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La comunicazione scientifica nei conflitti ambientali. Casi a ...

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molto sicuri, molto efficienti, quindi non vedo nessun pericolo. <strong>La</strong> lievissima<br />

quantità di diossina che esce è inferiore a quella che esce dagli impianti di<br />

produzione di energia attraverso energia termoelettrica. Non c’è scelta, i rifiuti o li<br />

mettiamo sotto terra o li bruciamo” 28 .<br />

Connett bolla come “antiscientifiche e irresponsabili” queste affermazioni, e lo<br />

invita a mettersi in ginocchio e chiedere scusa.<br />

Due posizioni antitetiche, quelle di Connett e di Veronesi, e due modalità di<br />

<strong>comunicazione</strong> altrettanto diverse (uno infiamma la folla in piazza durante un<br />

evento di massa, l’altro compare in televisione in una trasmissione molto<br />

popolare). Anche Umberto Veronesi, attualmente direttore scientifico dell’Istituto<br />

Europeo di Oncologia, è uno scienziato eccellente, la cui professionalità e<br />

competenza sono riconosciute a livello mondiale. Ma anche il suo intervento è<br />

completamente privo di alcun approfondimento epidemiologico, nemmeno a<br />

livello divulgativo, tantomeno Veronesi indica una letteratura <strong>scientifica</strong> di<br />

riferimento.<br />

Connett e Veronesi hanno un elemento in comune: sono leader carismatici.<br />

Entrambi puntano sulla spettacolarizzazione e la banalizzazione del discorso<br />

tecnico-scientifico, forti della loro autorità. Applaudire le affermazioni di Connett<br />

o quelle di Veronesi dipende dal loro carisma mediatico, non dal contenuto<br />

scientifico delle loro affermazioni. Il caso di Torino si presenta così come<br />

emblematico, perché mostra la trasformazione di scienziati esperti in leader<br />

carismatici di opinione, come linguaggio e come tipo di consenso richiesto: bagni<br />

di folla, passaggi in televisione, applausi. Chi dei due abbia ragione, passa in<br />

secondo luogo.<br />

28 A proposito dell’intervento di Veronesi su RaiTre, il dottor Celestino Panizza, Medico<br />

specializzato in Medicina del lavoro presso l’Università di Pavia e Statistica medica ed<br />

Epidemiologia presso l’Università di Pavia, ha affermato: “Il caso di Veronesi è<br />

emblematico. <strong>La</strong> propaganda inceneritorista ha utilizzato un medico di fama, che ha<br />

competenze relative alla cura dei tumori, e non alla loro prevenzione, per far passare il<br />

concetto che l’inceneritore non è rischioso. Il meccanismo usato da chi con gli inceneritori<br />

fa i soldi è sempre quello: comprare le università e i centri di ricerca, finanziandoli, affinché<br />

essi, al termine dei vari studi epidemiologici, pronuncino la frase magica: ‘il dato non è<br />

conclusivo’. Ovvero, non si nega che gli impatti sanitari possano esserci, ma si enfatizza<br />

l’incertezza epidemiologica, affermando che le evidenze non permettono di legare con<br />

certezza quegli impatti all’incenerimento. È stato fatto per anni anche dagli studi,<br />

prezzolati dall’industria del tabacco, sui danni da fumo di sigaretta: ‘non c’è evidenza che<br />

provochi il cancro’, si continuava a ripetere...”.<br />

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