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Un «filo» tra Milano e Cologno Monzese: Franco ... - poliscritture

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Non so quanto sia riuscito a sottolineare nella mia ansiosa introduzione il fatto che siamo “figli<br />

della cultura di massa” e impantanati in una problematica da “fratelli amorevoli” o da “periferici”,<br />

ma è indicativo che in alcuni commenti successivi l’accento sia caduto più sulla tua personalità che<br />

sui temi che hai affrontato e che l’indicazione scandalosa del Vangelo come lettura-modello non<br />

abbia convinto (Qualcuno mi diceva: sì, ma dopo aver letto il Vangelo cos’altro leggerò?).<br />

Queste annotazioni appena fatte sembrerebbero darti ragione su un punto, dove invece mi pare di<br />

dover dissentire. Si <strong>tra</strong>tta – diciamo così – dello scarto (o, addirittura, della divaricazione), che tu<br />

hai provocatoriamente sottolineato durante la serata, fra la tua produzione di “idee generali” e la<br />

s<strong>tra</strong>da abbozzata con la proposta dei nostri “seminari aperti”, che hai fatto rien<strong>tra</strong>re nella vecchia<br />

(ma buona) categoria della “con ricerca”.<br />

Davvero – come mi è parso di capire più emotivamente che razionalmente – pensi che fra il tuo e il<br />

nostro lavoro “di gruppo” manchino punti reali di contatto, per cui la tua partecipazione a quella<br />

serata sarebbe stata ornamentale e noi, intellettuali massa un po’ confusionari cerchiamo di tirarti<br />

dentro i nostri balbettii solo per la paura di camminare da soli o il bisogno di un padrescaldamuscoli?<br />

Non lo credo. Il riferimento non solo ai tuoi testi ma alla tua persona viva non è di puro ossequio, né<br />

da parte mia né da parte degli altri giovani compagni. Negli anni abbiamo raccolto i tuoi messaggi<br />

in bottiglia (magari non sempre quelli più aggiornati!), son en<strong>tra</strong>ti nei nostri discorsi, nelle pratiche<br />

individuali e, almeno da alcuni anni, nei gracili tentativi di nuove pratiche collettive (la rivista ieri,<br />

l’Associazione oggi). Certo convivono con altri elementi, forse poco coerenti. Ma perché – di fronte<br />

a questo delicato passaggio – non unire le intelligenze? E perché unire solo le nostre intelligenze di<br />

intellettuali massa e non aggiungerci la tua o quella di altri a te noti ma da noi distanti?<br />

Mi ricorderai che sei vecchio, che sei stanco, che finora non ci hai mai chiuso la porta in faccia<br />

quando abbiamo bussato, che bisogna andare avanti da soli. Giusto.<br />

Eppure, sebbene in questi anni pesanti abbia condiviso questa autodisciplina maoista del contare<br />

sulle proprie forze e controllato le spinte verso precipitose aggregazioni, oggi mi pare possibile<br />

ritentare la costruzione di “zone intermedie” dove intellettuali massa e qualche intellettuale non<br />

cortigiano (ma più avvertito, per la possibilità di accedere in luoghi a noi vietati, sui progetti che ci<br />

s<strong>tra</strong>tificano ed escludono) possano rincon<strong>tra</strong>rsi e cooperare.<br />

La tua ipotesi del mezzo busto-kamikaze che, rompendo il copione, getti nella macchina dei mass<br />

media un sasso-verità, è suggestiva. Ma ci saranno mai questi combattenti senza una pressione<br />

sociale organizzata? E, inoltre, il suo sasso-verità sarà raccolto, se nel “sociale” non agiscono già<br />

microgruppi capaci di estendere lo scandalo ma anche di ripresentare bisogni soffocati?<br />

Penso che ci voglia una convergenza, una reciprocità di scambi, affinché i più prossimi al “centro”<br />

avanzino nel loro processo di – diciamo – de-cooptazione e quelli, come noi, buttati nelle periferie<br />

non deperiscano in micro lotte crepuscolari.<br />

Smetto qua. Grazie ancora per la tua attenzione.<br />

Con affetto<br />

5 ottobre 2009<br />

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