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DANNO ESISTENZIALE DA VACANZA ROVINATA - Studio Faccioli

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Moti interni dell’animo quali stress, delusione, insoddisfazione per il trattamento ricevuto,<br />

sconforto per le aspettative tradite, senso di frustrazione per dover attendere nuovamente<br />

parecchi mesi prima di potersi concedere un nuovo periodo di relax, com’è facile intuire non<br />

sono affatto semplici da provare ai fini della determinazione di una somma economica di ristoro<br />

e, abbandonando ogni teoria che considera il danno da vacanza rovinato come danno “in re<br />

ipsa”, appare necessario fare riferimento ai principi di cui all’art. 1226 c.c., ovvero al criterio di<br />

liquidazione equitativa da parte del giudice.<br />

Ma quali criteri possono essere utilizzati, seppur in via equitativa, per il calcolo di un danno di<br />

natura non patrimoniale da vacanza rovinata?<br />

Innanzi tutto, a parere di chi scrive, in debito conto da parte del giudice dovrà essere tenuta<br />

innanzi tutto la tipologia del viaggio “rovinato” del cui risarcimento si tratta. Determinati<br />

pacchetti turistici contemplano viaggi di avventura estrema, magari in zone del mondo<br />

impervie, politicamente instabili, che presentano un tasso di pericolosità (sotto tutti i punti di<br />

vista) che è presumibile considerare già conosciuta, e quindi prevista, dal vacanziere al<br />

momento dell’acquisto del pacchetto turistico.<br />

Appare infatti intuitivo che un turista con destinazione Algeria per l’attraversamento a dorso di<br />

cammello del deserto del Tenerè ha aspettative radicalmente diverse da chi prenota un<br />

soggiorno con la famiglia in un villaggio vacanze a Lignano Sabbiadoro, per cui il primo, a<br />

differenza del secondo, ben potrà e dovrà preventivamente conoscere (circostanza di cui il<br />

giudice dovrà tenere conto) la possibilità, non certo remota, di un ampio ventaglio di disservizi<br />

generato da un altrettanto alto numero di possibili inconvenienti che possono presentarsi<br />

cammin facendo (tempeste di sabbia, scarsità d’acqua, riparo in improvvisati ricoveri notturni di<br />

fortuna, disturbi alla salute, etc) senza che questi possano poi essere imputati all’organizzatore<br />

o al venditore del viaggio.<br />

Un fugace accenno deve, ma solo per completezza di questa breve trattazione, essere fatto<br />

anche al c.d. “turismo sessuale” di cui spesso e volentieri, complici i torbidi retroscena che lo<br />

stesso cela, si legge sui giornali. Detta tipologia di turismo contempla una vacanza le cui<br />

aspettative, tenuto conto delle modalità con cui le stesse prendono concreta forma una volta<br />

giunti a destinazione nella meta prefissata, afferiscono a comportamenti che, nelle migliori delle<br />

ipotesi possiamo definire immorali, quando non, nelle peggiori, decisamente illegali. Resta<br />

inteso che un contratto di acquisto di un pacchetto turistico avente ad oggetto una vacanza di<br />

tal fatta avrebbe sicuramente causa illecita in quanto, ex 1343 c.c., contraria al buon costume,<br />

circostanza quest’ultima che impedirebbe al consumatore “tradito nelle proprie aspettative”, o<br />

la cui vacanza sia stata “rovinata” da accidenti vari, di poter agire per il risarcimento del danno<br />

nei confronti del tour operator.<br />

Naturalmente, chiudendo qui la breve parentesi pocanzi aperta, molti sono i fattori che<br />

incideranno sulla valutazione equitativa del danno non patrimoniale subito dal turista deluso<br />

dalla vacanza; si pensi ad esempio all’unicità ed irripetibilità del viaggio (luna di miele), alla<br />

durata della vacanza (un disservizio di due giorni inciderà molto più pesantemente su una<br />

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