Dove danzano gli angeli - Stefano Emanuele Ferrari
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sembravano particolarmente dispiaciuti; forse erano abituati a modelli<br />
che andavano e venivano. Ed io ero uno dei tanti.<br />
Sulla strada per casa rincontrai quel vecchio musicista. Suonò<br />
come al suo solito quella malinconica melodia e poi iniziò il giro col<br />
bicchierino. Erano tutte facce distratte quelle che <strong>gli</strong> si facevano<br />
incontro, solo una signora allungò qualche monetina. Invece di<br />
infilare quel bicchierino nella tasca, come al suo solito, si portò al<br />
centro del vagone e lo svuotò nella mano. Farfu<strong>gli</strong>ò qualcosa in<br />
francese, attirando l’attenzione di tutti. E adesso era lì, a mostrare<br />
quelle poche monetine di rame nella sua mano, nudo a<strong>gli</strong> occhi di<br />
tutti, nudo con la sua fragilità, con la sua impotenza. Mi sentii a<br />
disagio. Per la prima volta lo vedevo perdere quella dignità che lo<br />
aveva sempre contraddistinto. Frugai nelle tasche, ma lui era già<br />
davanti alle porte. Non guardava più nessuno.<br />
“Chissà quale è stata la sua vita? Chissà se ha fi<strong>gli</strong>? Chiede ancora<br />
qualcosa a questo mondo, oltre qualche monetina per sopravvivere?”.<br />
Quando le porte si aprirono non saltò sulla successiva carrozza,<br />
ma si fermò sulla banchina con il suo violino. Rimase immobile come<br />
una statua, la gente <strong>gli</strong> passava attorno, ma lui sembrava non farci<br />
caso. Poi le porte si chiusero e il treno ripartì. E fu l’ultima volta che<br />
lo vidi.<br />
Per festeggiare la mia partenza Filippo m’aveva organizzato<br />
l’ultima serata. In realtà mi aveva costretto ad accompagnarlo ad una<br />
festa di economisti e promotori finanziari. <strong>Dove</strong>vo ad ogni costo<br />
conoscere tutti quei geni, mi diceva. Da quando stava prendendo<br />
parte ad una conferenza sull’economia mondiale non faceva che<br />
parlarmi d’altro. Aveva una sorta di adorazione per le persone<br />
incravattate che traducevano ogni cosa in numeri. Era il suo mondo,<br />
il mondo dove voleva entrare. Aveva studiato nella City di Londra, e<br />
dopo essere stato rifiutato da alcune grosse banche mondiali a cui<br />
aveva spedito il curriculum, si era iscritto a un master a Parigi.<br />
«Vedrai che ti divertirai stasera!».<br />
Era ancora lì a ripetermelo, mentre aspettavamo la metro.<br />
«E poi non spendiamo nulla».<br />
«Almeno quello. Senti, non mi hai ancora detto di cosa si è parlato<br />
in queste conferenze..”<br />
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«Beh, tante cose… Hanno parlato molto della Cina. Il nuovo<br />
motore dell’economia è la Cina, bisogna investire lì!».<br />
«Ok, ma bisognava spendere trecento euro per sentirsi dire<br />
questo? Te lo dicevo io per una birra».<br />
Mi divertivo sempre a sbeffeggiarlo.<br />
«Tu scherzi, ma ti dico che era veramente un evento<br />
importantissimo. Senti, come mi sta questo ma<strong>gli</strong>oncino?».<br />
«Bene».<br />
Non potevo dir<strong>gli</strong> altro. Se lo era provato tre volte prima di<br />
decidersi. Era tremendamente insicuro, Filippo. Soprattutto con le<br />
ragazze. Non sapeva mai come comportarsi. Aveva sempre paura di<br />
urtare la loro femminilità. Se ne stava lì, a cincischiare, fin quando<br />
queste non se ne andavano annoiate.<br />
Saliti sul treno iniziò a fissarmi silenzioso. Stava rimuginando<br />
qualcosa, lo conoscevo troppo bene. E dopo qualche minuto mi<br />
arrivò la sua voce.<br />
«Senti, per l’appartamento di Milano, volevo dirti…», e non finì la<br />
frase.<br />
«Dimmi».<br />
«Mi raccomando: l’abbiamo appena ristrutturato e poi sai che a<br />
lu<strong>gli</strong>o arriva mia sorella».<br />
«Vai tranquillo, te l’ho già detto. Mi conosci, no?».<br />
«Appunto, e so che sei disordinato».<br />
Non aveva ancora digerito i miei libri sparsi in giro. Era un<br />
maniaco della casa, voleva persino che pisciassi seduto.<br />
«E il tuo amico, Antonio si chiama?».<br />
«Sì. Stava con me nell’altra casa, è un tipo tranquillissimo, lavora<br />
tutto il giorno. C’è o non c’è, quasi non te ne accorgi. Bando alle<br />
ciance, sei pronto per la festa?».<br />
La festa si teneva all’interno di un’imbarcazione attraccata sulla<br />
Senna, a due passi da Notre Dame. Dopo dieci minuti Filippo mi<br />
aveva già abbandonato tra quelle facce sconosciute, tra quelle cravatte<br />
che mi si facevano continuamente incontro. Ogni tanto ricompariva<br />
tutto agitato per raccontarmi con chi aveva parlato o per chiedermi se<br />
mi stavo divertendo. Fortunatamente, al bancone del bar feci la<br />
conoscenza di un veneto. Era anche lui alla festa per sba<strong>gli</strong>o.<br />
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