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corrispondenze d'amore - Cascina Macondo

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“CORRISPONDENZE” D’AMORE<br />

(L'Eros nella lirica classica greca e giapponese)<br />

“Il poeta Eros lo ammaestra, anche se prima era privo di arte.”<br />

(Eur., Sten. fr. 663 Nauck)<br />

La suddetta citazione euripidea rivela come, tra le umane passioni, l'amore sia la fonte principale di<br />

un’immediata e personale tendenza alla poesia. L’universalità del sentimento passa attraverso ό e comuni<br />

situazioni, si tinge dei colori più vari in rapporto a vicende personali, si snoda tra emozioni vissute o immaginate<br />

ma sempre sincere e singolari. Oltre le distanze di epoche, di luoghi e culture, tra una casuale suggestione o una<br />

mediata e consapevole caratterizzazione. Esemplari, al riguardo, le sorprendenti analogie che accomunano su<br />

questo temai poeti greci e quelli del Sol Levante. Si pensi, ad esempio, che il capolavoro della narrativa nipponica<br />

d'età Heian, il Genji Monogatari, non è altro che un lunghissimo romanzo dedicato interamente alla complessa<br />

vita amorosa del principe Genji. Per comprendere i tratti peculiari di come veniva vissuto nel Giappone antico il<br />

sentimento amoroso bisogna fare alcune considerazioni. Va tenuto presente, infatti, che presso la corte Heian un<br />

uomo non poteva liberamente vedere ed incontrare una donna. Come conseguenza di questa rigida pratica<br />

troviamo tutta una serie di di regole e comportamenti che sono comuni a tutte le opere in versi ed in prosa<br />

dell'epoca. Una donna era oggetto di desiderio per la sua famosa bellezza o<br />

per la sua bravura nel suonare e l'uomo, benché volesse avvicinarla, era<br />

ostacolato da tendaggi, paraventi, cortine di bambù, numerosi strati di<br />

kimono, ancelle fedeli e dame di compagnia che gli sbarravano la<br />

strada. Non gli restavano, dunque, che due possibilità: l'invio incessante di<br />

poesie, spesso accompagnate da un ramo fiorito, oppure la pratica di<br />

spiarne le sembianze attraverso pertugi dietro cortine di bambù. Nonostante<br />

tutte queste difficoltà l'innamorato poteva riuscire a passare la notte con<br />

l'amata, ma alla mattina se ne doveva andare al primo canto del gallo. Dopo<br />

aver attraversato giardini e campi dove l'orlo del kimono si bagnava di<br />

rugiada come le maniche della veste della donna si riempivano delle<br />

lacrime versate per l'addio dell'amato, l'uomo, appena giunto alla sua<br />

dimora, inviava alla donna un waka che lei era tenuta a contraccambiare.<br />

Tutta la poesia erotica giapponese descrive questo costante rituale. Si capisce bene, pertanto, che una delle<br />

circostanze più importanti che prevedeva la composizione di poesie è proprio il corteggiamento. Ma il waka<br />

assolveva anche il compito di mediare i rapporti tra uomo e donna e non era un semplice canto rivolto alle<br />

bellezze o al fascino di chi si amava. Questo fatto è particolarmente evidente se consideriamo che non era solo<br />

l'uomo a scrivere poesie, ma anche la donna doveva essere particolarmente versata in tale pratica.<br />

L'innamoramento, del resto, non scaturiva di regola dalla visione diretta dell'amata, per cui ci si poteva<br />

innamorare semplicemente per come una persona fosse abile nel comporre raffinata poesia. Il “Kokinwakashū”,<br />

prima antologia imperiale giapponese completata nel 905 d. C., dedica 5 libri (XI-XV) al tema erotico ed<br />

all'interno di essi viene delineato l'intero itinerario amoroso, che va dalla cieca infatuazione, alla passione<br />

sofferta non ricambiata, all'ansia di ottenere il primo bramato incontro, alla pena ancora più struggente dopo<br />

l'incontro fino al raffreddamento del sentimento amoroso ed alla più totale rassegnazione. A differenza, inoltre,<br />

di quanto accadeva di frequente nella Grecia antica dove gran parte di liriche amorose era a carattere


omosessuale, la poesia giapponese classica (benché anche in Giappone venissero praticate relazioni omosessuali)<br />

canta solo ed esclusivamente l'amore tra uomo e donna.<br />

L'intima unione che lega i giapponesi alla natura determina nella poesia nipponica la costante presenza dei<br />

fenomeni naturali, cornice di vicende umane e schermo, al contempo, su cui proiettare i moti dell’animo. Nel<br />

Kokinwakashū l'elemento naturale che rappresenta meglio la forza travolgente di Eros è l'acqua del fiume:<br />

Come l'acqua impetuosa<br />

del fiume Yoshino che s'infrange<br />

alta contro le rocce,<br />

irruente scaturì in me<br />

la passione amorosa. (XI, 471)<br />

Lo scorrere incessante dell'acqua del fiume, che è anche simbolo della transitorietà della vita umana, diventa in<br />

questo waka del poeta Ki no Tsurayuki l'immagine della passione amorosa, sentimento che scaturisce in maniera<br />

fulminea (hayaku) ed è irrefrenabile come lo scorrere dell'acqua (yuku mizu).<br />

Anche Saffo 1 ricorre ad un elemento naturalistico (il vento) per rappresentare la forza irresistibile dell'amore<br />

(fr. 47 Voigt):<br />

“Eros all'improvviso mi tormenta (έί<br />

il cuore (ς), come il vento sul monte tra querce<br />

(ώςάς'όςίέ).”<br />

In questi versi è l'uso dell'aoristoέίa darci l'idea della rapidità con cui l'amore colpisce l'innamorato.<br />

Attraverso moduli esiodei ed omerici 2 , Saffo, in maniera innovativa, descrive attraverso una semplice ma efficace<br />

immagine la forza di quel dio che più tardi Sofocle 3 nell'Antigone (781-801) celebrerà in questi termini:<br />

“Eros invincibile in battaglia, Eros, che ti abbatti su chi possiedi,<br />

che nel dolce volto della gioventù passi la notte, ti aggiri sul mare<br />

tra gli spazi aperti della campagna, nessuno degli immortali<br />

può sottrarsi a te, nessun effimero mortale.<br />

E chi hai in pugno perde la mente.<br />

Tu anche l'indole dei giusti trasformi rovinosamente in perfida,<br />

e tu anche questa contesa fra consanguinei hai suscitato.<br />

Ma trionfa luminoso il desiderio dagli occhi<br />

della sposa, che siede accanto ai principi delle leggi supreme.<br />

1 Nata a Mitilene nel 612, fu alla guida, nella stessa città, di un tiaso di fanciulle, dedite al culto di Afrodite, alle arti e alla poesia. Di<br />

lei ci restano numerosi frammenti dei nove libri di poesie: tra i temi diffusi, l’amore omoerotico, la vita nel tiaso sullo sfondo di una<br />

natura “romanticamente” percepita.<br />

2 Di poco posteriore a Omero, vissuto tra la Beozia e la Locride nella prima metà del VII sec. a.C., Esiodo fu autore di poemi quali la<br />

“Teogonia”, “Le opere e i giorni”, il “Catalogo delle donne”, lo “Scudo”, dove a riferimenti mitologici si affiancano precetti e<br />

insegnamenti morali. Lo spunto esiodeo, cui si fa qui riferimento, è tratto dalla descrizione del gelido Borea che si scaglia contro le<br />

querce (Op., 507 segg.), mentre il legame omerico consiste nell'uso del verbo τινάσσω. Cfr. Od., V, 368 e VI, 43.<br />

3 Noto tragediografo nato ad Atene nel 496 , fu autore di oltre cento drammi, di cui ci restano sette tragedie e frammenti vari,<br />

anche papiracei, di drammi satireschi. Nelle sue tragedie, ispirate ai più noti cicli epici (dall’ “Aiace”alle “Trachinie”, dall’<br />

“Antigone” all’”Edipo re”ed “Edipo a Colono”), prevale il rapporto problematico tra dimensione umana e divina, così come il<br />

contrasto tra opposte forme di giustizia e visioni di vita.


Indomabile dea scherza, Afrodite.”<br />

Un waka di Fujiwara no Kachion (XI, 472) attraverso l'immagine di una barca guidata dal vento fa di questo<br />

fenomeno naturale un vero e proprio messaggero <strong>d'amore</strong> 4 :<br />

Anche la barca che va<br />

nel mare senza una rotta tracciata<br />

dalle spumose creste dell'onda,<br />

può contare solo sul vento<br />

come guida verso la meta bramata.<br />

Anche il movimento delle onde del mare si presta a rappresentare in un carme di Ariwara no Motokata lo<br />

sconvolgimento del cuore (kokoro) dell'innamorato:<br />

Ancora, e ancora una volta,<br />

torno a struggermi<br />

per lei che adoro<br />

da lontano, come le onde<br />

spumeggianti al largo. (XI, 474)<br />

L'effimera rugiada sul crisantemo, invece, viene usata per indicare la pena amorosa in un complesso waka di<br />

Yoshimine no Harutoshi, poeta e calligrafo molto apprezzato a Corte e divenuto monaco (prese il nome Sosei):<br />

Da che sento 5 parlare di lei soltanto,<br />

la notte veglio e il giorno<br />

per l'ardore mi sento morire,<br />

come labile rugiada<br />

sul fiore di crisantemo. (XI, 470)<br />

Sorprendentemente ritroviamo la stessa immagine della rugiada quale simbolo di Eros in un passo delle<br />

Argonautiche di Apollonio Rodio 6 (III 1019-1021), dove il poeta descrive l'irrefrenabile passione di Medea per il<br />

greco Giasone:<br />

(...) si scioglieva, inondata da una calda<br />

e profonda tenerezza, come si scioglie la rugiada<br />

sulle rose, quando riceve calore dai raggi dell'aurora<br />

4 Una diversa interpretazione metaforica, sulla base di una Weltschauung centrata sulla mistica devozione, si riscontra nei<br />

“masnavi” (poesie didascaliche) persiani del XII secolo, come quello di Seyr al-'Ebâd ela 'l-Ma'âdi, citato al cap. 4, dove il vento<br />

(bath) diviene messaggio del mistero divino, pittore e demiurgo di un mondo che, docile, si offre alla sua volontà.<br />

5 Si tenga presente che il testo originale giapponese gioca sul doppio senso di “kiku” (= “sentire” e “crisantemo”).<br />

6 Nato ad Alessandria nel 290 a. C., ma vissuto per lo più a Rodi, Apollonio diresse per qualche tempo la Biblioteca alessandrina,<br />

dedicandosi al contempo alla composizione di opere erudite. La sua fama è però legata alle “Argonautiche”, poema in esametri di<br />

circa 6000 versi, in cui si narra della vicenda degli Argonauti e della relazione tra Medea e Giasone.


Tornando alla lirica greca arcaica, non si può non menzionare Archiloco 7 , che in tre frammenti (191, 193, 196<br />

West) descrive lo stato psicologico causato dall'incombere violento di Eros in termini decisamente più carnali e<br />

violenti rispetto alla delicatezza della lirica nipponica:<br />

“Tale d'amor la passione nel cuore avvolta<br />

profonda tenebra sugli occhi versava,<br />

rubando dal petto la delicata anima.”<br />

“Sventurato giaccio dal desiderio (ό ω ),<br />

senza respiro (άυς), per volere degli dei<br />

trafitto da aspri dolori alle ossa.”<br />

“Amico mio, il desiderio che scioglie le membra (υής) mi doma.”<br />

Claude Calame, in un saggio dedicato al tema dell'Eros nel mondo greco 8 , ha fatto notare come nella lirica greca<br />

arcaica, come anche per la tragedia, l'aspetto di Eros maggiormente trattato dai poeti sia proprio quello<br />

dell'insoddisfazione, del dolore e della crudeltà. L'epigramma ellenistico, depositario di tutta la tradizione<br />

letteraria greca, continua a descrivere l'insoddisfazione, la fragilità ed il male provocato dall'amore, arrivando<br />

ad assimilarlo alla morte. Si pensi, ad esempio, ad un epigramma callimacheo contenuto nell'Anthologia Palatina<br />

(XII 73), dove nel primo distico elegiaco la passione amorosa corrisponde al rapimento dell'anima da due forze<br />

opposte, Eros e Ade:<br />

“Metà della mia anima respira, l'altra metà è scomparsa,<br />

rapita da Eros o da Ade, non so bene.”<br />

Un altro epigramma callimacheo dell'Anthologia Palatina (XII, 71) è dedicato, invece, ai riflessi distruttivi sul<br />

fisico di chi è vittima di Eros:<br />

“O povero Cleonico di Tessaglia, non ti ho riconosciuto,<br />

in nome del cielo! Che t'è successo, poveretto?<br />

Sei tutto ossa e capelli! T'è capitata la mia disgrazia,<br />

sei nella stessa mia brutta situazione?<br />

Ho capito: anche tu innamorato di Eussiteo; è chiaro,<br />

poverino: l'hai guardato con tutt'e due gli occhi.”<br />

Questo modo di ritrarre l'amore (Eros=Thanatos) ha come possibile modello alcuni versi di Saffo, la poetessa che<br />

ha fatto dell'amore la materia principale del suo canto, nei quali descrive il dramma di amare in termini<br />

talmente drammatici da paragonarlo alla morte, o meglio, ad una anticipazione della morte. Il noto carme (fr. 31<br />

Voigt), tramandatoci quasi integralmente dallo Pseudo-Longino 9 (X), rappresenta, all'interno della letteratura<br />

greca, una delle più lucide analisi che siano mai state fatte sugli effetti fisici e psichici di Eros:<br />

“È un dio per me quell'uomo:<br />

a te di fronte<br />

siede e ascolta da vicino<br />

la tua parola dolce,<br />

il tuo sorriso <strong>d'amore</strong>. E il cuore<br />

mi sobbalza in petto.<br />

Ti guardo un solo istante<br />

e non ho più voce,<br />

la lingua si spezza, e un sottile<br />

fuoco corre nella pelle,<br />

gli occhi non vedono più nulla,<br />

e rombano le orecchie.<br />

7 Nativo di Paro, dove visse nella prima metà del VII secolo a.C., fu autore di elegie, epodi, trimetri giambici (ordinati in nove libri<br />

dai grammatici alessandrini), dove prevalgono toni passionali, che sfociano non di rado nell’invettiva.<br />

8 Cfr. C. Calame,


Un sudore gelido mi inonda e un tremore<br />

tutta mi imprigiona, e più verde dell'erba<br />

io sono, e certo poco lontana<br />

dal morire.<br />

Ma tutto si può sopportare, perchè...”<br />

Questi versi testimoniano molto bene la tesi di Calame, dal momento che la poetessa di Ereso ha voluto<br />

descrivere lo sconvolgimento fisico e psichico che produce la presenza della persona amata, un turbamento così<br />

intenso da portare via la voce, causare la febbre e provocare una sorta di morte apparente della poetessa. Queste<br />

immagini saffiche, benché siano presenti in componimenti diversi e di differenti autori, sono stati argomento di<br />

poesia anche presso i poeti della lirica classica giapponese.<br />

Infatti, la sensazione saffica del calore suscitato dalla passione amorosa (vv. 9-10 lepton pyr) si riscontra in un<br />

waka di Fujiwara no Tadayuki, che descrive in termini iperbolici l'ardore amoroso paragonandolo al fumo<br />

rovente del Fujiyama:<br />

Al solo pensiero di te,<br />

che ci vediamo o non ci vediamo,<br />

mi brucia un fuoco di brama,<br />

perpetuo come il fumo<br />

sulla vetta del monte Fuj. (XIV, 680)<br />

Ma anche l'attenzione mostrata da Saffo per la voce di chi ama (vv. 3-4 άύίας) trova puntuale riscontro<br />

in una poesia di Ōshikōshi no Mitsune, amico di Ki no Tsurayuki e compilatore del Kokinwakashū:<br />

Dacché la sua voce udì<br />

di sfuggita, qual canto<br />

delle prime oche selvatiche 10 ,<br />

i miei pensieri vagano<br />

sospesi nell'aria. (XI, 481)<br />

Allo stesso modo la forte passione capace di sconvolgere l'equilibrio vitale dell'individuo ed assimilata alla morte<br />

è stata colta da Kiyohara no Fukayabu in questi termini (XIV, 698):<br />

“Bramare”, chi iniziò<br />

a chiamare così<br />

questa passione?<br />

Avrebbe dovuto dire<br />

schiettamente: “morire”.<br />

Una poesia anonima (XI, 517) individua nella morte una liberazione dalla pena amorosa:<br />

Se si potesse offrire<br />

la vita in cambio del tormento<br />

della brama amorosa<br />

il morire, mi sembra,<br />

sarebbe invero facile.<br />

Dalle poesie finora presentate emerge decisamente l'effetto negativo di Eros, sentimento capace di annientare<br />

l'anima di chi ama, togliendo il sonno, la pace e quella serenità che, invece, dovrebbe procurare. Ovviamente,<br />

l'amore non comporta soltanto sofferenza, ma anche dolcezza e gioia. Anth. Pal., In altri termini, possiamo dire<br />

che è un sentimento caratterizzato da una forte ambiguità, nel senso che in esso sono presenti sentimenti opposti<br />

(amore-odio, vita-morte), aspetti che Saffo ha saputo cogliere molto bene in questo frammento (130 Voigt):<br />

10 Le oche selvatiche sono uccelli migratori che raggiungono da nord il Giappone d'autunno e ripartono all'inizio della primavera.


“Eros che scioglie le membra di nuovo mi sconvolge,<br />

dolceamara (υύ creatura invincibile...<br />

Attide, per te è diventata cosa odiosa<br />

il pensarmi, e voli da Andromeda.”<br />

dove l’ossimoro υύappuntosintetizza quel complesso di emozioni comune nei versi greci e nipponici.<br />

Dalla lettura dei 5 libri del Kokinwakashū dedicati al tema erotico si riscontra la mancanza di descrizioni fisiche<br />

della persona amata e, del resto, manca in essi un esplicita trattazione dell'amore fisico. Possiamo dire, pertanto,<br />

che la concezione di Eros presente all'interno del Kokinwakashū dia maggiore risalto all'immaginazione, a ciò<br />

che è visto magari solo di sfuggita, in perfetta fusione, talora, con l'elemento paesaggistico. L'innamoramento<br />

poteva scaturire (o così il poeta vuole farci credere) dalla rapida vista della donna, come è testimoniato da questa<br />

poesia di Ki no Tsurayuki:<br />

La vidi appena, vagamente,<br />

qual fiore di ciliegio di montagna,<br />

attraverso la foschia:<br />

e ora come mi struggo<br />

nel desiderio di lei 11 . (XI, 479)<br />

oppure, più che descrivere un incontro reale, il poeta poteva vagheggiare nel sogno per argomento la presenza<br />

dell'innamorata. Tra questi componimenti sono indubbiamente da menzionare queste due poesie di Ono no<br />

Komachi:<br />

Forse perché mi corico<br />

sospirando per lui,<br />

mi è apparso nel sonno?<br />

Avessi saputo ch'era un sogno,<br />

mai mi sarei svegliata. (XII, 552)<br />

Da quando vidi<br />

nel sonno leggero<br />

il mio adorato,<br />

cominciai a confidare<br />

nel sogno fuggevole. (XII, 553)<br />

e questo componimento anonimo in cui si descrive il tormento causato dal sogno dell'amante:<br />

Vuole, sembra, che io muoia<br />

di questa pena <strong>d'amore</strong>;<br />

la visione adorata<br />

11 Questo waka fu composto traendo spunto dalla visita ad un luogo in cui la gente ammirava e raccoglieva dei fiori. Tra quelle<br />

persone doveva esserci una donna che deve aver colpito l'attenzione del poeta, che le dedica e le invia questi versi.


mi tormenta nel sogno<br />

per tutta la notte, senza posa. (XI, 526)<br />

Passando alla letteratura greca, possiamo riscontrare un'analogia tematica con un passo tratto dall'<br />

“Agamennone” di Eschilo 12 (vv. 420 segg.) e con due epigrammi erotici dell'Anthologia Palatina. Nella tragedia<br />

di Eschilo, in un intervento del corifeo, viene lamentata la triste condizione di Menelao abbandonato dalla moglie<br />

Elena. Il poeta tratteggia l'immagine di un marito solo, consumato dalla nostalgia e dal rimpianto per la moglie.<br />

Non c'è sentimento di ira o vendetta, ma semplicemente l'affetto ed il rimpianto per la donna amata:<br />

“Fantasmi nel sogno luttuosi<br />

avanzano parvenze apportatrici di vana gioia.<br />

Invano, quando uno crede di vedere le cose che rendono felici,<br />

sfuggendo via la visione sparisce attraverso le mani, presto<br />

seguendo i sentieri alati del sogno”<br />

<br />

Dei due epigrammi dell'Anthologia Palatina, il primo è di Marco Argentario 13 (IX, 286), dove il canto del gallo<br />

sveglia dal sonno l'amante facendo così sparire l'immagine dell'amata:<br />

Gallo, perché il mio amato sonno mi hai portato via?<br />

La dolce immagine ήύεί) di Pirra<br />

dal letto se n'è andata via svolazzando.<br />

Questa sarebbe la ricompensa per quello che ti ho dato, disgraziato,<br />

mettendoti in casa al comando delle galline che fanno le uova?<br />

Per l'altare e lo scettro di Serapide, non più di notte<br />

potrai alzare la tua voce, ma te ne starai<br />

sull'altare del nostro giuramento!<br />

Il secondo epigramma, invece, di Meleagro 14 (XII, 125), pur avendo come tema un sogno erotico di natura<br />

omosessuale, condivide con la poesia anonima giapponese il tormento e l'inutile sofferenza causata dal sogno<br />

amoroso:<br />

Dolce nella notte di un ragazzo dal dolce sorriso<br />

il sogno, diciottenne, ancora in clamide, Eros<br />

mi portò sotto le coperte. Ed io intorno alla sua pelle delicata<br />

stringendo il petto vuote speranze raccoglievo.<br />

Ed ancora adesso il desiderio risvegliato<br />

dal ricordo mi brucia dentro.<br />

Davanti agli occhi sempre conservo quel sogno,<br />

cacciatore dalla figura alata.<br />

O anima innamorata di un amore infelice,<br />

smettila una volta per tutte<br />

anche nei sogni di ardere per vuote immagini.<br />

Meno seria, ma nella sostanza simile, è la situazione del Ciclope innamorato di Galatea ritratto nella lingua<br />

dorica del poeta ellenistico Teocrito 15 (Idillio XI):<br />

12 Noto tragediografo nato ad Eleusi nel 525, fu autore di oltre 80 drammi, di cui ci restano sette tragedie e frammenti vari, anche<br />

papiracei, e passi isolati di drammi satireschi. Nelle sue tragedie, ispirate ai cicli epici di Troia e Tebe (dalle “Supplici” ai “Sette<br />

contro Tebe”, dal “Prometeo incatenato” alla trilogia dell’ “Orestea”) prevale il motivo del contrasto tra ΰβρις (= tracotanza), causa<br />

di άτη (= accecamento) e punizione divina, attraverso la sofferenza, che porta, a sua volta, all’esperienza e alla maturazione del<br />

soggetto.<br />

13 Epigrammatista del I sec. d.C., operò soprattutto a Roma, al seguito di Seneca retore. I suoi componimenti sono contenuti in vari<br />

libri dell’ “Anthologia Palatina”.<br />

14 Originario di Gadara, Meleagro (130-60 a.C.) fu autore, oltre che di epigrammi (circa 135), di perdute satire menippee e della<br />

raccolta antologica dal titolo Στέυανος. Nella sua poesia, di tema sentimentale-naturalistico, prevalgono toni morbidi e quasi<br />

decadenti, riscattati da sottile ironia e dolcissima musicalità.<br />

15 Nativo di Siracusa, ospite in più corti e circoli letterari, Teocrito (300-260 circa a.C.) fu autore di 30 idilli, 25 epigrammi, mimi,<br />

epilli e carmi di genere vario, incentrati su originali versioni di miti tradizionali, scene di vita quotidiana urbana (“Le Siracusane”) e<br />

rurale (tra cui le “Talisie”), e caratterizzati da un estremo equilibrio tra la semplicità del linguaggio e la raffinatezza, talora<br />

artificiosa, della forma.


“O bianca Galatea, perché respingi chi ti ama?<br />

Tu, più bianca che giuncata, più tenera che agnello,<br />

più allegra del vitello, lucente più dell'uva ancora acerba:<br />

perché passi di qui quando mi prende il dolce sonno<br />

e te ne vai se appena il dolce sonno mi abbandona <br />

e fuggi come la pecora che ha visto il grigio lupo?”<br />

Ma anche la Saffo rappresentata dal latino Ovidio 16 nelle “Heroides” è tormentata dall'apparire nel sogno di<br />

Faone (vv. 123-136) :<br />

Tu mihi cura, Phaon, te somnia nostra reducunt,<br />

sed non longa satis gaudia somnus habet.<br />

Saepe tuos nostra cervice onerare lacertos,<br />

saepe tuae videor supposuisse meos;<br />

oscula cognosco, quae tu committere lingua<br />

aptaque consueras accipere, apta dare.<br />

Blandior interdum verisque simillima verba<br />

eloquor, et vigilant sensibus ora meis.<br />

-Ulteriora pudet narrare, sed omnia fiunt-<br />

et iuvat, et sine te non licet esse mihi.<br />

At cum se Titan ostendit et omnia secum,<br />

tam cito me somnos destituisse queror;<br />

Talvolta, invece, il sogno sembra confondersi con la realtà, come testimoniano questi due componimenti<br />

appartenenti alle due tradizioni poetiche:<br />

Fosti tu a venire<br />

o fui io ad andare:<br />

non posso ricordare;<br />

era sogno o realtà,<br />

dormivo o ero sveglia?<br />

(Anth. Pal., XIII, 645)<br />

Quando ci salutammo verso il vespro,<br />

non so se in sogno o veramente<br />

Meride mi baciò. Sì, ricordo tutto il resto:<br />

le sue domande e tutte le risposte.<br />

Se il bacio è vero, come, fatto dio,<br />

continuo a camminare sulla terra?<br />

(Anth. Pal., XII, 177)<br />

Rimanendo nella dimensione di Eros quale sentimento instabile, vano e motivo di sofferenza si può riscontrare<br />

nelle due culture il topos dei giuramenti degli amanti vani ed inconsistenti o dell'inutilità di un amore non<br />

corrisposto.<br />

Per quanto concerne la letteratura greca vanno riportati almeno due epigrammi: il primo è un noto epigramma<br />

di Meleagro (Anth. Pal., V, 8):<br />

Sacra notte e lucerna, per i nostri giuramenti nessun altro<br />

complice abbiamo scelto, ma voi!<br />

Lui giurò di amare me, io di non lasciarlo mai.<br />

Voi siete testimoni delle nostre parole.<br />

Ma ora lui dice che quei giuramenti sono finiti nell'acqua<br />

o lucerna, tu lo vedi tra le braccia di altre.<br />

16 Tra le opere principali del poeta – nato a Sulmona nel 43 a.C., ma vissuto perlopiù a Roma e poi in esilio a Tomi dove morì nel 18<br />

d. C., le 21 “Heroides” rappresentano una novità nel panorama letterario latino: la ripresa di miti famosi avviene infatti, come nel<br />

greco Alcifrone, attraverso le lettere immaginarie di eroine ai loro amanti lontani. Lo stesso discorso vale anche per Laodamia ed<br />

Ero. Unica eccezione, la figura di Saffo, assimilata, grazie alla fama delle sue poesie, alle figure mitiche che probabilmente lei stessa<br />

celebrò. Vicende simili alla sua furono, del resto, quelle di Ero e Laodamia (cfr. Her. XIII, vv. 105-109 e XIX, vv. 57-66).


Il secondo testo, opera, di Callimaco 17 (Anth. Pal. V, 6), invece, è tutto giocato sul fatto che i giuramenti degli<br />

amanti, essendo puntualmente infranti, non vengono puniti dagli dei nel momento in cui non sono rispettati.<br />

Rispetto al precedente epigramma presentato, quello di Callimaco ci presenta l'accondiscendenza della divinità<br />

verso la debolezza di un giuramento che nasce da persone, per così dire, prive della capacità di giudizio e,<br />

soprattutto, non consapevoli della serietà delle cose che sottopongono a giuramento:<br />

Callignoto ha giurato a Ionide di non tradirla<br />

mai con nessun altro, ragazzo o ragazza.<br />

Ha giurato. Ma è vero quel che dicono: i giuramenti<br />

<strong>d'amore</strong> non arrivano all'orecchio degli dei.<br />

Ora lui brucia di passione per un ragazzo: della povera<br />

sposina gli importa meno dei due bastoni.<br />

Nella tradizione giapponese, invece, un waka anonimo del Kokinwakashū (XI, 522), attraverso l'άύ della<br />

scrittura nell'acqua, indica l'inutilità di un amore non corrisposto:<br />

Più vano dello scrivere<br />

cifre sull'acqua<br />

che scorre,<br />

è invero, amare una persona<br />

che non mi ama.<br />

Toni di più ardente sensualità caratterizzano, in questa breve lirica giapponese, l’invito di una donna alle gioie<br />

dell’amore:<br />

Dolce fratello<br />

al mio cuore vicino<br />

non aspettare<br />

l’arancio del tramonto<br />

dammi la mano<br />

accarezzami un seno<br />

il mio calore<br />

t’accenderà di voglia<br />

avremo per giaciglio<br />

l’incanto del mio bosco<br />

Né mancano, seppure in numero minore, componimenti dedicati all'amore tra donne, solitamente concubine, alla<br />

corte dei grandi signori. Accenti saffici rivivono, ad esempio, nel waka sotto riportato:<br />

Bella m’appari<br />

lunghe gambe in falcata<br />

fiero lo sguardo<br />

17 Tra i poeti più rappresentativi della produzione alessandrina, Callimaco (305-245 a. C.) fu autore di epilli, tra cui l’”Ecale”,<br />

“Epigrammi”, “Giambi” ed “Inni”, caratterizzati da una programmatica brevitas e dalla ripresa di miti rari o di versioni non<br />

tradizionali.


amoroso il sorriso,<br />

donne sorelle<br />

noi complici da sempre,<br />

mani intrecciate<br />

nello sfiorar di corpi,<br />

ridendo sussurriamo<br />

femminili segreti<br />

così come ricordano la poetessa di Ereso liriche incentrate sull’orgoglio per i propri piccoli di amorevoli genitori.<br />

Una poesia del Manyōshū (V, 803), ad esempio, composta da Yamanoue no Okura, mostra quanto sia importante<br />

l'affetto che si prova verso la propria preziosa creatura:<br />

“Oro, argento<br />

pietre preziose:<br />

su cosa far cadere<br />

la mia scelta?<br />

La più preziosa<br />

delle gemme<br />

non vale quanto<br />

un bambino”.<br />

Spontaneo il riferimento al frammento attribuito a Saffo (fr. 132 Voigt), dove la poetessa fa trapelare l'affetto<br />

per la figlia Cleide:<br />

“Ho una figlia bella, simile ai fiori colore dell'oro<br />

per aspetto, Cleide, il mio amore,<br />

in cambio di lei io né la Lidia tutta né l'amabile...”<br />

Vi sono poi due composizioni funebri dedicate al dolore per la morte di un figlio, che contribuiscono a farci<br />

notare come i sentimenti umani superano i limiti spazio-temporali. Il primo è un waka del già menzionato<br />

Yamanoue no Okura composto in occasione della morte del figlio Furubi e contenuto nel Manyōshū:<br />

Egli è giovane e non<br />

conoscerà, certo, la via!<br />

Oh, potessi corrompere<br />

il messaggero dell'aldilà<br />

perché lo porti sulle sue spalle. (V, 905)<br />

Il corrispettivo greco è un epigramma di Diodoro Zona, contenuto nell'Anthologia Palatina (VII, 365):<br />

O tu che all'Ade<br />

guidi la barca dei morti sull'acqua<br />

di questa palude fitta di canne,


abbi pietà del mio dolore,<br />

tendi la mano al figlio di Cinira 18 ,<br />

ora che scende giù dalla scaletta.<br />

Nero Caronte, aiutalo,<br />

perché nei sandali inciampa il bambino 19 ,<br />

e poi ha paura di posare i piedi<br />

nudi su per la sabbia della riva.<br />

18 Trad. di S. Quasimodo. Va detto che, forse, Cinira potrebbe essere il figlio di Adone.<br />

19 Un ricordo del topos, oltre che nell’epigramma di Marziale per Erotion, citato alla nota 20 del capitolo 6, è nel sonetto “ Funere<br />

mersit acerbo “ di Giosuè Carducci, dove alla figura di Caronte si sostituisce, in una nota di umana delicatezza, quella dello zio del<br />

bambino, anch’egli prematuramente scomparso ().

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