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alba settembre 05 - CRIEA

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Il 15 dicembre 1970, in seguito a cause di cui<br />

non è mai stata data una esauriente spiegazione<br />

tecnica, crollò il colonnato del portico della Chiesa<br />

di Santa Lucia extra moenia, opera del sec.<br />

XVIII appartenente al piano di ristrutturazione<br />

attuato dall’architetto Pompeo Picherali.<br />

La preoccupazione della città fu subito rivolta<br />

al simulacro argenteo della Santa che in occa-<br />

Arte Religiosa<br />

Dicembre 20<strong>05</strong> 7<br />

Caravaggio, Seppellimento di Santa Lucia<br />

Trasferimento temporaneo dell’opera<br />

sione dei festeggiamenti del 13 dicembre<br />

era stato esposto come ogni<br />

anno, dopo la lunga processione da<br />

Ortigia alla Borgata, sull’altare maggiore<br />

della chiesa. La statua fu subito<br />

messa al riparo nella vicina Chiesa di<br />

Santa Rita al Corso Gelone.<br />

Il trasferimento repentino del simulacro<br />

fu, dopo poco tempo, seguito<br />

dal provvedimento cautelativo<br />

di rimozione del Seppellimento di<br />

Santa Lucia (1608), dipinto del Caravaggio<br />

allora collocato nell’apposito<br />

nicchione dell’abside principale<br />

della chiesa.<br />

L’occasione fu utile a constatare<br />

che il capolavoro del Merisi era stato guastato in<br />

ampie parti dall’umidità trasmessa dalla parete<br />

absidale. Entro il 1971 ne fu disposto il trasferimento<br />

a Roma presso l’Istituto Centrale del Restauro<br />

dove fu restaurato con la direzione dei<br />

lavori di Michele Cordaro.<br />

L’opera di recupero fu compiuta il 23 marzo<br />

del 1979 ma per ottenere il ritorno del dipinto a<br />

Siracusa si dovettero promuovere, su iniziativa<br />

del sottoscritto, dei Frati di S. Lucia e di altri<br />

cittadini, azioni di protesta tese a sollecitarne il<br />

rientro.<br />

Assenti e indifferenti nonostante fossero state<br />

chiamate in causa più volte furono le istituzioni<br />

locali e regionali preposte alla salvaguardia e la<br />

valorizzazione dei beni culturali. Dopo alterne<br />

vicende, nel 1983, il dipinto rientrò a Siracusa e fu<br />

provvisoriamente sistemato al primo paino della<br />

Galleria Regionale di Palazzo Bellomo dove ancora<br />

oggi (a distanza di sette anni) è esposto.<br />

Le ragioni della mancata collocazione nella sua<br />

sede deputata sono da ricercarsi nella lentezza<br />

con cui il Comune di Siracusa e la Soprintendenza<br />

ai Beni Architettonici Artistici e Storici di Catania<br />

condussero il piano di risanamento della<br />

chiesa. Il primo tentativo di deumidificazione dell’abside<br />

attuato dal Comune agli inizi degli ottanta<br />

si rivelò inutile: l’umidità ricomparve dopo<br />

pochi giorni dalla esecuzione dei lavori e lo strato<br />

di intonaco protettivo si aprì in ampie parti.<br />

Nel 1983 intervenne la Soprintendenza ai Beni<br />

Architettonici Artistici e Storici di Catania che<br />

Gli ultimi restauri del dipinto<br />

Pervenuto a Siracusa (il Caravaggio veniva da Malta<br />

come San Paolo) fece il quadro per la Chiesa di Santa<br />

Lucia che sta fuori alla Marina: dipinse la Santa morta,<br />

col vescovo che la benedice, e vi sono due che scavano la<br />

terra con la pala per seppellirla (G.P. Bellori, Le vite de’<br />

pittori, scultori et architetti moderni, Roma 1672).<br />

La scena, così sinteticamente descritta dal Bellori, è<br />

buia e le pareti di roccia viva che la chiudono ricordano i<br />

costoni ripidi, intagliati dai greci nella balza rocciosa di<br />

Neapolis ed Acradina; il loro colore è grumoso e oscilla<br />

intorno alle tonalità della ruggine. L’ambiente, costruito<br />

con un grande senso di spiritualità ed in modo da ottenere<br />

l’effetto del raccoglimento comunitario, sembra quello<br />

delle cripte catacombali siracusane.<br />

Le figure, piccole come nelle scene maltesi, stanno<br />

nella parte inferiore del quadro e occupano meno della<br />

metà della superficie totale. Il loro segno di contenimento<br />

è una retta obliqua tangente alle teste dello scavatore di<br />

sinistra, della figuretta centrale in meditazione, dell’ultima<br />

figura di destra. Quasi paralleli a tale tangente sono i<br />

raggi luminosi che accendono il quadro, essi formano un<br />

angolo di circa 15° con il piano orizzontale. L’unico segno<br />

orizzontale della composizione è determinato dalla figura<br />

della Vergine che giace distesa per terra; tutti gli altri segni<br />

verticali ed obliqui si compongono dentro lo schema di<br />

due piani figurativi.<br />

Il primo piano è quello determinato dalle due figure<br />

massicce ed imponenti dei seppellitori i quali, per il loro<br />

vigore, conferiscono ad esso qualità dinamiche. La gamba<br />

sinistra dello scavatore di destra avanza con una forza<br />

impressionante e dà l’effetto marcatissimo di chiudere la<br />

scena della parte frontale. Su questa enorme figura gli<br />

ultimi restauratori (1971-1979) hanno lasciato frammenti<br />

della scurissima colorazione precedente. Ora i colori sono<br />

ritornati ad essere vivi come il Caravaggio li distese. La<br />

illeggibilità di alcuni brani del dipinto era stata causata<br />

dalle grossolane ridipinture e dal deperimento derivante<br />

dall’umidità della zona absidale delle Chiesa di Santa Lucia<br />

extra-moenia. Oltre il piano dei seppellitori c’è uno<br />

spazio cubico in cui è contenuta la figura di Santa Lucia.<br />

La dimensione di questo spazio si percepisce dal varco<br />

quasi ellittico determinato dai segni arcuati dei due seppellitori.<br />

Lo spazio della Santa è chiuso a destra dalla<br />

figura del vescovo il quale tenta di entrarvi con la mano<br />

benedicente. Si ha lo stesso effetto della mano di Cristo<br />

nella Resurrezione di Lazzaro (Messina, Museo Regionale).<br />

Oltre lo spazio cubico della Vergine c’è un secondo<br />

piano sul quale si inscrivono tutte le figure del fondo:<br />

figure tormentate, con le teste piegate verso la Santa, con<br />

i volti abbagliati da una luce drammatica proveniente da<br />

destra con lo stesso orientamento del vescovo (la mano di<br />

questi è accesa come una lampada). Le figure del secondo<br />

piano a differenza di quelle del primo, virili e scattanti,<br />

sono gracili, morbide, silenziose.<br />

Solo l’uomo con la barba, visto di tre quarti, si distacca<br />

dal silenzio del gruppo: il suo volto sembra teso ed i suoi<br />

occhi sono impauriti. La sua emozione però non riesce a<br />

coinvolgere gli altri astanti, nemmeno l’uomo che gli sta<br />

accanto al quale direttamente si rivolge; egli cerca con lo<br />

sguardo sconvolto di farsi varco nel gruppo dei piangenti<br />

per vedere il corpo disteso della Santa. Un solo uomo,<br />

l’ultimo del gruppo sulla destra, guarda fuori dalla scena<br />

ma non è distratto ed anche i suoi occhi sono madidi di<br />

pianto.<br />

La figura di fondo sulla quale il Caravaggio focalizza<br />

maggiormente l’attenzione è quella col manto rosso (un<br />

diacono?), unico colore vivo in una scena di mezze tinte e<br />

di toni neutri. Il segno rosso del manto incornicia la dolce<br />

figuretta il cui sguardo è diretto alla Santa; le mani intrecciate<br />

e le dita tese dicono quanta sofferenza e quanto<br />

dolore ci siano nel suo spirito. La Santa gli sta dinanzi con<br />

la testa abbandonata all’indietro (forse per il collo reciso)<br />

e le mani ancora vive: la sinistra (poi magistralmente ripresa<br />

nel marmo dal toscano Gregorio Tedeschi, 1634)<br />

avanza dolcemente dal fondo per raggiungere l’addome<br />

su cui vuole posarsi; la destra sembra ancora tentare di<br />

chiudersi per stringere la palmetta, simbolo di una vittoria<br />

ottenuta col martirio e la fede.<br />

Dal punto di vista tecnico le figure del primo piano<br />

sono dipinte con campiture ampie e distese, quelle del<br />

secondo piano, e la stessa Santa Lucia, sono risolte a<br />

tocchi immediati. L’ultimo piano pittorico è determinato<br />

dalla parete di fondo la quale coloristicamente è compatta<br />

ed omogenea. La presenza imponente di tale parete non<br />

lascia spazio a nessuna distrazione, anzi il suo arco ampio<br />

e tozzo, scavato in forte prospettiva, sembra spingere e<br />

chiudere la scena slittandola verso destra; sembra inoltre<br />

favorire e indirizzare l’attenzione dell’osservatore verso<br />

le figure piangenti del secondo piano.<br />

Sotto l’arco c’è l’accenno ad una galleria e quindi, più<br />

in profondità, ad un passaggio occluso la cui campitura<br />

cromatica è risolta con toni scurissimi e senza accenno a<br />

dettagli di sorta. Ciò sempre al fine di evitare la distrazione<br />

visiva dell’osservatore. La funzione compositiva di<br />

tale settore del quadro non fu compresa dall’autore del<br />

bassorilievo, facente parte della cassa argentea di Santa<br />

Lucia, il quale descrive minuziosamente, con una porta<br />

decorata con bugne a punta di diamante, la campitura<br />

compresa dall’arcone sfocando così la visione d’insieme e<br />

distraendo l’osservatore.<br />

Paolo Giansiracusa<br />

Accademia Belle Arti - Siracusa<br />

con finanziamento dell’Assessorato Regionale ai<br />

Beni Culturali diede incarico all’arch. Enrico Reale<br />

di eseguire un progetto organico che comprendesse<br />

il restauro della chiesa e dei locali annessi,<br />

nonché la sistemazione e il riadattamento a<br />

fini espositivi della vecchia sagrestia (ora Sala del<br />

Caravaggio).<br />

L’esecuzione dei lavori, in alcune parti diversa<br />

rispetto al progetto del tecnico siracusano, fu<br />

condotta e diretta dalla stessa Soprintendenza.<br />

Allo stato attuale tutto è pronto per accogliere il<br />

dipinto. La Sala del Caravaggio è stata dotata<br />

persino di un sofisticato impianto antifurto. Dalla<br />

Regione Siciliana, dalla Soprintendenza di Siracusa<br />

e dalla Direzione della Galleria Regionale di<br />

Palazzo Bellomo non si ha però alcuna notizia in<br />

riferimento al trasferimento dell’opera nella sua<br />

sede originaria.<br />

Quali ragioni impediscono la ricollocazione<br />

del quadro nella Chiesa di Santa Lucia? E’ la domanda<br />

che molti cittadini siracusani e numerosi<br />

studiosi italiani e stranieri si pongono.<br />

Considerato il notevole lasso di tempo intercorso<br />

dalla data in cui la tela fu rimossa ad oggi<br />

(vent’anni!) ben si comprende quale sia l’urgenza<br />

di ridare alla comunità ecclesiale della Parrocchia<br />

di Santa Lucia al Sepolcro quell’opera che<br />

documenta un momento importantissimo della<br />

sua storia. L’ulteriore assenza del dipinto dal suo<br />

luogo deputato non può che causare conseguenze<br />

gravissime alla funzione culturale e all’immagine<br />

artistica del complesso conventuale dei Francescani.<br />

Per tale ragione, unitamente agli organizzatori<br />

e agli artisti inviati per questa rassegna<br />

d’arte in omaggio al Caravaggio, affermo che gli<br />

spazi chiesastici ricchi di storia e di tradizioni,<br />

alla stessa maniera dei musei e delle pubbliche<br />

collezioni, non devono essere privati, nemmeno<br />

per breve tempo, dei loro documenti artistici. Le<br />

chiese devono essere conservate e tutelate nella<br />

loro integrità strutturale e documentale.<br />

Per tale motivo si ritiene di poter dire che la<br />

richiesta pressante del rientro del dipinto del<br />

Merisi nella sua sede storica non deve essere intesa<br />

come il capriccio di una piccola comunità<br />

religiosa, ma come il desiderio, l’esigenza e il diritto<br />

della cittadinanza aretusea e del mondo della<br />

cultura tutto.

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