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Quaderni <strong>della</strong> Scuola <strong>della</strong> Pace – n. 9<br />

teologo americano, non qualcuno di noi che potrebbe essere legato spiritualmente<br />

a Dossetti: ”egli sembra più un profeta che uno studioso, meno un professore<br />

che un cristiano impegnato nella società e nella Chiesa”, e ancora,<br />

“per Dossetti il Concilio aveva perso una opportunità unica, alla base del fallimento,<br />

secondo lui, stava la incapacità di sottrarsi con la radicalità necessaria<br />

alle costrizioni istituzionali e alla teologia ad esse sottesa in nome del vangelo<br />

sine glossa” 6<br />

.<br />

Allora il vangelo sine glossa diventa una formula importantissima, non una asserzione<br />

fondamentalista o letteralista, bensì l’esatto contrario. Il vangelo sine<br />

glossa non significa giocare con i versetti, significa accettare fino in fondo la<br />

signoria del vangelo sulla propria vita e sulla storia e vivere lo spazio di questa<br />

signoria che è molto scomodo.<br />

Difficile dire da dove don Giuseppe riesca a trarre già in quegli anni, siamo solo<br />

nel 1966, una capacità così straordinaria di lettura e di interpretazione <strong>della</strong><br />

storia.<br />

Non si può tuttavia non ricordare a questo proposito l’importanza e l’influenza<br />

che hanno avuto su di lui la figura di papa Giovanni e l’enciclica Pacem in terris.<br />

Uno studio recente, compiuto in occasione di un convegno tenuto a 40 anni<br />

dalla proclamazione <strong>della</strong> Pacem in terris, mi ha portato a scoprire un passaggio,<br />

prima non abbastanza approfondito, sull’approccio che Roncalli ebbe nel<br />

momento <strong>della</strong> crisi di Cuba.<br />

In quell’occasione egli non cercò di stabilire chi tra URSS e Stati Uniti avesse<br />

torto o ragione, non elaborò una teologia per stabilire le occasioni giuste per<br />

fare la guerra, non è neppure entrato in una logica dell’etica, ma ha assunto le<br />

voci e le grida degli innocenti, dei bimbi, degli anziani, delle vittime e le ha presentate<br />

a Krushev e a Kennedy. Ecco la sua novità, il modo diverso di guardare<br />

la storia.<br />

Papa Giovanni esce dal vecchio sistema dei torti e delle ragioni e don Giuseppe<br />

certamente percepisce questa novità, ma la percepisce perchè era già dentro<br />

di lui; egli portava già dentro qualcosa di particolare legato ai ricordi <strong>della</strong><br />

seconda guerra mondiale, all’operare dei tedeschi e dei partigiani e la novità di<br />

Roncalli gli ha aperto certamente l’animo, gli ha dato la possibilità di dire quello<br />

che lui aveva già, quello che stava elaborando e producendo, quell’assoluta<br />

novità, sia sul piano ecclesiale che su quello teologico,quella singolarità che fa<br />

di don Giuseppe uomo delle fonti. Quelli cioè che generano un nuovo modo di<br />

pensare,una nuova sensibilità, una nuova prassi, che fanno di lui un profeta.<br />

Riprendo ad analizzare i testi in cui Dossetti manifesta con più precisione il<br />

suo pensiero sulla pace con un intervento tenuto nel 1966 ad un seminario, in<br />

6<br />

J. KOMONCHAK, Volti di fine concilio. Studi di storia e teologia sulla conclusione del Vaticano II.<br />

A cura di J. Dorè e A. Melloni, Bologna, 2000<br />

24

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