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Don Pino, cristiano appassionato Don Pino, cristiano appassionato

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piantare il germe del bene che in<br />

futuro tenderà a sanare quella<br />

situazione.<br />

Se, però, da una parte il compromesso<br />

può considerarsi preteso<br />

dall’amore, dall’altra, se dimentica<br />

questo suo principio ispiratore,<br />

esso ne rappresenta la morte. In<br />

questo senso l’amore diventa<br />

quasi un principio maieutico perché<br />

non si accontenta mai della<br />

misura del bene raggiunto e insegna<br />

a spostare sempre più in il<br />

limite della realizzazione fino ad<br />

allora raggiunto. Nessuna misura è<br />

sufficiente per saziare l’amore e<br />

questo determina nella vita morale<br />

una sana inquietudine per cercarne<br />

sempre migliori e più perfette<br />

realizzazioni. In questo contesto<br />

si inserisce il rapporto tra le<br />

norme e l’amore, che rappresenta<br />

il compimento iperbolico del<br />

bene, di cui la legge è soltanto una<br />

delle possibili specificazioni e<br />

interpretazioni. Infatti il comandamento<br />

dell’amore, come<br />

l’esigenza etica delle beatitudini e<br />

della sequela, introduce un cambiamento<br />

di paradigma rispetto<br />

all’osservanza esteriore e materiale<br />

della legge. Gesù ha vinto il<br />

male in modo radicale e ha reso<br />

presente una storia nella quale<br />

realmente le ristrettezze imposte<br />

dal peccato sono in lui già distrutte.<br />

Da qui deriva, come conseguenza,<br />

che il discepolo di Gesù non ha<br />

paura di accettare il contrasto tra<br />

la storia attuale e l’ideale dell’amore,<br />

anzi nella misura in cui egli<br />

si impegna per vivere l’amore di<br />

Cristo sperimenta quanto è tragica<br />

la condizione negativa in cui si<br />

trova attualmente la storia. È vero<br />

che l’amore espande l’orizzonte<br />

del regno di Dio, ma è anche vero<br />

che esso lascia emergere quanto<br />

sia distante da questo ideale la<br />

storia presente. Del resto, nella<br />

croce di Gesù, che pure è il segno<br />

più alto del suo amore per<br />

zuccaro<br />

Il recupero della carità come cuore della vita<br />

morale del <strong>cristiano</strong> dovrebbe oggi avvenire<br />

soprattutto a partire dalla consapevolezza che<br />

è Dio che ci ama. Più che nostra, è sua la carità<br />

che si trova al centro della nostra vita<br />

l’umanità, «la drammaticità della<br />

storia è pensata fino in fondo, lo<br />

stato di abbandono del giusto in<br />

questo mondo si palesa in tutta la<br />

sua crudezza». Eppure, proprio<br />

questa certezza della vittoria di<br />

Cristo impegna il discepolo ad<br />

andare costantemente oltre una<br />

formulazione normativa dell’amore,<br />

alla ricerca di alternative sempre<br />

più valide che meglio rispondano<br />

all’iperbolico superamento<br />

della storia della colpevolezza che<br />

è stato già operato da Gesù.<br />

L’amore non si accontenta del<br />

compimento del bene secondo la<br />

legge, ma spinge più avanti il desiderio<br />

per trovare una forma sempre<br />

nuova e più rispondente alla<br />

pienezza del bene. Se il cuore<br />

della vita morale del <strong>cristiano</strong> è<br />

l’amore, come si fa a segnare il<br />

limite di sufficienza dell’amore nel<br />

concreto agire morale? Pertanto,<br />

esiste una tensione continua tra<br />

legge e carità; questo va inteso<br />

non nel senso che la carità<br />

distrugge la legge, ma nel senso<br />

che la carità impegna il discepolo<br />

di Cristo a spostare sempre più<br />

avanti il limite del bene segnato<br />

dalla legge.<br />

La carità è creativa: senza rinunciare<br />

alla verità e alla norma riesce<br />

a trovare alternative sempre<br />

migliori perché, nella storia condizionata<br />

dal peccato, il bene possa<br />

affermarsi in modo più pieno. È in<br />

questo contesto che mi pare si<br />

possa collocare anche il capitolo<br />

sulla casistica che sta uscendo<br />

dalla clandestinità cui lo aveva<br />

relegato un cattivo uso e sta trovando<br />

una giusta collocazione<br />

all’interno della teologia morale.<br />

La casistica, nel suo compito di<br />

archiviazione di modelli etici che<br />

offrono un primo riferimento<br />

nella complessità della vita, non<br />

sclerotizza la carità, la rende operativa<br />

e concreta. Anzi, è la stessa<br />

carità che deve motivare dall’interno<br />

la schematizzazione dei casi<br />

paradigmatici. Così, da una parte<br />

la carità si pone come stimolo alla<br />

casistica e, dall’altra, quest’ultima<br />

si concepisce come un servizio<br />

alla carità, senza la pretesa di<br />

esaurirla, ma nella consapevolezza<br />

di tipicizzarne le esigenze all’interno<br />

della complessità della storia.<br />

Abbiamo messo in evidenza la<br />

necessità di una serie di vie concrete<br />

attraverso cui la carità possa<br />

risultare praticabile. Prima di terminare<br />

la riflessione, comunque, è<br />

necessario riaffermare che, nonostante<br />

tutte le conquiste della giustizia,<br />

esisterà sempre<br />

un’eccedenza della carità nei confronti<br />

di ogni legge e di ogni forma<br />

di giustizia. Lo pone in evidenza<br />

Benedetto XVI quando mette in<br />

guardia dall’errata convinzione<br />

che la giustizia potrebbe fare a<br />

meno dell’amore. Anche se «c’è<br />

del vero» nell’affermazione che «i<br />

poveri […] non avrebbero bisogno<br />

di opere di carità, bensì di giustizia»,<br />

tuttavia «l’amore – caritas<br />

– sarà sempre necessario, anche<br />

nella società più giusta. Non c’è<br />

nessun ordinamento statale giusto<br />

che possa rendere superfluo il<br />

servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi<br />

dell’amore si dispone a<br />

sbarazzarsi dell’uomo in quanto<br />

uomo. Ci sarà sempre sofferenza<br />

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