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La truffa dello ius soli<br />

In realtà le domande le presentano, solo che il Ministero fa una fatica boia a<br />

smaltirle, tanto che dichiara di avere ancora 112.490 domande in itinere al 31<br />

Dicembre 2010 (contando solo le domande di cittadinanza per residenza, escludendo<br />

quelle per matrimonio). Infatti basta guardare quante domande vengono “inserite” e<br />

quante vengono “definite” ogni anno dal 2003 al 2008 (per il 2009 e il 2010 non<br />

vengono forniti questi dati).<br />

2003 2004 2005 2006 2007 2008<br />

Inserite 9 149 10 841 10 240 13 232 25 261 32 026<br />

Definite 3 942 3 066 8 297 6 007 7 252 15 224<br />

Differenza - 5 207 -7 775 -1 943 -7 225 -18 009 - 16 802<br />

Tabella 4: Domande di ac<strong>qui</strong>sizione di cittadinanza italiana inserite e definite dal 2003 al 2008.<br />

Nei soli sei anni considerati, dal 2003 al 2008, le pratiche non definite cumulate<br />

sono circa 57 mila. Quindi, non soltanto analizzano le pratiche presentate negli anni<br />

precedenti ma addirittura ogni anno si accumulano nuove istanze alla coda.<br />

Sembra che il Ministero dell'Interno non riesca a smaltire le pratiche, il che<br />

evidenzia che non è la legge sulla cittadinanza ad essere sbagliata, poiché quando le<br />

pratiche vengono esaminate vengono quasi sempre accolte. Il problema è piuttosto<br />

che il Ministero non riesce ad esaminarle, presumibilmente per carenza di strutture e<br />

personale.<br />

La soluzione al problema allora non è cambiare la legge ma investire più fondi<br />

nell'amministrazione dello stato che si occupa di analizzare le istanze di cittadinanza.<br />

Già oggi l'art. 3 del DPR 362 del 1994 prevede che il Ministero dell'Interno abbia<br />

730 giorni a disposizione per decidere se concedere o meno la cittadinanza. Sono<br />

troppi? Dimezziamoli pure, 365 giorni sono più che sufficienti in uno stato civile per<br />

consentire di analizzare una pratica.<br />

Qualunque sia il termine però, ciò che importa è che lo stato si faccia carico del<br />

suo dovere e lo rispetti. Perché è facile scrivere un decreto in cui si dice che la<br />

domanda di cittadinanza deve trovare accoglimento o rifiuto entro un certo numero<br />

di giorni, mentre è più difficile stanziare i fondi affinché l'amministrazione dello stato<br />

lo rispetti. Il problema non è la legge, che già ora stabilisce un termine (per quanto<br />

molto elevato), il problema è la sua applicazione pratica. E allora se vogliamo<br />

risolvere il problema non dobbiamo cambiare la legge, dobbiamo fare funzionare<br />

quella che già c'è, senza obbligare uno straniero a dover fare un ricorso al T.A.R. (con<br />

i relativi dispendi di denaro, tempo ed energia) perché il Ministero dell'Interno non<br />

rispetta il limite di 730 giorni.<br />

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