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Biennale 1976: la terra di mezzo per la terza cultura

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quin<strong>di</strong> nell’azione fuori dai luoghi preposti, l’azione non esteticamente accettata. Proprio Renato<br />

Barilli nell’introduzione al<strong>la</strong> raccolta <strong>di</strong> una sua serie <strong>di</strong> scritti sull’arte dagli anni’50 ai ’70, mette<br />

in luce l’influenza <strong>di</strong> Dewey sottolineando come le idee del filosofo già circo<strong>la</strong>ssero negli anni’50,<br />

ma che solo più avanti vennero messe in pratica. Barilli scrive: “([…] le prime pagine <strong>di</strong> Art as<br />

Ex<strong>per</strong>ience ci offrono un ottimo elenco <strong>di</strong> comportamenti che già nel ’34 il filosofo statunitense<br />

poneva alle basi <strong>di</strong> tutto l’e<strong>di</strong>ficio estetico). Solo che, si potrebbe <strong>di</strong>re con una battuta, se lo spirito<br />

già allora era pronto, <strong>la</strong> carne era debole: le coor<strong>di</strong>nate teoriche, raggiunte fin dagli anni ’50, o<br />

ad<strong>di</strong>rittura prima <strong>per</strong> quanto riguarda Dewey, erano ben lungi dal trovare una verifica concreta nel<strong>la</strong><br />

pratica artistica <strong>di</strong> quegli anni, e ci volle così un abbondante decennio <strong>per</strong> giungere all’adeguazione<br />

tra teoria e prassi”. 6 Questa affermazione è soprattutto legata al<strong>la</strong> sfera del comportamento, che<br />

<strong>di</strong>venta l’oggetto <strong>di</strong> ricerca dell’arte in partico<strong>la</strong>re negli anni ’70. Art as ex<strong>per</strong>ience, infatti, come<br />

sottolinea lo stesso Barilli, avrà un’influenza maggiore nei successivi movimenti artistici e si<br />

rivelerà più tar<strong>di</strong> un testo chiave <strong>per</strong> gli artisti dell’Arte Povera. Dell’influenza deweiana nell’Arte<br />

Povera, par<strong>la</strong> anche Carmelo Strano nel<strong>la</strong> sua ricognizione sull’arte degli anni’70 scrivendo: “Per<br />

Dewey, l’es<strong>per</strong>ienza (che egli chiama “strumentalistica” <strong>per</strong> contrappor<strong>la</strong> a quel<strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zionale<br />

dell’empirismo) non è parziale ma totale, intera, onnicomprensiva senza riserve né etichette<br />

preconcette, tant’è che in essa rientra anche l’errore, l’ignoranza, <strong>la</strong> follia, ecc. Insomma, tutto un<br />

terreno <strong>di</strong> possibilità massimamente a<strong>per</strong>to, su base fondamentalmente biologica e organicistica,<br />

come precisato in Art as Ex<strong>per</strong>ience. Che poi è il terreno praticato, come si è visto, dall’Arte<br />

Povera. Ce<strong>la</strong>nt <strong>per</strong>altro cita il filoso americano en passant ( <strong>la</strong> stessa cosa fa con John Cage, in<br />

re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> coincidenza tra s<strong>per</strong>imentazione dell’arte e s<strong>per</strong>imentazione del vivere).” 7<br />

Se dunque, l’approccio deweiano agli inizi degli anni ’70 è ancora legato alle tematiche del<br />

comportamento re<strong>la</strong>tive al concetto <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienza sopra citato, è, a mio avviso, a metà <strong>di</strong> quegli anni<br />

che l’attenzione si sposta su un’altra tematica espressa dal filosofo, ovvero <strong>la</strong> comunicazionepartecipazione.<br />

6<br />

R. Barilli, Informale Oggetto Comportamento, I vol., La ricerca artistica negli anni ’50 e ’60, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no<br />

2006, [I ed. 1979], p.17<br />

7<br />

C. Strano, Gli anni settanta. Gli orientamenti dell’arte occidentale tra società, pensiero, tecnologia, Skira, Mi<strong>la</strong>no<br />

2005, pp. 30-31.<br />

5

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