Imp. Di Guardo

Queste pagine vogliono essere semplicemente una testimonianza.
Mi sono affrettato ad affastellare echi, suggestioni, persone
e avvenimenti di quel periodo, senza fare graduatorie di importanza,
con l’ansia di metterli in salvo nell’ovile dei ricordi,
ormai sul far della sera, prima che il buio della notte li avvolga
senza riparo.
Con i pochi mezzi letterari che posseggo, ho cercato di riportare
quindi, se non la storia di nove anni di vita amministrativa,
almeno le sensazioni di un uomo spesso messo di fronte a
cose più grandi di lui, alle prese con vicende imprevedibili e
umanamente coinvolgenti.
Ho cercato di far rivivere il profumo di speranza che quel
periodo emanava e che riconoscevo nell’agire affannato dei
miei valorosi Assessori, nel generoso impegno di tanti funzionari
comunali, nel fiorire incessante dei cantieri di lavoro, nel
decoro delle strade e, soprattutto, nel cenno di saluto di tanti
bambini che incrociavo per la strada.
La mia è in fondo la confessione di un uomo che ha vissuto
intensamente il suo tempo.
Da Sindaco, ho potuto incidere concretamente nella realtà
del mio paese. Era quello il ruolo che sognavo, il solo per cui
ero disposto a dare tutto di me e che ha dato un senso compiuto
al mio impegno politico.
Ho avuto la ventura di vivere, prima di questa, un’altra vita:
da contadino, assieme a mio padre ed a tanti compagni di duro
e spesso ingrato lavoro, forgiato dalla cultura di quel mondo
oramai scomparso.
Il senso del dovere, l’obbligo della serietà, l’esigenza della
praticità dell’agire, appresi da ragazzo a quella scuola – l’unica
che abbia frequentato davvero – hanno avuto un ruolo decisivo
nel mio successivo agire da uomo e da amministratore
pubblico.
In questo percorso ho avuto sempre al mio fianco il caldo
sostegno di una famiglia unita e cementata dall’affetto. Alla
mia famiglia, ed in particolare a Santa, mia moglie, alla sua
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