile colonna sonora di quelle facce, spesso imberbi, ma dal cuore gonfio di amor di patria. Suo autore era Carlo Alberto Bosi che lo aveva composto in casa di Caterina Castinelli che lo accompagnò al piano e questo canto fu il canto più sentito ed ascoltato dalla Toscana ai campi di Lombardia. Accompagnò le alterne vicende di quei valorosi che, più di una volta, ebbero l’ordine di marciare verso il fronte o di arrestarsi. Passato il Po, vista l’impossibilità di far rientrare in patria gli studenti, si cercò almeno di tenerli in riserva, ma questo atteggiamento fu preso male da coloro che a tutti i costi volevano entrare in combattimento tanto che molti pensarono perfino alla diserzione in massa e diversi scapparono per arruolarsi nelle fila piemontesi. Alla fine, come Dio volle, il battaglione arrivò fra Curtatone e Montanara, in pratica, in una zona difesa da regolari Toscani e civili oltre ai Napoletani del X di linea. Il giorno 26, il generale toscano Ferrari fu richiamato a Firenze e fu sostituito al comando dall’anziano generale napoleonico conte Cesare De Lauger de Bellecour. Questi, reduce delle campagne di Spagna e di Russia, aveva un passato militare che ricordava un libro di uno scrittore d’avventure e fu proprio lui che, tre giorni dopo, condusse al fuoco i suoi ragazzi. Quei ragazzi, più abituati a maneggiar la penna che non la baionetta o la spada, quando fu dato l’ordine, o meglio alle prime schioppettate, si gettarono di corsa contro gli Austriaci, mentre i loro miseri 6 cannoni si impegnarono in un duello ineguale contro la potenza di 130 cannoni austriaci. Fra i moltissimi casi di coraggio estremo che potremo ricordare, ne citiamo soltanto alcuni. L’artigliere Elbano Gasperi che, ferito in modo orribile, ma ancora capace di camminare, seminudo, corre da un pezzo all’altro caricandoli e facendo fuoco; il professor Pilla, con un braccio ed un fianco distrutti, si lamenta non per il dolore, ma per aver potuto far poco per la patria e poi, tutti quei ragazzi urlanti di patrio furore che si STORIA, ARTE, CULTURA... lanciano, incuranti della morte che certa li attende, con i propri petti contro il piombo nemico tanto che gli Austriaci pensarono di aver contro chissà quale reparto dell’esercito piemontese. Il De Lauger aveva chiesto al Generale Bava, piemontese, aiuto, pronto aiuto, ma questi non era stato in grado di fornirlo e, vista l’impossibilità da parte del comando tosco-napoletano di proseguire nella resistenza ed anche in considerazione dell’aiuto che ormai non sarebbe più potuto giungere, fu dato l’ordine della ritirata che, però, avvenne sotto la protezione dei bersaglieri toscani i quali, comandati dal Melechini, trattennero i Croati, i Boemi ed i Tirolesi permettendo ai superstiti di mettersi quasi tutti in salvo. Il riconoscimento del valore di chi combatté in quell’epica giornata, giunse proprio dal nemico che ammise l’ammirazione per quei ragazzi più usi a star chini sui libri che non a sostenere il peso dello zaino e del moschetto. Si racconta che il Radeztky un anno dopo, giunto a Firenze per una visita di Stato, così si rivolse al De Lauger, divenuto nel frattempo, Ministro della Guerra: “Eccovi, finalmente! È dal 29 maggio che desideravo conoscervi. Ma bravo! Anzi bravi! Mi avete tenuto testa per sette ore Johann Joseph Radetzky www.storiaartecultura.it Pag. 8, n. 6 Luglio 2008
ed eravate solamente un pugno di ragazzi! E pensare che siete riusciti a farmi credere di essere il meglio dell’esercito piemontese! Bravi!”. Peccato che oggi quei ragazzi che tutto di quanto più caro avessero lasciarono in nome di una patria che doveva ancora venire, ma che era già profondamente radicata nei loro cuori, quei ragazzi che senza iattanza costituirono le italiane Termopili, oggi sono quasi misconosciuti e relegati in poche righe dei libri di storia. Essi, nonostante il loro sacrificio, furono sì sconfitti, STORIA, ARTE, CULTURA... ma resero possibile all’esercito piemontese la più importante e successiva battaglia di Goito e, fino a notte inoltrata, impedirono agli Ungheresi ed alla loro cavalleria di dilagare, ubriachi di rabbia, oltre le rive dell’Osone. A voi povere madri toscane che non ritrovaste tra i reduci i figli, a voi sovrastava ben altra amarezza. Coraggio povere madri, questa notte dell’anima passerà. www.storiaartecultura.it Pag. 9, n. 6 Luglio 2008
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