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Quaderni <strong>della</strong> Scuola <strong>della</strong> Pace – n. 9<br />

<strong>della</strong> guerra mondiale e totale” e finisce ancora don Giuseppe “queste ultime<br />

considerazioni portano a una doppia conclusione pratica. Anzitutto debbono<br />

indurre noi cattolici a non identificare mai grossolanamente la nostra posizione<br />

religiosa sull’argomento <strong>della</strong> pace come una posizione politica di qualunque<br />

parte,anche di quella verso la quale andassero le nostre inclinazioni e preferenze<br />

e in secondo luogo devono sempre più persuaderci <strong>della</strong> necessità in<br />

cui noi cattolici ci troviamo di non accontentarci di quello che abbiamo pensato<br />

fino a ieri, ma di ripensare a tutta questa materia e di approfondire la nostra<br />

coscienza di pace, quello che sinora abbiamo creduto sicuro può richiedere<br />

delle revisioni profonde sia di fronte ad un grado di drammaticità che mai nei<br />

secoli passati la guerra ha raggiunto, sia di fronte alla luce nuova che il Concilio<br />

ha proiettato in questo secolo”.<br />

Ricordatevi che il tema <strong>della</strong> revisione profonda è presente nel testo di Monte<br />

Sole. Non è senza significato che don Giuseppe faccia, scriva un’omelia per<br />

tutti uguale, perché su questo punto non si può scherzare, il Vescovo manda<br />

questa omelia perché sia letta, perché l‘Eucaristia e la pace, come dirà più avanti,<br />

qualche anno dopo, sono coestensibili e non si può celebrare<br />

l’Eucaristia e fare un’omelia che contraddice esattamente ciò che si celebra. E<br />

don Giuseppe che era attentissimo alla liturgia, sente la necessità, in questo<br />

momento particolarmente drammatico, di una parola comune di tutta la Chiesa<br />

e di una assunzione comune da parte di tutta la Chiesa di Bologna del mistero<br />

di Cristo, del mistero dell’evangelo e del mistero <strong>della</strong> storia che in quel momento<br />

aveva un nome: Vietnam.<br />

Don Giuseppe nel 1969 inizia le omelie, la lectio divina, il sabato sera, la veglia<br />

a Monteveglio per la liturgia domenicale, che viene sospesa quando Nixon<br />

viene in Italia nel ‘70 a ridosso <strong>della</strong> vicenda terribile del settembre nero,<br />

quando i palestinesi vengono annientati ad Amman, dettaglio che noi non ricordiamo,<br />

ma che è stato ben riportato nel film <strong>della</strong> mostra all’Archiginnasio.<br />

Nixon arrivò in piazza San Pietro con l’elicottero militare, aveva come interprete<br />

un generale e il generale abbracciò Paolo VI. Perché don Giuseppe decide<br />

in quel momento di interrompere la lectio divina a Monteveglio? Un gesto bellissimo<br />

e drammatico, un gesto non usuale, non consueto, molto personale<br />

che è tipico di don Giuseppe in alcuni momenti di questa vicenda. Non ne parliamo<br />

nel ‘70, ne parleremo nell’ 82 dopo il massacro dei palestinesi alla periferia<br />

di Beirut e nel ‘90-‘91 intorno alla guerra in Iraq dove don Giuseppe con<br />

tre interventi, con tre gesti diversi tra di loro, saprà rendere visibile che per lui il<br />

tema <strong>della</strong> pace non era un tema, ma il mistero stesso del vangelo e la forma<br />

stessa <strong>della</strong> Chiesa, coestensiva all’Eucaristia.<br />

Così, se questo è vero, nel momento in cui percepisce che la posizione del<br />

Vescovo di Roma è diversa dalla sua, si ferma, perché non può dire meno di<br />

quello che vorrebbe dire, ma non lo vuole dire se questo apre un conflitto con<br />

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