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Il Fatto quotidiano - Funize.com

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pagina 16 Giovedì 15 ottobre 2009<br />

TELE+ COMANDO<br />

SECONDO TEMPO<br />

TG PAPI<br />

S a nt a n c h è<br />

<strong>com</strong>e Maigret<br />

di Paolo Ojetti<br />

T g1<br />

Si dice ma è tutto da dimostrare<br />

che i telegiornali<br />

diano le notizie. Ma danno<br />

questo è indiscutibile anche<br />

le verità rivelate, diffondono i<br />

dogmi, scolpiscono parole<br />

d’ordine che non ammettono<br />

contraddittorio. Prendiamo,<br />

per esempio, Alberto Matano<br />

al seguito di Berlusconi che, a<br />

Villa Madama, promette investimenti<br />

aeroportuali da qui al<br />

2040 (chissà, per allora magari<br />

avranno già inventato la<br />

pillola antigravità e gli umani<br />

si solleveranno dal suolo solamente<br />

agitando le braccia).<br />

In quella stessa sede, il premier<br />

ha minacciato che no,<br />

non ci sono alluvioni e dissesti<br />

idrogeologici che tengano:<br />

lui procederà a dicembre,<br />

massimo a gennaio alla costruzione<br />

del Ponte di Messina.<br />

Matano registra, incassa,<br />

passa oltre.<br />

Non lo sfiora il pensiero di ag-<br />

giungere due parole sulle polemiche,<br />

sui <strong>com</strong>itati che sono<br />

contrari, sui costi galattici<br />

da affrontare, forse sul dubbio<br />

di una intempestiva decisione.<br />

No.<br />

E non sussulta nemmeno<br />

quando il premier precisa<br />

che, con il Ponte, la Sicilia sarà<br />

resa italiana al 100 per 100.<br />

Siciliani, alle armi e viva la liber<br />

tà!<br />

T g2<br />

Tempo fa, la signora Santanché<br />

andò a rompere la<br />

quiete di alcune signore musulmane,<br />

tentando di strappare<br />

veli e burqa. Si trovò davanti<br />

a una certa qual resistenza<br />

e lei parlò di vile aggressione.<br />

Ora, sul libico-attentatore che<br />

rimane piantonato in ospedale<br />

senza occhi e senza una mano,<br />

la signora Santanché dice:<br />

l’ho riconosciuto, era lui che<br />

mi assaliva, sembrava uno dei<br />

capi della <strong>com</strong>unità islamica.<br />

Ebbene questa testimonian-<br />

za, così serena, è stata lanciata<br />

e rilanciata dal Tg2 <strong>com</strong>e decisiva.<br />

Mah. Altro telegiornale,<br />

altra perla. Studio Aperto,<br />

con fare insinuante, ha segnalato<br />

la promozione del giudice<br />

Maesano, quello della sentenza<br />

che condanna la Fininvest<br />

a restituire 750 milioni di<br />

euro alla Cir di De Benedetti,<br />

quasi che lo scatto di carriera<br />

sia un premio ad hoc, <strong>com</strong>unque<br />

una vendetta trasversale<br />

della magistratura contro<br />

l’Eletto dal Popolo. Di nuovo<br />

mah.<br />

T g3<br />

Passato in apertura anche<br />

altrove, ecco che il Tg3<br />

punta su Fini. <strong>Il</strong> presidente<br />

della Camera, spiegato al popolo<br />

da Danilo Scarrone: Un<br />

altro passo che lo allontana<br />

da Berlusconi. In realtà i passi<br />

sono due.<br />

Primo, riforme o non riforme,<br />

Fini difende l’indipendenza<br />

della magistratura da qualunque<br />

altro potere. Secondo, la<br />

cattiva immagine dell’Italia<br />

non dipende da quello che liberamente<br />

scrive la stampa<br />

estera. Tradotto: la cattiva immagine<br />

la sta dando qualcun<br />

altro. Fini, ovvero il buonsenso,<br />

la normalità. Studia da capo<br />

della destra italiana moderna<br />

e civile. Studia da presidente<br />

della Repubblica? Chi lo sa,<br />

<strong>com</strong>unque studia su buoni testi.<br />

di Nanni Delbecchi<br />

L<br />

a televisione della nostalgia è di moda, ma<br />

c’è modo e modo di fomentare la tenden-<br />

za. Quando Carlo Conti presenta programmi<br />

<strong>com</strong>e “I migliori anni”, ci fa toccare con mano<br />

quali vertici horror abbia raggiunto la tv di<br />

oggi; e dunque la nostalgia per quella di eri<br />

aumenta in via esponenziale. Quando “La<br />

storia siamo noi” manda in onda (<strong>com</strong>e è accaduto<br />

lunedì notte su Raidue) un ritratto di<br />

Antonello Falqui <strong>com</strong>e “Giochiamo al varietè”,<br />

l’ordine dei fattori si capovolge. Gli autori<br />

Gianluigi Attorre e Massimo Favia hanno<br />

alternato spezzoni di “Studio Uno”, “Canzonissima”<br />

e degli altri celebri varietà di Falqui<br />

a una gran messe di testimonianze; collaboratori<br />

storici <strong>com</strong>e Enrico Vaime, giovani allora<br />

al debutto <strong>com</strong>e Gigi Proietti e Loretta<br />

Goggi, ex ragazzini svezzati dai balletti delle<br />

gemelle Kessler <strong>com</strong>e Fiorello e Sergio Rubini.<br />

Ma soprattutto, in questo bel documentario<br />

di Rai Educational aleggia il fantasma di<br />

un’età dell’oro; l’unica che, <strong>com</strong>plice la giovinezza,<br />

abbia avuto la nostra tv.<br />

Falqui è l’uomo che, a partire dai primi anni<br />

Sessanta e per tutto il<br />

Carlo Conti,<br />

il conduttore<br />

de “I migliori anni”<br />

IL PEGGIO DELLA DIRETTA<br />

Quando la tv<br />

aveva stile<br />

decennio successivo,<br />

costruisce il mito<br />

del varietà del sabato<br />

sera; quel rito estremo<br />

della famiglia italiana<br />

che tutti a casa<br />

attendevano con<br />

aspettative diverse,<br />

ma con ansia <strong>com</strong>une.<br />

E’ vero che allora<br />

la televisione in sé<br />

aveva un quid di sovrumano<br />

- che oggi<br />

ha barattato per parecchio<br />

di subuma-<br />

no -, ma nessuno <strong>com</strong>e Falqui lo intuì e seppe<br />

trasformarlo in azione. Dopo avere scelto il<br />

meglio sulla piazza dello spettacolo leggero<br />

(Walter Chiari, Paolo Panelli, Lelio Luttazzi),<br />

volle giocare ancora al rialzo, dando al piccolo<br />

schermo un’aura di eleganza popolare e<br />

perfino di magia che rivaleggiava con quella<br />

del cinema. La costruzione del mito di Mina<br />

si basa sul talento straordinario della cantante,<br />

ma anche su una straordinaria intuizione<br />

mediatica; un mito fatto per metà di voce e<br />

l’altra metà di etere. Per questo, ancora oggi<br />

Mina, appare così poco umana.<br />

C’è poi il fattore S, che sta per stile, che fu la<br />

vera chimera inseguita dal perfezionismo di<br />

Falqui (con costi produttivi non proprio<br />

stracciati, bisogna dire), ed è ciò in cui appare<br />

più irraggiungibile. Quanto erano colti,<br />

vagamente felliniani, i piani sequenza di<br />

“Studio Uno”; con quella poesia in bianco e<br />

nero <strong>com</strong>e le geometrie optical di Cesarini<br />

da Senigallia, <strong>com</strong>e lo smoking di Luttazzi,<br />

<strong>com</strong>e i tasti del suo pianoforte. Con l’av ve n t o<br />

del colore nulla sarà più <strong>com</strong>e prima e Falqui,<br />

che a viale Mazzini si era fatto troppi nemici<br />

per uno del suo talento, verrà inesorabilmente<br />

messo da parte.<br />

Ci sono uomini per tutte le stagioni e uomini<br />

che sono essi stessi una stagione. Come Antonello<br />

Falqui. Dagli ani Ottanta in poi lo spirito<br />

dei tempi, che così a lungo gli aveva soffiato<br />

in poppa, cambia bruscamente direzione.<br />

La televisione smette di inseguire lo spettacolo<br />

per fare concorrenza alla vita; poi sarà<br />

addirittura la vita a inseguire la tv. Lo star<br />

system della videocrazia si svilupperà solo<br />

per fecondazione assistita, finché il pianoforte<br />

di Luttazzi diventerà la chitarra di Checco<br />

Zalone. Nella fiera dei sogni, il più proibito<br />

diventa proprio lo stile.

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