Imp. Di Guardo

strarono più lunghi del previsto e l’associazione antiracket non
riuscì a decollare. Ero deluso.
Dopo qualche tempo, però, accadde un episodio che mi fece
ricredere.
Nella giornata di ricevimento si presentò nel mio studio un
imprenditore edile. Aveva l’aria di chi ha un segreto da confidare.
Lo misi a suo agio. Gli dissi che di me si poteva fidare.
Mi guardò negli occhi e poi, sorridendo, disse: “Se non mi fossi
fidato, non sarei qui. Ho assistito alla manifestazione con il
prefetto contro il racket e il messaggio di quella sera non l’ho
dimenticato.” E prese a raccontarmi un episodio di tentata estorsione
nei suoi confronti. “O paghi cinque milioni una tantum e
cinquecentomila lire al mese fino alla chiusura del cantiere,
oppure qui ti bruciamo tutto,” gli avevano intimato due loschi
tipi. “Io vorrei resistere, non vorrei pagare, non gliela vorrei
dare vinta, ma ho paura per la mia famiglia e per l’impresa. Mi
dica cosa devo fare,” concluse sottovoce.
Lo rassicurai e lo esortai a resistere e ad avere fiducia nelle
forze dell’ordine. Lo misi in contatto con il maresciallo Moro
e avvisai il prefetto. Dopo qualche tempo, i giornali riportarono
la notizia che a Misterbianco i carabinieri avevano arrestato
due estortori, davanti ad un cantiere edile. Il processo si svolse
per direttissima e i due furono condannati.
Un pomeriggio, quell’imprenditore mi venne a trovare in comune.
Portava un fiasco di vino rosso. Me lo porse dicendomi:
“Questo vino è sincero e genuino. Lo beva alla mia salute.” E poi,
salutandomi con aria soddisfatta, aggiunse: “Ccu nn’arrisica
nn’arrusica 1 , signor sindaco. Ho corso qualche rischio, ma almeno,
quei due malviventi sono stati assicurati alla giustizia.”
La sera, a casa, assaggiai quel vino con mia moglie. Era
eccellente. “Se non si parte, non si arriva” le dissi, ripensando
a quel convegno nella scuola di via Garibaldi. Anche se era
giovato a convincere un solo imprenditore, ne era valsa la pena.
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1 Chi non risica non rosica.