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Biennale 1976: la terra di mezzo per la terza cultura

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EMANUELE RINALDO MESCHINI<br />

<strong>Biennale</strong> <strong>1976</strong>: <strong>la</strong> <strong>terra</strong> <strong>di</strong> <strong>mezzo</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>terza</strong> <strong>cultura</strong><br />

Scuo<strong>la</strong> <strong>di</strong> Specializzazione in Beni Storico Artistici<br />

Siena a.a. 2010-2011<br />

Professor Enrico Crispolti


<strong>Biennale</strong> <strong>1976</strong>: <strong>la</strong> <strong>terra</strong> <strong>di</strong> <strong>mezzo</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>terza</strong> <strong>cultura</strong><br />

Emanuele Rinaldo Meschini.<br />

Capitolo 1<br />

La comunicazione come luogo fisico<br />

1.1 Arte come es<strong>per</strong>ienza e l’approccio deweiano<br />

1.2 Lo spazio a<strong>per</strong>to <strong>di</strong> William James<br />

Capitolo 2<br />

Territorio sociale, tessuto sociale<br />

2.1 Enrico Crispolti e <strong>la</strong> partecipazione sociale<br />

2.2 L’o<strong>per</strong>atore estetico<br />

Capitolo 3<br />

<strong>Biennale</strong> <strong>1976</strong>: ambiente come sociale<br />

3.1 Il Pa<strong>di</strong>glione Italia<br />

3.2 Il luogo me<strong>di</strong>ale<br />

3.3 La <strong>terza</strong> <strong>cultura</strong><br />

1


Capitolo 1<br />

La comunicazione come luogo fisico<br />

1.1 Arte come es<strong>per</strong>ienza e l’approccio deweiano<br />

Questo primo capitolo è incentrato sull’importanza del<strong>la</strong> filosofia pragmatista americana, attraverso<br />

l’analisi due autori come John Dewey e William James e serve <strong>per</strong> mettere in evidenza come il<br />

concetto <strong>di</strong> comunicazione-fisica, ovvero quel<strong>la</strong> comunicazione che non risiede tanto nel messaggio<br />

quanto nel<strong>la</strong> partecipazione, affon<strong>di</strong> le sue ra<strong>di</strong>ci nel pragmatismo americano e come le teorie<br />

deweiane siano presenti nel<strong>la</strong> critica artistica degli e sugli anni ’70.<br />

Identificare <strong>la</strong> comunicazione come luogo, in<strong>di</strong>ca in prima istanza <strong>la</strong> volontà <strong>di</strong> identificazione non<br />

tanto del messaggio quanto dello spazio in cui esso avviene. Un punto saldo dal quale voglio far<br />

partire questo mio stu<strong>di</strong>o risiede nel<strong>la</strong> figura del filosofo americano John Dewey (1859-1952) e nel<br />

suo testo Arte come es<strong>per</strong>ienza del 1934. In quest’o<strong>per</strong>a Dewey analizza il fenomeno estetico<br />

dell’arte attraverso <strong>la</strong> lente d’ingran<strong>di</strong>mento del suo pragmatismo. Sottolineo suo <strong>per</strong>ché <strong>di</strong><br />

pragmatismi ufficiali erano presenti quello logico <strong>di</strong> Charles S. Pierce e quello psicologico <strong>di</strong><br />

William James. Quello <strong>di</strong> Dewey, l’unico dei tre ad occuparsi in maniera sistematica d’arte, è un<br />

pragmatismo definito anche come tecnologico 1 nel senso che cerca <strong>di</strong> basarsi sull’es<strong>per</strong>ienza e <strong>la</strong><br />

tecnica quoti<strong>di</strong>ana <strong>per</strong> e<strong>la</strong>borare le proprie teorie. Punto centrale del<strong>la</strong> ricerca deweiana è <strong>la</strong><br />

comunicazione, intesa come realizzazione del rapporto tra organismo e ambiente. Questo nel campo<br />

artistico sta ad in<strong>di</strong>care che non può esserci o<strong>per</strong>a se non c’è col<strong>la</strong>borazione o quanto meno<br />

partecipazione. Nel <strong>di</strong>scorso portato avanti da Dewey, l’organismo è l’artista e l’ambiente è il<br />

pubblico, in <strong>mezzo</strong> ai due si trova <strong>la</strong> comunicazione, intesa proprio come luogo fisico d’incontro,<br />

come possibilità s<strong>per</strong>imentabile, come es<strong>per</strong>imento ricreabile.<br />

Riguardo a questo Dewey scrive: “L’es<strong>per</strong>ienza è il risultato, il segno e <strong>la</strong> ricompensa <strong>di</strong> quel<strong>la</strong><br />

interazione tra organismo e ambiente che, quando raggiunge <strong>la</strong> pienezza, si trasforma in<br />

partecipazione e comunicazione”. 2<br />

1 Riguardo a questo G. Corallo scrive: “Il sistema filosofico del Dewey parte, come già si è accennato, dalle premesse<br />

empiristiche, <strong>per</strong> giungere poi a sviluppi in<strong>di</strong>pendenti tanto notevoli da giustificarne una nuova denominazione. A<br />

proposito del<strong>la</strong> quale, tuttavia, il Dewey non fu costante, e, pur avendo ado<strong>per</strong>ato con maggior frequenza l'espressione<br />

<strong>di</strong> 'Strumentalismo' o 'Strumentalismo empirico', <strong>per</strong> in<strong>di</strong>care il suo sistema, usò anche i nomi <strong>di</strong> 'S<strong>per</strong>imentalismo',<br />

'Empirismo s<strong>per</strong>imentale', 'Strumentalismo pragmatistico' e 'Naturalismo'. Nel 1944, poi, <strong>di</strong>chiarava espressamente il<br />

suo rincrescimento <strong>per</strong> non aver usato 'sistematicamente <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> 'tecnologia' al posto <strong>di</strong> 'strumentalismo' in riferimento<br />

all'idea da lui espressa sul<strong>la</strong> peculiare caratteristica del<strong>la</strong> scienza come es<strong>per</strong>ienza'”. G. Corallo, John Dewey, La Scuo<strong>la</strong>,<br />

Brescia 1972, [I ed. 1957], pp. 31, 32.<br />

2 J. Dewey, Arte come es<strong>per</strong>ienza, Aesthetica, Palermo 2007, [I ed. 1934], p.49.<br />

2


Per concepire <strong>la</strong> comunicazione come luogo fisico, necessitano due elementi fondamentali:<br />

l’es<strong>per</strong>ienza e <strong>la</strong> deviazione(detour).<br />

Cosa s’intende dunque <strong>per</strong> es<strong>per</strong>ienza nell’approccio del filosofo americano?<br />

Fin dal<strong>la</strong> pubblicazione <strong>di</strong> Essays in Ex<strong>per</strong>imental Logic nel 1916, il concetto <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza in<br />

Dewey vuole essere un su<strong>per</strong>amento del soggettivismo, dello gnoseologismo e <strong>di</strong> quei<br />

dualismi, falsi, presenti nelle teorie tra<strong>di</strong>zionali. Nel<strong>la</strong> definizione del valore dell'es<strong>per</strong>ienza,<br />

un ruolo importante è giocato dal<strong>la</strong> ricerca scientifica. L'es<strong>per</strong>ienza è qualcosa <strong>di</strong> vero <strong>per</strong>ché<br />

verificato e lo stesso vale anche <strong>per</strong> il concetto <strong>di</strong> verità, da intendersi come qualcosa <strong>di</strong><br />

futuribile nel senso che <strong>la</strong> sua <strong>di</strong>mensione consiste nel<strong>la</strong> <strong>di</strong>mostrabilità nel futuro.<br />

L'es<strong>per</strong>ienza è uno sguardo critico verso il futuro, una costruzione nel futuro. Questo<br />

atteggiamento a sua volta si riversa sul concetto <strong>di</strong> filosofia <strong>la</strong> quale <strong>per</strong> Dewey deve essere<br />

strumentale e o<strong>per</strong>ativa. Nel<strong>la</strong> visione deweyana tutto deve essere verificabile nel senso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrabile al futuro, quin<strong>di</strong> l'es<strong>per</strong>ienza stessa, come vedremo, ha una sua natura futuribile.<br />

Il concetto tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza contro cui si scontra Dewey, intende <strong>di</strong> contro<br />

l'es<strong>per</strong>ienza come un fatto innanzitutto conoscitivo, <strong>la</strong> identifica con <strong>la</strong> soggettività ed, infine,<br />

<strong>la</strong> considera come registrazione del già avvenuto. Questa concezione <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza insomma,<br />

mostra una squilibro, una tensione verso <strong>la</strong> passività, mettendo così in evidenza <strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione<br />

del subire piuttosto che quel<strong>la</strong> del fare. Inoltre l'es<strong>per</strong>ienza così intesa non prevede nessi e<br />

continuità e soprattutto viene posta in antitesi al pensiero. L'es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong> Dewey è tutt'altra<br />

cosa, è equilibrio del fare e del subire, è interazione e sviluppo in un ambiente. Riassumendo e<br />

schematizzando possiamo <strong>di</strong>re che l'es<strong>per</strong>ienza è: organica, continua, <strong>di</strong>namica e interattiva.<br />

E, al tempo stesso, non è: un insieme <strong>di</strong> stati psichici, una collezione <strong>di</strong>sartico<strong>la</strong>ta <strong>di</strong><br />

<strong>per</strong>cezioni e sensazioni, un fatto soggettivo.<br />

Essa inoltre implica un ambiente e si identifica con le azioni-passioni degli esseri viventi.<br />

Altro elemento importante <strong>per</strong> <strong>la</strong> definizione dell'es<strong>per</strong>ienza è <strong>la</strong> partecipazione ed è <strong>per</strong> questo che<br />

in Dewey <strong>la</strong> Democrazia, prima che un sistema politico, è il metodo dell'intelligenza. L'es<strong>per</strong>ienza è<br />

un rapporto <strong>di</strong> continua interazione tra l'in<strong>di</strong>viduo ed il suo ambiente, è una lotta <strong>per</strong> conoscersi e<br />

riuscire a stabilire un equilibrio che non equivale ad una stasi bensì ad una fase momentanea prima<br />

che <strong>la</strong> continua rottura, origine del processo conoscitivo, riprenda. Come metodo e forma del<strong>la</strong><br />

realtà, l'es<strong>per</strong>ienza, è possibile solo nel<strong>la</strong> ri-unione tra mente e corpo, fare e subire, organismo e<br />

ambiente e tra tutte quelle altre <strong>di</strong>cotomie che il senso comune ha creato. Tale unione dà<br />

consapevolezza al<strong>la</strong> conoscenza e forma il giu<strong>di</strong>zio critico che è al<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> conoscenza stessa.<br />

3


Altro concetto portante si <strong>di</strong>ceva essere <strong>la</strong> deviazione(detour): momento <strong>di</strong> sviamento necessario ai<br />

fini <strong>di</strong> una ricostruzione. Proprio i termini ricostruire e rifare sono cari al filosofo americano. 3<br />

Dewey scrive: “Per comprendere i prodotti artistici dobbiamo <strong>per</strong> un po’ <strong>di</strong>menticarli, <strong>di</strong>stoglierci<br />

da essi e rivolgerci a quelle forze e alle con<strong>di</strong>zioni or<strong>di</strong>narie dell’es<strong>per</strong>ienza che solitamente non<br />

consideriamo estetica. Dobbiamo arrivare al<strong>la</strong> teoria deviando dal<strong>la</strong> strada <strong>di</strong>retta ( We must arrive<br />

at the theory of art by means of a detour) ”. 4<br />

La deviazione rappresenta nel<strong>la</strong> teoria deweiana <strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> riscrittura, una sorta <strong>di</strong> azione <strong>di</strong><br />

decentramento necessario <strong>per</strong> lo sviluppo <strong>di</strong> ogni teoria artistica. La deviazione <strong>di</strong>venta quasi un<br />

passaggio obbligato nel riconoscimento dell’o<strong>per</strong>a d’arte e, soprattutto, <strong>di</strong>venta passaggio obbligato<br />

<strong>per</strong> quell’arte che vuole giustificare <strong>la</strong> propria natura estetica in re<strong>la</strong>zione al sociale. Questo punto<br />

mi sembra trovi coincidenze importanti con i criteri del Pa<strong>di</strong>glione Italia al<strong>la</strong> <strong>Biennale</strong> del <strong>1976</strong> <strong>di</strong><br />

cui parleremo più avanti.<br />

È importante il seguente passaggio <strong>di</strong> Dewey <strong>per</strong>ché si afferma <strong>la</strong> volontà <strong>di</strong> creare, o <strong>per</strong> meglio<br />

<strong>di</strong>re <strong>di</strong> comprendere, una teoria artistica attraverso una sua teoria comunicativa: “Il confronto tra<br />

l’emergere dell’o<strong>per</strong>e d’arte dalle es<strong>per</strong>ienze comuni e il raffinare materiali grezzi trasformandoli in<br />

prodotti apprezzabili, può sembrare a qualcuno inopportuno, se non ad<strong>di</strong>rittura un tentativo <strong>di</strong><br />

ridurre le o<strong>per</strong>e d’arte al rango <strong>di</strong> merci confezionate <strong>per</strong> scopi commerciali. Il punto è, <strong>per</strong>ò, che<br />

nessuna dose <strong>di</strong> elogi estatici <strong>per</strong> o<strong>per</strong>e compiute può <strong>di</strong> <strong>per</strong> sé aiutare a comprendere o a generare<br />

tali o<strong>per</strong>e. Si può godere dei fiori senza conoscere le interazioni tra suolo, aria, umi<strong>di</strong>tà e semi <strong>di</strong> cui<br />

sono il risultato. Ma i fiori non possono essere compresi senza prendere in considerazione proprio<br />

queste interazioni – e una teoria ha a che fare con <strong>la</strong> comprensione. La teoria concerne <strong>la</strong> sco<strong>per</strong>ta<br />

del<strong>la</strong> natura del<strong>la</strong> produzione <strong>di</strong> o<strong>per</strong>e d’arte e del<strong>la</strong> loro fruizione nel<strong>la</strong> <strong>per</strong>cezione. Come accade<br />

che il quoti<strong>di</strong>ano far cose si trasforma in quel<strong>la</strong> forma d’arte che è genuinamente artistica? Come<br />

accade che il nostro quoti<strong>di</strong>ano godere <strong>di</strong> scene e situazioni si evolve nel<strong>la</strong> peculiare sod<strong>di</strong>sfazione<br />

che accompagna l’es<strong>per</strong>ienza enfaticamente artistica? Queste sono le domande a cui deve<br />

rispondere una teoria. Le risposte non si trovano finché non siamo <strong>di</strong>sposti a rintracciare i germi e le<br />

ra<strong>di</strong>ci in elementi d’es<strong>per</strong>ienza che correntemente non reputiamo estetici. Dopo aver sco<strong>per</strong>to<br />

questi semi attivi, possiamo seguire il corso del<strong>la</strong> loro trasformazione nelle forme supreme dell’arte<br />

<strong>per</strong>fetta e raffinata”. 5<br />

L’es<strong>per</strong>imento deweiano, es<strong>per</strong>ienza+comunicazione+deviazione=arte, viene preso come modello<br />

o<strong>per</strong>ativo da tutti quegli artisti che cercano una propria identificazione nell’interazione sociale e<br />

3 Su questa tematica si vedano i testi deweiani: J. Dewey, Rifare <strong>la</strong> filosofia, Donzelli, Roma 2008, [I ed. 1920];<br />

J. Dewey, Per una filosofia risanata. Intelligenza e <strong>per</strong>cezione, Armando, Roma 2009, [I ed. 1917].<br />

4 J. Dewey, op. cit., p.31. Per il testo inglese: J. Dewey, Art as ex<strong>per</strong>ience, in, J. Dewey, The <strong>la</strong>ter works, 1925-1953,<br />

vol. X, e<strong>di</strong>ted by Jo Ann Boydston, Southern Illinois University Press 1987, p.10.<br />

5 J. Dewey, op. cit., p. 39.<br />

4


quin<strong>di</strong> nell’azione fuori dai luoghi preposti, l’azione non esteticamente accettata. Proprio Renato<br />

Barilli nell’introduzione al<strong>la</strong> raccolta <strong>di</strong> una sua serie <strong>di</strong> scritti sull’arte dagli anni’50 ai ’70, mette<br />

in luce l’influenza <strong>di</strong> Dewey sottolineando come le idee del filosofo già circo<strong>la</strong>ssero negli anni’50,<br />

ma che solo più avanti vennero messe in pratica. Barilli scrive: “([…] le prime pagine <strong>di</strong> Art as<br />

Ex<strong>per</strong>ience ci offrono un ottimo elenco <strong>di</strong> comportamenti che già nel ’34 il filosofo statunitense<br />

poneva alle basi <strong>di</strong> tutto l’e<strong>di</strong>ficio estetico). Solo che, si potrebbe <strong>di</strong>re con una battuta, se lo spirito<br />

già allora era pronto, <strong>la</strong> carne era debole: le coor<strong>di</strong>nate teoriche, raggiunte fin dagli anni ’50, o<br />

ad<strong>di</strong>rittura prima <strong>per</strong> quanto riguarda Dewey, erano ben lungi dal trovare una verifica concreta nel<strong>la</strong><br />

pratica artistica <strong>di</strong> quegli anni, e ci volle così un abbondante decennio <strong>per</strong> giungere all’adeguazione<br />

tra teoria e prassi”. 6 Questa affermazione è soprattutto legata al<strong>la</strong> sfera del comportamento, che<br />

<strong>di</strong>venta l’oggetto <strong>di</strong> ricerca dell’arte in partico<strong>la</strong>re negli anni ’70. Art as ex<strong>per</strong>ience, infatti, come<br />

sottolinea lo stesso Barilli, avrà un’influenza maggiore nei successivi movimenti artistici e si<br />

rivelerà più tar<strong>di</strong> un testo chiave <strong>per</strong> gli artisti dell’Arte Povera. Dell’influenza deweiana nell’Arte<br />

Povera, par<strong>la</strong> anche Carmelo Strano nel<strong>la</strong> sua ricognizione sull’arte degli anni’70 scrivendo: “Per<br />

Dewey, l’es<strong>per</strong>ienza (che egli chiama “strumentalistica” <strong>per</strong> contrappor<strong>la</strong> a quel<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zionale<br />

dell’empirismo) non è parziale ma totale, intera, onnicomprensiva senza riserve né etichette<br />

preconcette, tant’è che in essa rientra anche l’errore, l’ignoranza, <strong>la</strong> follia, ecc. Insomma, tutto un<br />

terreno <strong>di</strong> possibilità massimamente a<strong>per</strong>to, su base fondamentalmente biologica e organicistica,<br />

come precisato in Art as Ex<strong>per</strong>ience. Che poi è il terreno praticato, come si è visto, dall’Arte<br />

Povera. Ce<strong>la</strong>nt <strong>per</strong>altro cita il filoso americano en passant ( <strong>la</strong> stessa cosa fa con John Cage, in<br />

re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> coincidenza tra s<strong>per</strong>imentazione dell’arte e s<strong>per</strong>imentazione del vivere).” 7<br />

Se dunque, l’approccio deweiano agli inizi degli anni ’70 è ancora legato alle tematiche del<br />

comportamento re<strong>la</strong>tive al concetto <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza sopra citato, è, a mio avviso, a metà <strong>di</strong> quegli anni<br />

che l’attenzione si sposta su un’altra tematica espressa dal filosofo, ovvero <strong>la</strong> comunicazionepartecipazione.<br />

6<br />

R. Barilli, Informale Oggetto Comportamento, I vol., La ricerca artistica negli anni ’50 e ’60, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no<br />

2006, [I ed. 1979], p.17<br />

7<br />

C. Strano, Gli anni settanta. Gli orientamenti dell’arte occidentale tra società, pensiero, tecnologia, Skira, Mi<strong>la</strong>no<br />

2005, pp. 30-31.<br />

5


1.2 Lo spazio a<strong>per</strong>to <strong>di</strong> William James<br />

Altro filosofo importante <strong>per</strong> <strong>la</strong> costruzione <strong>di</strong> questo concetto <strong>di</strong> comunicazione-fisica, è William<br />

James (1842-1910). La sua influenza non è <strong>di</strong>retta come quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> Dewey sia <strong>per</strong>ché non si è<br />

interessato in maniera sistematica del<strong>la</strong> questione arte e sia <strong>per</strong>ché si è trovato ad agire agli inizi del<br />

Novecento in un clima più propenso all’influenza letteraria e psicologia. James <strong>per</strong>ò, e questo è<br />

testimoniato dai rapporti che aveva con Giovanni Papini, che <strong>per</strong>altro cita anche nel suo<br />

Pragmatism del 1907, è un <strong>per</strong>sonaggio chiave <strong>per</strong> il <strong>di</strong>ffondersi del<strong>la</strong> filosofia pragmatista in Italia<br />

agli inizi del secolo. Queste influenze in<strong>di</strong>rette sono comunque molto importanti in quanto lo stesso<br />

Papini nel 1903 inizierà a pubblicare il “Leonardo”, <strong>la</strong> voce del pragmatismo in Italia, e nel 1913<br />

darà al<strong>la</strong> stampe una serie <strong>di</strong> saggi e ricerche dal titolo Sul Pragmatismo. Papini, inoltre,<br />

giustificherà <strong>la</strong> sua es<strong>per</strong>ienza futurista proprio sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> convergenza pragmatismofuturismo.<br />

Questo è un elemento importante <strong>per</strong>ché seguendo il filo del<strong>la</strong> storia possiamo tracciare<br />

una linea, con le dovute eccezioni, che val dal pragmatismo passando <strong>per</strong> il futurismo fino alle neo<br />

avanguar<strong>di</strong>e degli anni ’50-’60, che proprio dal movimento fondato da Marinetti hanno tratto<br />

<strong>di</strong>versi spunti. Dunque, l’influenza <strong>di</strong> James è in<strong>di</strong>retta ma allo stesso tempo fondamentale <strong>per</strong><br />

quegli spunti sul<strong>la</strong> comunicazione e partecipazione che saranno poi e<strong>la</strong>borati in chiave estetica da<br />

Dewey. Il concetto <strong>di</strong> fondo che anima le teorie <strong>di</strong> James è riassumibile attraverso un suo “slogan”<br />

molto famoso: “The will to believe”, ovvero, <strong>la</strong> volontà <strong>di</strong> credere, <strong>la</strong> credenza che qualcosa possa<br />

cambiare, crearsi o rigenerarsi proprio grazie al<strong>la</strong> volontà. Proprio una <strong>di</strong>mostrazione delle<br />

convergenze tra futurismo e pragmatismo e dunque del<strong>la</strong> “propensione” artistica del pragmatismo, è<br />

costituita dal romanzo <strong>di</strong> Marinetti Mafarka il futurista in cui il re africano Mafarka genera suo<br />

figlio con il solo sforzo del<strong>la</strong> volontà. 8 Il concetto <strong>di</strong> volontà viene esteso da James ad una praticità,<br />

ancora <strong>per</strong>ò non collegata ad una prassi reale, volta al<strong>la</strong> creazione <strong>di</strong> uno spazio in cui Dewey <strong>la</strong>vora<br />

attraverso comunicazione, partecipazione, deviazione ed es<strong>per</strong>ienza, <strong>per</strong> renderlo artistico ed a<strong>per</strong>to.<br />

Ai fini <strong>di</strong> questa nostra ricerca è importante riportare il seguente passo <strong>di</strong> James tratto dal suo<br />

Pragmatism: “Un pragmatista volta le spalle risolutamente, e una volta <strong>per</strong> tutte, a una quantità <strong>di</strong><br />

abitu<strong>di</strong>ni inveterate care ai filosofi <strong>di</strong> professione. Si <strong>la</strong>scia alle spalle l’astrazione e<br />

l’inadeguatezza, le soluzioni verbali, le cattive ragioni a priori, i principi inamovibili, i sistemi<br />

chiusi, i pretesi assoluti e le origini. Si volge verso <strong>la</strong> concretezza e l’adeguatezza, i fatti e le azioni,<br />

e verso <strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> agire (power). Il che significa <strong>la</strong> supremazia del<strong>la</strong> mentalità empirista e <strong>la</strong><br />

8 F. T. Marinetti, Mafarka il Futurista, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 2009, [I ed. 1910].<br />

6


esa incon<strong>di</strong>zionata <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> razionalista. Significa lo spazio a<strong>per</strong>to e <strong>la</strong> possibilità del<strong>la</strong> natura,<br />

contro il dogma, l’artificiosità, il preteso finalismo del<strong>la</strong> verità”. 9<br />

9 W. James, Pragmatismo, Il Saggiatore, Mi<strong>la</strong>no 1994, p. 33, [I ed. 1907].<br />

7


Capitolo 2<br />

Territorio sociale, tessuto sociale<br />

2.1 Enrico Crispolti e <strong>la</strong> partecipazione sociale<br />

La formazione <strong>di</strong> un luogo me<strong>di</strong>ale a<strong>per</strong>to basato sul<strong>la</strong> comunicazione, non può, come si è detto,<br />

prescindere dalle <strong>per</strong>sone. Concepire infatti il territorio sociale come tessuto sta ad in<strong>di</strong>care, già<br />

nel<strong>la</strong> sua terminologia, lo spostamento d’attenzione dal<strong>la</strong> sfera tecnica a quel<strong>la</strong> umana. Questo<br />

spazio me<strong>di</strong>ale, questo territorio sociale, deve infatti essere abitato. In questa <strong>di</strong>rezione, a metà tra il<br />

censimento e <strong>la</strong> ripopo<strong>la</strong>zione, si muovono le o<strong>per</strong>azioni curate da Enrico Crispolti. Attraverso<br />

eventi come Vol<strong>terra</strong> ’73, Napoli Situazione ’75, fino al<strong>la</strong> <strong>Biennale</strong> del ’76, passando <strong>per</strong><br />

O<strong>per</strong>azione Roma eterna, il critico romano delinea i termini e <strong>la</strong> metodologia <strong>di</strong> un’o<strong>per</strong>atività volta<br />

al<strong>la</strong> sollecitazione d’autocoscienza che serve a rispondere ad una domanda estetica precisa rivoltagli<br />

da una società ormai concretamente massificata. Da una parte, <strong>la</strong> sollecitazione d’autocoscienza<br />

o<strong>per</strong>ativa sembra, <strong>per</strong> certi versi, il giusto approdo delle ricerche dell’Internazionale Situazionista,<br />

che trovano proprio grazie a questo concetto <strong>di</strong> o<strong>per</strong>atività uno sbocco concreto al loro settarismo.<br />

La metodologia crispoltiana è a mio avviso, fortemente pragmatista in quanto ricerca un concetto <strong>di</strong><br />

verificabilità, in questo caso nel sociale, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> riproducibilità, mettendo così in parallelo le sue<br />

azioni con le teorie dei filosofi pragmatisti americani. La novità (<strong>di</strong>versità-partico<strong>la</strong>rità) <strong>di</strong> questa<br />

metodologia consiste nel<strong>la</strong> sua volontà <strong>di</strong> formazione concreta come si evince dall’aggettivo<br />

“o<strong>per</strong>ativa” che sta ad in<strong>di</strong>care proprio <strong>la</strong> <strong>di</strong>rezione che deve prendere lo spontaneismo <strong>per</strong> non<br />

rimanere effimero e sommario. In tutto questo processo è fondamentale il ruolo delle istituzioni <strong>per</strong><br />

“sollecitare una domanda <strong>di</strong> definizione <strong>di</strong> prospettive e <strong>di</strong> istituzionalizzazione” 10 che porti così<br />

al<strong>la</strong> creazione <strong>di</strong> una partecipazione che lo stesso Crispolti definisce democratica. Proprio questa<br />

volontà istituzionalizzatrice rientra nel concetto pragmatista <strong>di</strong> verificabilità in quanto rappresenta<br />

un risultato e, proprio come in un es<strong>per</strong>imento, si agisce limitando e restringendo il campo d’azione<br />

<strong>per</strong> poter creare un campione, un numero 0 riproducibile all’infinito. Pertanto l’azione sociale non è<br />

una s<strong>per</strong>duta azione nel<strong>la</strong> socialità del mondo, bensì un’azione in una picco<strong>la</strong> e concreta parte <strong>di</strong><br />

esso, che servirà poi da esempio <strong>per</strong> costruire un concetto <strong>di</strong> socialità espansa. Proprio riguardo a<br />

questo Crispolti scrive: “Una verifica che dovrà avvenire entro una concreta porzione <strong>di</strong> realtà <strong>di</strong><br />

base, <strong>per</strong>ché l’agire nel sociale è tanto più efficace in quanto è più partico<strong>la</strong>re e definitivo, come<br />

“re<strong>per</strong>to minimo” (come lo chiama Riccardo Dalisi) <strong>di</strong> partecipazione”. 11<br />

10<br />

E. Crispolti, Arti visive e partecipazione sociale. Da Vol<strong>terra</strong> 73 al<strong>la</strong> <strong>Biennale</strong> <strong>1976</strong>, De Donato, Bari 1977, p. 35.<br />

11<br />

Loc. cit.<br />

8


Questa metodologia <strong>di</strong> autogestione <strong>cultura</strong>le si può <strong>di</strong>videre in due fasi nelle quali l’animazione e<br />

<strong>la</strong> partecipazione ne rappresentano <strong>la</strong> prima, mentre l’e<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> un linguaggio specifico che<br />

non deve mirare all’esclusione o all’esclusività ma che sia <strong>la</strong> <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> una praticabilità<br />

sociale ne rappresenta <strong>la</strong> seconda. Un artista che vuole definirsi “internazionale”, afferma Crispolti<br />

nel catalogo <strong>per</strong> Napoli Situazione ’75, deve avere innanzitutto un profondo rapporto, non solo<br />

<strong>cultura</strong>le, con il suo territorio <strong>di</strong> origine. Questo <strong>per</strong>ché il compito dell’artista è quello <strong>di</strong> rispondere<br />

alle domande urgenti del proprio territorio attraverso l’e<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> un linguaggio specifico che<br />

sia il più possibile <strong>di</strong>alogativo.<br />

Un esempio <strong>di</strong> questa metodologia è l’ O<strong>per</strong>azione Roma eterna. La città ed in partico<strong>la</strong>re il<br />

quartiere Testaccio, vengono intesi come campo d’intervento; si instaura così un rapporto fra<br />

l’o<strong>per</strong>atività <strong>cultura</strong>le e lo spazio sociale urbano. L’o<strong>per</strong>azione si <strong>di</strong>vide in due fasi. La prima fase,<br />

ideativa, è contrad<strong>di</strong>stinta dal<strong>la</strong> libera invenzione e progettazione basata sul<strong>la</strong> nozione <strong>cultura</strong>le e<br />

turistica <strong>di</strong> Roma. Una prima ricognizione dunque, nello quale lo specifico dell’artista viene messo<br />

in risalto e confrontato con <strong>la</strong> domanda <strong>cultura</strong>le. La seconda fase, volta ad una presa <strong>di</strong> coscienza<br />

caratterizzante del quartiere, attraverso modelli <strong>di</strong> rapporto coo<strong>per</strong>ativo, prevede l’azione<br />

d’intervento e, dunque, le risposte alle domande poste in essere dal<strong>la</strong> realtà urbana stessa.<br />

9


2.2 L’o<strong>per</strong>atore estetico<br />

In questo processo <strong>di</strong> trasformazione e <strong>di</strong> ridefinizione dei ruoli artistici, l’artista <strong>di</strong>venta o<strong>per</strong>atore<br />

estetico, “ricic<strong>la</strong>ndo” ed aprendo le sue funzioni specifiche ad una socialità vista ormai non come<br />

punto verticale <strong>di</strong> arrivo, bensì come base orizzontale <strong>di</strong> partenza. Anche qui <strong>la</strong> scelta <strong>di</strong> un termine<br />

quale o<strong>per</strong>atore, serve a mettere in evidenza <strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione del fare artistico, un fare partecipativo<br />

che vede nell’integrazione artista-pubblico il suo nuovo portato <strong>cultura</strong>le. Anche “l’intellettuale”<br />

<strong>di</strong>venta o<strong>per</strong>atore, in questo caso <strong>cultura</strong>le, sottolineando così <strong>la</strong> volontà <strong>di</strong> un darsi che risponda<br />

al<strong>la</strong> nuova domanda <strong>cultura</strong>le e politica che viene a definirsi. “Non si può par<strong>la</strong>re dunque – scrive<br />

Crispolti – soltanto <strong>di</strong> una volontà <strong>di</strong> <strong>cultura</strong>, in quanto volontà <strong>di</strong> conoscenza, cioè <strong>di</strong> informazione,<br />

anche se naturalmente questo momento esiste ed è imprescin<strong>di</strong>bile; ma occorre par<strong>la</strong>re precisamente<br />

appunto anche <strong>di</strong> una volontà <strong>di</strong> partecipazione, cioè <strong>di</strong> protagonismo creativo”. 12 La volontà<br />

<strong>di</strong>venta, infatti, non soltanto uno strumento conoscitivo ma una vera e propria modalità o<strong>per</strong>ativa<br />

sul<strong>la</strong> quale l’o<strong>per</strong>atore estetico deve costruire il suo <strong>di</strong>scorso, che poi in realtà è o<strong>per</strong>azione a sua<br />

volta. Il <strong>la</strong>voro dell’o<strong>per</strong>atore deve essere dunque quello <strong>di</strong> sollecitare domande atte a creare una<br />

sintesi creativa tra istanze <strong>di</strong>verse. Scrive Crispolti: “Lo sforzo deve essere una crescita comune<br />

del<strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> domanda e del<strong>la</strong> capacità del<strong>la</strong> risposta, intese non come momenti contrapposti,<br />

ma come momenti realmente interagenti <strong>di</strong> un’unica realtà <strong>di</strong> partecipazione, <strong>di</strong> <strong>la</strong>voro assieme, ove<br />

i ruoli si definiscono soltanto nel<strong>la</strong> loro complementarità, che è essenziale e determinate” 13<br />

Esiste una nuova domanda <strong>cultura</strong>le e quin<strong>di</strong> una nuova possibilità concreta <strong>di</strong> risposta che si<br />

genera nel confronto e che non è so<strong>la</strong>mente riconducibile al<strong>la</strong> spostamento dal piano teorico a<br />

quello pratico. L’o<strong>per</strong>atore estetico compie innanzitutto una riflessione e una ridefinizione dei suoi<br />

mezzi specifici, il che non significa <strong>di</strong>menticare o accantonare una tra<strong>di</strong>zione artistica bensì<br />

rinnovare questa matrice storica. “Dicendo o<strong>per</strong>atore estetico – scrive Crispolti – ci si riferisce ad<br />

un al<strong>la</strong>rgamento oltre <strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> tali specifici, ad una pratica molteplice dei me<strong>di</strong>a <strong>per</strong><br />

esempio, all’azione e non soltanto al<strong>la</strong> produzione estetica, ecc.”. 14<br />

Dunque, è lo stesso o<strong>per</strong>atore estetico a formasi come spazio fisico, <strong>terra</strong> <strong>di</strong> <strong>mezzo</strong>, un al<strong>la</strong>rgamento<br />

del<strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione che intercorre tra il risultato artistico, l’o<strong>per</strong>a e i suoi fruitori, il pubblico. Questo<br />

<strong>per</strong>ché all’arte viene riconosciuto un ruolo eminentemente comunicativo avvicinandosi così sempre<br />

<strong>di</strong> più alle teorie deweiane. Il filosofo americano, infatti, scrive nel suo Arte come es<strong>per</strong>ienza: “Non<br />

è necessario che <strong>la</strong> comunicazione sia parte dell’intento deliberato <strong>di</strong> un artista, sebbene egli non<br />

12 E. Crispolti, op. cit., p. 12.<br />

13 Ibidem, p. 13.<br />

14 Ibidem, p. 17.<br />

10


possa fare a meno <strong>di</strong> un pubblico potenziale. Funzione ed effetto <strong>di</strong> ciò è comunque che si verifichi<br />

una comunicazione, e non <strong>per</strong> un caso fortuito ma in forza del<strong>la</strong> natura che l’artista con<strong>di</strong>vide con<br />

altri”. 15<br />

La <strong>di</strong>mensione partecipativa trasforma così l’o<strong>per</strong>atore in co-o<strong>per</strong>atore innanzitutto inserito e<br />

pienamente attivo nel suo contesto sociale, urbano ed umano. Se da una parte questa a<strong>per</strong>tura<br />

orizzontale, una sorta <strong>di</strong> f<strong>la</strong>tbed steinberghiano, 16 comporta le ritrosie <strong>di</strong> una élite <strong>cultura</strong>le abituata<br />

alle ermetiche chiusure, dall’altra mette in circolo una serie <strong>di</strong> energie e azioni <strong>di</strong>fficilmente<br />

ascrivibili al settore estetico così come allora veniva riconosciuto. L’orizzontalità non deve <strong>per</strong>ò<br />

ingannare, non si tratta <strong>di</strong> un livel<strong>la</strong>mento verso il basso né <strong>di</strong> una rinuncia al proprio specifico<br />

<strong>mezzo</strong> artistico, si tratta bensì <strong>di</strong> una riconfigurazione attraverso un riscontro sociale, il mutamento<br />

come scrive Crispolti, non è infatti dei ruoli, bensì <strong>di</strong> segno o<strong>per</strong>ativo verso quei ruoli e <strong>per</strong> fare<br />

questo “occorre che il momento produttivo (cioè <strong>la</strong> creazione) sia il più prossimo al momento<br />

organizzativo (ciò <strong>la</strong> me<strong>di</strong>azione)”. 17<br />

La coo<strong>per</strong>azione <strong>di</strong>venta dunque il <strong>per</strong>no attorno al quale ruota questa nuova o<strong>per</strong>atività artistica<br />

che tende a realizzarsi non soltanto, come detto, nel<strong>la</strong> partecipazione spontaneistica bensì attraverso<br />

il rapporto con le istituzioni e gli enti locali. “Del resto <strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione del nuovo o<strong>per</strong>atore estetico<br />

nel sociale non è soltanto una sua <strong>di</strong>sposizione spontaneamente “co-o<strong>per</strong>ativa”, ma può risolversi<br />

istituzionalmente attraverso proprio l’associazionismo coo<strong>per</strong>ativo, nel<strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> coo<strong>per</strong>ative<br />

<strong>di</strong> servizi <strong>cultura</strong>li entro le quali si attua un’integrazione <strong>di</strong> specifici, una “trans<strong>di</strong>sciplinarità”, come<br />

<strong>di</strong>ce Gianfranco Arbitani, più che un’astratta “inter<strong>di</strong>sciplinarità” (che comunque è un dato <strong>di</strong><br />

attrazione <strong>cultura</strong>le contemporanea)”. 18<br />

15<br />

J. Dewey, op. cit., p. 264.<br />

16<br />

L. Steinberg, Neo Dada e pop: il para<strong>di</strong>gma del pianale, in, Alle origini dell’o<strong>per</strong>a d’arte contemporanea, a cura <strong>di</strong><br />

G. Di Giacomo, C. Zambianchi, La<strong>terza</strong>, Roma-Bari 2008. Leo Steinberg nel suo Altri Criteri del 1972 usò il concetto<br />

<strong>di</strong> pianale (f<strong>la</strong>tbed) “<strong>per</strong> descrivere il piano pittorico caratteristico degli anni Sessanta. Una su<strong>per</strong>ficie pittorica <strong>la</strong> cui<br />

ango<strong>la</strong>zione rispetto al<strong>la</strong> stazione eretta dell’uomo è <strong>la</strong> con<strong>di</strong>zione preliminare del suo contenuto”, L. Steinberg, op. cit.,<br />

p. 129. Nello stesso saggio Steinberg scrive: “tendo a considerare il passaggio dal<strong>la</strong> posizione verticale a quel<strong>la</strong><br />

orizzontale come l’espressione del più ra<strong>di</strong>cale cambiamento nel contenuto dell’arte: il passaggio dal<strong>la</strong> natura al<strong>la</strong><br />

<strong>cultura</strong>”. Ibidem, p. 131.<br />

17<br />

E. Crispolti, op. cit., p. 22.<br />

18<br />

Ibidem, p. 23.<br />

11


Capitolo 3<br />

<strong>Biennale</strong> <strong>1976</strong>: Ambiente come sociale<br />

3.1 Il Pa<strong>di</strong>glione Italia<br />

La partecipazione italiana sul tema comune del<strong>la</strong> <strong>Biennale</strong> <strong>1976</strong>, L’Ambiente, si inserisce come<br />

abbiamo detto in un contesto sociale ed artistico <strong>di</strong> a<strong>per</strong>tura verso, e <strong>di</strong> <strong>la</strong>voro su, l’ambiente. Oltre<br />

alle citate o<strong>per</strong>azioni crispoltiane, non a caso proprio Crispolti sarà l’or<strong>di</strong>natore del<strong>la</strong> sezione<br />

italiana, si sviluppa un mutamento nel rapporto con l’ambiente e con il fare artistico in re<strong>la</strong>zione ad<br />

esso. O<strong>per</strong>azioni come Campo Urbano, realizzata a Como nel 1969 a cura <strong>di</strong> Luciano Caramel, così<br />

come <strong>la</strong> mostra dell’anno precedente Arte Povera + Azioni Povere, tenutasi ad Amalfi e curata da<br />

Germano Ce<strong>la</strong>nt, risentono ancora <strong>di</strong> un certo rapporto in<strong>di</strong>vidualistico e non coo<strong>per</strong>ativo nei<br />

confronti sia del pubblico che dell’ambiente. Inoltre nell’o<strong>per</strong>azione curata da Ce<strong>la</strong>nt è ravvisabile<br />

una pianificata volontà mercantile. Come visto invece le o<strong>per</strong>azioni crispoltiane iniziano ad<br />

interessarsi ad un fare artistico coo<strong>per</strong>ativo in cui il punto centrale <strong>di</strong>venta <strong>la</strong> risposta al<strong>la</strong> nuova<br />

domanda <strong>cultura</strong>le che verte sul<strong>la</strong> necessità <strong>di</strong> una nuova lettura <strong>di</strong> un ambiente, ormai non più<br />

rurale e conta<strong>di</strong>no bensì tecnologico e citta<strong>di</strong>no, che ha sacrificato, in questo suo repentino e<br />

maldestro passaggio, il concetto <strong>di</strong> socialità. Rispondere dunque al<strong>la</strong> nuova domanda sull’essenza <strong>di</strong><br />

questo nuovo ambiente significa rispondere al<strong>la</strong> domanda sull’essenza del<strong>la</strong> nuova socialità.<br />

La <strong>Biennale</strong> del ’76 rientra nel quadriennio <strong>di</strong> presidenza <strong>di</strong> Carlo Ripa <strong>di</strong> Meana (1974-1978)<br />

<strong>per</strong>iodo in cui si cercò <strong>di</strong> adottare un concetto <strong>di</strong> <strong>cultura</strong> inter<strong>di</strong>sciplinare aggregando teatro e<br />

musica, cinema e spettacoli televisivi ed infine arti visive e architettura. Proprio l’architettura nel<br />

1975 sotto <strong>la</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Vittorio Gregotti, inaugurò il corso delle sue Biennali. La <strong>Biennale</strong> tornò<br />

nel ’76 dopo un’interruzione <strong>di</strong> quattro anni in quanto nel 1974 l’intera e<strong>di</strong>zione venne de<strong>di</strong>cata al<br />

Cile. Il Pa<strong>di</strong>glione Italia del<strong>la</strong> <strong>Biennale</strong> del <strong>1976</strong> sviluppò dunque il tema Ambiente come sociale in<br />

cui l’elemento portante risultava essere l’informazione intesa dal suo coor<strong>di</strong>natore come “Dialogo<br />

[…] non dominio, partecipazione e non colonizzazione”. 19 L’informazione viene considerata infatti<br />

un momento imprescin<strong>di</strong>bile. Tutto il Pa<strong>di</strong>glione Italia, si presenta così, come un grande atto <strong>di</strong><br />

documentazione, una document-azione che si svolge seguendo determinate linee guida tutte<br />

e<strong>la</strong>borate in re<strong>la</strong>zione all’ambiente. L’importanza dell’informazione è inoltre riba<strong>di</strong>ta da Crispolti<br />

stesso quando afferma che <strong>la</strong> modalità espositiva “sarà […] piuttosto scambio <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza che non<br />

più o meno terroristica emissione uni<strong>la</strong>terale <strong>di</strong> modelli”. 20 Questo evidenzia, dunque, <strong>la</strong> volontà<br />

partecipativa e costruttiva <strong>di</strong> un’informazione che prende corpo in uno spazio a<strong>per</strong>to reso possibile<br />

19 E. Crispolti, op. cit., p. 295.<br />

20 Ibidem, p. 296.<br />

12


dal<strong>la</strong> volontà che sottende al Pa<strong>di</strong>glione, ovvero ricerca <strong>di</strong> rapporti più che <strong>di</strong> linguaggi. Questo<br />

<strong>per</strong>ché il linguaggio è stato lo strumento <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> storia dell’arte che ora al<strong>la</strong> soglia del<strong>la</strong><br />

sua fine, come andrà a teorizzare Arthur C. Danto un decennio dopo, cerca un nuovo <strong>per</strong>corso<br />

attraverso i rapporti intesi proprio come partecipazione. 21 Le espressioni usate da Crispolti sono del<br />

resto in questa <strong>di</strong>rezione, “risposta comunicativa ad una domanda <strong>di</strong> massa” e “verificabilità<br />

sociale” in<strong>di</strong>cano che <strong>la</strong> strada intrapresa non è più quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> tecnica bensì del<strong>la</strong> tattica.<br />

Applicazione, non norma. La comunicazione <strong>di</strong>venta dunque <strong>la</strong> tattica <strong>per</strong> spiegare l’ambiente<br />

come sociale e <strong>per</strong> far questo è necessaria una deviazione, un detour, un decentramento che è<br />

innanzitutto metodologico. Non pensarsi più come elemento autosufficiente iso<strong>la</strong>to ed inarrivabile<br />

bensì come moltitu<strong>di</strong>ne che solo attraverso <strong>la</strong> comunicazione può trovarsi. Essendo dunque il<br />

Pa<strong>di</strong>glione un <strong>per</strong>corso comunicazionale, così come lo definisce Umberto Santucci responsabile del<br />

settore au<strong>di</strong>ovisivi del Pa<strong>di</strong>glione Italia, il concetto <strong>di</strong> arte <strong>di</strong>venta un concetto <strong>di</strong> o<strong>per</strong>atività<br />

artistica che si sposa con gli specifici del<strong>la</strong> comunicazione stessa. 22 Pertanto nel Pa<strong>di</strong>glione non<br />

sono presenti o<strong>per</strong>e pie<strong>di</strong>stal<strong>la</strong>te-musealizzabili, bensì <strong>la</strong> documentazione e <strong>la</strong> registrazione <strong>di</strong><br />

o<strong>per</strong>azioni artistiche. Il Pa<strong>di</strong>glione si struttura così come <strong>per</strong>corso psicofisico <strong>di</strong>viso in quattro<br />

livelli ognuno dei quali si rive<strong>la</strong> complementare e <strong>di</strong>datticamente utile ad un’autoformazione ed<br />

informazione dello spettatore. La prima stanza è quel<strong>la</strong> de<strong>di</strong>cata al<strong>la</strong> multivisione e dunque ad un<br />

coinvolgimento che potremmo definire, <strong>per</strong> certi versi, ancora estetico. La seconda sa<strong>la</strong> presenta<br />

invece un maggior aspetto comunicativo essendo de<strong>di</strong>cata ai video delle varie o<strong>per</strong>azioni compiute<br />

dagli artisti e rappresentando i cinque aspetti del<strong>la</strong> ricerca inerente al tema specifico. Qui <strong>la</strong><br />

singo<strong>la</strong>rità del<strong>la</strong> visione <strong>per</strong>mette una comunicazione ed un’informazione più accurata e dettagliata.<br />

La <strong>terza</strong> sa<strong>la</strong> prevede una partecipazione più specifica in quanto è de<strong>di</strong>cata alle interviste dei<br />

protagonisti, a film azioni, ad alcuni carousel con ulteriori documenti stampati e fotografici. Infine,<br />

<strong>la</strong> quarta sa<strong>la</strong> presenta materiale video, filmico, fotografico e stampato re<strong>la</strong>tivo ai veri aspetti del<strong>la</strong><br />

sezione Documentazione A<strong>per</strong>ta. Umberto Santucci aveva proposto <strong>per</strong> quest’ultima sa<strong>la</strong> <strong>la</strong><br />

presenza <strong>di</strong> una fotocopiatrice posta al<strong>la</strong> fine del <strong>per</strong>corso <strong>di</strong> modo da poter realmente realizzare<br />

quel<strong>la</strong> fase auto realizzativa <strong>di</strong> coscienza e conoscenza dello spettatore. In questo modo sarebbe<br />

stato lo spettatore a crearsi il proprio catalogo “a<strong>per</strong>to”.<br />

La comunicazione del Pa<strong>di</strong>glione Italia è <strong>per</strong>ò, ma non necessariamente <strong>per</strong> forza <strong>di</strong> cose, molto<br />

<strong>di</strong>versa da quel<strong>la</strong> attuale in quanto usa, come strumento <strong>di</strong> comunicazione, le <strong>per</strong>sone stesse ed i<br />

luoghi in cui s’incontrano. Quello che fa il Pa<strong>di</strong>glione Italia infatti, è mettere in evidenza alcune<br />

21<br />

Per le teorie dantiane riguardo <strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> storia (nel’) dell’arte si vedano in partico<strong>la</strong>re, A. C. Danto, La destituzione<br />

filosofica dell’arte, Aesthetica, Palermo 2008, [I ed. 1986]; A. C. Danto, Dopo <strong>la</strong> fine dell’arte. L’arte contemporanea e<br />

il confine del<strong>la</strong> storia, Bruno Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 2008, [I ed. 1997].<br />

22<br />

U. Santucci, Il salone italiano inteso come <strong>per</strong>corso comunicazionale, <strong>Biennale</strong> <strong>di</strong> Venezia <strong>1976</strong>,, Archivio Crispolti,<br />

Roma.<br />

13


modalità-campione <strong>di</strong> rapporto con l’ambiente, alcuni comportamenti, es<strong>per</strong>imenti <strong>di</strong> “presenza<br />

consapevole attiva nel sociale urbano”. 23<br />

I rapporti tipo, o <strong>per</strong> meglio <strong>di</strong>re le sezioni sono cinque più una:<br />

1 – Ipotesi e realtà <strong>di</strong> una presenza urbana conflittuale. Il rapporto è <strong>di</strong> tipo critico-oppositorio.<br />

L’atteggiamento è agonistico in<strong>di</strong>viduale e sottolinea l’urbano attraverso ciò che ne è estraneo. Il<br />

presupposto, come afferma Crispolti, è quello del<strong>la</strong> crisi del<strong>la</strong> città e del sociale urbano.<br />

2 – Riappropriazione urbana in<strong>di</strong>viduale. Il rapporto è <strong>di</strong> tipo esplorativo-interrogativo. Si vuole<br />

riportare l’attenzione su un contesto al quale si è ormai assuefatti, è un o<strong>per</strong>azione <strong>di</strong> rieducazione<br />

allo sguardo.<br />

3 – Partecipazione spontanea (a sua volta <strong>di</strong>viso in azione poetica e azione politica). Il rapporto è<br />

<strong>di</strong> tipo coo<strong>per</strong>ativo-a<strong>per</strong>to, incentrato sul<strong>la</strong> spontaneità e imme<strong>di</strong>atezza. L’azione politica prevede<br />

una partecipazione sotto il segno del<strong>la</strong> denuncia mentre l’azione poetica prevede una partecipazione<br />

sotto i segni del folklore e dello spontaneismo. La matrice comune rimane sempre l’imme<strong>di</strong>atezza.<br />

4 – Partecipazione in rapporto con o attraverso l’ente locale. Il rapporto è <strong>di</strong> tipo metodologicodemocratico.<br />

La partecipazione avendo su<strong>per</strong>ato il momento dell’imme<strong>di</strong>atezza punta, con meto<strong>di</strong><br />

interni al sistema stesso che si va a criticare o <strong>per</strong> meglio <strong>di</strong>re a ricostruire, all’ottenimento <strong>di</strong> un<br />

risultato duraturo. Non si ricerca il risultato estetico bensì <strong>la</strong> verificabilità sociale, l’attuazione<br />

attraverso una partecipazione locale <strong>di</strong> base volta al<strong>la</strong> riappropriazione sociale del territorio urbano.<br />

5 – Ipotesi <strong>di</strong> rapporto sociale attraverso l’ente statale. Il rapporto è <strong>di</strong> tipo progettuale.<br />

Rappresenta l’ipotesi <strong>di</strong> rapporto sociale su grande scale ed allo stesso tempo mette in evidenza i<br />

possibili rischi <strong>di</strong> una ferrea impostazione extra artistica su <strong>di</strong> un <strong>la</strong>voro <strong>di</strong> stampo estetico.<br />

6 – Documentazione a<strong>per</strong>ta. Rapporto <strong>di</strong>alogativo. Questa sezione è formata da una serie incontri<br />

e <strong>di</strong>battiti con durata <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci giorni, che vanno ad integrare come scrive Crispolti “<strong>la</strong><br />

documentazione sui <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> o<strong>per</strong>atività nel sociale attraverso il confronto con altre<br />

es<strong>per</strong>ienze in corso non soltanto in Italia, e comunque non soltanto da parte <strong>di</strong> o<strong>per</strong>atori italiani”. 24<br />

An<strong>di</strong>amo dunque ad analizzare nello specifico questi cinque esempi campione <strong>di</strong> o<strong>per</strong>atività<br />

artistica sottolineando così attraverso i loro esempi, <strong>la</strong> volontà <strong>di</strong> un’arte che sia riunione tra<br />

organismo e ambiente e che soprattutto si definisca, all’interno del Pa<strong>di</strong>glione Italia, come una vera<br />

e propria <strong>terra</strong> me<strong>di</strong>ale comunicativa.<br />

23 E. Crispolti, op. cit., p. 298.<br />

24 Ibidem, p. 309.<br />

14


Ipotesi e realtà <strong>di</strong> una presenza urbana conflittuale.<br />

Si parte dal<strong>la</strong> crisi del<strong>la</strong> città e del sociale urbano, crisi del concetto <strong>di</strong> comunità che non può più<br />

essere derubricata ad una semplice soluzione urbanistica. Come scrive infatti Mariateresa Aprile nel<br />

suo stu<strong>di</strong>o sul<strong>la</strong> trasposizione dell’idea comunitaria nel progetto dell’abitare, collettività e città non<br />

sono sinonimi e non si può pensare, soprattutto oggi, ad un concetto <strong>di</strong> comunità legato ancora a<br />

tematiche territoriali tipiche <strong>di</strong> società rurali <strong>per</strong> poi trasportarlo in un contesto <strong>di</strong>fferente come<br />

quello appunto del<strong>la</strong> città. 25 Se questo è palese oggi, negli anni ’70, ed in partico<strong>la</strong>re in Italia, il<br />

processo <strong>di</strong> industrializzazione con <strong>la</strong> massificazione conseguente, venne risolto con il binomio<br />

urbanistica-comunità, delegando così un problema sociale ad una risoluzione tecnica. Riguardo al<br />

nuovo scenario urbano che venne a crearsi in Italia negli anni del così detto boom economico,<br />

Alessandra Pioselli scrive: “Periferie cresciute <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente, centri sortici abbandonati e<br />

trasformati in vetrine <strong>per</strong> il consumo: era questa <strong>la</strong> realtà urbana che si offriva allo sguardo degli<br />

artisti, degli urbanisti e dei più accorti amministratori”. 26<br />

L’o<strong>per</strong>atività artistica inserita dunque in questo contesto, svolge il ruolo <strong>di</strong> col<strong>la</strong>nte tra l’e<strong>di</strong>ficato, il<br />

luogo fisico e coloro che lo abitano. Concetti, infatti, come quelli <strong>di</strong> riappropriazione e <strong>di</strong> presa <strong>di</strong><br />

coscienza, servono ad in<strong>di</strong>care <strong>la</strong> primaria necessità <strong>di</strong> far proprio ciò che non è sentito come tale.<br />

Di questa prima sezione fanno parte Nino Giammarco, Francesco Somaini e Mauro Staccioli. I loro<br />

interventi se da una parte sono ancora uni<strong>la</strong>terali, dall’altra servono da efficaci evidenziatori<br />

propedeutici ad una presa <strong>di</strong> coscienza riguardo al<strong>la</strong> problematica re<strong>la</strong>zione tra <strong>la</strong> presenza<br />

dell’uomo e il suo contesto urbano. Questi interventi, come detto, risultano essere ancora in<strong>di</strong>viduali<br />

<strong>per</strong>ché basati sul<strong>la</strong> presenza (si potrebbe <strong>di</strong>re anche assenza in quanto il processo creativo ci viene<br />

nascosto) dello specifico artistico, in questo caso <strong>la</strong> s<strong>cultura</strong> proprio <strong>di</strong> ogni artista.<br />

Per meglio <strong>di</strong>re, l’artista <strong>la</strong>vora partendo da una problematica ma <strong>la</strong> risoluzione si compie in<br />

un’o<strong>per</strong>a chiusa in cui <strong>la</strong> cifra stilistica <strong>per</strong>sonale ne rimane un segno tangibile. Tutti e tre gli artisti<br />

avevano partecipato al<strong>la</strong> precedente o<strong>per</strong>azione crispoltiana <strong>di</strong> Vol<strong>terra</strong> ’73 tenutasi nel<strong>la</strong> città<br />

toscana <strong>per</strong> l’appunto nel 1973. Il loro punto <strong>di</strong> partenza <strong>la</strong>vorando con il <strong>mezzo</strong> del<strong>la</strong> s<strong>cultura</strong>, era<br />

quello <strong>di</strong> trovare una nuova collocazione o<strong>per</strong>ativa al ruolo del<strong>la</strong> s<strong>cultura</strong> stessa. Che sia pensata site<br />

specific, che sia progettata o che sia inserita, <strong>la</strong> s<strong>cultura</strong> deve porsi <strong>la</strong> domanda del suo ruolo sociale.<br />

Lo spazio-città <strong>di</strong>sumanizzante, come sostiene Somaini, ha assorbito le potenzialità critiche e<br />

costruttive del<strong>la</strong> s<strong>cultura</strong> trasformando il suo atto, che è sempre fortemente spaziale, in una semplice<br />

25<br />

M. Aprile, Comunità | Quartiere. La trasposizione dell’idea comunitaria nel progetto dell’abitare, Franco Angeli,<br />

Mi<strong>la</strong>no 2010.<br />

26<br />

A. Pioselli, Arte e scena urbana. Modelli <strong>di</strong> intervento e politiche <strong>cultura</strong>li pubbliche in Italia tra il 1968 e il 1981, in,<br />

L’arte pubblica nello spazio urbano. Committenti, artisti, fruitori, a cura <strong>di</strong> C. Birrozzi e M. Pugliese, Bruno<br />

Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 2007, p. 22.<br />

15


cosmesi. Come può dunque <strong>la</strong> s<strong>cultura</strong>, che ora più che mai è pensata al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> un pie<strong>di</strong>stallo ed<br />

inserita in un contesto urbano sempre più assuefatto alle immagini anche <strong>di</strong> tipo architettonico,<br />

riuscire a riscrivere i parametri del suo specifico? La risposta che i tre artisti danno all’interno del<br />

Pa<strong>di</strong>glione è quel<strong>la</strong> dell’evidenza. Ovvero <strong>la</strong> s<strong>cultura</strong>, come un meccanismo filosofico derid<strong>di</strong>ano,<br />

deve scomporre le false strutture <strong>la</strong>sciando <strong>la</strong> presenza del<strong>la</strong> sua scrittura. La s<strong>cultura</strong>, infatti,<br />

<strong>di</strong>venta come scrive Staccioli, “strumento <strong>di</strong> coinvolgimento e rilevamento critico, richiamo e<br />

in<strong>di</strong>cazione del<strong>la</strong> con<strong>di</strong>zione esistenziale presente, occasione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scussione pubblica,<br />

collettiva” 27 e <strong>per</strong> far questo deve accettare innanzitutto il suo essere che è fortemente caratterizzato<br />

dal<strong>la</strong> presenza nello spazio, fungendo da segno e da scrittura indecostruibile, come <strong>la</strong> giustizia <strong>per</strong><br />

Deridda, <strong>di</strong>venendo continuo richiamo ad una verità che, nel <strong>1976</strong>, si afferma attraverso una<br />

verificabilità sociale.<br />

Riappropriazione urbana in<strong>di</strong>viduale.<br />

Questa seconda sezione presenta una più marcata influenza situazionista e si delinea attraverso una<br />

riappropriazione in<strong>di</strong>viduale del contesto urbano <strong>di</strong> tipo episo<strong>di</strong>co e partico<strong>la</strong>re. Il concetto <strong>di</strong> deriva<br />

urbana <strong>di</strong> matrice situazionista si pone come uno smarrimento conoscitivo del dato urbano. 28 La<br />

deriva, che richiama il concetto <strong>di</strong> deviazione estetica, rappresenta infatti una metodologia dello<br />

smascheramento dei sistemi costrittivi urbanistici attraverso il loro aggiramento. In questa sezione<br />

sono presenti Ugo La Pietra, il Gruppo Salerno 1975, Fabio De Sanctis e il Gruppo <strong>di</strong><br />

Coor<strong>di</strong>namento. Lo stesso Crispolti segna<strong>la</strong> l’influenza situazionista presente in questa o<strong>per</strong>azione.<br />

Il concetto <strong>di</strong> deriva urbana rappresenta all’interno dell’Internazionale Situazionsta lo strumento<br />

del<strong>la</strong> psicogeografia ovvero dello “stu<strong>di</strong>o degli effetti precisi che l’ambiente geografico,<br />

coscientemente or<strong>di</strong>nato o no, esercita <strong>di</strong>rettamente sul comportamento effettivo degli in<strong>di</strong>vidui”. 29<br />

Proprio questo senso <strong>di</strong> costrizione si evince dalle parole <strong>di</strong> La Pietra, De Sanctis e dal Gruppo <strong>di</strong><br />

Coor<strong>di</strong>namento, mentre il Gruppo Salerno 1975 opta <strong>per</strong> un’azione <strong>di</strong> rieducazione visiva. Il<br />

concetto che sottende l’o<strong>per</strong>azione <strong>di</strong> deriva, molto marcata in De Sanctis, è quello che lo spazio<br />

non deve essere inteso come un concetto quantitativo bensì come un concetto qualitativo. Così<br />

l’o<strong>per</strong>azione <strong>di</strong> De Sanctis, <strong>di</strong> cui viene proposta <strong>la</strong> documentazione, consiste in un’azione motoria,<br />

27<br />

M. Staccioli, in, Ambiente come sociale, La <strong>Biennale</strong> <strong>1976</strong>, catalogo dell’esposizione presso i Giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Castello, 18<br />

luglio-10 ottobre, <strong>1976</strong>, p. 9.<br />

28<br />

Su questo concetto e più in generale sul<strong>la</strong> “critica del<strong>la</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana” si veda, M. Ban<strong>di</strong>ni, L’estetico e il politico.<br />

Da Cobra all’Internazionale Situazionista 1948/1957, Costa & No<strong>la</strong>n, Ancona-Mi<strong>la</strong>no 1999, [I ed. 1977]. In partico<strong>la</strong>re<br />

si veda il paragrafo, I contatti con Lefebvre e il gruppo Socialisme ou Barbarie, pp. 41-52.<br />

29<br />

M. Pernio<strong>la</strong>, I Situazionisti. Il movimento che ha profetizzato <strong>la</strong> “Società dello Spettacolo”, Castelvecchi, Roma<br />

2004, p. 16.<br />

16


“una passeggiata”, anche se <strong>la</strong> deriva non è propriamente passeggiata, compiuta a Roma dal 14 al<br />

18 maggio <strong>1976</strong> ed al<strong>la</strong> quale hanno partecipato ventiquattro <strong>per</strong>sone <strong>di</strong> cui un<strong>di</strong>ci provenienti da<br />

altre città. Lo spazio così inteso, è frutto dunque <strong>di</strong> un’es<strong>per</strong>ienza soggettiva <strong>la</strong>birintica ai limiti<br />

del<strong>la</strong> <strong>di</strong>s<strong>per</strong>sione ed in a<strong>per</strong>to contrasto con una concezione <strong>di</strong> spazio definita da La Pietra come<br />

descrizione fisica del potere. In questa sezione, che <strong>per</strong> certi aspetti, soprattutto teorici, preannuncia<br />

<strong>la</strong> <strong>terza</strong> sezione del Pa<strong>di</strong>glione, quel<strong>la</strong> dell’azione politica, il tema dello smascheramento inizia a<br />

tramutarsi in sovversione. L’azione seppur in<strong>di</strong>viduale è volta marcatamente al ribaltamento <strong>di</strong> un<br />

determinato sistema <strong>di</strong> pensiero, definendo così <strong>la</strong> sua o<strong>per</strong>atività estetica sempre più in re<strong>la</strong>zione<br />

ad un programma politico. Questo atteggiamento, non anarchico, bensì come vuole il situazionismo,<br />

ra<strong>di</strong>calmente soggettivo, mostra una volontà agonistica <strong>di</strong> scontro da combattersi su un territorio<br />

spaziale da riconquistare. Il punto <strong>di</strong> partenza è <strong>la</strong> presa <strong>di</strong> coscienza e l’o<strong>per</strong>atività estetica si<br />

concentra sul<strong>la</strong> sottolineatura dell’ambiente urbano così come <strong>di</strong>mostra l’o<strong>per</strong>azione Gessificare del<br />

Gruppo Salerno 1975. L’intervento si basa su tre <strong>di</strong>versi momenti: appropriazione, manipo<strong>la</strong>zione e<br />

reinvenzione. Il momento dell’appropriazione vede <strong>la</strong> delimitazione dello spazio d’intervento e <strong>la</strong><br />

scelta dell’elemento da trasporre. Il secondo momento, quello del<strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione, vede<br />

l’acquisizione dell’elemento attraverso il suo calco in gesso. Il terzo momento infine vede <strong>la</strong><br />

collocazione dell’elemento in gesso vicino all’originale creando così uno sdoppiamento linguistico<br />

ed un gioco <strong>di</strong> sottolineatura dell’irreale nei confronti del reale.<br />

Partecipazione spontanea.<br />

In questa sezione inizia a farsi strada l’elemento partecipativo. Nelle intenzioni crispoltiane il<br />

momento del<strong>la</strong> partecipazione rappresenta una sorta <strong>di</strong> conta, un censimento che consente agli<br />

artisti <strong>di</strong> presentarsi in e al pubblico. L’atto partecipativo infatti, come <strong>di</strong>mostrano le sezioni<br />

successive, serve come testa d’ariete <strong>per</strong> sfondare una prima porta d’in<strong>di</strong>fferenza ed aprire così ad<br />

una partecipazione col<strong>la</strong>borativa con<strong>di</strong>visa con enti locali e statali e dunque organizzata e<br />

riconosciuta. Proprio questo approccio rive<strong>la</strong> il momento saliente <strong>di</strong> questa o<strong>per</strong>azione e ne esplicita<br />

le intenzioni mostrando una volontà dei su<strong>per</strong>amento <strong>di</strong> quell’ “artisticità” che seppur inserita in un<br />

contesto nuovo, sociale ed economico, rimane sempre ancorata a tematiche utilitaristiche sia in<br />

senso mercantile sia in senso espositivo. La volontà <strong>di</strong> questo Pa<strong>di</strong>glione <strong>di</strong> crearsi, come detto,<br />

quale luogo <strong>di</strong> comunicazione, viene messa in risalto da questo concetto <strong>di</strong> partecipazione. Una<br />

partecipazione non ven<strong>di</strong>bile né esponibile, bensì comunicabile al pari <strong>di</strong> un qualsiasi fatto sociale e<br />

soprattutto <strong>di</strong> una qualsiasi es<strong>per</strong>ienza umana. La comunicazione qui è infatti, vera comunicazione,<br />

senza infrastrutture dominanti né logiche sot<strong>terra</strong>nee rivolte ad una captazione del pubblico da parte<br />

17


dell’artista. Comunicare e creare uno spazio a<strong>per</strong>to significa innanzitutto, come scriveva James,<br />

voltare le spalle ad una serie <strong>di</strong> teorie inveterate ed aprirsi al<strong>la</strong> possibilità del<strong>la</strong> natura contro il<br />

preteso finalismo del<strong>la</strong> verità. Questo volgersi contro il finalismo del<strong>la</strong> verità, in<strong>di</strong>ca proprio <strong>la</strong><br />

volontà <strong>di</strong> una ricerca pragmatista nel senso <strong>di</strong> s<strong>per</strong>imentale e s<strong>per</strong>imentabile e che dunque non può<br />

chiudersi in un dogma in quanto <strong>la</strong> sua stessa ragione d’essere è <strong>la</strong> verificabilità nel sociale. Per<br />

tanto <strong>la</strong> partecipazione espressa in questa sezione si <strong>di</strong>vide in azione poetica e politica, volendo<br />

proprio s<strong>per</strong>imentare una verificabilità sia in campo <strong>cultura</strong>le-antropologico sia in campo politicomilitante.<br />

L’azione poetica è rappresentata da Riccardo Dalisi, Eduardo A<strong>la</strong>maro e Coo<strong>per</strong>ativa<br />

Artigiana e Pronto Intervento <strong>di</strong> Pomigliano D’Arco, Vincenzo De Simone, Franco Summa,<br />

Crescenzo Del Vecchio, Humor Power Ambu<strong>la</strong>nte, Giuliano Mauri, Geri Pa<strong>la</strong>mara, l’es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong><br />

San S<strong>per</strong>ate (Cagliari). L’azione poetica ancor più <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> politica mette in risalto, nel<strong>la</strong> sua<br />

volontà <strong>di</strong> partecipazione e coinvolgimento, un tutt’altro che control<strong>la</strong>to rischio da parte dell’artista.<br />

La verificabilità nel sociale infatti non implica un successo ed una buona resa solo <strong>per</strong>ché si<br />

inserisce in un contesto che pone una nuova domanda <strong>cultura</strong>le <strong>di</strong> partecipazione. L’artista nel<strong>la</strong> sua<br />

proposizione poetica partecipativa mette in gioco il suo specifico in quanto a <strong>di</strong>fferenza dell’azione<br />

politica lo specifico non è in<strong>di</strong>rizzato da nessuna ideologia. L’artista consapevole, sempre e<br />

comunque, <strong>di</strong> una sua solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> base, rischia <strong>la</strong> vita esponendosi al pubblico. Come detto il<br />

rischio non è calco<strong>la</strong>to, non c’è nessuna rete <strong>di</strong> salvataggio, quello che l’artista s<strong>per</strong>a, è che<br />

con<strong>di</strong>videndo con il suo pubblico una stessa volontà comunicativa, venga accettato e <strong>di</strong>venga<br />

socialmente utile. Summa scrive: “Il <strong>la</strong>voro deve risultare frutto <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong>retto, un <strong>di</strong>alogo,<br />

una partecipazione e l’artista non rappresentare ma essere uno del<strong>la</strong> comunità che realizza<br />

l’impegno <strong>di</strong> sollecitare <strong>la</strong> creatività e l’immaginazione <strong>per</strong> immaginare insieme una vita <strong>di</strong>versa<br />

<strong>per</strong> cui lottare”. 30 L’artista <strong>per</strong>tanto non sentendosi più un corpo avulso dal<strong>la</strong> comunità si interessa<br />

ai suoi problemi primari come quelli del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> e del <strong>la</strong>voro ed in quest’ottica vanno infatti lette le<br />

o<strong>per</strong>azioni <strong>di</strong> Dalisi nei quartieri sottoproletari <strong>di</strong> Napoli, quelle <strong>di</strong> A<strong>la</strong>maro con gli artigiani e<br />

o<strong>per</strong>ai <strong>di</strong> Pomiglinao D’arco e quello <strong>di</strong> De Simone presso <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> me<strong>di</strong>a statale <strong>di</strong> Cicciano in<br />

provincia <strong>di</strong> Napoli. Le azioni del collettivo Humor Power e del suo fondatore Crescenzo Del<br />

Vecchio si inserisco all’interno del fare quoti<strong>di</strong>ano del quartiere cercando <strong>di</strong> attuare una sorta <strong>di</strong><br />

azione <strong>di</strong> risveglio con<strong>di</strong>visa. Sempre su questa linea <strong>di</strong> creazione, con<strong>di</strong>visa in questo caso non<br />

solo da un quartiere bensì da un paese intero, è l’es<strong>per</strong>ienza dei murali <strong>di</strong> San S<strong>per</strong>ate coor<strong>di</strong>nata<br />

dal<strong>la</strong> scultore Giuseppe Scio<strong>la</strong>. L’iniziativa che si pone come contestazione agli inveterati sistemi<br />

del<strong>la</strong>’arte, sia espositivi che economici, ha coinvolto l’intero paese <strong>di</strong> San S<strong>per</strong>ate tant’è che al<br />

momento del<strong>la</strong> <strong>Biennale</strong> del’76 i muri affrescati erano più <strong>di</strong> duecento. Qui il murale viene inteso a<br />

30 F. Summa, in, Ambiente come sociale cit., p. 20.<br />

18


<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Sanfurugo Lira, come azione poetica e non politica, in quanto rappresenta un<br />

portato antropologico e <strong>cultura</strong>le tipico del<strong>la</strong> Sardegna e ne rive<strong>la</strong>, infatti, attraverso <strong>la</strong><br />

partecipazione collettiva, un sentimento <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione che è innanzitutto <strong>la</strong> trasposizione grafica<br />

<strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione. 31<br />

Sempre sul livello antropologico del<strong>la</strong> ricerca <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione si muovono le azioni <strong>di</strong> Geri Pa<strong>la</strong>mara<br />

cantastorie <strong>di</strong> un sud che cerca una sua <strong>di</strong>mensione nel “produttivo” nord.<br />

Per quello che riguarda l’azione politica i partecipanti sono: Collettivo Autonomo Pittori <strong>di</strong> Porta<br />

Ticinese, Laboratorio <strong>di</strong> Comunicazione Militante, Eduardo Sanfurugo Lira e i muralisti o<strong>per</strong>anti in<br />

Romagna e nelle Marche, Gianfranco Baruchello, Giancarlo Cutili, Roberta Filippi e Renato<br />

Petrucci e <strong>la</strong> loro ricerca sulle scritte murali a Roma, l’indagine sul<strong>la</strong> comunicazione povera a<br />

Mi<strong>la</strong>no a cura <strong>di</strong> Fernando De Filippi, <strong>la</strong> proposta <strong>di</strong> riappropriazione e gestione urbana alternativa a<br />

Mi<strong>la</strong>no ed infine <strong>la</strong> documentazione da parte del Gruppo 8 Marzo e del Gruppo <strong>di</strong> Via Cusani<br />

riguardante le immagini del<strong>la</strong> lotta <strong>per</strong> <strong>la</strong> casa e contro il carovita a Mi<strong>la</strong>no. In questa sezione <strong>di</strong>re<br />

che l’arte rappresenti soltanto uno strumento sarebbe riduttivo, qui l’o<strong>per</strong>atività estetica è sì in<br />

funzione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso politico ma allo stesso tempo riflette una con<strong>di</strong>zione sociale che nel<strong>la</strong> sua<br />

quoti<strong>di</strong>anità risulta essere estremamente connessa con i movimenti politici. La politica negli anni<br />

’70 subisce anch’essa un’azione massificante e me<strong>di</strong>atica iniziando quel <strong>per</strong>corso, in Italia più che<br />

mai evidente nel <strong>per</strong>iodo 1994-2010, <strong>di</strong> spettaco<strong>la</strong>rizzazione me<strong>di</strong>atica <strong>di</strong>ventando così un elemento<br />

onnipresente nel<strong>la</strong> vita del<strong>la</strong> società. Pertanto l’azione politica, se pur meno libera dell’azione<br />

poetica, riesce ad esprimere una valutazione sociale ad ampio raggio e <strong>la</strong> politicizzazione <strong>di</strong> molti<br />

artisti risulta essere nient’altro che una precisa volontà <strong>di</strong> a<strong>per</strong>tura e <strong>la</strong>voro nel sociale, un sociale<br />

che risulta essere in quegli anni profondamente politico. In questo clima vanno lette ad esempio le<br />

parole del Collettivo Autonomo dei Pittori <strong>di</strong> Porta Ticinese: “Il Collettivo <strong>la</strong>vora contro<br />

l’organizzazione capitalistica dello Stato del <strong>la</strong>voro e dello sfruttamento, rifiutando i privilegi dell’<br />

“autonomia del<strong>la</strong> <strong>cultura</strong>” e propone come gruppo <strong>di</strong> o<strong>per</strong>atori militanti <strong>la</strong> visualizzazione dei<br />

contenuti <strong>di</strong> lotta e <strong>la</strong> socializzazione degli strumenti creativi, riconoscendo che <strong>la</strong> <strong>cultura</strong> è quel<strong>la</strong><br />

espressa dalle lotte avanzate condotte dal proletariato”. 32 È ben visibile dunque quello che è il ruolo<br />

dell’artista militante, anch’esso demistificatore e comunicatore <strong>di</strong> una realtà altra rispetto a quel<strong>la</strong><br />

vissuta quoti<strong>di</strong>anamente dal<strong>la</strong> comunità. Il processo comunicativo è legato anche in questo caso al<br />

concetto <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza ed il messaggio è preciso: <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse politica vive un’altra <strong>di</strong>mensione, non fa<br />

31 Esemplificativo <strong>di</strong> questa tra<strong>di</strong>zione, è il caso dei murales <strong>di</strong> Orgosolo. Il paese simbolo del<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione agropastorale<br />

del<strong>la</strong> zona del<strong>la</strong> Barbagia, rappresenta un vero e proprio museo a cielo a<strong>per</strong>to. Nel 1975 Francesco Del<br />

Casino, senese trapiantato ad Orgosolo in qualità <strong>di</strong> insegnante <strong>di</strong> educazione artistica nel<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> me<strong>di</strong>a locale,<br />

propose ai suoi alunni <strong>per</strong> celebrare il trentennale del<strong>la</strong> resistenza antifascista, <strong>di</strong> rappresentare questo temi su manifesti<br />

da affiggere <strong>per</strong> il paese. Il passaggio ai murales fu breve <strong>di</strong>ventando <strong>la</strong> modalità artistica più imme<strong>di</strong>ata <strong>per</strong> descrivere<br />

le lotte sociali e <strong>per</strong> ri<strong>per</strong>correre i temi del<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione popo<strong>la</strong>re.<br />

32 Il Collettivo Autonomo Pittori <strong>di</strong> Porta Ticinese, in, Ambiente come sociale cit., p. 25.<br />

19


es<strong>per</strong>ienza del<strong>la</strong> vita vissuta dal proprio elettorato il quale viene costantemente <strong>di</strong>sinformato<br />

attraverso un atto subliminale me<strong>di</strong>atico. L’artista dunque conscio <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>screpanza tra politica<br />

e vita cerca <strong>di</strong> usare il linguaggio artistico come veicolo comunicativo creando a sua volta una<br />

comunicazione non estetica bensì secca e cruda tesa al <strong>di</strong>sve<strong>la</strong>mento dei meccanismi <strong>di</strong> potere.<br />

Molte delle azioni documentate in questa sezione hanno i tratti dell’indagine giornalistica e del<br />

reportage tant’è, come sottolinea lo stesso Crispolti, un certo tipo <strong>di</strong> stampa etichettò subito le<br />

proposte del Pa<strong>di</strong>glione Italia come non arte o quantomeno come tematiche lontane da essa e questo<br />

<strong>per</strong>ché <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta all’interno <strong>di</strong> una <strong>Biennale</strong>, sul piano critico “è stato impostato il<br />

problema del<strong>la</strong> presa <strong>di</strong> coscienza critica dell’esistenza <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> ricerca nel sociale”. 33<br />

Questa affermazione <strong>di</strong> Crispolti non è riferita solo al<strong>la</strong> sezione dell’azione politica bensì in<br />

generale all’o<strong>per</strong>atività estetica sottesa al Pa<strong>di</strong>glione, l’azione politica non rappresentava altro che<br />

un aspetto sociale.<br />

Come si può evince dal breve testo in catalogo riguardo l’o<strong>per</strong>azione sulle scritte murali a Roma, è<br />

lo stesso Crispolti ad essere coinvolto politicamente, e quin<strong>di</strong> socialmente, in questo contesto:<br />

“Naturalmente gli autori del<strong>la</strong> ricerca hanno una precisa coscienza politica, e sono anche<br />

tendenziosi, giustamente. Sanno bene infatti, che <strong>la</strong> necessità <strong>di</strong> comunicazione subalterna, se non è<br />

suici<strong>di</strong>o, e se vuole essere realmente <strong>di</strong> risarcimento alternativo, non può che avere un’unica<br />

implicazione politica, <strong>di</strong> sinistra, cioè <strong>di</strong> coscienza proletaria <strong>di</strong> lotta”. 34<br />

Quello che si evince dalle o<strong>per</strong>azioni e dai testi degli artisti è <strong>la</strong> necessità del<strong>la</strong> lotta come<br />

affermazione sociale così come il Gruppo 8 Marzo scrive: “Siamo un gruppo <strong>di</strong> pittori e scultori<br />

figurativi, che abbiamo seguito le lotte sociali come elemento necessario non soltanto al<strong>la</strong> nostra<br />

ispirazione ma anche al<strong>la</strong> nostra <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> uomini”. 35<br />

L’ambiente degli anni ‘70 come detto è un ambiente fortemente politicizzato e pensare in questo<br />

caso all’ambiente come sociale significa pensare ad una parte <strong>di</strong> socialità come politica.<br />

Partecipazione in rapporto con o attraverso l’ente locale.<br />

Questa sezione, così come <strong>la</strong> seguente, rappresenta quel<strong>la</strong> seconda fase dell’o<strong>per</strong>atività crispoltiana<br />

che passando <strong>per</strong> l’organizzazione strutturata, serve <strong>per</strong> ridefinire il nuovo ruolo dell’artista.<br />

Pensare infatti l’artista come o<strong>per</strong>atore estetico inserito nei “meccanismi” degli enti locali o statali<br />

significa colpire, e affondare, il ruolo del mercato dell’arte ed il consueto modo espositivo museale.<br />

33<br />

Tratto dal<strong>la</strong> comunicazione <strong>di</strong> E. Crispolti al convegno “Decentramento <strong>cultura</strong>le in Italia”, tenutosi a Mirano nei<br />

giorni 1-3 ottobre <strong>1976</strong>, p. 9, Archivio Crispolti, Roma.<br />

34<br />

E. Crispolti,in, Ambiente come sociale cit., p. 19.<br />

35<br />

Gruppo 8 Marzo, Immagini del<strong>la</strong> lotta <strong>per</strong> <strong>la</strong> casa e contro il carovita a Mi<strong>la</strong>no, in, Ambiente come sociale cit., p. 31.<br />

20


Un o<strong>per</strong>atore estetico inserito in un contesto sociale non avrà più bisogno <strong>di</strong> concepire le sue o<strong>per</strong>e<br />

come oggetti mercantili bensì come azioni volte ad un riscontro sociale, il che equivale a fare<br />

dell’artista il risolutore dei problemi del<strong>la</strong> comunità. In questa sezione ciò che viene presentato non<br />

è il <strong>la</strong>voro del singolo artista, né le sue progettazioni o azioni, bensì <strong>la</strong> documentazione <strong>di</strong> attività<br />

che si inseriscono nel tessuto sociale essendo il frutto <strong>di</strong> un serrato e proficuo confronto tra<br />

o<strong>per</strong>atori estetici, circoli <strong>cultura</strong>li, comitati <strong>di</strong> quartiere, scuole e fabbriche, delineando così sempre<br />

<strong>di</strong> più un’o<strong>per</strong>atività estetica in simbiosi con il sociale tanto da mettere in secondo piano l’aspetto<br />

puramente estetico, sempre nel senso <strong>di</strong> un estetismo mercantile-espositivo.<br />

Proprio in questa sezione si attua un vero e proprio detour, si compie una deviazione nei confronti<br />

dei sentieri estetici tracciati dal<strong>la</strong> storia dell’arte, <strong>per</strong> intraprendere un <strong>per</strong>corso, forse più<br />

accidentato, <strong>di</strong> tipo sociale in cui <strong>la</strong> riscontrabilità dell’o<strong>per</strong>azione viene posta come fine ultimo<br />

del<strong>la</strong> ricerca. Dunque, come scriveva Crispolti si attua un ricerca non linguistica bensì <strong>di</strong> rapporti.<br />

A partecipare <strong>per</strong>tanto non sono gli artisti, come detto, bensì le es<strong>per</strong>ienze comunitarie <strong>di</strong> risposta<br />

al<strong>la</strong> nuova domanda <strong>cultura</strong>le. Le o<strong>per</strong>azioni documentate si riferiscono al Piazzetta <strong>di</strong> Sesto San<br />

Giovanni, all’O<strong>per</strong>azione Roma Eterna con le sue ricognizioni socio antropologiche sui quartieri<br />

Ostiense e Testaccio, <strong>la</strong> documentazione sul<strong>la</strong> riappropriazione dei locali dell’ex mattatoio <strong>di</strong><br />

Testaccio ed infine il progetto <strong>di</strong> <strong>per</strong>corso lu<strong>di</strong>co sempre nel quartiere romano <strong>di</strong> Testaccio. Come<br />

scrive lo stesso Crispolti, il risultato estetico, nel senso comunemente accettato <strong>per</strong><br />

un’o<strong>per</strong>azione/o<strong>per</strong>a artistica, resta ancora sub ju<strong>di</strong>cio in quanto l’elemento caratterizzante è <strong>la</strong><br />

metodologia e <strong>la</strong> sollecitazione ad una risposta <strong>di</strong> base che va oltre <strong>la</strong> partecipazione spontanea <strong>per</strong><br />

realizzarsi in una sua struttura riconosciuta. È questo il caso dell’iniziativa <strong>cultura</strong>le Piazzetta a<br />

Sesto San Giovanni, trasformatasi da esposizione annuale <strong>di</strong> o<strong>per</strong>e a continuo momento d’incontro<br />

tra o<strong>per</strong>atori e abitanti del quartiere ed ente locale. L’o<strong>per</strong>azione Piazzetta parte da continui <strong>di</strong>battiti<br />

ed incontri tenutisi tra un gruppo <strong>di</strong> o<strong>per</strong>atori estetici, il comitato <strong>di</strong> quartiere e gli enti locali a<br />

partire dal 1973. Le iniziative svolte sono state varie e <strong>la</strong> bontà del progetto si è vista in una<br />

partecipazione strutturata che si è poi sviluppata tramite interventi <strong>di</strong> animazione nel<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong><br />

materna, interventi <strong>di</strong> animazione sul<strong>la</strong> realtà o<strong>per</strong>aia <strong>di</strong> Sesto San Giovanni fino, questo al<strong>la</strong> data<br />

del<strong>la</strong> <strong>Biennale</strong>, al<strong>la</strong> progettazione ed all’iniziale realizzazione <strong>di</strong> un parco, Parco Karl Marx, in una<br />

zona <strong>di</strong> residenza popo<strong>la</strong>re.<br />

L’O<strong>per</strong>azione Roma Eterna, non realizzata nel<strong>la</strong> sua fase espositiva, è presente nel Pa<strong>di</strong>glione<br />

attraverso <strong>la</strong> documentazione e <strong>la</strong> ricognizione dei quartieri Testaccio e Ostiense, svolta come fase<br />

preliminare del progetto. “L’O<strong>per</strong>azione Roma Eterna – scrive Crispolti – intende proporre una<br />

occasione <strong>di</strong> riflessione metodologica aggiornata sul rapporto fra o<strong>per</strong>atività <strong>cultura</strong>le e spazio<br />

sociale urbano. L’intervento vi è inteso in senso squisitamente <strong>di</strong>alettico. Non si tratta <strong>di</strong> invadere<br />

21


<strong>cultura</strong>lmente in modo uni<strong>la</strong>terale uno spazio sociale urbano, ma <strong>di</strong> sollecitarvi e provocarvi un<br />

moto <strong>di</strong> liberazione auto conoscitiva <strong>di</strong> un proprio specifico <strong>cultura</strong>le”. 36 Questi rapporti<br />

dall’Ostiense rappresentano dunque <strong>la</strong> fase preliminare e necessaria <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo con il territorio e le<br />

istanze sociali del<strong>la</strong> sua comunità, raffigurando un ambiente inteso come s<strong>la</strong>ncio sociale e legato<br />

all’ideologia del quartiere come comunità. Il gruppo Cartari 2, formato da Maurizio Be<strong>di</strong>ni, Egi<strong>di</strong>o<br />

Cosimato e Piero Girotti, compie una ricognizione socio-antropologica del quartiere Testaccio volta<br />

al<strong>la</strong> rappresentazione dell’uomo “nelle sue trasformazioni semiologiche e comportamentali fra<br />

<strong>la</strong>voro e tempo libero, nei suoi alterni rapporti <strong>di</strong> autorità coi propri simili, nei suoi tentatici <strong>di</strong><br />

adattamento alle situazioni ecc.”. 37 In questo solco si inserisce il Progetto <strong>di</strong> <strong>per</strong>corso lu<strong>di</strong>co a<br />

Testaccio, e<strong>la</strong>borato da Ettore Conso<strong>la</strong>zioni, Nino Giammarco, Gian Luigi Mattia, e Andrea Volo, il<br />

quale si propone come contributo, con una marcata attenzione situazionista al concetto lu<strong>di</strong>co, al<strong>la</strong><br />

riappropriazione del quartiere e delle sue tra<strong>di</strong>zioni. Il progetto <strong>di</strong> autocoscienza si conclude poi con<br />

<strong>la</strong> documentazione dell’azione che ha portato gli abitanti del quartiere Testaccio al<strong>la</strong><br />

riappropriazione dei locali dell’ex mattatoio. Le fotografie del<strong>la</strong> manifestazione tenutasi il 27 marzo<br />

<strong>1976</strong> dal comitato <strong>di</strong> Quartiere sono ad o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> Umberto Santucci e degli studenti dell’Istituto<br />

Europeo <strong>di</strong> Design.<br />

Ipotesi <strong>di</strong> rapporto sociale attraverso l’ente statale.<br />

Questa sezione rappresenta il tema più delicato, nonché <strong>di</strong> scottante attualità, <strong>di</strong> tutto il Pa<strong>di</strong>glione<br />

in quanto ora il sociale non è più inteso come re<strong>per</strong>to minimo e micro comunità, bensì è inteso su<br />

<strong>la</strong>rga sca<strong>la</strong>, una sca<strong>la</strong> in cui <strong>la</strong> <strong>per</strong>centuale <strong>di</strong> artisticità, così come <strong>la</strong> conosciamo, deve <strong>per</strong> forza<br />

ridursi, se non quasi <strong>di</strong>ventare implicita, <strong>per</strong> adattarsi alle esigenze primarie del<strong>la</strong> comunità. Di<br />

questo ne è conscio lo stesso Crispolti quando scrive: “è il momento più critico e <strong>per</strong>icoloso: quello<br />

ove occorre che le imprescin<strong>di</strong>bili previsioni progettistiche siano le più probabilmente flessibili ed<br />

aderenti ad una realtà che allora è dato soltanto ipotizzare nei suoi tratti generali. Chiaramente vi si<br />

rischia <strong>di</strong> continuo <strong>la</strong> caduta nell’imposizione, nel<strong>la</strong> costruzione, nel con<strong>di</strong>zionamento, alienanti. Lo<br />

stesso margine <strong>di</strong> possibile autogestione dell’utente sociale può essere soltanto ipotizzato, ma <strong>la</strong><br />

verifica ne resta affidata ad un uso che ovviamente solo nel futuro – cioè a progettazione tradotta in<br />

realtà – acquisterà concretezza”. 38<br />

36<br />

E. Crispolti, Es<strong>per</strong>ienze al Testaccio e all’Ostiense nell’ambito dell’ “O<strong>per</strong>azione Roma Eterna”, in, Ambiente come<br />

sociale cit., p. 35.<br />

37<br />

Gruppo Cartari 2, Programma <strong>per</strong> un libro figurativo, in, Ambiente come sociale cit., p. 37.<br />

38<br />

E. Crispolti, Ipotesi <strong>di</strong> rapporto sociale attraverso l’ente statale, in, Ibidem., p. 40.<br />

22


O<strong>per</strong>a simbolo <strong>di</strong> questa progettualità è il Nuovo Corviale a Roma, gigantesco e<strong>di</strong>ficio progettato<br />

nel 1972 <strong>per</strong> rappresentare un nuovo modello abitativo, da cui il nome Nuovo Corviale, inteso come<br />

unità abitativa estesa. Il complesso, <strong>di</strong> proprietà dell’Iacp, Istituto autonomo case popo<strong>la</strong>ri, si<br />

sviluppa <strong>per</strong> <strong>la</strong> lunghezza <strong>di</strong> un chilometro ed è formato da due pa<strong>la</strong>zzi <strong>di</strong> nove piani <strong>di</strong> altezza<br />

posizionati uno <strong>di</strong> fronte all'altro, con all'interno bal<strong>la</strong>toi lunghissimi, cortili, spazi comuni e da un<br />

altro e<strong>di</strong>ficio lineare più piccolo che orizzontalmente si unisce al primo e<strong>di</strong>ficio tramite un ponte.<br />

Nel progetto iniziale il Nuovo Corviale doveva essere il primo quartiere satellite autosufficiente<br />

che, ponendosi come micro città, risolveva il problema del<strong>la</strong> <strong>per</strong>iferia trasformandosi con i suoi<br />

servizi in città stessa. In questo contesto vanno inseriti gli intereventi segnici e comunicativi<br />

realizzati da Nico<strong>la</strong> Carrino, Carlo Lorenzetti, Teodosio Magnoni, Pasquale Santoro, Giuseppe<br />

Uncini e Stefano Fiorentino. La funzione principale <strong>di</strong> questi interventi è <strong>di</strong> natura comunicativa<br />

collettiva e le o<strong>per</strong>e sono intese come una struttura d’uso <strong>di</strong>sponibile ai passaggi degli abitanti. Le<br />

riflessioni che le sculture progettate impongono non sono <strong>di</strong> tipo stilistico bensì sociologico<br />

aprendosi ad una fruizione attiva da parte del<strong>la</strong> comunità. All’interno del complesso abitativo<br />

Stefano Fiorentino propone una guida visiva, una serie <strong>di</strong> segni cromatici <strong>per</strong> in<strong>di</strong>rizzare gli abitanti<br />

<strong>di</strong> Corviale dando così l’idea del<strong>la</strong> vastità del progetto. Purtroppo il tempo ha smentito in maniera<br />

abbastanza netta gli ideali e gli intenti sottesi all’o<strong>per</strong>azione Corviale trasformando ben presto il<br />

complesso abitativo, si potrebbe <strong>di</strong>re, in un possibile soggetto <strong>per</strong> i romanzi <strong>di</strong> J. G. Bal<strong>la</strong>rd. 39<br />

Documentazione A<strong>per</strong>ta.<br />

Documentazione A<strong>per</strong>ta rappresenta a mio avviso l’anima del Pa<strong>di</strong>glione e più che mai con quel<br />

suo aggettivo a<strong>per</strong>ta, mette in pratica <strong>la</strong> costruzione <strong>di</strong> un spazio a<strong>per</strong>to basato sul<strong>la</strong> comunicazione<br />

che altro non è se non <strong>la</strong> <strong>per</strong>fetta sintesi tra l’organismo ed il suo ambiente. Documentazione A<strong>per</strong>ta<br />

si artico<strong>la</strong> in vari <strong>di</strong>battiti e momenti espositivi organizzati non solo nell’au<strong>di</strong>torium del Pa<strong>di</strong>glione<br />

ma anche in altre se<strong>di</strong> <strong>per</strong>iferiche mettendo in pratica il concetto <strong>di</strong> decentramento. Con una<br />

rotazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci giorni Documentazione A<strong>per</strong>ta presenta le es<strong>per</strong>ienze <strong>di</strong> vari o<strong>per</strong>atori estetici in<br />

rapporto alle nuove problematiche ed alle domande <strong>cultura</strong>li sviluppate intorno all’idea del<strong>la</strong> nuova<br />

socialità che <strong>la</strong> società massificata comporta. Gli argomenti sono tutti es<strong>per</strong>ienziali, nel senso che<br />

gli o<strong>per</strong>atori sono chiamati a descrivere situazioni <strong>di</strong> cui hanno fatto un’es<strong>per</strong>ienza <strong>di</strong>retta e dunque<br />

sono ban<strong>di</strong>ti argomenti quali l’estetica o <strong>la</strong> critica che pur ci si aspetterebbe all’interno <strong>di</strong> una<br />

39 Su questa tematica si guar<strong>di</strong> tra le o<strong>per</strong>e <strong>di</strong> Bal<strong>la</strong>rd in partico<strong>la</strong>re: Il Condominio, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no 2010, [I ed.<br />

1975]. Le o<strong>per</strong>e <strong>di</strong> Bal<strong>la</strong>rd riescono ad analizzare in maniera lucida ed anticipatrice <strong>la</strong> tematica del <strong>di</strong>sadattamento<br />

provocata dal<strong>la</strong> vita comunitaria citta<strong>di</strong>na, tant’è che in due stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> recente pubblicazione, sullo sviluppo del<strong>la</strong> città e<br />

dei suoi sistemi abitativi, M. Aprile, op. cit., e L. Lippolis, Viaggio al termine del<strong>la</strong> città. Le metropoli e le arti<br />

nell’autunno postmoderno (1972-2001), Elèuthera, Mi<strong>la</strong>no 2009, sono riportate varie citazioni dello scrittore inglese.<br />

23


<strong>Biennale</strong>. Vengono così presentate dal collettivo A/social Group le es<strong>per</strong>ienze presso l’ospedale<br />

psichiatrico Frullone <strong>di</strong> Napoli, mentre sono molti i gruppi ed i collettivi che si occupano delle<br />

es<strong>per</strong>ienze <strong>di</strong> animazione nelle scuole primarie. Tra gli argomenti <strong>di</strong>battuti i più interessanti sono<br />

quelli che riguardano <strong>la</strong> legge del 2% <strong>per</strong> <strong>la</strong> creazione <strong>di</strong> o<strong>per</strong>a d’arte in e<strong>di</strong>fici pubblici ed il<br />

decentramento <strong>cultura</strong>le in Italia. Quest’ultimo convegno tenutosi a Mirano l’1-3 ottobre <strong>1976</strong>,<br />

mette in luce quelle che dovrebbero essere le buone pratiche <strong>per</strong> un giusto concetto, ed una sua<br />

giusta applicazione, <strong>di</strong> decentramento. Nel suo intervento Crispolti sottolinea il carattere <strong>di</strong> urgenza<br />

<strong>di</strong> questa necessità decentrativa e dunque tende subito a specificare che <strong>la</strong> partecipazione spontanea<br />

ed il semplice spostamento dal centro al<strong>la</strong> <strong>per</strong>iferia, non rappresentano un vero decentramento. Il<br />

decentramento infatti si <strong>di</strong>vide in autentico ed inautentico.<br />

Quest’ultimo “è il decentramento tipico gestito dal blocco dominante - è il decentramento<br />

burocratico (prefettizio) e consumistico (tipico dell’industria <strong>cultura</strong>le) – le decisioni sono sempre<br />

prese al centro, sono verticistiche, e assolutamente uni<strong>la</strong>terali”. 40<br />

Il decentramento autentico, invece, è quello autonomo basato sulle reali esigenze del proprio<br />

territorio in cui l’ente locale non funge da semplice provincia dell’im<strong>per</strong>o, bensì sollecita e realizza<br />

il confronto <strong>di</strong>alettico <strong>di</strong> modelli <strong>cultura</strong>li <strong>di</strong> base. Questo tipo <strong>di</strong> decentramento, definito da<br />

Crispolti orizzontale, corre il rischio, se attuato in maniere errata, <strong>di</strong> trasformarsi in un trasferimento<br />

fisico delle politiche centrali verso <strong>la</strong> <strong>per</strong>iferia <strong>di</strong>ventando così una sorta <strong>di</strong> turismo verticale. Il<br />

decentramento rappresenta inoltre un esercizio concreto del<strong>la</strong> democrazia in ambito <strong>cultura</strong>le in<br />

quanto fa suoi i principi del pluralismo e del<strong>la</strong> con<strong>di</strong>visione.<br />

40 E. Crispolti, comunicazione, cit., p. 2.<br />

24


3.2 Il luogo me<strong>di</strong>ale<br />

Il Pa<strong>di</strong>glione Italia, come abbiamo visto, si costituisce come luogo me<strong>di</strong>ale comunicativo. Questo<br />

cosa significa? Essere un luogo me<strong>di</strong>ale, una <strong>terra</strong> <strong>di</strong> <strong>mezzo</strong>, significa innanzitutto <strong>la</strong>vorare in<br />

un’a<strong>per</strong>tura ovvero <strong>la</strong>vorare nello spazio del<strong>la</strong> possibilità o<strong>per</strong>ativa piuttosto che del<strong>la</strong> certezza<br />

matematica. Lo spazio me<strong>di</strong>ale infatti basa le sue fondamenta sul<strong>la</strong> riunione tra organismo e<br />

ambiente attraverso <strong>la</strong> comunicazione. Questo significa che <strong>la</strong> sua fisicità è data dall’incontro. Lo<br />

spazio me<strong>di</strong>ale è un luogo <strong>di</strong> comunicazione fisica proprio nel senso <strong>di</strong> intendere ogni singo<strong>la</strong><br />

<strong>per</strong>sona un atto comunicativo in quanto sintesi con il suo ambiente. Le o<strong>per</strong>azioni documentate<br />

<strong>per</strong>tanto <strong>per</strong>corrono questa via. Ipotizzare, come avviene nel<strong>la</strong> prima sezione, una presenza urbana<br />

conflittuale significa in prima istanza rendersi conto del contesto e da qui avviare un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong><br />

riappropriazione che sia innanzitutto es<strong>per</strong>ienziale, tale es<strong>per</strong>ienza può avere poi una sua<br />

declinazione poetica o politica ma rimane sempre un atto partecipativo che, <strong>per</strong> assicurarsi una<br />

durata, ha bisogno <strong>di</strong> strutturarsi attraverso il locale o lo statale. L’arte così concepita, pur<br />

sviluppandosi attraverso i suoi specifici storici e contemporanei, <strong>di</strong>venta un sistema <strong>di</strong> re<strong>la</strong>zioni<br />

sociali, istituisce una sorta <strong>di</strong> regno, che qui identifichiamo come <strong>la</strong> <strong>terra</strong> <strong>di</strong> <strong>mezzo</strong>, un regno in <strong>terra</strong><br />

fatto <strong>di</strong> abitu<strong>di</strong>ni e buone pratiche volte, non tanto all’attuazione del programma avanguar<strong>di</strong>stico <strong>di</strong><br />

fusione arte-vita, bensì all’inclusione dei meccanismi del vivere all’interno del fare artistico senza<br />

che questo implichi un abbassamento del livello <strong>di</strong> ricerca o una <strong>per</strong><strong>di</strong>ta dello specifico. Ambiente<br />

come sociale significa costruzione <strong>di</strong> una socialità attraverso l’arte, ove <strong>per</strong>ò il termine costruzione<br />

non va inteso come un processo <strong>di</strong> ideazione ed invenzione bensì come processo <strong>di</strong> riunione. La<br />

socialità insita nell’ambiente può essere evidenziata e portata al<strong>la</strong> luce dall’arte e dal<strong>la</strong> sua funzione<br />

primaria <strong>di</strong> creatrice <strong>di</strong> rapporti.<br />

Proprio su questo concetto rifletteva Dewey partendo dalle parole <strong>di</strong> Keats: “Non penso che si<br />

possa su<strong>per</strong>are quel che ha detto Keats in una delle sue lettere sul modo in cui agisce <strong>la</strong> poesia. Egli<br />

chiede quale risultato si otterrebbe se ogni uomo, come fa il ragno quando tesse <strong>la</strong> sua te<strong>la</strong>,<br />

costruisse con <strong>la</strong> sua es<strong>per</strong>ienza immaginativa una “cittadel<strong>la</strong> fatta d’aria”, riempiendo “l’aria delle<br />

proprie circo<strong>la</strong>ri volute <strong>di</strong> squisita bellezza”. Infatti <strong>di</strong>ce, “l’uomo non dovrebbe mettersi a <strong>di</strong>scutere<br />

né a fare affermazioni, ma dovrebbe sussurrare ciò che ha sco<strong>per</strong>to al proprio vicino e così<br />

succhiando da ogni germe <strong>di</strong> spirito <strong>la</strong> linfa del<strong>la</strong> matrice immateriale, ogni uomo si farebbe grande<br />

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e l’umanità invece <strong>di</strong> essere <strong>la</strong>nda sconso<strong>la</strong>ta <strong>di</strong> eriche e rovi, con qua e là un raro Pino o una<br />

lontana Quercia, sarebbe una grande democratica Foresta <strong>di</strong> Alberi”. 41<br />

E questo avviene, sostiene Dewey proprio in virtù del modo <strong>di</strong> comunicare che solo l’arte riesce a<br />

realizzare. È un modo immaginativo e <strong>per</strong> questo non compreso né accettato da chi vive una vita<br />

mono<strong>di</strong>mensionale. È un modo immaginativo <strong>per</strong>ché l’imposizione a vivere in maniera<br />

schizofrenica e bipo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> nostra vita ci porta a pensare che <strong>la</strong> <strong>per</strong>fetta unione tra organismo e<br />

ambiente possa essere solo immaginata e non realizzata. Proprio <strong>per</strong> questo l’arte deve costituirsi<br />

come luogo me<strong>di</strong>ale, luogo in cui <strong>di</strong>mostrare che questa possibilità è applicabile e che il primo<br />

passo <strong>per</strong> una sua attuazione consiste nel<strong>la</strong> partecipazione e nel<strong>la</strong> con<strong>di</strong>visione. Questo <strong>di</strong>scorso che<br />

oggi può sembrare utopistico era al<strong>la</strong> base dell’o<strong>per</strong>atività estetica degli anni’70 ed il suo repentino<br />

abbandono con l’illusione <strong>di</strong> un nuova stagione edonistica con l’avvento degli anni ’80, ne sta ad<br />

in<strong>di</strong>care tutta <strong>la</strong> sua vali<strong>di</strong>tà. Tale sistema infatti mirava al<strong>la</strong> costruzione <strong>di</strong> una società cosciente,<br />

motivata e soprattutto curiosa, una società a<strong>per</strong>ta che rifiutava l’inserimento <strong>di</strong> logiche capitalistiche<br />

all’interno del vivere quoti<strong>di</strong>ano, che rifiutava il concetto <strong>di</strong> quantità=qualità, e che cercava nel<br />

contatto sociale una propria definizione. L’avvento degli anni’80 ha portato invece un ritorno, nel<br />

senso peggiore del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, un ritorno “con <strong>la</strong> coda tra le gambe”, al<strong>la</strong> chiusura nel e del proprio<br />

specifico. Le promesse <strong>di</strong> un nuovo benessere hanno fatto sì che l’arte tornasse oggetto in quanto<br />

ven<strong>di</strong>bile ed esponibile. Tutto ciò a scapito <strong>di</strong> una ricerca sociale, a scapito del rischio che ogni<br />

artista deve prendersi nei confronti del<strong>la</strong> sua comunità, a scapito del rischio <strong>di</strong> una <strong>per</strong><strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

autocoscienza.<br />

41 J. Dewey, op. cit., p. 328.<br />

26


3.3 La <strong>terza</strong> <strong>cultura</strong><br />

Per portare avanti un simile progetto è necessario un concetto <strong>di</strong> partecipazione che vada oltre il<br />

“semplice” momento d’incontro e <strong>di</strong>venti veramente teso ad un atto costruttivo e duraturo. Al<strong>la</strong><br />

base dunque deve esserci una <strong>cultura</strong> del<strong>la</strong> partecipazione e dell’inter<strong>di</strong>sciplinarità <strong>per</strong> <strong>la</strong> quale<br />

Tomas Maldonado ha usato il termine “<strong>terza</strong> <strong>cultura</strong>”. Nell’intervista ri<strong>la</strong>sciata nel 2006 ad Hans<br />

Ulrich Obrist, Maldonado <strong>di</strong>sse: “Dobbiamo abituarci all’idea che <strong>la</strong> <strong>cultura</strong> sarà, nel futuro, il<br />

risultato tanto del <strong>la</strong>voro degli specialisti che, simili a speleologi, esplorano in profon<strong>di</strong>tà settori<br />

ancora ignoti del<strong>la</strong> realtà, quanto del <strong>la</strong>voro dei non specialisti che, simili ad instancabili<br />

giramondo, viaggiano ovunque inseguendo le loro curiosità e cercando <strong>di</strong> stabilire legami tra i<br />

<strong>di</strong>versi territori visitati”. 42 Tornando in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> trent’anni possiamo vedere come il criterio <strong>di</strong> <strong>terza</strong><br />

<strong>cultura</strong> sia stato il concetto o<strong>per</strong>ativo <strong>per</strong> le azioni degli artisti del Pa<strong>di</strong>glione italiano. Se si<br />

escludono Somaini, Staccioli e Giammarco che pur <strong>la</strong>vorando sul tema del<strong>la</strong> conflittualità urbana,<br />

risolvono il loro agire in una maniera ancora uni<strong>la</strong>terale, gli altri o<strong>per</strong>atori estetici partecipanti<br />

<strong>di</strong>mostrano invece <strong>la</strong> <strong>per</strong>fetta sintesi o<strong>per</strong>ativa tra speleologi e giramondo. La ridotta importanza che<br />

agli occhi del<strong>la</strong> critica e degli artisti assunse <strong>la</strong> ricerca stilistica e <strong>di</strong> linguaggio, fece sì che ogni<br />

artista, speleologo nel suo specifico, abbandonasse il suo universo limitato <strong>per</strong> <strong>di</strong>ventare giramondo<br />

<strong>di</strong> tecniche e <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienze. Nel<strong>la</strong> sezione Partecipazione spontanea, sia nel<strong>la</strong> sua declinazione<br />

poetica che in quel<strong>la</strong> politica, abbiamo visto come l’artista <strong>di</strong>venti un giramondo proprio <strong>per</strong>ché <strong>la</strong><br />

sua attenzione principale si concentra nell’esplorazione <strong>di</strong> nuovi territori, e dunque il rimando al<strong>la</strong><br />

<strong>terra</strong> <strong>di</strong> <strong>mezzo</strong> non è casuale, in quanto <strong>la</strong> ricerca artistica si è spostata dal mondo del linguaggio a<br />

quello dell’es<strong>per</strong>ienza. La sezioni che riguardano <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione con l’ente locale e statale,<br />

in<strong>di</strong>cano questa volontà <strong>di</strong> presa territoriale, in quanto non si tratta so<strong>la</strong>mente <strong>di</strong> una volontà<br />

istituzionalizzatrice bensì <strong>di</strong> un vero e proprio desiderio <strong>di</strong> occupazione <strong>di</strong> un luogo, <strong>di</strong> un suolo da<br />

poter governare attraverso una pratica artistica democratica volta al<strong>la</strong> coo<strong>per</strong>azione ed al<strong>la</strong><br />

con<strong>di</strong>visione in cui <strong>la</strong> <strong>cultura</strong> sarà frutto dell’es<strong>per</strong>ienza. Il Pa<strong>di</strong>glione Italia si viene così formando<br />

attraverso le due es<strong>per</strong>ienze maggiori che lo animano: <strong>la</strong> comunicazione e <strong>la</strong> partecipazione. Al<strong>la</strong><br />

fine <strong>di</strong> questo excursus potremmo quasi definire <strong>la</strong> comunicazione del Pa<strong>di</strong>glione Italia, in virtù <strong>di</strong><br />

questa sua fisicità, partecipativa.<br />

42 T. Maldonado, Arte e artefatti. Intervista <strong>di</strong> Hans Urlich Obrist, Feltinelli, Mi<strong>la</strong>no 2010, p. 9.<br />

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