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alba settembre 05 - CRIEA

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2 dicembre 1987: muore Gino Raya, il<br />

grande dimenticato dell’Italia culturale. Chi<br />

lo ebbe amico e maestro poté apprezzarne<br />

l’ingegno e la versatilità, il coraggio e la coerenza.<br />

Nel coraggio, intellettuale e morale,<br />

rientra la svolta decisiva della sua ispirazione<br />

filosofica: quella reductio dell’universo<br />

antropico alla comune dimensione biologica<br />

dei viventi, che dava un ben servito all’enorme<br />

baraccone della maiuscoleria universale.<br />

Niente anime e spiriti, ragione e apriori distinti<br />

dal corpo, unica realtà controllabile: al<br />

culmine di una tradizione storica minoritaria,<br />

che va da Talete a Nietzsche, da Democrito<br />

a Leopardi (“Il corpo è tutto”) Feuerbach<br />

Freud Turrò, ecc., Raya rastremava la<br />

stessa biologicità assoluta dell’uomo nella<br />

pulsione fagica: corpo e fame sono tutt’uno.<br />

Una serie di conseguenze sfociavano in una<br />

nuova impostazione del discorso antropologico<br />

e sulle varie attività umane, viste tutte<br />

come modulazioni della pulsione unica, nelle<br />

sue naturali tecniche più o meno evolute:<br />

insomma, la critica fisiologica. Un metodo<br />

che consente di condurre l’analisi dei comportamenti<br />

di homo sapiens fino alle radici<br />

ultime, oltre le quali non c’è che il vaniloquio<br />

inverificabile; ma dalle quali, anche, si<br />

può risalire fino alle (rare) vette nobili (sensibilità<br />

scientifica ed etica) senza barare, trescando<br />

con la metafisica. La critica in questione<br />

non conosce preclusioni: i suoi temi<br />

svariano dall’etica alla politica, dalla religione<br />

all’arte, dall’economia al diritto, alla sociologia;<br />

e via enumerando.<br />

Qui vogliamo accennare alla concezione<br />

rayana della politica, anzi del politico. Una<br />

prima definizione fisiologica lo vuole figlio<br />

del prete. L’onestà insita nel metodo non consente<br />

al Raya definizioni assolute e tagli dra-<br />

Cultura e Tradizioni<br />

Gino RAYA e la “politica” del politico<br />

Il Verbum e l’uomo del Verbum secondo la critica fisiologica<br />

Gentile<br />

don AntonioUcciardo,<br />

la Sua<br />

nota dell’ultimo<br />

numero<br />

de l’Alba<br />

è paradossale<br />

essendo rivolta non a me<br />

ma ad un interlocutore immaginario.<br />

Io ho grande stima<br />

per il cristiano, sentendomi<br />

cristiano anch’io, laico restando.<br />

Ma cristiano non ha<br />

niente a che vedere con cattolico,<br />

fermo restando il Suo<br />

diritto di credere il contrario.<br />

Non solo, non sono sostenitore<br />

dell’anarchia, organizzazione<br />

sociale senza un<br />

potere regolatore (società<br />

senza Stato), che è un non<br />

senso biologico. Ciò non<br />

vuol dire che io non creda<br />

nell’intenzione dei classici<br />

anarchici di costruire una società<br />

per uomini-fratelli, alias<br />

compagni. Da giovane militai<br />

per un ventennio pieno<br />

nel movimento anarchico<br />

scrivendo su quasi tutta la<br />

stampa del movimento stesso<br />

anche all’estero, per es.<br />

su “La Opinion” e “El Sol”<br />

di Costarica. Me ne uscii proprio<br />

perché la mia riserva circa<br />

l’anarchia diventava sempre<br />

più insopportabile. Gl<br />

anarchici “tradizionali”, (non<br />

esenti da fanatismo e settarismo<br />

anche loro!) invece di<br />

discutere il fatto, preferirono<br />

condannarmi all’ostracismo.<br />

Il mio secondo articolo, apparso<br />

sul settimanale “Uma-<br />

stici tra bianco e nero, bene e male: le sue<br />

connotazioni poggiano sulle prevalenze.<br />

Domanda: “Che cosa prevale nel prete e quindi<br />

nel figlio del prete?” La risposta è dettata<br />

dall’evidenza empirica: “Prevale la parola, il<br />

verbo in quanto prius assoluto, l’in primis<br />

erat Verbum”. Il prete si arroga il privilegio<br />

di essere la voce di dio e promette beni celesti,<br />

perché? Perché “il Verbum, onnipotente<br />

onnipresente onnicreante ecc. trasferisce i<br />

suoi onni ai propri ministri, e insomma al<br />

potere teocratico”. Tempi evoluzione e ambienti<br />

possono variare il peso del Verbum<br />

tuttofare nelle comunità umane, e cioè il potere<br />

dei suoi referenti teocratici, ma esso non<br />

scompare mai. Spesso, anzi, rinasce virulento<br />

come ai tempi d’oro degli assolutismi che<br />

ispira dopo eclissi più o meno lunghe. Anche<br />

il politico, guardando alla sostanza e non<br />

ai formulari ideologici, si rivela uomo del Verbum,<br />

della parola che surroga la cosa, che<br />

promette paradisi in terra e rivoluzioni palingenetiche,<br />

senza badare alle puntuali smentite<br />

della storia. Le sue promesse sono organizzate,<br />

al loro meglio propositivo, in ideologie<br />

accattivanti, più o meno strutturate in<br />

visioni del mondo. L’ideologia consola, accende<br />

speranze, inebria i suoi credenti a volte<br />

fino al sacrificio della vita: come è accaduto,<br />

nei secoli, con la religione. Una sua formula<br />

fortunata è cambiare il mondo.<br />

Viviamo tempi di disincanto? Fino a che<br />

punto, se si blatera (a sentire i soliti maestri<br />

del cassero, sempre pronti a “totalizzare”<br />

visioni parziali e monche) che le ideologie<br />

sono morte e sepolte? Come se la religione,<br />

in qualunque sua versione, non fosse la madre<br />

e il modello delle ideologie. E come se il<br />

liberismo globalizzato, che incanta apostati<br />

del marxismo e voltagabbana di ogni calibro,<br />

non fosse tra le ideologie più perniciose e<br />

bugiarde (col feticcio del mercato auto-regolantesi<br />

pro bono omnium. E c’è forse penuria<br />

di religioni e liberismi in questi ibridi tempi<br />

di conflitti e accensioni fanatiche?<br />

L’antiassolutismo del metodo consente a<br />

Raya di giocare sulle prevalenze e la storia<br />

fino all’apparente paradosso: “La filiazione<br />

dal prete al politico è fondata su certa linea<br />

storica e conseguente opportunità espositiva;<br />

però, da un punto di vista più strettamente<br />

biologico, si potrebbe non solo farne<br />

a meno, ma anche invertirla. In primis infatti<br />

non c’è né il prete né il politico, bensì l’uomo<br />

che potenzia la propria fame sollecitando<br />

masse umane di manovra: il demagogo”.<br />

Insomma, prete e politico hanno “il sangue<br />

del demagogo”. Il quale conosce evoluzioni e<br />

maschere che caratterizzano tempi e contesti<br />

geo-politici diversi, ma con un fondo immutabile:<br />

servire la propria fame di potere. Dove il<br />

sostantivo potere assorbe naturaliter tutte le<br />

forme del verbo omofono seguite dall’avere e<br />

dall’essere (per usare la terminologia di Fromm):<br />

denaro donne beni mobili e immobili comando<br />

e destino dei molti nelle proprie mani. La prevalenza<br />

storica addita la cratofilia più demagogica,<br />

con i suoi appelli a Dio (“Dio lo vuole”),<br />

al Popolo, alla Nazione, alla Razza (superiore),<br />

alla Classe operaia. E con la propaganda<br />

calunniosa contro il nemico di turno.<br />

In tanto svariare, una costante s’impone:<br />

“Gira e rigira, le armi della demagogia, per quanto<br />

varie e sofisticate, difficilmente potranno<br />

rinunciare allo stemma di famiglia. Un “Dio”<br />

che appoggia una seconda maiuscola più vicina<br />

agli interessi di chi la inalbera, sia che Riccardo<br />

Cuor di leone invochi ‘Dio e il mio diritto’, sia<br />

che Mazzini cavalchi il tandem ‘Dio e popolo’,<br />

è così redditizio che persino un Hitler<br />

A don Ucciardo, per una lettura più attenta<br />

Il Cristianesimo non può riconoscersi in uno Stato o in una gerarchia piramidale<br />

nità Nova” di Roma -il famoso<br />

periodico fondato da Errico<br />

Malatesta come quotidiano-<br />

(eravamo nel 1951) mi<br />

costò un processo per<br />

“presunto” vilipendio alla religione<br />

di Stato per avere citato<br />

l’aforisma di Schopenhauer<br />

“Se un Dio ha creato<br />

questo mondo, non vorrei<br />

essere io perché la miseria<br />

umana mi spezzerebbe il<br />

cuore” denunciato, con molta<br />

probabilità, dell’inqualificabile<br />

fanatico e nostalgico<br />

dell’Inquisizione, prof. Luigi<br />

Gedda, pres. dell’Azione Cattolica<br />

dell’epoca.<br />

L’anarchismo, specie<br />

quello di cui io parlo, è sinonimo<br />

di obiezione di coscienza:<br />

un comportamento “etico”<br />

dell’individuo che, in<br />

certe circostanze, per obbedire<br />

alla propria coscienza, si<br />

pone anche contro le leggi<br />

vigenti. Lo fece don Milani e<br />

fece bene comportandosi<br />

“anarchicamente”. Evidentenemente<br />

Lei ha letto distrattamente<br />

il mio articolo sull’anarchismo<br />

e tuttavia crede<br />

di conoscermi bene.<br />

Non credo di essere vago<br />

e indefinito. Distinguo fra legittima<br />

libertà di credere e<br />

il dovere di non mescolare il<br />

credere con la scienza sociale,<br />

al cui centro, come soggetto<br />

e come fine, sta l’uomo.<br />

Credo fermamente nella<br />

gratuità, illegittimità e abusività<br />

di parlare “in nome di<br />

Dio” nessuno essendone<br />

stato autorizzato dal Dio stesso,<br />

che nessuno ha mai<br />

visto. Chi Le ha detto che io<br />

non creda nell’uomo?!<br />

Io ho fondato la nuova<br />

Weltanshaung che è la biologia<br />

(del) sociale: studio<br />

della socialità dell’uomo alla<br />

luce della biologia e quindi<br />

su base naturalistica. Uno dei<br />

bisogni-diritti naturali dell’uomo<br />

è quello della rassicuranza,<br />

che si manifesta<br />

anche negli animali superiori.<br />

Il bambino lo chiede alla<br />

nutrice assieme al latte.<br />

Da tale bisogno-diritto<br />

naturale è nata la religiosità,<br />

legame (“religio” ) viscerale-emotivo-sentimentale<br />

ecc.<br />

ma anche mistico, con l’ambiente<br />

e il mondo. La religiosità<br />

è fisiologica. Patologico<br />

è il suo sfruttamento da parte<br />

di uomini che millantano<br />

abilitazioni ricevute da un Dio<br />

che nessuno -ripeto- ha mai<br />

visto. Il non plusualtra di<br />

questo grave fenomeno storico<br />

è rappresentato dalla<br />

Chiesa cattolica, che non ha<br />

niente a che vedere con la<br />

religiosità e il cristianesimo<br />

meno che mai nella veste di<br />

uno Stato e di una gerarchia<br />

piramidale. Se si vuole<br />

lottare per il bene dell’uomo,<br />

non occorre farlo in nome di<br />

un Istituto né con divise strane<br />

e fastose né inventando<br />

dogmi e roba del genere. Io<br />

lo faccio ormai da quasi<br />

sessant’anni, avendo esordito<br />

sul quotidiano “Il Corriere<br />

di Tripoli” nel 1946.<br />

Non aggiungo altro per rispetto<br />

del mio cortese interlocutore.<br />

Io sono per uno Statocomunità<br />

(leggi “ecclesia”),<br />

socialista in termine scientifico,<br />

che, seguendo la tri-<br />

logia del 1789 “Libertà-fraternità-uguaglianza”(esplicitazione<br />

dell’amore del<br />

prossimo evangelico o<br />

cristiano) consenta a tutti<br />

di rispondere nel miglior<br />

modo possibile ai diritti naturali,<br />

compreso quello di<br />

credere senza il rischio di<br />

essere discriminato e meno<br />

che mai perseguitato.. La<br />

biologia sociale dimostra<br />

che il socialismo è una necessità<br />

naturale-scientifica<br />

in alternativa all’altrimenti<br />

inevitabile estinzione della<br />

specie per “aborto storico”<br />

ovvero per saturazione di<br />

conflittualità. Il resto è<br />

sfruttamento molteplice<br />

(della fame, del bisogno di<br />

rassicuranza, ecc.) che ci<br />

riporta alla primitività e all’infanzia.<br />

Non esiste un problema<br />

di Dio come persona (la<br />

persona/parte nega Dio/<br />

tutto: ci troviamo quindi di<br />

fronte ad una contraddizione<br />

in termini) ma il bisogno di<br />

conoscere meglio la nostra<br />

essenza. Il pensiero scientifico<br />

non può andare oltre la ragione<br />

etica (che sta alla base<br />

della biologia sociale).<br />

Quanto alla speranza, il mio<br />

primo pseudonimo (che ora<br />

ho ripreso per la posta elettronica)<br />

è proprio il termine<br />

Esperanto “Espèro”, che significa<br />

appunto speranza.<br />

Se desidera conoscermi<br />

meglio legga le mie cose, che,<br />

se vuole, Le posso spedire<br />

man mano ad un Suo recapito<br />

postale.<br />

Saluti cristiani<br />

Carmelo R. Viola<br />

Abbonamento: annuo euro 30,00 - Sostenitore euro 50,00<br />

Benemerito e onorario euro 75,00 (incluse spese postali)<br />

Arretrati: euro 2,50 a copia (incluse spese postali)<br />

Pagamento: assegno non trasferibile intestato a<br />

Centro culturale Risvegli o.n.l.u.s.<br />

Indirizzo: Via Vittorio Emanuele III, 365 - 95032 Belpasso (CT)<br />

non sapeva rinunziarvi,<br />

sì da far incidere sulle<br />

monete un rotondo Gott<br />

mit uns”. E dopo Hitler<br />

quanti altri capi-popolo,<br />

specie in questo rilancio<br />

alla grande dell’islamismo,<br />

con la sua<br />

diabolica coda stragista<br />

e kamikaze! Ed è così<br />

vitale, la maiuscola religiosa,<br />

che sotterrata<br />

dall’ateismo di stato comunista,<br />

riaffiora divinizzando,<br />

di fatto, i leader<br />

politici: Mao era una<br />

specie di dio visibile e il<br />

suo libretto rosso un<br />

amuleto operatore di<br />

miracoli. E Stalin non era<br />

da meno.<br />

Altre componenti del<br />

sangue demagogico: il<br />

parassitismo, il verbalismo,<br />

la tecnica aggirante<br />

(quella aggressiva<br />

compete al guerriero: sacerdoti<br />

e guerrieri sono<br />

le due caste basali di ogni popolo). Il politico,<br />

quale che sia, nei casi migliori, la sua buona<br />

fede, vive del lavoro altrui; il verbalismo delle<br />

formule e delle insegne viene speso senza risparmi<br />

per la moltiplicazione delle occasioni<br />

parassitarie: e via con Camera (pletorica), Senato,<br />

Regioni, Province, Comuni, ciascuna<br />

“porzione” dello Stato con il suo bravo Consiglio,<br />

e dipendenze sottostanti. Per non dire<br />

delle aziende di stato, saccheggiate a man bassa,<br />

sotto l’ombrello delle leggi ad hoc o in<br />

barba a legislazione e Costituzione, mediante<br />

La festa del Natale reca<br />

con sé un vasto bagaglio di<br />

tradizioni che affascinano e<br />

stupiscono, nonostante<br />

spesso se ne ignori l’originario<br />

ed autentico significato;<br />

tradizioni che hanno origini<br />

antichissime e che sono il più<br />

delle volte frutto di rielaborazione<br />

di vecchi riti del mondo<br />

pagano. Forse non tutti<br />

sanno che fino alla metà del<br />

IV secolo, il 25 dicembre si<br />

celebrava una delle più importanti<br />

feste del mondo romano:<br />

nel 274 d.C., infatti,<br />

l’imperatore Aureliano decide<br />

che quel giorno fosse dedicato<br />

alla festa del Sol Invictus<br />

(il sole invincibile) il<br />

nuovo sole che faceva capolino<br />

sull’orizzonte, sostituendosi<br />

al vecchio astro<br />

morto simbolicamente il giorno del solstizio d’inverno.<br />

A metà del IV secolo, appunto, papa Giulio<br />

I sceglie quella data come giorno della nascita di<br />

Gesù, modificando la simbologia della tradizionale<br />

festa pagana e vedendo, perciò, nella nascita del<br />

sole la nascita di Cristo e nella luce solare la luce<br />

divina del figlio di Dio venuto sulla terra a rischiarare<br />

il buio delle tenebre. L’abete decorato con nastri<br />

e scintillante di luci, le decorazioni di vischio,<br />

il presepe sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano<br />

le feste natalizie e che adornano le<br />

nostre case.<br />

Una tradizione forse poco nota è quella del ceppo<br />

(generalmente di quercia) che arde nella notte<br />

della vigilia ed il cui fuoco richiama certamente la<br />

luce che la venuta di Cristo diffonde sulla terra. Si<br />

accende il ceppo per rendere più confortevole l’ambiente,<br />

come segno di accoglienza per la venuta del<br />

figlio di Dio. Secondo la tradizione, il ceppo deve<br />

ardere per tutta la notte e al mattino seguente la<br />

cenere, ritenuta ricca di proprietà terapeutiche, viene<br />

raccolta e conservata, mentre la parte rimasta<br />

non arsa veniva in passato gettata in mezzo all’aia<br />

per calmare il cattivo tempo. L’accensione del legno<br />

di quercia si presenta, dunque, anche come un<br />

rito propiziatorio: dalla maniera in cui il ceppo<br />

Dicembre 20<strong>05</strong><br />

9<br />

Pino Pesce con Gino Raya, Roma V.le di Villa Pamphili,199 – Foto, Gisuava Zawadzka<br />

corruzione imbrogli favoritismi e quant’altro<br />

la bella stagione di Mani pulite poté scoprire<br />

nelle ombre di Tangentopoli.<br />

Corruzione e mercato dei voti aprono l’altro<br />

capitolo del parassitismo criminale: le<br />

complicità con la malavita organizzata, che<br />

controlla, di fatto, almeno quattro regioni. [Le<br />

citazioni testuali provengono dal saggio di<br />

Gino Raya, Il politico, Biologia culturale,<br />

XV, 4, Dicembre, 1980]<br />

Pasquale Licciardello<br />

La festa del Natale e le tradizioni<br />

Rivivono simboli e rituali pagani. La luce divina nel ceppo che arde<br />

bruciava, si potevano prendere gli auspici su come<br />

sarebbe stato l’anno successivo. Non bisogna, inoltre,<br />

dimenticare che uno dei dolci tipici della tradizione<br />

natalizia è proprio il tronco di albero ricoperto<br />

di scaglie di cioccolato e ripieno di crema di ricotta<br />

che viene offerto e consumato come segno di festa<br />

e di buon augurio. Pare che a Motta Sant’Anastasia<br />

la tradizione del ceppo ardente (in dialetto, “u ‘zuccu”)<br />

fosse molto radicata: fino a qualche decennio<br />

fa, in alcuni punti centrali del paese i proprietari dei<br />

vari esercizi commerciali accendevano sulla strada<br />

dei grossi ceppi di legno e offrivano ad amici e passanti<br />

vino e vivande in attesa della messa di mezzanotte<br />

a cui tutti avrebbero preso parte. Ancora oggi<br />

in piazza Umberto, dinanzi alla tabaccheria e ricevitoria<br />

del sig. Pippo Valenti, a partire dal tardo pomeriggio<br />

del 24 dicembre arde un grosso ceppo di<br />

quercia che raccoglie attorno ad esso anziani, passanti,<br />

abitanti della zona, semplici curiosi. Lo stesso<br />

rituale si svolge davanti alla sede del “Rione Panzera”.<br />

E’ una tradizione che si rinnova di anno in anno,<br />

forse senza comprenderne il misterioso significato,<br />

forse senza riuscire a scorgere nel fuoco che brilla e<br />

che riscalda il calore dell’amore che il figlio di Dio<br />

venendo sulla terra diffonde nei nostri cuori.<br />

Alessandro Puglisi

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