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Dove danzano gli angeli - Stefano Emanuele Ferrari

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Mi sentii improvvisamente a disagio: “<strong>Dove</strong> vuoi andare con quelle<br />

quattro fotografie da turista? Adesso si staranno facendo una grassa<br />

risata…”.<br />

Quando tornò, avevo già indossato la giacca, pronto a un veloce<br />

congedo. Invece mi fece accomodare in un’altra saletta.<br />

«Ho parlato con <strong>gli</strong> altri dell'ufficio, per noi vai bene, hai un look<br />

attuale, puoi lavorare» mi disse «Chiaramente devi farti fare delle foto<br />

da un fotografo di moda, per iniziare. Ti fissiamo noi<br />

l’appuntamento».<br />

Ci fu un attimo di silenzio. Ero intimorito. Improvvisamente mi<br />

era stata aperta la porta a cui avevo bussato, ma non sapevo ancora<br />

dove stavo entrando.<br />

«E quanto mi verrebbe a costare il test?» domandai<br />

Il primo test, con cui comporre il book di presentazione, costava<br />

duecentocinquanta euro, mi disse. Avrei poi dovuto spendere altri<br />

cento euro per i primi composit, dei cartoncini plastificati da lasciare<br />

ai clienti durante i casting come bi<strong>gli</strong>etti da visita, dove erano<br />

stampate le mie foto più significative e tutte le misure. Ed ero pronto<br />

per lavorare.<br />

«E non ci sono corsi di posa, o altre cose da fare?» chiesi,<br />

avendone sentito parlare.<br />

«Noi siamo un agenzia seria» mi rispose, «non proponiamo corsi,<br />

sono solo cazzate. O sei fotogenico o non lo sei. E a noi, dalle foto<br />

che ci hai mandato, sembra di sì».<br />

Mi guardò, cercando un segno di approvazione che tardava a<br />

venire.<br />

«E se faccio queste foto test voi mi prendete di sicuro?».<br />

Allargò le braccia. «Bisogna vederle, chiaro, ma se te le facciamo<br />

fare è perché per noi puoi lavorare, te l’ho già detto»<br />

Si era un po’ indispettito per tutte quelle domande.<br />

«Io ora devo andare, ti lascio il mio bi<strong>gli</strong>etto da visita. Tu pensaci<br />

con calma, se sei interessato mi chiami e fissiamo l’appuntamento col<br />

fotografo».<br />

Due giorni dopo mi trovavo in un appartamento del centro, dove<br />

in un’ampia camera era stato allestito il set fotografico: un grosso<br />

rullo di carta srotolato che copriva la parete, qualche luce<br />

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posizionabile, due pannelli di polistirolo appoggiati al muro, un tavolo<br />

per appoggiare l’attrezzatura. Nulla di quanto avevo immaginato,<br />

suggestionato da chissà quale film, ma in quell’ambiente semplice,<br />

essenziale, mi trovai presto a mio agio. Si respirava intimità.<br />

«Se vuoi fumare, fai pure» mi disse il fotografo dopo avermi<br />

preparato il caffè.<br />

Era un ragazzo brasiliano, dall’abbi<strong>gli</strong>amento piuttosto eccentrico.<br />

Mi mostrò alcuni suoi servizi pubblicati su delle riviste di settore.<br />

«Proveremo diversi look oggi, alterneremo foto in bianco e nero,<br />

foto a colori, primi piani, figure intere. Un lavoro completo, cercando<br />

una storia, ok?».<br />

Annuii col capo, nonostante non mi fosse chiaro il discorso della<br />

“storia” di cui tanto mi parlava.<br />

«L’importante è che tu sia naturale quando posi, ok? Devi tenere il<br />

viso rilassato. Tutto qui, poi di volta in volta di darò io le indicazioni,<br />

ok?».<br />

«Ok».<br />

«Vuoi un po’ di musica?».<br />

Iniziò col truccarmi: imbarazzato, lasciai che mi passasse del<br />

fondotinta sul viso, apportando poi delle aggiunte di colore col dito,<br />

che intingeva nella tavolozza. Poi ci portammo in un’altra camera,<br />

adibita a guardaroba, e si mise a spulciare tra centinaia di vestiti. Ne<br />

sce<strong>gli</strong>eva alcuni, poi cambiava idea, in un continuo «… Provati<br />

questo, fammi vedere, no questo non va, ci vuole qualcosa…».<br />

Inventava sul momento, passando dalle giacche di pelle nere alle<br />

camicie di seta rosa, e ancora jeans strappati, cravatte variopinte,<br />

gessati, cinture di pitone, di tela, cappelli da cowboy, bombette,<br />

foulard e scarpe, decine di scarpe, dalle più classiche alle più<br />

stravaganti.<br />

Era già mezzogiorno quando iniziammo a scattare. Le tapparelle<br />

abbassate, le luci posizionate dopo infiniti controlli all’esposimetro, la<br />

macchina fotografica sul piedistallo col rullino inserito.<br />

«Stai rilassato, relax, ok? Le braccia libere. Gli occhi un pelo più<br />

socchiusi. Perfetto, rimani così!».<br />

Rimasi subito affascinato dall’atmosfera che si creò: i flash accanto<br />

a ogni scatto con quel loro suono particolare, le note stucchevoli di<br />

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