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Dove danzano gli angeli - Stefano Emanuele Ferrari

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mi morde il collo. Ma improvvisamente si ferma, si guarda in giro<br />

allarmata.<br />

«Cosa c’è?».<br />

«Sento dei rumori».<br />

Mi volto, c’è una persona che sta scendendo le scale, ne vedo<br />

l’ombra.<br />

Emanuela si è già coperta con la giacca, quando sbuca un ometto,<br />

un indiano forse. Ha un sacchetto dell’immondizia in mano, il viso<br />

assonnato. Passandoci a fianco ci sorride, forse immaginando<br />

qualcosa dai nostri capelli scompi<strong>gli</strong>ati. Rimaniamo con le spalle al<br />

muro fino quando non esce dal portone, poi scoppiamo a ridere.<br />

«Hai visto come ci ha guardato!».<br />

«Poverino!».<br />

Saliamo le scale spintonandoci, Emanuela mi fa il verso. «Non c’è<br />

nessuno a quest’ora! Figurati!». E non appena varchiamo la porta, ci<br />

buttiamo nel letto vestiti.<br />

“Emanuela, quanto ti amo quando sei mia complice..”.<br />

]<br />

105<br />

Emanuela è chinata accanto al letto, tutta indaffarata a preparare la<br />

valigia. La guardo mentre piega con cura <strong>gli</strong> ultimi capi, ha <strong>gli</strong> occhi<br />

lucidi, cerca di evitare il mio sguardo. Non mi sembra vero che siano<br />

passati solo cinque giorni da quando è arrivata. È stata come una<br />

locomotiva che è passata sopra la mia vita a tutta velocità. Mi chiedo<br />

se anche lei sta pensando lo stesso. Intanto sbuffa, la cerniera della<br />

sacca non si chiude. To<strong>gli</strong>e i vestiti e li risistema accuratamente,<br />

continuando a non guardarmi.<br />

La malinconia ha preso il sopravvento da ieri sera, in quella<br />

pizzeria gremita di coppiette del sabato sera e comitive di amici in<br />

libera uscita. È stata Emanuela a insistere per andarci, “è l’ultima<br />

sera” ha detto, forse credendo che davanti a una candela accesa<br />

avremmo festeggiato, suggellato il nostro incontro. E invece ci siamo<br />

spenti lentamente pensando già al domani, come quelle silenziose<br />

coppiette seduteci intorno.<br />

«Ce l’abbiamo fatta» esclama chiudendo la cerniera, mi guarda e<br />

sorride velatamente. Si accende una sigaretta; c’è ancora tempo prima<br />

di andare in stazione.<br />

Nell’imperiosa bi<strong>gli</strong>etteria c’è un crocevia incessante, fami<strong>gli</strong>e con<br />

fi<strong>gli</strong> al seguito, giovani con enormi zaini in spalla, fidanzati mano nella<br />

mano, vecchi dal passo lento, ognuno con il proprio viaggio da<br />

intraprendere, ognuno con la propria storia.<br />

Davanti alla macchinetta self-service scopriamo con sorpresa che il<br />

primo treno per Roma è già pieno. Emanuela sbuffa, il treno<br />

successivo arriverà dopo mezzanotte e non ha più mezzi pubblici per<br />

tornare a casa.<br />

Poi sorride: «Almeno abbiamo ancora un po’ di tempo per stare<br />

assieme».<br />

La giornata è bella, il cielo limpido, seduti a un tavolino all’aperto<br />

ci godiamo questo sole, le giacche aperte e <strong>gli</strong> occhiali scuri.<br />

106

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