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Don Pino, cristiano appassionato Don Pino, cristiano appassionato

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ddon sscabini<br />

ne fanno parte sono corresponsabili della sua<br />

vita e della sua missione anche se in forma differenziata;<br />

i rapporti tra pastori e fedeli sono<br />

animati da reciproco amore e si concretano in<br />

un servizio vicendevole (n. 32, 37); i laici infine<br />

sono impegnati a condividere attivamente<br />

la missione della comunità ecclesiale per effetto<br />

del battesimo e della confermazione (n.<br />

38), ma in maniera a loro peculiare. La santità<br />

è comune, ma anche differenziata (n. 41)».<br />

Lo stile della «sintesi armonizzatrice» che ha<br />

contraddistinto l’elaborazione della LG e che<br />

ha manifestato quel “criterio di correlazione”,<br />

importante per orientare i successivi dibattiti<br />

ecclesiologici, ha evidenziato alcune sottolineature<br />

tipiche, come si diceva, della riflessione<br />

di don <strong>Pino</strong>. La ricezione del patrimonio<br />

conciliare gli ha permesso di dare il suo personale<br />

contributo ad una rilettura creativa del<br />

Concilio, che si stava realizzando nella Chiesa<br />

italiana. A mo’ di sintesi segnalo alcuni di questi<br />

accenti che hanno costituito poi alcuni<br />

snodi importanti per il dibattito teologico, e<br />

proprio per questo “pastorale”, in Italia e non<br />

solo. Tutto parte dalla sopra-descritta visione<br />

di Chiesa come il popolo di Dio in cammino,<br />

dove tutti si è corresponsabili, sebbene in<br />

forma differenziata, della sua vita e della sua<br />

missione. Ecco allora che ne derivano alcune<br />

conseguenze che dinamizzano e rimettono in<br />

gioco alcuni schemi:<br />

- la riscoperta dello Spirito Santo nella teologia<br />

e nella vita dei fedeli ha accentuato la radicazione<br />

trinitaria della Chiesa, dichiarata ed<br />

illustrata da LG in primo luogo come mistero.<br />

- dal binomio gerarchia-laicato si è passati al<br />

trinomio: comunità-carismi e ministeri-missione;<br />

- la laicità non è termine oppositivo (alla<br />

gerarchia nella fattispecie), ma va riletta all’interno<br />

di una visione più rigorosa della categoria<br />

di “popolo di Dio” e della ministerialità<br />

della chiesa, al di là però di ogni tentazione di<br />

nuove clericalizzazioni. “Laici nella Chiesa e<br />

cristiani nel mondo”, sarà un sapiente adagio<br />

al quale don <strong>Pino</strong> si atterrà nella successiva<br />

riflessione.<br />

Sono capisaldi che, come si vede, hanno costituito<br />

altrettanti sviluppi nel dibattito ecclesiologico<br />

con conseguenze decisive nel modo di<br />

costruire la comunità ecclesiale. Il contributo<br />

di don <strong>Pino</strong> qui è stato davvero fattivo. Da<br />

una parte egli è per una visione di Chiesa<br />

come evento storico nel quale intervengono<br />

elementi divini e umani e che si esprime nella<br />

forma visibile della comunità. Egli ha parlato di<br />

«ecclesiologia totale», non nel senso che la<br />

Chiesa assorbe tutto il mistero <strong>cristiano</strong>, ma<br />

nel senso che molteplici elementi, quasi a mo’<br />

di cerchi concentrici, concorrono nel pensarla<br />

correttamente. La Chiesa, dunque, è detta<br />

mistero (in relazione alla Santa Trinità), sacramento<br />

(in relazione a Gesù Cristo), comunione<br />

(in relazione al suo essere profondo), popolo<br />

di Dio e comunità (in relazione alla sua forma<br />

storica). Dall’altra parte don <strong>Pino</strong> ha insistito<br />

sulla Chiesa come un “farsi”, cioè con un<br />

risvolto esistenziale-fondamentale che ci coinvolge<br />

sempre. Nella vicenda della Chiesa è<br />

compresa anche la nostra vicenda personale.<br />

Come la Chiesa è mistero perché dono gratuito,<br />

così esiste una collaborazione degli<br />

esseri umani a questo “farsi della Chiesa”, la<br />

Chiesa si edifica in noi e noi contribuiamo ad<br />

edificarla; si tratta dell’accoglienza umile e stupefatta<br />

di quanto Dio opera. «L’accoglienza e<br />

il rendimento di grazie (eucaristia) fanno<br />

nascere la chiesa nel cuore dell’uomo e nella<br />

storia umana».<br />

Operare per le fondamentali solidarietà<br />

ecclesiali<br />

Quando nel 1985 il Sinodo speciale dei vescovi,<br />

a commemorazione dei 20 anni dalla chiusura<br />

del Concilio, privilegiò la categoria di<br />

comunione, per esprimere la realtà della<br />

Chiesa, non trovò certo impreparato don<br />

<strong>Pino</strong> che già aveva abbondantemente intuito<br />

come quella esemplificazione non indicava<br />

certo un contenitore vuoto dove tutte le<br />

polarità del dirsi della Chiesa vengono raccolte.<br />

«L‘ecclesiologia di comunione – egli sosteneva<br />

- non può essere ridotta a pure questioni<br />

organizzative o di distribuzione dei poteri:<br />

tuttavia essa comanda e illumina la corretta<br />

impostazione di aspetti nodali della vita ecclesiale».<br />

don <strong>Pino</strong> era anche al corrente del<br />

dibattito teologico intorno alla categoria di<br />

“comunione” e conosceva bene anche le<br />

motivazioni di chi adduceva non tanto la categoria<br />

di “comunione”, quanto quella di “popolo<br />

di Dio” come vero elemento originale del<br />

dettato conciliare. Non si lasciò sfuggire i<br />

contenuti migliori del dibattito intorno alla<br />

Christifideles laici, tra il 1987 e i primi anni<br />

Novanta, che rimettevano in gioco tematiche<br />

complesse come la laicità medesima, i carismi/ministeri<br />

e molto altro, e si pronunciò per<br />

una visione di Chiesa che, valorizzando la

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