DANNO ESISTENZIALE DA VACANZA ROVINATA - Studio Faccioli

esistenza" o, ancora, "il danno inerente le limitazioni alla possibilità di interagire con l’esterno,
sia inteso come rapporti umani (es. frequentazione di amici e parenti), sia come rapporto con
la realtà esterna (es. recarsi in determinati luoghi), sia come limitazione allo svolgimento di
attività (es. hobby, sport, attività culturali)" e, inoltre, la "lesione della sfera attinente le attività
realizzatrici della persona considerando la limitazione quantitativa e qualitativa subita nelle
possibilità di interagire con l’esterno" (Trib. Locri, sez. Siderno, 6/10/2000 n. 462). Definizione
quest’ultima che ben si calza alle conseguenze non patrimoniali determinate da eventi lesivi
del diritto di godere del periodo di vacanza secondo il livello delle proprie aspettative. Non si
scorgono infatti dubbi nell’annoverare, tra le “attività realizzatrici della persona” anche quelle
ricreative, o di svago, tra cui rientrano a buon diritto anche i periodi di vacanza, soprattutto alla
luce del significato catartico che gli stessi sono andati assumendo per l’individuo in questi ultimi
decenni.
Il danno esistenziale rientrerebbe quindi nella previsione dell’art. 2059 c.c., il cui limite non
opererebbe in quanto il bene “vacanza” è tutelato all’art. 2 Cost. nella ampia interpretazione di
cui oggi lo stesso gode: la vacanza sarebbe quindi una di quelle attività nella quale si svolge la
personalità dell’individuo. In favore di detta tesi depongono conclusioni simili a quelle cui è
giunta la giurisprudenza della Cassazione in materia di lavoro: si è detto infatti che il diritto alle
ferie non deve più considerarsi come semplice corrispettivo del lavoro, ma va ricondotto sotto
la protezione dell’art.2 Cost., in quanto permette di svolgere attività ricreative, di coltivare
rapporti familiari ed amicali ecc.; è quindi necessario per lo svolgersi della personalità
dell’individuo. Stesso discorso non può non valere anche per le vacanze, che peraltro
rappresentano il modo più comune nel quale il diritto alle ferie viene fruito.
Altra tesi considera invece il danno da vacanza rovinata come danno morale, ovvero come
“transeunte turbamento”, riconducendolo sempre all’art. 2059 c.c., ma ritiene in questo caso
operante il limite della previsione legislativa: tale turbamento infatti non è provvisto di alcuna
“copertura” costituzionale tale da fungere da grimaldello per superare lo sbarramento
contemplato dall’articolo in esame.
Tuttavia, il danno da vacanza rovinata, pur qualificato come danno morale, oggi è risarcibile nel
nostro ordinamento in quanto positivamente previsto, in altre parole non è necessario forzare il
limite dell’art. 2059 c.c. poiché il requisito della previsione legislativa del danno non
patrimoniale è pienamente soddisfatto dalla normativa di settore. Ci si riferisce in particolare a
due corpi normativi. Il primo è costituito dalla Convenzione di Bruxelles del 20/4/1970 relativa
ai contratti di viaggio in ambito internazionale, ratificata in Italia con legge 27/12/1997 n° 1084
e quindi ivi pienamente operante, che espressamente stabilisce la risarcibilità di “qualunque
pregiudizio” subito dal viaggiatore. Il secondo è costituita dalla direttiva 90/314/CEE, attuata in
Italia con la legge 11/1995, relativa alla vendita di pacchetti “tutto compreso” nel territorio dello
Stato. Nel 2002 tale direttiva è stata oggetto della sentenza 12/03/2002 della Corte di Giustizia
Europea che ha interpretato le disposizioni relative al risarcimento come comprensive anche
del danno da vacanza rovinata.
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