Settembre - Avventisti del Settimo Giorno

una parola per te
UNA PAROLA PER TE
Il perdono
La parabola del padre misericordioso
di Luca 15:11-32, è stata definita,
con buone ragioni, la più
grande delle piccole storie che sia
mai stata scritta. 1 Essa ci dà un’idea
dell’amorevole grazia di Dio.
Il padre, che rappresenta Dio, dimostra
un eccezionale spirito di
perdono nei confronti del figlio
cadetto che ha sperperato una discreta
somma di denaro. Il figlio
più giovane ha mancato di rispetto
al padre e ha fatto tutto ciò che
lui non desiderava. Ma il padre è
disposto a perdonarlo.
Triplice lezione
Vorrei evidenziare tre aspetti di
questa parabola.
1. Anche se questa storia è conosciuta
per essere la parabola del
figlio prodigo, è evidente che non
è il figlio il principale protagonista,
ma il padre misericordioso.
2. Gesù rivolge il più bel complimento
a dei peccatori quando
dice che il giovane «è rientrato in
sé». Sembra che voglia dire che
quando una persona si allontana
da Dio, in realtà è anche fuori di
sé. La persona recupera appieno
la sua identità solo quando fa ritorno
alla casa paterna.
3. La storia ci parla dell’immenso
perdono divino. Il padre
deve essere stato in trepidante attesa
nell’osservare ogni giorno e
invano il sentiero che porta alla
fattoria. Ma quando il figlio ritorna
lo abbraccia, non l’accusa. A
volte, l’atto del perdonare somiglia
più alla concessione di un favore,
ma in realtà il peccato della
persona è sempre presente con allusioni,
parole o gesti. Ma questo
padre perdona veramente. Una
volta, ad Abraham Lincoln venne
chiesto come pensava di trattare i
ribelli «sudisti» una volta sconfitti
e riammessi nell’Unione, egli rispose:
«Li tratterò come se non se
ne fossero mai andati via». 2 È
questa la stupenda grazia con la
quale Dio tratta anche noi.
La grazia di Dio
«Questo mio figlio era morto ed è tornato
in vita; era perduto, ed è stato ritrovato»
di John Ferguson*
L’arrogante fratello maggiore
Il fratello maggiore, invece, rappresenta
l’uomo pieno di orgoglio.
Lo si capisce dall’atteggiamento
antipatico e malvagio. La
freddezza è evidente quando, rivolgendosi
al padre, non parla di
suo fratello ma dice «questo tuo
figlio» (v. 30). La sua malignità è
palese quando, nel rievocare la
storia dello scapestrato, parla di
prostitute. I primi versetti della
parabola descrivono la vita spensierata
del giovane ma non si
menzionano i particolari. Il fratello
maggiore, però, ha il sospetto
che suo fratello si sia dato alla bella
vita. L’amore di Dio è infinito.
Dio è pronto a perdonare, noi siamo
pronti a condannare.
Il re Manasse
Il re Manasse ha commesso atrocità
ben più gravi di quelle di questo
giovane figlio, eppure è stato
perdonato da Dio stesso.
Manasse diventa re nel 687 a.C.
e durante il suo regno si comporta
in modo malvagio. Fa ricostruire
i luoghi di culto di divinità pagane,
fa innalzare un altare al dio
Baal, divinità cananea il cui culto
è accompagnato da comportamenti
licenziosi, come la prostituzione
sacra. 3 Il giovane di Luca 15
è sospettato di essere andato con
le prostitute, ma Manasse va oltre.
Addirittura, fa costruire un
centro di erotismo sacro per venerare
una dea pagana. Sotto il
suo regno si adorano i pianeti, si
pratica lo spiritismo e si mettono
a morte persone innocenti. Eppure,
Dio lo perdona.
La descrizione del regno di
Manasse è riportata in 2 Re 21 e
in 2 Cronache 33; in quest’ultimo
capitolo troviamo più informazioni
relative al perdono di Manasse.
Egli viene fatto prigioniero da un
re straniero, legato con catene e
con un gancio al naso (v. 11). Ma
proprio questa sua disgrazia lo
porta a riconoscere il suo peccato
e si umilia davanti a Dio (cfr. vv.
12,13). Anche il figlio della parabola
si umilia davanti al padre, dicendo:
«Padre, ho peccato contro
il cielo e contro di te. Non sono
più degno di essere chiamato tuo
figlio». (Lc 15:21). E suo padre lo
perdona.
Un appello
Che ne è di noi? Come il giovane
della parabola e il re Manasse
hanno riconosciuto la loro colpevolezza,
anche noi dobbiamo inginocchiarci
davanti a Dio. Ma
chi siamo noi per dire a un’altra
persona cosa fare e cosa non fare?
Chi siamo noi, pastori o laici, per
convincere gli altri dei loro peccati?
Solo lo Spirito Santo convince
di peccato, non noi (Gv 16:8).
Tuttavia mi faccio coraggio ed
esorto anche te, come persona, a
presentarti al Signore e a riconoscere
i tuoi peccati. Nella Via migliore,
Ellen G. White scrive:
«Quando comprendiamo la profondità
dell’amore di Dio, ci rendiamo
conto della gravità del
peccato» (p. 35).
Note
1 W. BARCLAY, The Daily Study Bible
Series: The Gospel of Luke, p. 204.
2 Ibid., p. 205.
3 The SDA Bible Commentary, vol. 8,
p. 104.
* Pastore delle chiese di Grantham
e Skegness, Inghilterra.
SETTEMBRE 2010 IL MESSAGGERO AVVENTISTA
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