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La comunicazione scientifica nei conflitti ambientali. Casi a ...

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alimenti, nel corpo), e quindi la necessità di esperti in grado di “valutare<br />

l’invisibile” grazie ai loro saperi e a strumentazioni adeguate.<br />

Il passaggio dalle montagne di rifiuti che invadono le città alle percentuali di<br />

inquinanti che ammorbano l’aria, l’acqua, il suolo (ma non si vedono) hanno<br />

implicazioni politiche e di governance sostanziali. E pone nuove sfide in termini di<br />

appropriazione del sapere e di <strong>comunicazione</strong> del rischio. L’esistenza di pericoli<br />

invisibili e impercettibili che agiscono nel lungo periodo tende ad alimentare<br />

scenari angosciosi nell’immaginario collettivo (Bobbio, 2011). In una situazione in<br />

cui le istituzioni sono assenti (si veda il paragrafo successivo), si fanno carico di<br />

rispondere alla situazione di crisi nuove forme di aggregazione sociale, che<br />

possiamo chiamare movimenti <strong>ambientali</strong>sti “dal basso”. Poiché qualsiasi<br />

intervento politico nello spazio pubblico richiede la presenza in quello mediatico,<br />

e quest’ultimo è ampiamente plasmato da gruppi economici e governi che fissano i<br />

parametri a livello di sistema politico ufficiale, la nascita di movimenti di<br />

contestazione non può essere scissa dalla nascita di un nuovo tipo di spazio<br />

mediatico, che si fonda sul processo di mass self-communication (Castells, 2007),<br />

come descritto nell’introduzione.<br />

Questo fenomeno, definito anche “<strong>ambientali</strong>smo popolare” o environmental<br />

justice movement, fin dalle sue origini è stato spesso tacciato di tecnofobicità e<br />

ascientificità, come se la gente si facesse prendere dalla paura per ciò che non<br />

conosce e rifiuta la conoscenza razionale, legittimata e trasmessa attraverso i<br />

canoni del sapere occidentale (Della Porta e Piazza, 2008). Al contrario, questi<br />

movimenti nella maggior parte dei casi non sono affatto ascientifici, ma anzi<br />

nascono e crescono in stretto contatto con la scienza e gli “esperti”. Gli attivisti<br />

cercano (e trovano) legittimazione nel sapere ufficiale, reclutando esperti che<br />

danno “autorevolezza <strong>scientifica</strong>” alle argomentazioni a favore della “causa” e<br />

contro la linea imposta dalle istituzioni.<br />

L’indebolimento della fiducia nelle istituzioni è radicato nella disillusione profonda<br />

della mancata promessa moderna, quella di gestire per il bene comune il potente<br />

strumento della scienza. Di fronte ad una scienza incerta 17 , che non riesce a fornire<br />

17 “I fenomeni <strong>ambientali</strong> sono complessi e i loro effetti sulla salute umana e sugli<br />

ecosistemi non sono sempre ben conosciuti. Gli scienziati ne sono perfettamente<br />

consapevoli e per questo usano modelli probabilistici che non sono facili da comprendere<br />

e che comunque forniscono stime, più che risposte certe. Quando queste elaborazioni<br />

sofisticate vengono a contatto con i rudi argomenti delle parti in conflitto, ne escono<br />

irrimediabilmente stravolte. I proponenti delle opere le usano per dire che non c’è<br />

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