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<strong>Mattia</strong> <strong>Butta</strong><br />

La truffa dello ius soli<br />

www.butta.<strong>org</strong><br />

© 2012 - <strong>Mattia</strong> <strong>Butta</strong><br />

versione 1.3


Per commenti e suggerimenti di errori scrivete a mattia@butta.<strong>org</strong>


Indice<br />

1. Introduzione....................................................................................................... 6<br />

2. Alcuni miti da sfatare........................................................................................ 9<br />

3. Un po' di numeri.............................................................................................. 13<br />

4. E la questione potrebbe chiudersi anche <strong>qui</strong>...............................................24<br />

5. Cittadinanza con l'oroscopo...........................................................................28<br />

6. Razzismo........................................................................................................... 36<br />

7. Quali problemi?................................................................................................39<br />

8. Solo un anno.................................................................................................... 43<br />

9. Che fine fa lo ius sanguinis?........................................................................... 47<br />

10. E allora buttati nel lago anche tu................................................................ 55<br />

11. I re<strong>qui</strong>siti......................................................................................................... 65<br />

12. Mi viene un dubbio....................................................................................... 72<br />

13. La mia proposta............................................................................................. 78<br />

Appendice – Legge 5 febbraio 1992, n.91....................................................... 82


1. Introduzione<br />

Truffa è una parola grossa, lo so. Però se uno ti vende un rasoio elettrico e dentro<br />

la scatola trovi reggigomiti ergonomico hai qualche ragione di pensare che sia una<br />

truffa.<br />

Quello a cui stiamo assistendo in questo periodo sul tema della cittadinanza è<br />

proprio questo. Si sta cercando di “vendere” una proposta di cambiamento<br />

camuffandola con mezze verità, bugie e argomentazioni demenziali. La si introduce e<br />

la si sostiene con argomentazioni illogiche che crollano alla prima verifica. Tutto<br />

questo per introdurre nell'ordinamento giuridico italiano lo ius soli, ossia il principio<br />

per cui è italiano chi nasce sul suolo italiano. Il tutto accompagnato da una drastica<br />

riduzione dei re<strong>qui</strong>siti per l'attribuzione della cittadinanza anche a chi non è nato in<br />

italia. Insomma, un passaporto italiano non lo si nega a nessuno.<br />

Le argomentazioni a sostegno di questa campagna rimangono però in superficie.<br />

Fateci caso: i sostenitori dello ius soli non propongono mai ragionamenti complessi,<br />

lanciano solo slogan. Iniziano le loro frasi con “è assurdo che...”, e a furia di ripetere<br />

“è assurdo che...” la gente si convince che ciò è veramente assurdo. È la politica<br />

basata sugli assiomi: non hai bisogno di dimostrare che la tua proposta è giusta e<br />

ragionevole, ti basta dire che è assurdo che non sia approvata. Più numerosa sarà la<br />

gente che lo ripeterà in coro e meno avrai bisogno di dare spiegazioni e di<br />

convincere qualcuno della bontà della tua riforma.<br />

Il sen. napolitano, ricevendo alcuni giovani di origine straniera che avevano<br />

ricevuto la cittadinanza italiana, il 23 novembre 2011 ha affermato che non dare la<br />

cittadinanza italiani ai figli di immigrati nati in italia “è un'autentica follia, un'assurdità” 1 .<br />

Follia, già. Basta dire che uno è matto e il problema è risolto. È matto, punto. Non<br />

devo dare spiegazioni a un matto. Si fa così quando non si è in grado di sostenere<br />

una tesi, quando non si hanno argomenti per spiegare la bontà della proposta. Se<br />

davvero lo ius soli fosse una cosa sensata ci sarebbero numerosi e plausibili motivi<br />

per sostenerlo. Basterebbe tirarli fuori e confrontarsi su di essi. Invece si preferisce<br />

risolvere il dibattito politico dando del matto a chi sostiene l'idea opposta. Manca<br />

1 http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/11/22/visualizza_new.html_15737842.html<br />

6


La truffa dello ius soli<br />

solo un “c'ho ragione io cica cica bum, e tu non sei più mio amico” e il campionario di<br />

infantilismo da scuola elementare è completo.<br />

Il confronto politico su una proposta di riforma non si fa dando del matto<br />

all'avversario. E nemmeno basando le proposte di legge su frasi che incominciano<br />

con “è assurdo che...” ripetute all'infinito per farle diventare assiomi non più<br />

contestabili. Le riforme si fanno discutendo di argomentazioni concrete, basate su<br />

motivazioni logiche e razionali.<br />

Al contrario, stiamo assistendo a una campagna a favore dello ius soli in cui<br />

vengono prodotti film e videoclip con musiche accattivanti e storie commoventi per<br />

solleticare i sentimenti; così diventa facile trovare consenso attorno a un'emozione. Si<br />

racconta la storia del povero Amir, figlio di immigrati, uguale agli altri ma diverso<br />

dagli altri nei diritti. Storie strappalacrime scelte apposta per far man bassa nella<br />

pancia emotiva degli spettatori.<br />

Non potendo sostenere lo ius soli con argomentazioni razionali si basano sul<br />

marketing pubblicitario, quello con il quale – se sei bravo a suscitare emozioni –<br />

riesci a vendere il ghiaccio agli eschimesi.<br />

Fare le leggi basandosi sulle emozioni è però molto pericoloso. Le leggi devono<br />

essere fatte a mente fredda, costruite su motivazioni razionali e senza seguire alcuna<br />

onda emotiva.<br />

In questo testo analizzeremo la tematica dello ius soli basandoci su<br />

argomentazioni concrete. Ragioneremo, guarderemo i fatti, e se diremo che una<br />

soluzione è sbagliata non diremo che è folle ma spiegheremo il motivo. Vedremo<br />

perché lo ius soli è un sistema stupido. Smonteremo uno per uno gli slogan lanciati<br />

per sostenerlo e ci renderemo conto delle palesi falsità dette a suo supporto.<br />

Analizzeremo le proposte di legge che intendono riformare in questa direzione la<br />

normativa sulla cittadinanza e capiremo le fallacie sulle quali si basano.<br />

Questo è il metodo che si usa <strong>qui</strong>: non ci basiamo sugli slogan e gli assiomi ma sui<br />

dati di fatto. Alcuni sostengono che la legge italiana sulla cittadinanza è<br />

estremamente restrittiva rispetto alla normativa degli altri paesi europei. Qui non si<br />

ripetono frasi fatte a pappagallo, ma si guardano i fatti. E allora andremo a vedere se<br />

è vero che le leggi degli altri paesi europei sono più permissive di quella italiana.<br />

Se avete voglia di ragionare e informarvi proseguite pure. Se invece siete abituati<br />

ad argomentare le vostre tesi dando del matto all'altro fermatevi <strong>qui</strong>.<br />

Una precisazione: non dovrebbe essere nemmeno necessario farla, ma so che<br />

molti non sono abituati a pensare e riflettere sulle cose che leggono se non per<br />

schieramenti. Per cui, se tu sei contro lo ius soli sei per definizione razzista. Fa niente<br />

se, nello spiegare perché sei contrario allo ius soli, poni delle motivazioni razionali e<br />

che non hanno nulla a che spartire con il razzismo. O sei a favore dello ius soli o sei<br />

razzista. Siccome so già che qualcuno mi iscriverà di diritto alla classe dei razzisti mi<br />

tocca precisare io stesso sono uno straniero. So cosa vuol dire scontrarsi con la<br />

7


1. Introduzione<br />

burocrazia ottusa dei servizi per gli stranieri, so cosa vuol dire andare in una agenzia<br />

immobiliare e sentirsi rispondere “mi spiace ma questo appartamento non lo affittiamo a<br />

stranieri”. So persino cosa vuol dire essere osservati per la strada per il fatto di essere<br />

diversi (mi è pure capitato che un bambino si mettesse a piangere nel vedermi, non<br />

aveva mai incontrato un caucasico).<br />

Nella mia vita da studente ho avuto coin<strong>qui</strong>lini da quattro continenti, dal<br />

nigeriano al vietnamita, dal boliviano al finlandese. Penso che la definizione di<br />

razzista davvero non si adatti a chi vive nella stessa casa, condividendone ovviamente<br />

anche i servizi igienici, con gente di ogni razza possibile. Quindi se volete contestare<br />

quello che leggerete in questo testo vi chiedo la cortesia di basarvi su dati concreti<br />

senza risolvere la questione con un “dici così perché sei razzista”. Perché direste una<br />

stupidaggine. Grazie.<br />

8


2. Alcuni miti da sfatare<br />

Nella campagna di promozione dello ius soli si sentono dire in continuazione frasi<br />

ad effetto, slogan ripetuti in rotazione continua come “è assurdo che un bambino nato e<br />

cresciuto in italia non possa avere la cittadinanza italiana” o “è impensabile che una persona nata<br />

in italia per avere la cittadinanza italia si debba aspettare di compiere i 18 anni solo perché è nato<br />

da genitori stranieri”.<br />

Queste frasi o sono appositamente vaghe o sono semplicemente false, e<br />

basterebbe informarsi sull'attuale legislazione per capirlo. Ma vengono ripetute come<br />

mantra per farle entrare nella testa della gente e creare facile consenso.<br />

In realtà le cose stanno in un modo molto diverso. Prendiamo la legge n.91 del 5<br />

febbraio 1992 che ora regola la cittadinanza italiana. Essa distingue due casi: nel<br />

primo si dice che è cittadino italiano chi nasce da un cittadino italiano. Il così detto<br />

ius sanguinis, ossia: è italiano il figlio di un italiano.<br />

Il secondo caso invece regola l'attribuzione della cittadinanza italiana a uno<br />

straniero. Se oggi un cittadino straniero vuole la cittadinanza italiana può ottenerla se<br />

ha vissuto almeno dieci anni in italia. Facile, ti trasferisci in italia, ci vivi per dieci anni<br />

dopodiché se non hai commesso reati e hai fatto il bravo puoi ottenere la<br />

cittadinanza italiana. Si chiama naturalizzazione, perché la legge presuppone che se<br />

vivi almeno dieci anni in italia hai assorbito la lingua, gli usi e i malcostumi del paese<br />

al punto tale da poterti sentire italiano. Ti sei naturalizzato.<br />

Attenzione però, dieci anni sono il periodo per chi non può usufruire di nessuna<br />

scappatoia. Ci sono infatti diverse categorie di stranieri che possono ottenere la<br />

cittadinanza italiana molto prima dei dieci anni. Ad esempio coloro che sono<br />

cittadini di un altro paese aderente all'Unione Europea. Essi, con la legge<br />

attualmente in vigore, possono diventare cittadini italiani dopo solo quattro anni.<br />

Stiamo parlando di 439 milioni di persone, dalla Finlandia alla Grecia, dalla Romania<br />

al Portogallo che possono trasferirsi in italia senza bisogno di particolari<br />

autorizzazioni (essendo cittadini U.E.) e che dopo quattro anni possono già fare<br />

richiesta di cittadinanza italiana.<br />

9


2. Alcuni miti da sfatare<br />

Ci sono poi altri casi numericamente meno importanti come gli apolidi che<br />

possono ottenere la cittadinanza dopo cinque anni o coloro che hanno lavorato per<br />

lo Stato (anche all'estero) per almeno cinque anni.<br />

Per la grande maggioranza dei casi si avrà a che fare con uno straniero cittadino<br />

europeo al quale sono richiesti quattro anni e un cittadino non europeo al quale sono<br />

richiesti dieci anni di residenza in italia per provare di essersi naturalizzato.<br />

Ma cosa succede quando un cittadino straniero diventa italiano per<br />

naturalizzazione? In quel momento egli è italiano, e automaticamente trasmette la<br />

cittadinanza italiana ai figli minorenni (se conviventi).<br />

Facciamo un esempio. Carlos è un cittadino peruviano; nel 1998 lascia il Perù con<br />

la moglie Ana e si trasferisce a Bergamo. Trova una casa, lavora, e nel 2005 nasce il<br />

primo figlio J<strong>org</strong>e. Nel frattempo Carlos e Ana imparano l'italiano, frequentano la<br />

parrocchia del paesino e Carlos impara persino due parole di bergamasco sentite di<br />

continuo dai colleghi sul posto di lavoro. Arriva il 2008 e sono ormai dieci anni che<br />

Carlos abita a Bergamo, così presenta domanda di cittadinanza. Carte, certificati,<br />

bolli e contro timbri e nel 2009 arriva l'agognato decreto: Carlos e Ana prestano<br />

giuramento e diventano cittadini italiani. Il piccolo J<strong>org</strong>e ha solo quattro anni, ma<br />

siccome i genitori hanno ac<strong>qui</strong>sito la cittadinanza italiana per naturalizzazione<br />

automaticamente diventa italiano. Ancora va all'asilo e probabilmente non capisce<br />

nemmeno cos'è un passaporto, però è già cittadino italiano.<br />

Un altro esempio. Christine e Juan sono due cittadini filippini e hanno un figlio,<br />

Epifanio nato nel 1995. Due anni dopo la nascita di Epifanio, il padre Juan perde il<br />

lavoro e contatta un suo amico a Milano per sapere se c'è opportunità di lavoro da<br />

quelle parti. Juan è particolarmente fortunato perché riesce a trovare un posto di<br />

lavoro: prende moglie e figlio e parte per Milano. Siamo nel 1997. Il piccolo Epifanio<br />

non è <strong>qui</strong>ndi nato in italia come J<strong>org</strong>e, è nato a Manila e in italia ci arriva all'età di<br />

due anni. Ma cresce a Milano, va all'asilo milanese, respira la salubre aria dei navigli e<br />

fa la stessa vita degli altri bambini italiani. Arriva il 2007, e sono passati ormai dieci<br />

anni da quando Juan si trasferì con la moglie e il piccolo Epifanio dalle Filippine a<br />

Milano. Così Juan presenta domanda per ottenere la cittadinanza italiana: certificati,<br />

file, bolli, fotocopie autenticate e finalmente arriva il decreto: Juan è cittadino<br />

italiano, e con lui il figlio Epifanio, che in questo caso riceve la cittadinanza italiana<br />

all'età di 12 anni.<br />

Terzo e ultimo esempio: Ghe<strong>org</strong>he è un cittadino rumeno che lascia Timisoara e<br />

si trasferisce a Torino nel 2007. Appena arrivato nella città piemontese conosce<br />

Mary, cittadina statunitense anch'ella appena arriva a Torino. Colpo di fulmine: si<br />

innamorano e decidono di sposarsi. Nel 2009 celebrano il loro matrimonio e giusto<br />

un anno dopo, nel 2010, nasce il piccolo John. Nel 2011 sono passati quattro anni da<br />

quando Ghe<strong>org</strong>he e Mary arrivarono in italia: Mary non può richiedere la<br />

cittadinanza italiana, perché ella deve vivere almeno dieci anni in italia per dimostrare<br />

10


La truffa dello ius soli<br />

di essersi naturalizzata. Ma Ghe<strong>org</strong>he è un cittadino europeo, <strong>qui</strong>ndi può già<br />

ottenerla, perché a lui bastano quattro anni di residenza in italia. Timbri, carte e<br />

certificati e nel 2012 arriva il decreto: Ghe<strong>org</strong>he è cittadino italiano, e con lui il<br />

piccolo John, che essendo nato nel 2010 ha solo due anni. Ma ha già ottenuto la<br />

cittadinanza italiana.<br />

Questi sono solo tre esempi di come un bambino nato (in italia o all'estero) da<br />

genitori stranieri, può ricevere la cittadinanza italiana ben prima del compimento dei<br />

diciotto anni di età: J<strong>org</strong>e a quattro anni, Epifanio a dodici anni e John a due anni.<br />

La frase ripetuta di continuo per cui “è impensabile che una persona nata in italia per<br />

avere la cittadinanza italia si debba aspettare di compiere i 18 anni solo perché è nato da genitori<br />

stranieri” è <strong>qui</strong>ndi una falsità. Di <strong>qui</strong> non si scappa.<br />

Ma perché la dicono? Si sono inventati la storiella di sana pianta? No, un fondo di<br />

verità c'è, solo che viene storpiato fino a far apparire le cose in modo molto diverso<br />

da quello che sono realmente.<br />

C'è infatti un'ulteriore via per ac<strong>qui</strong>sire la cittadinanza italiana. I ragazzi nati in<br />

italia e che hanno sempre vissuto in italia hanno diritto ad avere la cittadinanza<br />

italiana al compimento del diciottesimo anno di età, indipendentemente dai genitori.<br />

Esempio: il signor Suk-kyu, cittadino coreano, si trasferisce a Bologna con la moglie,<br />

e nella città emiliana nasce il piccolo Tae-gyu il quale va all'asilo, alle elementari e poi<br />

alle medie e alle superiori sempre a Bologna. Il signor Suk-kyu però non chiede la<br />

cittadinanza italiana, preferisce rimanere coreano, perché pensa che un giorno<br />

tornerà in Corea a godersi la pensione. E poi gli italiani gli stanno anche antipatici:<br />

delle volte lo chiamano muso giallo ed egli davvero non vuole avere in tasca lo stesso<br />

passaporto di quella gentaglia. Il figlio Tae-gyu però non la pensa allo stesso modo:<br />

egli è nato ed è cresciuto in a Bologna e si sente bolognese. Così raggiunta la<br />

maggiore età diventa responsabile di sé stesso e chiede la cittadinanza italiana.<br />

È vero, deve aspettare i diciotto anni per diventare italiano, ma non è certo colpa<br />

dello stato. La legge gli consentirebbe di diventare italiano molto prima, così come è<br />

successo per J<strong>org</strong>e o per Epifanio. Se il padre non ha voluto diventare italiano (e così<br />

trasferirgli la cittadinanza quando faceva le scuole medie) se la prenda col padre, non<br />

con lo stato. L'opportunità di diventare italiano c'era, se non l'hai sfruttata non è<br />

certo colpa della legge.<br />

Sono scelte che ognuno fa nella propria vita. Può decidere di prendere la<br />

cittadinanza italiana e trasferirla al figlio oppure può decidere di non prenderla e<br />

lasciare che poi il figlio scelga cosa fare della sua vita quando diventa maggiorenne.<br />

La legge ti offre entrambe le opzioni, ognuno scelga quella che più preferisce.<br />

Ma sia chiaro, quando si dice che un bambino nato in italia da genitori stranieri<br />

deve aspettare i 18 anni per ottenere la cittadinanza italiana si dice una falsità. Quella<br />

è una strada per ottenerla, ma non l'unica. Un bambino, nato in italia o all'estero da<br />

genitori stranieri può ottenere la cittadinanza italiana molto prima dei 18 anni.<br />

11


2. Alcuni miti da sfatare<br />

Gran parte della propaganda attorno al movimento per lo ius soli è basata su<br />

questa favoletta dei 18 anni che in realtà è solo una mezza verità raccontata male e,<br />

guarda caso, piena di omissioni sugli altri metodi per ottenere la cittadinanza italiana.<br />

Sfatato questo mito già crolla metà dell'impalcatura su cui il movimento per lo ius<br />

soli aveva basato le proprie argomentazioni. Ma c'è dell'altro da smontare, e vedrete<br />

che alla fine non rimane in piedi quasi niente.<br />

12


3. Un po' di numeri<br />

Nel capitolo precedente abbiamo visto che i figli di stranieri nati in italia non<br />

devono necessariamente aspettare di compiere i 18 anni d'età per ottenere la<br />

cittadinanza italiana. Possono ottenerla insieme ai genitori quando essi ottengono la<br />

cittadinanza per naturalizzazione.<br />

Ci si chiede allora quanto è facile ottenere la cittadinanza per naturalizzazione.<br />

Perché è evidente che se la legge consente questa strada ma poi nella realtà nessuno<br />

riesce a percorrerla allora rimane solo una finta opportunità.<br />

In questo caso i sostenitori dello ius soli si cimentano in giochi di prestigio<br />

numerici. Innanzitutto vediamo quanti sono gli stranieri residenti in italia: nel 2010<br />

sono stati superati i 4 milioni e mezzo di stranieri, mentre nel 2003 si era arrivati<br />

appena due milioni. Si nota <strong>qui</strong>ndi che la presenza di immigrati è fortemente salita a<br />

partire dai primi anni del 2000. Se negli anni '90 gli immigrati crescevano piuttosto<br />

lentamente ora si toccano i 350 mila stranieri in più all'anno (Figura 1).<br />

Di fronte a queste cifre i sostenitori dello ius soli pongono i dati delle ac<strong>qui</strong>sizione<br />

di cittadinanza italiana che sembrano essere irrisori. Nel 2010 ad esempio gli stranieri<br />

residenti in italia erano 4 235 059, mentre solo 65 938 sono state le persone che<br />

hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Un'inezia – dicono – perciò bisogna allargare<br />

le maglie della legge e dare la cittadinanza con più facilità, perché evidentemente la<br />

legge non funziona, visto che a fronte di oltre quattro milioni di stranieri sono meno<br />

di settanta mila coloro che riescono ad ottenere la cittadinanza italiana.<br />

In realtà dietro questi numeri c'è un trucco, e anche piuttosto maldestro. I numeri<br />

sono giusti, davvero gli immigrati nel 2010 erano circa 4,2 milioni e davvero coloro<br />

che hanno ottenuto la cittadinanza italiana erano circa 66 mila; quello che è sbagliato<br />

è comparare questi due dati.<br />

Coloro che ricevono la cittadinanza italiana oggi sono gli stranieri che sono già in<br />

italia da almeno dieci anni, anzi facciamo dodici, visto che la procedura per ottenerla,<br />

tra raccolta dei documenti, inoltro, approvazione ed emanazione del decreto richiede<br />

molto tempo. Quindi non ha il benché minimo senso comparare il totale di stranieri<br />

13


3. Un po' di numeri<br />

in italia del 2010 con coloro che ricevono la cittadinanza nel 2010. Dovrai andare a<br />

vedere gli stranieri residenti in italia dodici anni fa, ossia nel 1998, per vedere quanti<br />

di essi, nel frattempo, sono riusciti ad ottenere la cittadinanza. In altre parole, devi<br />

comparare i dati con un ritardo di dodici anni per avere un paragone sensato.<br />

Popolazione straniera residente in italia<br />

5.000.000<br />

4.500.000<br />

4.000.000<br />

3.500.000<br />

3.000.000<br />

2.500.000<br />

2.000.000<br />

1.500.000<br />

1.000.000<br />

500.000<br />

0<br />

1992<br />

1993<br />

1994<br />

1995<br />

1996<br />

1997<br />

1998<br />

Figura 1: Popolazione straniera residente in italia al 31 dicembre. Fonte: anni dal 1992 al 2006<br />

Ministero dell'Interno - “1 Rapporto sugli immigrati in italia” - Dicembre 2007; da 2007 al 2010 Istat<br />

- “La popolazione straniera residente in italia”.<br />

1999<br />

Così come non ha senso comparare il totale degli stranieri con il parziale delle<br />

cittadinanze attribuite in un solo anno. Se prendi il numero di cittadini stranieri che<br />

ottengono la cittadinanza italiana in un anno, dovrai compararlo con il numero ci<br />

cittadini stranieri giunti in italia in un anno. Quindi il numero di coloro che hanno<br />

ottenuto la cittadinanza italiana nel 2010 va paragonato agli stranieri arrivati nel 1998,<br />

non al totale degli stranieri residenti in italia nel 1998. Non puoi paragonare un<br />

flusso con un totale: lo insegnano fin dalle elementari quando parlano di mele, pere e<br />

addizioni. Il tasso annuale di cittadinanze concesse deve essere comparato col tasso<br />

annuale di nuovi cittadini stranieri residenti in italia.<br />

Facciamo <strong>qui</strong>ndi questo paragone: andiamo a calcolare di quante unità crescevano<br />

gli stranieri residenti in italia ogni anno alla fine degli anni '90.<br />

Dal 1 Gennaio 1994 al 31 Dicembre 1998 i permessi di soggiorno sono passati da<br />

649 mila a 1 milione e 91 mila, con un'incremento di 442 mila unità 2 . Ciò significa<br />

che nei cinque anni dal 1994 al 1998 i permessi di soggiorno sono aumentati di circa<br />

2 http://demo.istat.it/altridati/permessi/index.html<br />

2000<br />

2001<br />

2002<br />

2003<br />

2004<br />

2005<br />

2006<br />

2007<br />

2008<br />

2009<br />

2010<br />

14


La truffa dello ius soli<br />

88,4 mila unità all'anno, un ritmo ben lontano dai 300-350 mila all'anno con cui<br />

aumentano ora. Questi saranno coloro che dopo dieci anni avranno i re<strong>qui</strong>siti per<br />

ottenere la cittadinanza italiana.<br />

Nel fare questo calcolo abbiamo adottato una stima cautelativa; alcuni stranieri<br />

arrivati nel 1998 ad esempio potrebbero aver lasciato l'italia prima di compiere i dieci<br />

anni necessari a ottenere la cittadinanza italiana. Essi sono considerati nel computo<br />

dei “nuovi stranieri” arrivati nel 1998 anche se non avendo i re<strong>qui</strong>siti per ottenere la<br />

cittadinanza non andrebbero contati. Ma lasciamoli pure lì a ingrossare le fila,<br />

tenendo presente dunque che in realtà coloro che sono arrivati in italia nel 1998 e ci<br />

sono rimasti ininterrottamente fino al 2008 sarebbero di meno.<br />

Ora dobbiamo paragonarli a coloro che hanno ricevuto la cittadinanza italiana<br />

dopo dodici anni. Ma attenzione, bisogna contare solo coloro che hanno ottenuto la<br />

cittadinanza italiana per residenza. Nel totale dei 66 mila “nuovi italiani” del 2010<br />

sono infatti contati sia coloro che hanno ricevuto la cittadinanza per aver abitato in<br />

italia per dieci anni, sia coloro che sono diventati italiani per matrimonio. Questi<br />

ultimi possono ricevere la cittadinanza in tempi molto più brevi (due anni se vivono<br />

in italia, tre anni se vivono all'estero, art. 5 della legge 91/1992). Bisogna <strong>qui</strong>ndi<br />

considerare solo coloro che ricevono la cittadinanza per l'art. 9 della legge 91/1992,<br />

ossia coloro che maturano i re<strong>qui</strong>siti per residenza.<br />

Su questo faccio notare una dichiarazione di Andrea Sarubbi uno dei sostenitori<br />

più convinti dello ius soli, tanto da aver presentato in parlamento la proposta di legge<br />

di cui tanto si discute.<br />

Il 23 Settembre 2011 scrive un articolo sul suo blog 3 in merito ai dati appena<br />

rilasciati dall'Istat sugli stranieri residenti in italia. Nell'analizzare il numero di<br />

cittadinanze concesse agli immigrati Andrea Sarubbi scrive:<br />

Eppure, le ac<strong>qui</strong>sizioni di cittadinanza rimangono numericamente ridicole: appena<br />

65.938, in crescita rispetto al 2009 (+11,1%) ma – senza nulla togliere alle coppie<br />

miste, ci mancherebbe – sono per la maggior parte cittadinanze per matrimonio, mentre le<br />

cittadinanze per naturalizzazione sono la solita goccia nel mare.<br />

Una goccia nel mare dice. Per Sarubbi la maggior parte delle cittadinanze concesse<br />

agli stranieri sono per matrimonio. Prendiamo nota delle definizioni quantitative<br />

usate da Sarubbi: “la maggior parte” e “la solita goccia nel mare”.<br />

Numeri? No, usa solo queste definizioni, che però sono abbastanza chiare. Una<br />

goccia nel mare è una goccia nel mare, oh bella!<br />

Bene, allora andiamo a vedere i numeri per capire se davvero la maggior parte di<br />

quei 66 mila nuovi italiani ha ottenuto la cittadinanza italiana grazie al matrimonio. I<br />

3 http://www.andreasarubbi.it/?p=6644<br />

15


3. Un po' di numeri<br />

dati ci vengono forniti direttamente dal Ministero dell'Interno, che li pubblica sul<br />

proprio sito 4 . Nel 2010 gli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana con<br />

l'art. 9 (ossia per residenza) sono stati 21.630 mentre per l'art. 5 (cioè per<br />

matrimonio) solo 18.593, per un totale di 40.223. Si presume che i restanti 25.715<br />

nuovi italiani per arrivare ai 65.938 dichiarati dall'Istat hanno ricevuto la cittadinanza<br />

tramite altri articoli della legge 91/1992. Ad esempio per adozione (art. 3); sono circa<br />

4 mila bambini all'anno 5 . Poi ci sono gli stranieri nati in italia che diventano italiani<br />

una volta raggiunta la maggiore età (art. 4). Infine ci sono i figli degli stranieri che<br />

ottengono la cittadinanza italiana perché il padre la riceve per residenza. L'art. 14<br />

infatti dice che i figli minorenni di coloro che ricevono la cittadinanza italiana (ad<br />

esempio dopo dieci anni di residenza) diventano essi stessi italiani. Per cui un<br />

cittadino boliviano arriva in italia nel 1998, nel 2005 gli nasce un figlio e nel 2008,<br />

passati dieci anni, presenta domanda per diventare cittadino italiano. Al padre la<br />

cittadinanza viene concessa per art. 9 (residenza di almeno 10 anni in italia) e al figlio<br />

viene concessa per art. 14 (figlio di una persona che ac<strong>qui</strong>sta cittadinanza italiana).<br />

Sono quei bambini figli di stranieri che ricevono la cittadinanza ben prima dei 18<br />

anni e che per molti sostenitori dello ius soli non esistono.<br />

Purtroppo non vengono forniti i dati suddivisi per queste categorie. Quindi<br />

dobbiamo accontentarci di sapere che in totale i bambini stranieri adottati (art. 3),<br />

coloro che sono nati in italia e raggiungono i 18 anni (art. 4) e i figli degli stranieri<br />

che si naturalizzano (art. 14) fanno in totale 25.715 nuovi cittadini italiani nel 2010.<br />

I numeri sembrano essere plausibili. Infatti, tolte le 4 mila adozioni rimangono<br />

quasi 22 mila nuovi cittadini. Quanti saranno coloro che sono diventati italiani<br />

perché nati in italia e hanno raggiunto la maggiore età? Pochi, considerando che sono<br />

nati in italia circa 19 anni fa, ossia nel 1991 quando gli stranieri in italia erano un<br />

decimo di quelli che vi risiedono ora. Possiamo stimare che per ogni adulto che<br />

diventa italiano ci sia più o meno un figlio che diventa italiano con lui, considerando<br />

una tipica famiglia composta da due genitori e due figli. Quindi spannometricamente<br />

i conti tornano.<br />

4 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/cittadinanza/sottotema008.html<br />

5 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione per le Adozioni Internazionali - “Coppie e<br />

Bambini nelle adozioni internazionali”, 2010.<br />

http://www.commissioneadozioni.it/media/68239/prereport_adozioni2010.pdf<br />

16


La truffa dello ius soli<br />

Matrimonio Art. 5 18 593<br />

Residenza Art. 9 21 630<br />

Altro<br />

(adozione, nascita in italia e raggiungimento<br />

18 anni, figli di naturalizzati...)<br />

Artt. 3, 4, 14 25 715<br />

TOTALE 65 938<br />

Tabella 1: Cittadinanze italiane concesse nel 2010<br />

Questo per dare una panoramica numerica delle varie strade percorse dagli<br />

stranieri per ottenere la cittadinanza italiana.<br />

Ora torniamo alle dichiarazioni di Sarubbi, secondo cui delle quasi 66 mila<br />

cittadinanze concesse per la maggior parte sono cittadinanze da matrimonio. In<br />

realtà sono solo 18.593 le cittadinanze da matrimonio ossia il 28,2% del totale.<br />

Mentre le cittadinanze per naturalizzazione, che sia essa per residenza, per adozione,<br />

o che riguardi i figli degli immigrati naturalizzati, o nati in italia e divenuti<br />

maggiorenni in totale coprono il restante 71,2%. Comprendere come faccia il 28,2%<br />

ad essere la maggior parte mi risulta un po' difficile.<br />

Ma consideriamo anche solo gli adulti che diventano italiani per residenza,<br />

mettiamo da parte i loro figli per un momento. Ebbene, anche solo coloro che<br />

ricevono la cittadinanza per residenza (art. 9) sono più di coloro che la ricevono per<br />

matrimonio (art. 5), 21.630 contro 18.593.<br />

Ora, uno può anche cercare di far passare l'idea che il 71,2% del totale sia una<br />

goccia nel mare. E qualcuno probabilmente ci crederebbe anche. Dopo tutto basta<br />

che la goccia sia molto grande e il mare non troppo esteso.<br />

Ma che le cittadinanze da matrimonio siano la maggior parte proprio no. Questa è<br />

una bufala. E lo è sia se si considerano tutte le 66 mila cittadinanze citate da Sarubbi,<br />

sia se si considerano solo quelle per matrimonio e per residenza. In ogni caso le<br />

cittadinanze per matrimonio sono la parte minore, fintanto che 18.593 < 21.630 in<br />

N.<br />

E vabbe', dirà qualcuno, sarà un caso. Magari negli anni precedenti le cittadinanze<br />

per naturalizzazione erano due o tre mila e sono esplose di colpo nel 2010 e Sarubbi<br />

non se ne è accorto.<br />

Attenzione, nel suo articolo egli descrive le cittadinanze per naturalizzazione come<br />

“la solita goccia nel mare”, non una goccia nel mare, bensì la solita. Andiamo allora a<br />

vedere i numeri delle cittadinanze concesse a cittadini stranieri negli anni precedenti<br />

(Dal 2008 al 2010 6 , dal 2003 al 2008 7 )<br />

6 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/21/0808_cittadinanza_griglia<br />

_2008-2010.pdf<br />

7 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/15/0244_cittadinanza_a_ott<br />

obre_2008.pdf<br />

17


35.000<br />

30.000<br />

25.000<br />

20.000<br />

15.000<br />

10.000<br />

5.000<br />

0<br />

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010<br />

3. Un po' di numeri<br />

Matrimonio<br />

Residenza<br />

Figura 2: Cittadinanze italiane concesse per residenza e matrimonio dal 2003 al 2010. Fonte Ministero<br />

dell'Interno<br />

Vediamo che le cittadinanze concesse per residenza seguono un andamento<br />

crescente già negli anni precedenti al 2010, e che hanno superato le cittadinanze per<br />

matrimonio già nel 2009. E tutto questo senza contare le altre cittadinanze per<br />

naturalizzazione, in primo luogo i figli di questi immigrati che ricevono la<br />

cittadinanza per residenza.<br />

Contando anche solo i genitori già dal 2009 la maggior parte dei nuovi cittadini<br />

italiani non sono per matrimonio. Definire poi i nuovi cittadini per naturalizzazione<br />

una goccia nel mare è una corbelleria.<br />

E questi sono i numeri: sarebbe bello capire perché Andrea Sarubbi dica l'esatto<br />

opposto nel suo blog.<br />

Malafede? No, non ci credo. Magari dal 2009 ad oggi non ha avuto tempo di<br />

andare sul sito del Ministero dell'Interno, cliccare su Cittadinanza e successivamente<br />

su Statistiche e leggersi i dati sulle cittadinanze concesse anno per anno.<br />

Possiamo capire che non abbia avuto il tempo per documentarsi, dopo tutto tra<br />

una diretta twitter su #opencamera e un dibattito televisivo rimane ben poco tempo<br />

da dedicare allo studio. Resta però aperta una questione: una persona che non si<br />

documenta nemmeno su questi numeri basilari nel tema della cittadinanza è davvero<br />

titolato a parlare da esperto in materia? Davvero è opportuno che la legge sulla<br />

cittadinanza venga scritta da un parlamentare che non sa nemmeno quante sono le<br />

cittadinanze concesse per naturalizzazione? Pensiamoci.<br />

Nel frattempo torniamo al problema che ci siamo posti all'inizio: le cittadinanze<br />

per naturalizzazione sono tante o poche rispetto agli immigrati?<br />

18


La truffa dello ius soli<br />

Bene, abbiamo visto che nel <strong>qui</strong>nquennio 1994-1998 i permessi di soggiorno<br />

crescevano ad un ritmo di circa 88,4 mila all'anno. Ora andiamo a paragonare questi<br />

dati con le cittadinanze italiane concesse passati dodici anni, ossia nel <strong>qui</strong>nquennio<br />

2006-2010 (Tabella 2).<br />

2006 2007 2008 2009 2010 Totale<br />

5 615 6 857 14 534 22 962 21 630 71 598<br />

Tabella 2: Cittadinanze italiane concesse per residenza dal 2006 al 2010<br />

Nel <strong>qui</strong>nquennio 2006-2010 sono state concesse 71 598 cittadinanze italiane per<br />

residenza, che corrispondono a una media di 14, 3 mila all'anno.<br />

Perciò, a fronte di un flusso medio di 88,4 mila permessi di soggiorno in più<br />

all'anno abbiamo, dopo dodici anni un flusso medio di 14,3 mila persone che<br />

ac<strong>qui</strong>siscono la cittadinanza italiana per residenza. Possiamo <strong>qui</strong>ndi dire che le<br />

persone straniere che ricevono la cittadinanza dopo aver vissuto per dieci anni<br />

consecutivi in italia sono il 16%.<br />

[Teniamo presente che nel computo degli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza per<br />

naturalizzazione ci sono anche coloro che hanno dovuto aspettare meno di dieci anni per<br />

poter presentare domanda, come i cittadini di uno stato membro della Unione Europea, per i<br />

quali bastano quattro anni di residenza continuativa in italia; tuttavia non sono<br />

numericamente molto rilevanti (nel 2010 hanno ottenuto la cittadinanza giusto 1.359 rumeni e<br />

317 polacchi su un totale di 21.630 naturalizzazioni per residenza). Spannometricamente li<br />

compensiamo con coloro che sono arrivati dodici anni prima ma che poi hanno lasciato l'italia<br />

prima di maturare i re<strong>qui</strong>siti per chiedere la cittadinanza.]<br />

Poi possiamo discutere se il 16% di immigrati che ricevono la cittadinanza per<br />

residenza è tanto o poco, ma di sicuro siamo ben lontani da quei numeri sparati<br />

senza senso, come quando si paragonano 65 mila cittadinanze con 4 milioni e mezzo<br />

di stranieri. C'è un ordine di grandezza di differenza.<br />

Ci sarebbe da fare un commento sul fatto che le cittadinanze concesse (65.938 nel<br />

2010) siano state definite da Sarubbi “numericamente ridicole”. Ora, non so cosa intenda<br />

Sarubbi per numericamente ridicolo; non esiste – a quanto mi risulta – una scala di<br />

ridicolosità su cui misurare in modo univoco se sono ridicole o meno. Ognuno è poi<br />

libero di definire numericamente ridicolo quello che vuole. Però, il dubbio che<br />

vengano considerate numericamente ridicole per l'insensato accostamento “66 mila<br />

cittadinanze concesse vs. 4 milioni e mezzo di stranieri” viene.<br />

E allora usiamo lo stesso criterio: paragoniamo il numero di cittadinanze concesse<br />

con il numero di immigrati residenti in altri paesi come la Germania, che viene<br />

descritta come luminoso esempio da imitare nelle politiche di immigrazione e<br />

integrazione: nel 2010 gli stranieri erano quasi 7,2 milioni e coloro che hanno<br />

19


3. Un po' di numeri<br />

ricevuto la cittadinanza per naturalizzazione 101,6 mila 8 . Fatte le proporzioni siamo<br />

sugli stessi livelli.<br />

Quelle 66 mila cittadinanze per naturalizzazione in l'italia non sono assolutamente<br />

numericamente ridicole (a meno che non si considerino ridicole anche le 101,6 mila<br />

cittadinanze per naturalizzazione tedesche). Certo che se uno si aspetta di trovarsi un<br />

milione di nuove cittadinanze rilasciate per naturalizzazione ogni anno ovvio che poi<br />

le considerare numericamente ridicole.<br />

Ora, torniamo invece al criterio corretto con cui bisogna valutare il tasso di<br />

naturalizzazione, ossia riferendoci al flusso di stranieri in entrata dodici anni prima.<br />

Abbiamo detto che a spanne un 16% di essi dopo dodici anni riceve la cittadinanza<br />

italiana. Qualcuno ora potrebbe chiedersi che fine ha fatto il restante 84% di stranieri<br />

arrivati nel 1998 e che nel frattempo non ha ricevuto la cittadinanza italiana. Viene<br />

istintivo pensare a un Ministero dell'Interno implacabile che boccia l'80% e passa<br />

delle domande di naturalizzazione presentate. In realtà la situazione è ben diversa, e<br />

lo possiamo vedere dai dati che ci fornisce lo stesso Ministero dell'Interno 9 .<br />

Nel 2010 sono state approvate 21.630 domande di cittadinanza per<br />

naturalizzazione, a fronte di sole 1.166 domande respinte. Ci sono poi le istanze<br />

inammissibili, che sono state 720 10 .<br />

E lo stesso trend si può osservare negli anni precedenti 11 ; già dal 2006 la<br />

percentuale di domande inammissibili o respinte è molto piccola.<br />

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010<br />

Accolte 2 124 1 948 7 412 5 615 6 857 14 534 22 962 21 630<br />

Respinte 1 801 1 056 829 243 63 305 427 1 166<br />

Inammissibili 17 62 56 149 332 385 485 720<br />

Tabella 3: Domande di ac<strong>qui</strong>sizione di cittadinanza italiana per residenza accolte, respinte e inammissibili dal<br />

2003 al 2010.<br />

Le domande analizzate dal Ministero dunque sono quasi sempre accolte. E allora<br />

dove sta l'inghippo? Forse che gli stranieri non presentano domanda di cittadinanza<br />

benché ne abbiano i re<strong>qui</strong>siti?<br />

8 http://www.destatis.de/jetspeed/portal/cms/Sites/destatis/Internet/EN/Content/Statistics/Bevoe<br />

lkerung/MigrationIntegration/Eingebuergerte/Tabellen/Content75/EinbuergerungenEinbuerger<br />

ungsquote,templateId=renderPrint.psml<br />

9 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/cittadinanza/sottotema008.html<br />

10 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/21/0149_Power_point_cittad<br />

inanza.ppt<br />

11 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/15/0244_cittadinanza_a_ott<br />

obre_2008.pdf<br />

20


La truffa dello ius soli<br />

In realtà le domande le presentano, solo che il Ministero fa una fatica boia a<br />

smaltirle, tanto che dichiara di avere ancora 112.490 domande in itinere al 31<br />

Dicembre 2010 (contando solo le domande di cittadinanza per residenza, escludendo<br />

quelle per matrimonio). Infatti basta guardare quante domande vengono “inserite” e<br />

quante vengono “definite” ogni anno dal 2003 al 2008 (per il 2009 e il 2010 non<br />

vengono forniti questi dati).<br />

2003 2004 2005 2006 2007 2008<br />

Inserite 9 149 10 841 10 240 13 232 25 261 32 026<br />

Definite 3 942 3 066 8 297 6 007 7 252 15 224<br />

Differenza - 5 207 -7 775 -1 943 -7 225 -18 009 - 16 802<br />

Tabella 4: Domande di ac<strong>qui</strong>sizione di cittadinanza italiana inserite e definite dal 2003 al 2008.<br />

Nei soli sei anni considerati, dal 2003 al 2008, le pratiche non definite cumulate<br />

sono circa 57 mila. Quindi, non soltanto analizzano le pratiche presentate negli anni<br />

precedenti ma addirittura ogni anno si accumulano nuove istanze alla coda.<br />

Sembra che il Ministero dell'Interno non riesca a smaltire le pratiche, il che<br />

evidenzia che non è la legge sulla cittadinanza ad essere sbagliata, poiché quando le<br />

pratiche vengono esaminate vengono quasi sempre accolte. Il problema è piuttosto<br />

che il Ministero non riesce ad esaminarle, presumibilmente per carenza di strutture e<br />

personale.<br />

La soluzione al problema allora non è cambiare la legge ma investire più fondi<br />

nell'amministrazione dello stato che si occupa di analizzare le istanze di cittadinanza.<br />

Già oggi l'art. 3 del DPR 362 del 1994 prevede che il Ministero dell'Interno abbia<br />

730 giorni a disposizione per decidere se concedere o meno la cittadinanza. Sono<br />

troppi? Dimezziamoli pure, 365 giorni sono più che sufficienti in uno stato civile per<br />

consentire di analizzare una pratica.<br />

Qualunque sia il termine però, ciò che importa è che lo stato si faccia carico del<br />

suo dovere e lo rispetti. Perché è facile scrivere un decreto in cui si dice che la<br />

domanda di cittadinanza deve trovare accoglimento o rifiuto entro un certo numero<br />

di giorni, mentre è più difficile stanziare i fondi affinché l'amministrazione dello stato<br />

lo rispetti. Il problema non è la legge, che già ora stabilisce un termine (per quanto<br />

molto elevato), il problema è la sua applicazione pratica. E allora se vogliamo<br />

risolvere il problema non dobbiamo cambiare la legge, dobbiamo fare funzionare<br />

quella che già c'è, senza obbligare uno straniero a dover fare un ricorso al T.A.R. (con<br />

i relativi dispendi di denaro, tempo ed energia) perché il Ministero dell'Interno non<br />

rispetta il limite di 730 giorni.<br />

21


3. Un po' di numeri<br />

Infine completano il quadro coloro che la domanda di cittadinanza non la<br />

presentano proprio. E questo per i più disparati motivi: ci sono gli stranieri che<br />

sposano un cittadino italiano ma non vogliono la cittadinanza italiana poiché<br />

perderebbero la loro cittadinanza originaria. Altri semplicemente non sono<br />

interessati alla cittadinanza italiana perché pianificano di tornare al loro paese da<br />

anziani. Queste persone hanno come scopo quello di completare la propria vita<br />

lavorativa in italia, maturare la pensione e poi tornare al proprio paese. Secondo i<br />

sostenitori dello ius soli queste persone non esistono, perché dànno per scontato che<br />

tutti vogliano rimanere per sempre in italia, e lo dicono osservando che i flussi di<br />

stranieri in uscita sono bassi. Anche <strong>qui</strong>, è un paragone che non ha senso perché<br />

non ha senso cercare di descrivere un fenomeno che accadrà in futuro coi flussi di<br />

abbandono dell'italia di oggi. Stiamo parlando di un fenomeno recente: una gran<br />

fetta di stranieri è arrivata negli ultimi dieci anni. Per poter vedere questi stranieri<br />

tornare nei loro paesi bisogna aspettare che maturino la pensione; ma questo accadrà<br />

solo tra lustri. È un fenomeno con costanti di tempo molto lunghe, per cui non ha<br />

senso cercare di quantificarlo osservando il numero di stranieri che abbandonano<br />

l'italia in questo momento come fanno i sostenitori dello ius soli.<br />

Tolti coloro che non presentano domanda per ottenere la cittadinanza italiana<br />

rimangono coloro che la domanda non la presentano perché non ne hanno i<br />

re<strong>qui</strong>siti. Ci sono coloro che non hanno i re<strong>qui</strong>siti per reddito insufficiente o per<br />

precedenti penali. E <strong>qui</strong> non è che si possa discutere molto (anche se a dire il vero<br />

sembra assurdo che si chieda l'assenza di precedenti penali per diventare italiano:<br />

cosa rende più italiano che un po' di propensione al reato? Un precedente penale<br />

dovrebbe essere punto di merito piuttosto che causa ostativa per ottenere la<br />

cittadinanza italiana).<br />

Per molti il problema riguarda il re<strong>qui</strong>sito della residenza. Il caso più comune è<br />

quello di coloro che non vantano i dieci anni di residenza continuativi a causa di<br />

disguidi burocratici. Delle volte si dimenticano di fare il cambio di residenza quando<br />

traslocano in un altro Comune, così che dal Comune di origine vengano cancellati<br />

per irreperibilità. In questo caso però non possono reclamare niente: se vai in un<br />

paese devi informarti sui doveri che la legge ti impone, e se non ottemperi al dovere<br />

di comunicare al Comune dove abiti poi non puoi lagnarti se quando rivendichi un<br />

diritto (di cittadinanza) lo stato ti fa presente che non puoi ottenerlo perché non hai<br />

rispettato un tuo dovere.<br />

Altre volte invece è tutta colpa dello stato: capita infatti che nel trasferirsi da un<br />

Comune all'altro i topi si mangino le pratiche così che lo straniero venga tolto<br />

dall'anagrafe della popolazione residente nel primo Comune ma non venga iscritto<br />

nel secondo Comune.<br />

In altri casi invece i Comuni cancellavano dall'anagrafe gli stranieri che al posto di<br />

presentare il permesso di soggiorno rinnovato presentavano la ricevuta che veniva<br />

22


La truffa dello ius soli<br />

loro rilasciata quando facevano domanda di rinnovo. Di certo non era colpa degli<br />

stranieri se lo stato ci mette un anno a rinnovare il permesso di soggiorno. Eppure<br />

molti Comuni non accettavano le ricevute di presentazione della domanda di rinnovo<br />

cancellando gli stranieri dall'anagrafe. Questo problema è stato risolto quando, nel<br />

2006, una circolare del Ministero dell'Interno 12 ha stabilito che anche la ricevuta era<br />

sufficiente per l'iscrizione all'anagrafe in quanto i diritti dello straniero cessano solo<br />

nel momento in cui il permesso di soggiorno non è rinnovato o viene revocato,<br />

mentre durante l'attesa del rinnovo continua a godere di tutti i diritti. Quindi ora la<br />

ricevuta della richiesta di rinnovo basta; nel frattempo però tanti stranieri negli anni<br />

precedenti sono stati cancellati dall'anagrafe risultando così non più residenti. A quel<br />

punto si interrompe, anche se solo burocraticamente, la continuità di residenza, e<br />

riparte da capo il conteggio dei 10 anni di residenza continuativa. Questo inghippo,<br />

ora risolto, continuerà ad avere effetti nel futuro ancora per qualche anno.<br />

In tutti questi casi però il problema non è la legge sulla cittadinanza, bensì la sua<br />

applicazione. Si vogliono risolvere queste assurdità burocratiche? Sono il primo a<br />

metterci la firma. Basta fare una legge per cui il re<strong>qui</strong>sito di 10 anni di residenza si<br />

intende dimostrabile non solo tramite registrazione anagrafica in Comune ma anche<br />

con altri elementi, come un contratto di lavoro, senza lasciare alcun dubbio<br />

interpretativo. Così che lo straniero non debba fare ricorsi – che poi perde – in<br />

quanto gli viene negata la cittadinanza a causa dei topi che si sono mangiati la pratica<br />

mentre viaggiava da un Comune all'altro. O si può approvare una legge secondo cui<br />

se la registrazione anagrafica si è interrotta a causa dello stato e non per colpa dello<br />

straniero questo non interrompe la continuità della residenza.<br />

Si può fare, e si risolvono i problemi di applicazione della legge senza abbassare<br />

necessariamente gli anni di residenza necessari per ottenere la cittadinanza italiana.<br />

12 http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/servizi/legislazione/_circolari/dip<br />

_affari_interni/circolare_n._42_del_17_novembre_2006.html<br />

23


4. E la questione potrebbe chiudersi anche <strong>qui</strong><br />

Siccome non possono ragionare sulla sensatezza di una legge (non avrebbero<br />

strumenti per farlo) i promotori dello ius soli propongono riflessioni sugli svantaggi<br />

che uno straniero ha nel vivere in italia. Spiegano cioè quali sono i problemi che uno<br />

straniero deve affrontare in quanto tale in modo da convincere l'opinione pubblica<br />

della necessita di una via d'accesso semplificata alla cittadinanza.<br />

In effetti vivere in un paese straniero non è sempre semplice. Lo possono intuire<br />

tutti quelli che vedono quotidianamente le lunghe code di stranieri davanti alle<br />

questure per un timbro. Lo capiscono un po' meglio coloro che parlano con gli<br />

stranieri che ti raccontano di impiegati delle questure maleducati, strafottenti e<br />

irrispettosi della persona che hanno davanti allo sportello solo perché è straniera<br />

(quante storie mi sono state riferite!). Lo comprendono in pieno coloro che, come<br />

me, sono stranieri. Ho fatto anche io le code all'alba davanti all'ufficio della polizia<br />

per stranieri, facendo a botte per poter entrare all'apertura delle porte solo per<br />

cambiare un indirizzo sul “permesso di soggiorno”. Sono passato anch'io in quei<br />

corridoi tra mafiosetti ucraini che spacciavano i bigliettini per la coda e poliziotti che<br />

urlavano con la mascella in fuori e il petto gonfiato a stranieri appena arrivati che<br />

non capivano nulla di quelle strane parole. Mi sono trovato anche io davanti a<br />

impiegati che quando chiedi “mi scusi, non capisco, può parlare inglese?” nemmeno ti<br />

ascoltano e continuano come se tu non avessi detto nulla.<br />

Ma non per questo ho preteso la cittadinanza del paese che mi ospitava. Quando<br />

mi sono trovato davanti il senatore della mia città (e ministro degli esteri) Karel<br />

Schwarzenberg gli ho chiesto cosa potesse fare il governo per fornire dei servizi<br />

dignitosi agli stranieri (per la cronaca, alzò le spalle e disse che, vabbe', i servizi per gli<br />

immigrati sono così in tutto il mondo, di che mi lamentavo? Non so se poteva<br />

rispondermi in un modo più demenziale).<br />

C'è un problema, è vero: i servizi che lo stato offre ai cittadini stranieri sono<br />

indegni di un paese civile. Uno straniero vive la condizione di umiliazione tra la coda<br />

infinita davanti alla questura e l'impiegato strafottente allo sportello. Il rinnovo di un<br />

24


La truffa dello ius soli<br />

permesso di soggiorno può chiedere tempi lunghissimi (la media è di circa 10 mesi 13 )<br />

anche se la legge prescrive che debba essere rinnovato entro venti giorni (art. 5,<br />

comma 9, del decreto legislativo n. 286 del 1998). Le domande stesse per la richiesta<br />

di cittadinanza procedono con tempi biblici e tra mille ostacoli burocratici.<br />

Quindi, dicono i promotori dello ius soli, è meglio dare la cittadinanza facile. Così<br />

diventano tutti italiani e la coda alla questura non la devono più fare.<br />

Questo è un modo tipicamente italiano di risolvere i problemi: nasconderli sotto il<br />

tappeto. Non ci sono posti sufficienti nelle carceri per ospitare tutti i condannati alla<br />

reclusione? Vivono in condizioni disumane? Non si risolve il problema costruendo<br />

nuove carceri e rendendo le condizioni di vita dentro ad esse dignitose. Troppa<br />

fatica. Ogni tanto si aprono le porte delle prigioni e si fa uscire un po' di gente.<br />

Problema risolto in due minuti netti.<br />

Gli studenti sono asini e hanno troppe insufficienze? Si inventa il concetto di “6<br />

rosso”: sarebbe un'insufficienza però facciamo finta che sia un sei altrimenti<br />

dovremmo bocciare troppa gente.<br />

Per i servizi agli stranieri funziona nello stesso modo: lo stato non è in grado di<br />

fornire servizi efficienti, rapidi e dignitosi agli stranieri? Non si migliorano i servizi<br />

per gli stranieri, si risolve il problema eliminando gli stranieri (nel senso che li si<br />

rende non più stranieri dando loro la cittadinanza italiana, mica che li si accoppa).<br />

Io invece penso che se il problema è la lunghissima coda fuori dalla questura la<br />

soluzione è ampliare gli orari di apertura degli uffici. Se il problema è l'impiegato allo<br />

sportello che tratta lo straniero come pezza da piedi la soluzione è licenziare<br />

quell'impiegato e assumere persone opportunamente addestrate al rispetto delle<br />

persone, e che magari sappiano parlare diverse lingue straniere in modo che anche<br />

coloro che sono appena arrivati siano agevolati nello svolgere le pratiche. Se il<br />

problema è che il permesso di soggiorno ci mette un anno per essere rinnovato la<br />

soluzione è spendere due euro per assumere nuovo personale per smaltire la pila di<br />

pratiche arretrate. Se il problema è che gli uffici delle questure non funzionano<br />

perché manca la carta per le fotocopie la soluzione è … comprare la carta delle<br />

fotocopie. Niente di più logico.<br />

Certo, è molto più semplice fare come propongono i sostenitori dello ius soli. Dai<br />

la cittadinanza a chiunque passa per strada e in un due secondi ti sei liberato del<br />

problema. Non devi fare la fatica di assumere nuovo personale, non devi prenderti la<br />

premura di mettere allo sportello gente che parla lingue straniere, non devi investire<br />

denaro per carta e fotocopiatrici. Ovvio che è più semplice. Ma non è la soluzione<br />

del problema, bensì la certificazione di una sconfitta. Significa ammettere che non si<br />

è stati capaci nemmeno di allestire dei servizi decenti per dei cittadini stranieri.<br />

13 http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2010/01/immigrazione-permessirinnovo.shtml<br />

25


4. E la questione potrebbe chiudersi anche <strong>qui</strong><br />

Qualcuno dice che uno Stato, così come un qualsiasi altro gruppo di persone,<br />

debba puntare in alto se vuole progredire. Se c'è un ideale da portare avanti, questo è<br />

l'idea che uno Stato debba essere in grado di fornire servizi efficienti e dignitosi per<br />

gli stranieri. L'idea che in uno Stato debba essere normale ottenere il rinnovo del<br />

permesso di soggiorno in due settimane o ricevere la cittadinanza, in presenza di tutti<br />

i presupposti, in tre mesi. L'obiettivo che uno Stato si deve porre è quello di<br />

funzionare bene, affinché nessuno senta il bisogno di doversi inventare questa storia<br />

della cittadinanza facile per evitare una coda in Questura.<br />

I sostenitori dello ius soli parlano di un ideale, ma hanno scelto quello sbagliato.<br />

Essi pensano che si deve puntare a uno Stato in cui si diventa facilmente cittadini per<br />

non tribolare. Io invece penso che si deve puntare a uno Stato in cui si possa vivere<br />

bene anche da stranieri.<br />

E che l'ambizione dei sostenitori dello ius soli sia sbagliata lo si vede proprio da<br />

questo punto. Lo Stato ha il dovere di fare tutto ciò che è in suo potere per<br />

consentire a uno straniero di vivere bene. Non deve dirgli “se vuoi risolvere i tuoi<br />

problemi fatti la cittadinanza italiana”, deve consentirgli di rimanere straniero se lo vuole.<br />

La vittoria dello Stato sarà quando un cittadino straniero non sentirà l'esigenza di<br />

domandare la cittadinanza italiana, perché significherà che allora lo Stato sarà stato in<br />

grado di fornire servizi a livello da paese civile.<br />

Di solito si dà per scontato che tutti gli stranieri vogliano la cittadinanza italiana.<br />

Non è sempre così, e questo per i più svariati motivi. Ci sono persone che vivono in<br />

italia perché hanno deciso di passarvi un periodo più o meno lungo, ad esempio per<br />

lavoro. Essi non vogliono la cittadinanza italiana perché poi già sanno che<br />

ritorneranno al loro paese. Però nel frattempo devono fare la fila alla Questura e<br />

sottostare a tutte le farraginose e inefficienti procedure riservate agli stranieri.<br />

Un'altra categoria è quella di coloro che sposano una persona italiana. Facciamo<br />

un esempio: una donna giapponese sposa un uomo italiano. Ella ha diritto di vivere<br />

in italia perché deve vivere col marito, ma non vuole la cittadinanza italiana. La legge<br />

giapponese infatti prevede che se ac<strong>qui</strong>sisce un'altra cittadinanza deve rinunciare a<br />

quella giapponese, ed ella proprio non vuole perdere il passaporto giapponese. Vive<br />

in italia, ma non si sente italiana, e non la si può biasimare. Non è certo un suo<br />

dovere sentirsi italiana: vive in italia perché ama il marito non necessariamente perché<br />

ama l'italia. Non la si può certo obbligare a integrarsi e diventare italiana. Eppure<br />

anch'ella dovrà rivolgersi alla questura, fare file e ottenere periodici timbri.<br />

Anche assumendo che venga data la cittadinanza a tutti gli stranieri che ne fanno<br />

richiesta rimarranno sempre queste due categorie di persone che vivono in italia ma<br />

che non vogliono la cittadinanza italiana. E lo Stato ha il dovere di offrire loro servizi<br />

efficienti e dignitosi.<br />

Il problema dell'efficienza dello Stato verso gli stranieri è un problema che deve<br />

comunque essere risolto, a prescindere da qualsiasi discorso sulla cittadinanza facile.<br />

26


La truffa dello ius soli<br />

Proporre, come fanno queste persone, di risolvere il problema stampando<br />

passaporti italiani da distribuire un tanto al kg oltre ad essere l'ammissione di un<br />

fallimento ha l'effetto di far credere che il problema sia scomparso, mentre ci<br />

saranno sempre cittadini stranieri che dovranno scontrarsi con la burocrazia italiana.<br />

Anche per questo la vera soluzione al problema non è regalare passaporti, ma<br />

investire e migliorare i servizi agli stranieri, affinché chiunque si senta a suo agio in<br />

italia già da straniero.<br />

E a quel punto non sarebbe nemmeno necessario proseguire il discorso. Nel<br />

momento in cui lo Stato riesce a fare in modo che uno straniero possa vivere senza<br />

problemi in italia da straniero la questione della cittadinanza potrebbe chiudersi<br />

anche <strong>qui</strong>. Problema risolto.<br />

Non serve nemmeno una legge nuova, basta quella che c'è già. Si tratta solo di<br />

applicarla, e basterebbero direttive e stanziamenti opportuni da parte del Governo. E<br />

la volontà di farlo ovviamente.<br />

27


5. Cittadinanza con l'oroscopo<br />

Nel capitolo precedente abbiamo visto come in realtà non sia necessario riformare<br />

l'intera legge sulla cittadinanza per risolvere i problemi, veri, dei cittadini stranieri e<br />

gli ostacoli nel percorso per ottenere la cittadinanza.<br />

Tuttavia i sostenitori dello ius soli hanno scelto la strada opposta, propongono<br />

cioè di stravolgere la legge per rendere molto più semplice l'ac<strong>qui</strong>sizione della<br />

cittadinanza italiana da parte di stranieri.<br />

Vediamo allora di analizzare queste proposte e di capire perché sono fallaci. Alla<br />

Camera dei deputati è stata presentata il 30 Luglio 2009 una proposta di legge<br />

(n.2670) da Andrea Sarubbi e Fabio Granata, mentre una vasta rete di associazioni,<br />

dall'ARCI alle ACLI e alla CGIL con il sostegno di noti periodici come Famiglia<br />

Cristiana hanno lanciato la campagna l'Italia sono anch'io che consiste nella raccolta di<br />

firme per una proposta di legge di iniziativa popolare da presentare al parlamento.<br />

Entrambe le proposte di legge vanno nella direzione dello ius soli, ossia nel<br />

principio per cui chi nasce in italia riceve automaticamente la cittadinanza italiana. Le<br />

condizioni che però pongono queste due proposte di legge sono leggermente<br />

differenti. Nel caso della proposta di legge Sarubbi-Granata riceve la cittadinanza<br />

italiana alla nascita colui che nasce in italia quando almeno un genitore vive in italia<br />

legalmente da cinque anni, mentre la proposta di legge di iniziativa popolare abbassa<br />

questo termina a un anno. Ciò significa che uno straniero arriva in italia, dopo un<br />

anno nasce suo figlio ed il piccolo è già italiano.<br />

Prima di analizzare i motivi per cui questo meccanismo è illogico chiediamoci se<br />

davvero lo ius soli è una soluzione al problema che viene evidenziato. I promotori<br />

dello ius soli dipingono una situazione che è molto comune in tanti paesi d'italia:<br />

basta entrare in una scuola e si trovano bambini o ragazzi figli di stranieri che sono<br />

nati in italia, sono cresciuti in italia, studiano in italia... Sono in tutto simili ai loro<br />

coetanei figli di italiani, parlano la stessa lingua, giocano assieme a pallone sullo<br />

stesso campo e hanno gli stessi interessi. Delle volte non sanno nemmeno nulla del<br />

paese d'origine dei genitori. Però non hanno la cittadinanza italiana, benché siano nei<br />

28


La truffa dello ius soli<br />

fatti italiani come i loro amici figli di italiani. Perciò, dicono, bisogna introdurre lo ius<br />

soli: chi nasce in italia è italiano.<br />

Sì, ma fermi un attimo. Facciamo un passo indietro: cosa abbiamo detto prima?<br />

Abbiamo detto che questi bambini e ragazzi sono italiani di fatto perché hanno<br />

vissuto in italia. Ciò che li rende italiani è stato l'andare a scuola in italia, il<br />

frequentare coetanei italiani, giocare sullo stesso campo di pallone e parlare la stessa<br />

lingua. Il loro essere italiani deriva <strong>qui</strong>ndi da un processo di assorbimento della<br />

lingua, della cultura, degli usi e malcostumi italiani che si sviluppa nella loro infanzia<br />

e adolescenza. Ma questo cosa c'entra con il luogo dove si è nati? Nulla.<br />

Un bambino può assorbire lingua, cultura, usi e malcostumi italiani se cresce in<br />

italia, indifferentemente dal luogo in cui è nato.<br />

Facciamo un esempio. J<strong>org</strong>e e Tomas sono due fratelli, figli di genitori messicani.<br />

J<strong>org</strong>e nasce in Messico nel 2005; l'anno successivo i genitori decidono di trasferirsi a<br />

Firenze, così J<strong>org</strong>e arriva in italia all'età di un anno, quando ancora non parla e si<br />

regge a malapena in piedi. Nel 2008 compie tre anni e inizia a frequentare l'asilo;<br />

passa le giornate tra bimbi italiani inizia a parlare italiano. Arriva il 2011, J<strong>org</strong>e ha sei<br />

anni, ed è ora di andare a scuola; così inizia il suo percorso scolastico in cui<br />

continuerà ad integrarsi sempre di più con i coetanei e a formarsi come italiano. Ma<br />

nel 2011 nasce Tomas, il suo fratellino. Sono ormai cinque anni che la famiglia vive a<br />

Firenze. Così Tomas riceve la cittadinanza italiana. Non parla una parola di italiano<br />

(ovviamente, visto che al massimo è capace di fare uè uè). Però riceve la cittadinanza<br />

italiana, mentre il fratello J<strong>org</strong>e che si è fatto cinque anni in italia no. Questo perché<br />

J<strong>org</strong>e è nato in Messico e Tomas in italia. Che logica ha tutto questo? Nessuna.<br />

Infatti il criterio per cui per decidere se dare o meno la cittadinanza si controlla dove<br />

un bambino è nato non risponde al problema che i sostenitori dello ius soli<br />

evidenziano quando parlano di questi bambini che sono italiani di fatto ma non sulla<br />

carta. Il luogo di nascita con quei bambini non c'entra proprio niente. Così come<br />

l'essere capace di suonare l'armonica a bocca non ti rende più magro o più grasso.<br />

Quei bambini sono italiani di fatto perché hanno vissuto in italia, non perché sono<br />

nati in italia. La differenza tra nascere in un luogo e vivere in un luogo spero sia<br />

chiara a tutti.<br />

Non per i sostenitori dello ius soli, che forse non hanno mai messo la testa oltre a<br />

Vipiteno, se non per le ferie estive. C'è chi passa tutta la vita nel proprio paesino<br />

dove la gente nasce, cresce e muore. Già quando si sposano e mettono su casa nel<br />

comune a 5 km di distanza si pongono domande esistenziali se sono oggionesi o<br />

moltenesi. Quando invece uno mette il naso fuori di casa si acc<strong>org</strong>e che non tutto il<br />

mondo è stanziale. Non necessariamente la gente che si trasferisce in un altro paese<br />

poi vi rimane per tutta la vita. Senza nemmeno pensarci troppo a lungo mi vengono<br />

in mente queste persone che ho conosciuto: una ragazza ceca nata in Cina e tornata<br />

in Boemia dopo due anni, una ragazza veneta nata in Nigeria dove lavorava il padre<br />

29


5. Cittadinanza con l'oroscopo<br />

ma poi cresciuta in italia, un mio ex-studente brasiliano nato a Tolosa ma poi<br />

cresciuto in Brasile, un altro ex-studente statunitense nato a Londra ma cresciuto a<br />

Nuova York, un mio amico ceco che ha avuto il suo secondo figlio mentre si trovava<br />

temporaneamente per un lavoro di due anni a Tokyo...<br />

Capita, la gente gira il mondo, si trova a fare un figlio in un paese e poi cambia<br />

paese.<br />

Se volete possiamo affrontare la questione da un punto di vista statistico. Ponete<br />

di avere una vasca di palline colorate, come quelle che si trovano nei grandi negozi di<br />

arredamento svedese a buon mercato dove puoi infilare il figlio per tenerlo buono<br />

mentre cerchi un libreria o un mobile per il soggiorno. Poniamo che la vasca abbia<br />

10 mila palline: 2 mila rosse, 2 mila gialle, 2 mila blu, 2 mila verdi e 2 mila bianche.<br />

Tutte mischiate assieme. Vieni bendato, e ti viene chiesto di estrarre una pallina a<br />

caso senza poter vedere di che colore sono le palline nella vasca. Giri e mescoli un<br />

po' le palline ed estrai una pallina rossa. Ora ti chiedo: di che colore sono le palline?<br />

Rosse, mi dirai, immaginando una vasca piena di 10 mila palline rosse. Ma guardando<br />

la vasca ti acc<strong>org</strong>erai che le palline sono di tanti colori. Capisci che allora dedurre il<br />

colore delle palline avendone estratta solo una era una sciocchezza. Dovevi estrarne<br />

un po' di più; estraendone 5 avresti la possibilità di pescare per caso una pallina<br />

rossa, una gialla, una blu, una verde e una bianca. Ma dovresti essere molto fortunato<br />

a scegliere 5 palline di cinque colori diversi con solo 5 tentativi a disposizione. Può<br />

capitarti di pescare due palline rosse e nessuna blu. Così ancora non sapresti che<br />

nella vasca ci sono anche palline blu. Se invece estrai 100 palline, sarà davvero<br />

difficile che nemmeno una pallina estratta sia blu. Ricapitolando: più palline estraggo<br />

e più potrò farmi un'idea chiara della situazione.<br />

Per un bambino e la cittadinanza è la stessa cosa. Nei primi diciotto anni di vita un<br />

ragazzo vive circa 6 575 giorni; ebbene, di questi 6 575 giorni per decidere la sua<br />

cittadinanza con lo ius soli si pesca il giorno numero 1, quello in cui è nato. E perché<br />

non il giorno 2 150, il giorno 3 410 o il giorno 5 102? Cosa rende il giorno 1 più<br />

significativo del giorno 3 410? Nulla, tanto più che al giorno 3 410 il ragazzo sarà già<br />

in grado di intendere e volere, di parlare, di fare ragionamenti e specialmente di<br />

assorbire cultura, usi, costumi e malcostumi di ciò che lo circonda. Mentre al giorno<br />

1 è solo un neonato: che sia circondato da infermiere che gli parlano in italiano o in<br />

portoghese non cambia nulla (tanto più che quando ci si rivolge a un bambino nel<br />

suo giorno 1 di solito gli adulti si limitano a fare pepepepe....bubububu...papapap! e questi<br />

suoni vanno bene in tutte le lingue).<br />

E allora, perché mai dovrebbe avere una qualsivoglia influenza su di un bambino il<br />

luogo in cui nasce? Sembra quasi che per i sostenitori dello ius soli sul territorio della<br />

Repubblica ci sia un misterioso campo di forza che infonde italianità al bambino, una<br />

sorta di influsso mistico che ti avvolge alla nascita se sei in italia. Ovviamente<br />

l'influsso mistico di italianità finisce al confine con Chiasso.<br />

30


La truffa dello ius soli<br />

Scienziati e divulgatori scientifici hanno speso decenni a spiegare che l'astrologia è<br />

una bufala. Ora al posto della data di nascita vogliono sostituire il luogo di nascita.<br />

Invece di dire che chi è nato in un giorno in cui Giove era ascendente Capricorno<br />

poi sarà una persona estroversa, ti vengono a dire che chi è nato in un luogo che<br />

appartiene all'italia allora è italiano. Suvvia, chi crede allo ius soli non è molto diverso<br />

da chi crede all'oroscopo.<br />

Per rimarcare l'irrazionalità dello ius soli basta ripetere le parole stesse dei suoi<br />

sostenitori: è assurdo – dicono – che un bambino nato e cresciuto in italia non sia italiano.<br />

Bene, ripetete la frase evidenziando “e cresciuto”. Non solo “nato” in italia, ma “nato e<br />

cresciuto”. Lo dicono essi stessi, sono due le condizioni: 1) essere nato e 2) essere<br />

cresciuto in italia. Poi però propongono un sistema per cui danno la cittadinanza alla<br />

nascita, quando solo la condizione 1) – essere nato in italia – è verificata. La<br />

condizione 2) ? Vabbe', chi se ne frega.<br />

Le due proposte di legge introducono una nuova condizione: invece di richiedere<br />

che il bambino sia cresciuto in italia, si impone come condizione che i genitori<br />

abbiano vissuto un certo numero di anni in italia (per il duo Sarubbi-Granata cinque<br />

anni, mentre per la proposta di legge di iniziativa popolare un solo anno). Quindi, i<br />

genitori hanno vissuto in italia, e invece di diventare italiani essi, diventa italiano il<br />

figlio. La cultura, la lingua gli usi e i malcostumi li hanno assorbiti i genitori, però la<br />

cittadinanza la prende il figlio. Qual è la logica dietro a questo meccanismo? Mistero<br />

della fede.<br />

Ora, di leggi stupide ce ne sono tante, una più una meno. Onestà intellettuale però<br />

vorrebbe che una proposta di legge venisse illustrata per quello che è veramente. I<br />

sostenitori dello ius soli non dovrebbero propagandare la propria proposta di legge<br />

dicendo “è assurdo che un bambino nato e cresciuto in italia non sia italiano”, perché essi non<br />

stanno proponendo di dare la cittadinanza a un bambino nato e cresciuto in italia.<br />

Essi stanno proponendo di dare la cittadinanza a un bambino nato in italia da<br />

genitori che hanno vissuto cinque anni in italia. Quindi dovrebbero dire “è assurdo che<br />

un bambino nato in italia non sia italiano se i suoi genitori hanno vissuto in italia cinque anni”.<br />

Non si tratta di sottigliezze ma di fuorviare l'opinione pubblica con un argomento,<br />

e poi passare sotto banco una proposta di legge che dice tutt'altro. Non volete<br />

chiamarla truffa? Scegliete voi la parola più adatta.<br />

L'unica spiegazione che danno a questo astruso meccanismo è persino più fallace.<br />

Se una coppia di genitori vive cinque anni (o un anno, per l'altra proposta di legge) in<br />

italia e poi nasce un figlio si dà per scontato che la coppia è ormai stabile in italia e il<br />

bambino per forza di cose crescerà in italia. Il meccanismo è fallace perché pretende<br />

di prevedere il futuro. Il fatto che due genitori abbiano vissuto un certo numero di<br />

anni in italia non implica che in italia ci staranno davvero. Si potrebbe dire che<br />

maggiore è il numero di anni che una persona passa in un paese e maggiore è la<br />

probabilità che quella persona rimanga in quel paese. Ad esempio, la proposta di<br />

31


5. Cittadinanza con l'oroscopo<br />

legge di iniziativa popolare propone che la cittadinanza italiana sia data ai figli di chi<br />

vive in italia da un solo anno. Viene difficile credere che una persona rimanga per<br />

sempre in italia perché ci ha vissuto un anno. Già se alzi il termine a cinque anni la<br />

cosa potrebbe sembrare più ragionevole. Ma in realtà la logica non funziona in sé,<br />

che il termine sia un anno o cinque. Perché predire il futuro è un'attività che si riserva<br />

ai cialtroni che si spacciano per cartomanti sulle televisioni locali. E lo ribadisco, non<br />

è una questione di statistica: se io raccolgo delle informazioni su degli eventi accaduti<br />

fino ad oggi posso fare una statistica fino ad oggi. Ma non posso dire nulla sul<br />

futuro. Facciamo un esempio, così il concetto diventa più chiaro. Prendiamo le<br />

statistiche degli immigrati in un paese a caso, facciamo l'Islanda: facciamo il conto di<br />

quanti stranieri arrivano e di quanti se ne vanno ogni anno dal 1980 al 2010, e per<br />

ogni straniero prendiamo nota di quanti anni ha vissuto in Islanda. Così magari<br />

osserviamo che per chi ha vissuto in Islanda un anno la percentuale che se ne va è<br />

del 10%, mentre tra chi ha vissuto cinque anni in Islanda abbandona il paese solo il<br />

3%; infine questa percentuale si abbassa allo 0.5% tra chi ha vissuto in Islanda<br />

almeno 20 anni (sono numeri di fantasia, è solo per spiegare il concetto).<br />

La deduzione che se ne fa è che più è lungo il tempo che uno straniero passa in<br />

Islanda e più è probabile che ci rimarrà in pianta stabile. Ma ciò non è vero. L'unica<br />

cosa che possiamo dire guardando quei dati è che più a lungo uno straniero ha vissuto<br />

in Islanda e più è probabile che ci sia rimasto in pianta stabile. Avete notato la<br />

differenza? Sono verbi al passato. Perché la statistica non prevede il futuro, la<br />

statistica fa una cosa diversa: prende un sistema (l'insieme degli stranieri in Islanda<br />

dal 1980 al 2010) calcola alcuni parametri (il tasso di coloro che se ne vanno e di<br />

coloro che restano) e descrive macroscopicamente un fenomeno in quel sistema.<br />

Si può parlare di probabilità solo se il sistema che consideriamo è uguale a quello<br />

su cui abbiamo costruito la statistica. Ad esempio: considero le lavatrici prodotte<br />

dalla “Spingifondi Elettrodomestici S.p.A” nel mese di Maggio, e scopro al controllo<br />

di qualità prima dell'immissione sul mercato che il 7% delle lavatrici non funziona.<br />

Da questa statistica posso dedurre che il 7% delle lavatrici prodotte dalla<br />

“Spingifondi Elettrodomestici S.p.A” nel mese di Giugno sarà probabilmente guasto,<br />

solo se nulla cambia nel processo produttivo dell'azienda. I fornitori della lamiera e<br />

del motore sono uguali, gli stampi sono uguali, gli operai sono gli stessi e dedicano<br />

ad ogni lavatrice la stessa cura e lo stesso impegno nell'assemblarla e così via. Ovvio<br />

che se il direttore della Spingifondi Elettrodomestici S.p.A. taglia il personale e<br />

impone nel contempo di produrre lo stesso numero di lavatrici la situazione cambia:<br />

ogni operaio potrà dedicare meno tempo ad ogni lavatrice e probabilmente il tasso di<br />

lavatrici guaste nel mese di Giugno salirà, ad esempio invece di essere il 7% sarà<br />

l'11%. A quel punto la statistica che avevamo fatto a Maggio non serve più a nulla,<br />

perché sono cambiate le condizioni di lavoro. Il sistema a cui ci riferiamo è diverso,<br />

<strong>qui</strong>ndi la statistica che avevamo fatto sull'altro sistema non vale più.<br />

32


La truffa dello ius soli<br />

Lo stesso per il sistema “Stranieri in Islanda dal 1980 al 2010”: le statistiche che<br />

abbiamo fatto dal 1980 al 2010 ci dicono qualcosa solo sul quel periodo (così come il<br />

tasso di lavatrici guaste a Maggio ci dice qualcosa solo sulle lavatrici prodotte con il<br />

processo produttivo usato a Maggio). L'immigrazione in Islanda sarà sicuramente<br />

diversa dal 2010 in poi, perché è impensabile che si riproducano le stesse condizioni<br />

economiche, politiche e sociali che si sono verificate in Islanda dal 1980 al 2010.<br />

L'immigrazione in Islanda dal 2010 in poi sarà una cosa diversa, e proprio per questo<br />

le statistiche fatte sul passato non dicono su quello che succederà in futuro. Volete<br />

un esempio concreto? Bene, in Spagna si è registrato un forte flusso migratorio<br />

entrante durante gli anni 2000: il numero di stranieri in Spagna è cresciuto da un solo<br />

milione nel 2000 a 5,7 milioni nel 2010. Già verso il 2009 però la crescita di stranieri<br />

rallentava a causa della crisi economica che ha colpito la Spagna molto duramente.<br />

Fino a quando il flusso migratorio è diventato negativo: nel 2011 sono giunti 417.523<br />

stranieri mentre nello stesso anno ne sono fuggiti 445.130 14 . Ciò significa che sono di<br />

più gli stranieri che abbandonano la Spagna che quelli che vi giungono. Qualcuno<br />

avrebbe mai detto che si sarebbe arrivati ad avere più stranieri che lasciano la Spagna<br />

di quelli che vi giungono? Magari due o tre anni fa, quando la crisi diventò evidente<br />

qualcuno con un po' di acume avrebbe previsto questo scenario. Ma torniamo<br />

indietro al 2005: ti do i dati sull'immigrazione in Spagna dal 1995 a 2005, vedi che il<br />

numero di stranieri si impenna crescendo di 500 – 600 mila unità all'anno: da cosa<br />

avresti potuto dedurre che dopo sei anni il numero di stranieri avrebbe iniziato a<br />

calare? Avresti dovuto prevedere la crisi, ma le statistiche sull'immigrazione fino al<br />

2005 questa informazione non te la danno. Perché le statistiche parlano del passato,<br />

non del futuro. Prendendo in mano le statistiche fino al 2005 avresti dedotto che l'X<br />

% di stranieri resta in Spagna più a lungo di 10 anni. Ma avresti fatto un errore nel<br />

dedurre che, vista la statistica, il Sig. Vojtěch, cittadino straniero abitante in Spagna<br />

dal 2002, sarebbe rimasto in Spagna fino al 2012 con probabilità dell'X%. Perché poi<br />

arriva la crisi e la tua deduzione del futuro basata su una statistica del passato va a<br />

farsi benedire.<br />

Torniamo all'italia: abbiamo un paese che è arrivato al punto da dare due calci nel<br />

sedere al primo ministro e commissariare il governo con una squadra di salvataggio<br />

per le emergenze. E questo perché si è stati così vicini al precipizio che c'era il rischio<br />

concreto di non avere i soldi per pagare gli stipendi. Un paese con un debito<br />

pubblico gigantesco come l'italia è un sistema vulnerabile: se capita che il governo,<br />

per un qualsiasi motivo, non riusce a piazzare il debito sul mercato (e non accorre<br />

alcun fondo d'emergenza a rastrellare il BTP invenduti) il paese fallisce. Negli ultimi<br />

anni abbiamo visto che anche gli stati falliscono, dall'Argentina alla Grecia (tenuta in<br />

vita artificialmente). L'italia di certo non se la passa molto meglio. In Grecia è già<br />

lotta per la sopravvivenza, a quando in italia?<br />

14 http://www.elmundo.es/elmundo/2012/01/16/espana/1326706537.html<br />

33


5. Cittadinanza con l'oroscopo<br />

A questo aggiungiamo che il paese si sta tirando martellate sulle appendici pendule<br />

da decenni con parlamenti che pensano di più alle persone con cui il primo ministro<br />

giace la notte (per attaccarlo o per difenderlo, fa lo stesso) invece di lavorare per<br />

favorire il benessere economico del paese. L'economia va a rotoli, le aziende<br />

chiudono una dopo l'altra. Dove sarà l'italia tra dieci anni, e tra venti?<br />

Gli italiani andavano in Argentina un secolo fa, perché lì avevano migliori<br />

prospettive di vita rispetto all'italia, dove facevano la fame. Passati alcuni decenni le<br />

sorti si sono ribaltate: in italia si sta molto meglio che in Argentina. E in futuro?<br />

Troppo spesso la gente non si rende conto che nel giro di poco tempo la situazione<br />

economica di un paese può cambiare radicalmente. L'italia è ricca da cinquant'anni, e<br />

niente fa presupporre che lo resti in futuro. Tanto più che ora i cambiamenti sono<br />

sempre più rapidi. Come sarà il mondo tra vent'anni? Quali saranno i paesi ricchi e<br />

quali i paesi poveri? Dove andranno dunque gli immigrati a cercare fortuna?<br />

L'immigrazione è un fenomeno dinamico, con diverse costanti di tempo. Ho visto<br />

orde di giovani italiani ed europei che sono emigrati verso Londra negli anni d'oro<br />

dei primi 2000, poi quando è arrivata la crisi hanno preso e sono tornati in italia (o<br />

negli altri paesi d'origine) al terzo mese in cui non lavoravano perché gli mancavano<br />

quelle 500 sterline per pagare l'alloggio. Ovvio, per loro tornare a casa è<br />

relativamente facile. Prenotano un volo low cost la sera e la mattina dopo sono già a<br />

tavola dalla mamma per farsi sfamare da lei. Chi viene invece da un paese lontano<br />

mediterà molto più a lungo un cambiamento di paese. Più probabilmente cercherà<br />

fortuna in un'altra zona. Se non trova lavoro in italia si sposterà in Germania.<br />

Chi ha passato un deserto o fatto una traversata in mare, chi è scappato da una<br />

guerra di certo non si arrende alla prima difficoltà, come il giovane architetto di belle<br />

speranze che appena gli affari vanno male a Londra torna dalla mamma. In questo<br />

caso il flusso migratorio è più lento, non hai orde di giovani che cambiano paese ogni<br />

tre anni a seconda di come tira il vento (cinque anni fa “tutti in Spagna! lì c'è il lavoro per<br />

i giovani! W Zapatero!” e ora tutti che scappano dalla Spagna dove la disoccupazione<br />

giovanile è mostruosa). Sono fenomeni di migrazione più lenta, ma esistono. Perché<br />

anche uno che ha fatto la guerra, per quanto forte e determinato sia, alla fine deve<br />

mangiare, e fare quella cosa chiamata lavorare per guadagnare dei soldi. Può resistere<br />

un po' ma non all'infinito.<br />

C'è poi un altro punto importante: quello di coloro che già a priori si pongono<br />

l'obiettivo di una immigrazione a tempo. Ho conosciuto badanti moldave che sono<br />

andate in italia lasciando marito e figli in Moldavia. Non hanno certo intenzione di<br />

restare in italia a vita. Il loro scopo è guadagnare quanto più possibile durante gli anni<br />

in italia (riducendo al minimo le spese con una vita che definire parsimoniosa è un<br />

eufemismo) e mandare alla famiglia gran parte dello stipendio con cui poi si<br />

costruiscono la casa. Basta parlare con la gente per scoprire queste storie. Molti<br />

sostenitori dello ius soli dicono che questa categoria di immigrati non esiste, che gli<br />

34


La truffa dello ius soli<br />

immigrati sono destinati a rimanere in italia per sempre. E lo dicono basandosi sui<br />

numeri degli stranieri che lasciano l'italia oggi. Ma questa è una sciocchezza e<br />

l'abbiamo già visto nel capitolo 3. Gran parte degli immigrati residenti ora in italia<br />

sono arrivati negli ultimi dieci anni: se dal 2000 al 2010 gli stranieri in italia sono<br />

passati da 1,5 a 4,5 milioni, ossia 3 milioni dei 4,5 milioni di stranieri in italia, il 67%<br />

del totale, sono arrivati negli ultimi dieci anni. Costoro lasceranno eventualmente il<br />

paese dopo aver maturato un diritto previdenziale che di certo non si ottiene in dieci<br />

anni. Queste persone torneranno al loro paese a godersi la pensione? Lo vedremo tra<br />

qualche lustro. Di certo rispondere di no, come fanno i sostenitori dello ius soli,<br />

basandosi sugli stranieri che abbandonano l'italia ora non ha senso, perché essi<br />

lasciano l'italia per altri motivi. Significa prendere i numeri di un fenomeno e usarli<br />

per descrivere un altro fenomeno.<br />

All'ombra di queste domande diventa evidente che prendere i dati<br />

dell'immigrazione oggi e pensare di fare previsioni sul futuro è senza senso. Puoi<br />

prendere degli economisti, metterli insieme con dei sociologi e chiedere loro di fare<br />

delle previsioni sul futuro. Poi però non arrabbiatevi se le previsioni sono azzeccate<br />

come quelle di chi vi ha consigliato di investire in azioni Parmalat o in bond<br />

argentini, ché si sa un'azienda come la Parmalat o uno stato mica possono fallire. Puoi<br />

sbizzarrirti come vuoi nelle previsioni, ma non rimangono niente più di previsioni.<br />

Quello che non puoi fare è usare le statistiche del fenomeno immigrazione oggi e<br />

usarle per fare delle previsioni sul futuro. Dire che siccome oggi gli immigrati<br />

tendono a restare in italia una volta arrivaticisi perciò se uno ci resta cinque anni<br />

significa che ci resta tutta la vita è una baggianata. Perché non sai come girerà la<br />

ruota tra dieci anni. E attenzione, non è solo un azzardo, è proprio una cosa senza<br />

senso. Prendere delle statistiche di un processo in evoluzione e non stabilizzato per<br />

fare delle previsioni significa non aver capito cos'è la statistica (no, non è fare due<br />

conticini e costruire il grafico a torta col foglio di calcolo). Perciò fate tutte le<br />

previsioni che volete, ma non cercate di giustificarle con le statistiche.<br />

Affermare che siccome una persona ha vissuto cinque anni in italia allora rimarrà<br />

in pianta stabile in italia significa fare le previsioni del futuro. Niente a che vedere<br />

con una logica razionale che dovrebbe stare alla base di ogni legge (dico dovrebbe<br />

perché poi le leggi idiote le approvano comunque).<br />

35


6. Razzismo<br />

Quando facevo le elementari capitò che la maestra ci insegnò il significato della<br />

parola “egoista”. Se non ricordo male tutto derivava da una lettura del sussidiario che<br />

parlava dell'egoismo. Così la maestra ci spiegò che derivava dalla parola latina ego e<br />

tutte quelle cose lì. Da quel giorno divenne la parola preferita dei miei compagni di<br />

classe. Ogni qual volta rispondevi di no a una richiesta ti dicevano “allora sei egoista”.<br />

Ad esempio: ti chiedevano il pastello blu, tu dicevi no perché serviva anche a te e<br />

loro “egoista!”. Ti chiedevano un pezzo di merenda, tu dicevi di no perché bastava a<br />

malapena per te e loro “egoista!”. Era la parola magica, il jolly da usare per ottenere<br />

qualsiasi cosa. O rispondi di sì o sei “egoista!”. Anche se la richiesta è assurda.<br />

Quando si parla di legge sulla cittadinanza la parola magica invece è razzista. O sei<br />

a favore dello ius soli oppure sei razzista. È la carta che giocano quando sono alle<br />

strette di argomenti a supporto della loro tesi. Non sanno cosa risponderti di fronte<br />

a ragionamenti razionali e la buttano in caciara, ti accusano di razzismo perché così<br />

loro diventano i buoni e tu il cattivo. In questo modo sei tu che ti devi difendere e<br />

loro passano all'attacco. Poi fa niente se quello che hai detto non è per nulla razzista.<br />

A loro basta dire che lo sei e tu dovrai perdere del tempo a dimostrare di non esserlo,<br />

perché non puoi dire “lasciamo perdere il razzismo un attimo”, suonerebbe come una<br />

conferma del fatto che tu sia razzista.<br />

In questo testo l'assurdità dello ius soli è dimostrata senza mezza parola che<br />

potesse anche solo velatamente essere considerata razzista. A questo però spiego<br />

perché i veri razzisti sono proprio coloro che sostengono lo ius soli, e in generale la<br />

cittadinanza facile. Sì, i razzisti sono loro. Razzisti di prima qualità. Certo, non se ne<br />

rendono conto, e in cuor loro pensano di essere antirazzisti, ma proprio questo li<br />

rende razzisti della peggior specie, perché inconsapevoli del loro animo razzista.<br />

Forse vi starete domandando perché definisco i sostenitori della cittadinanza<br />

semplice dei razzisti. Fate bene attenzione a quello che dicono: dobbiamo concedere la<br />

cittadinanza italiana agli stranieri, è ingiusto che non abbiano la cittadinanza italiana, hanno<br />

anche loro diritto di essere italiani come noi...<br />

36


La truffa dello ius soli<br />

In tutto questo c'è sottinteso un velo di superiorità italiana; il concetto che passa<br />

implicitamente da questi discorsi è che la cittadinanza italiana va concessa perché è<br />

migliore delle altre: ma cosa te ne stai lì col tuo lurido passaporto marocchino, prendi un<br />

passaporto italiano, guarda che bello che è! Diventa un italiano come noi!<br />

E a questo punto il tizio avrebbe anche qualche argomento per dirti che egli è<br />

<strong>org</strong>oglioso del suo passaporto marocchino, mica vuole un passaporto italiano.<br />

Vorrebbe poter vivere in italia da marocchino con dignità. Vorrebbe non avere la<br />

necessità di fingersi italiano per poter vivere dignitosamente in italia.<br />

Quest'idea non passa nemmeno nel cervello dei sostenitori dello ius soli, perché<br />

per loro ovvio: essere italiano è meglio che essere marocchino, nigeriano o albanese.<br />

Perciò è ovvio che essi desiderino diventare italiani.<br />

Ripensate a questo concetto quando li sentirete parlare: dobbiamo concedere la<br />

cittadinanza! Come se fosse una cosa preziosa che con grande magnanimità<br />

concediamo a quei pezzenti di stranieri. Se non è razzismo questo.<br />

Qualcuno mi dirà che però è vero: un albanese vede quasi sempre un passaporto<br />

italiano come un miraggio, un qualcosa per cui farebbe qualsiasi cosa, mentre magari<br />

maledice di avere in tasca un passaporto albanese. Ma perché pensa questo?<br />

Semplice, con un passaporto italiano puoi vivere in un qualsiasi paese dell'Unione<br />

Europea e puoi entrare in molti paesi di tutto il mondo senza bisogno di un visto.<br />

Senza girarci troppo attorno, un passaporto italiano rispetto a un passaporto<br />

albanese è più “di lusso”. Al contempo quando facciamo queste riflessioni sulla<br />

cittadinanza mai pensiamo a stranieri come cittadini statunitensi. Abbiamo sempre in<br />

mente lo straniero povero, non lo straniero ricco come interessato alla cittadinanza<br />

italiana. Perché mai un cittadino americano, con in tasca il passaporto più di lusso a<br />

cui possa ambire, dovrebbe chiedere la cittadinanza italiana? Si vede bene allora che<br />

nel sentimento comune c'è una scala di importanza tra le cittadinanze, dove quella<br />

italiana viene un po' dopo quella di stati più potenti come gli Stati Uniti Americani,<br />

ma si piazza di gran lunga sopra tutti quei paesi che vengono considerati di serie B.<br />

Per quanto la convenienza di avere un passaporto italiano piuttosto che albanese<br />

sia del tutto innegabile, osservo in questo comportamento una velatura razzista<br />

molto subdola. Dall'utilità burocratica di una cittadinanza piuttosto che un altra si è<br />

passati a dare per scontato che sia meglio essere italiani che albanesi, marocchini,<br />

cingalesi...<br />

Questo atteggiamento è talmente diffuso che non si fa nemmeno nulla per<br />

combatterlo, lo si considera quasi scontato, tanto da non percepirlo nemmeno come<br />

razzista: è ovvio che un cingalese voglia diventare italiano, noi siamo il meglio, chi<br />

non vorrebbe un passaporto di serie A come quello italiano quando ha solo un<br />

passaporto di serie B come quello cingalese.<br />

La vera battaglia contro il razzismo non è quella per cui si promuovono a una<br />

cittadinanza di serie A tutti quelli che hanno una cittadinanza di serie B. Questo, al<br />

37


6. Razzismo<br />

contrario, è vero razzismo perché ammette, giustifica e legittima la classificazione<br />

delle cittadinanze. La vera battaglia contro il razzismo consiste nell'abbattimento del<br />

concetto di cittadinanza “di lusso” e cittadinanza “da pezzente”. Il razzismo sarà<br />

sconfitto non quando renderemo tutti italiani, ma quando non ci sarà più nemmeno<br />

il concetto per cui una cittadinanza è migliore di un'altra, quando uno straniero non<br />

avrà bisogno del passaporto italiano per sentirsi di serie A.<br />

Non è utopia: dagli Stati Uniti Americani al Giappone ho conosciuto persone che<br />

hanno vissuto per decenni (talvolta anche più di cinquant'anni) in quei paesi con un<br />

permesso di soggiorno permanente, senza mai prendere la cittadinanza. Potevano<br />

vivere e lavorare in quel paese senza problemi, e dal momento che non si<br />

identificavano come cittadini di quel paese non hanno mai fatto richiesta di<br />

cittadinanza. Si può fare, basta volerlo.<br />

E si può fare partendo dal compito più semplice: smetterla di considerare lo<br />

straniero come un cittadino di second'ordine che sicuramente ambisce alla<br />

cittadinanza italiana. Smetterla di considerare la concessione della cittadinanza come<br />

una preziosissimo dono che viene elargito con grande magnanimità a questi pezzenti,<br />

ché se non ci fossimo noi chissà che fine farebbero.<br />

Perché questo è il vero razzismo.<br />

38


7. Quali problemi?<br />

Nella campagna per l'approvazione dello ius soli vengono spesso ripetuti slogan<br />

sul fatto che questi poveri bambini, nonostante siano nati e cresciuti in italia<br />

rimangono stranieri, e <strong>qui</strong>ndi esclusi dai diritti che hanno i loro coetanei figli di<br />

italiani. Ma quali sono, all'atto pratico, i problemi che deve affrontare il figlio di uno<br />

straniero?<br />

La campagna l'italia sono anch'io, che raccoglie le firme per la proposta di legge di<br />

iniziativa popolare, ha provato a fare qualche esempio 15 . Gran parte dei problemi<br />

derivanti dalla condizione di straniero sono di ordine burocratico, come ad esempio<br />

la difficoltà nel recarsi all'estero (ad esempio per una gita scolastica) durante il<br />

periodo in cui viene rinnovato il permesso di soggiorno, periodo che può essere<br />

molto lungo.<br />

Ma dei problemi burocratici abbiamo già parlato nel capitolo 4. La soluzione non<br />

consiste nel dare la cittadinanza a chiunque la chieda; se il problema è la burocrazia<br />

che rende difficile la vita agli stranieri la soluzione è investire sull'apparato<br />

amministrativo, comprare fotocopiatrici, assumere nuovo personale, ampliare gli<br />

orari di apertura degli uffici e infine fare in modo che il permesso di soggiorno ti sia<br />

rinnovato nel giro di qualche settimana.<br />

Una volta che abbiamo tolto dal tavolo i problemi burocratici (che non sono un<br />

motivo valido per dare la cittadinanza) rimane ben poco. Tra i problemi citati da<br />

l'italia sono anch'io rimane l'impossibilità di praticare sport agonistico. Tuttavia<br />

abbiamo visto nel capitolo 2. che un figlio di immigrati può ottenere la cittadinanza<br />

ben prima dei diciotto anni. Se è nato in italia, significa che i genitori alla sua nascita<br />

erano già in italia. Alla peggio dopo altri dieci anni possono ottenere la cittadinanza.<br />

Consideriamo pure due anni per l'iter burocratico: nel peggiore dei casi il bambini<br />

potrà ricevere la cittadinanza all'età di 12 anni. Che problemi ha un bambino<br />

nell'essere straniero nei suoi primi 12 anni di vita? Dopodiché, fosse anche<br />

impossibile per il bambino fare sport agonistico fino ai 18 anni non cade il mondo.<br />

15 http://www.litaliasonoanchio.it/fileadmin/materiali_italiaanchio/pdf/Gli_ostacoli_per_i_minori_n<br />

on_italiani_-_Litaliasonoanchio.pdf<br />

39


7. Quali problemi?<br />

Mi dispiace per lui, ma non si cambia una legge sull'immigrazione distribuendo<br />

passaporti un tanto al kg perché altrimenti il figlio dell'immigrato non può fare la<br />

gara di salto con l'asta. Il deputato Francesco Boccia nell'agosto 2011 è persino<br />

arrivato a presentare un'interpellanza urgente (n. 2/01182) al Governo in cui<br />

perorava il caso di tale Eusebio Haliti, giovane con cittadinanza albanese residente in<br />

italia che vanta primati invidiabili nell'atletica leggera ma che non potrà partecipare ai<br />

Giochi olimpici del 2012 a Londra perché ancora non ha ottenuto la cittadinanza<br />

italiana. E da questo singolo caso Boccia chiede al Governo di intervenire per evitare<br />

queste che egli chiama discriminazioni, ricordando le proposte di legge presentate<br />

sull'argomento dal suo gruppo parlamentare. Come dire, dobbiamo cambiare la legge<br />

per vincere una medaglia in più ai prossimi Giochi olimpici. Perché mica si tratta di<br />

far gareggiare o meno il tal velocista: egli infatti ha dichiarato che potrebbe<br />

gareggiare rappresentando l'Albania – che probabilmente ha tutto l'interesse ad avere<br />

un campione del genere nella propria rappresentativa – ma che preferisce gareggiare<br />

per l'italia (Dall’Albania, come fanno sempre per le gare internazionali, mi hanno già chiamato.<br />

Ma ho detto che non voglio partecipare con la bandiera albanese. Io non disconosco le mie origini,<br />

ma ormai mi sento italiano e vorrei correre per il mio Paese) 16 . Quindi il Parlamento italiano<br />

dovrebbe cambiare la legge sulla cittadinanza per i capricci nazionalistici di un atleta<br />

o per i desideri di un deputato o dei tifosi di vincere una medaglia in più ai Giochi<br />

olimpici. Magari potremmo far scrivere le leggi direttamente dal comitato di<br />

redazione della Gazzetta dello Sport, perché no?<br />

L'italia è un paese, per quanto se ne dica, che ha una larghissima tolleranza verso<br />

gli stranieri. L'istruzione è gratuita per tutti, e basta fare un giro nelle scuole italiane<br />

per rendersi conto che il diritto all'istruzione è garantito anche agli stranieri.<br />

L'assistenza sanitaria in italia è garantita a tutti: negli ospedali italiani vengono curati<br />

tutti, compresi i clandestini e persino gratuitamente. Uno straniero può aprire<br />

un'impresa (o forse non leggiamo tutti gli anni la solita notizia del boom di nuove<br />

aziende aperte da stranieri?). Uno straniero può comprare un'abitazione, e guardate<br />

che non è mica una cosa scontata: conosco molti stranieri che per comprare casa in<br />

Repubblica Ceca fino a pochi anni fa hanno dovuto aprire una sorta di s.r.l. fittizia e<br />

comprare la propria abitazione a nome dell'azienda.<br />

La legge italiana consente di fatto una vastissima gamma di diritti agli stranieri. Di<br />

cos'altro necessita un bambino straniero di meno di 12 anni? Di certo non si pone il<br />

problema del diritto di voto a quell'età, così come a 12 non avrà necessità di essere<br />

cittadino italiano per fare un concorso di geometra in Comune.<br />

Alcuni sollevano discorsi secondo cui un bambino si farebbe problemi di identità<br />

per il fatto di essere straniero. Viene da chiedersi se davvero il fatto di custodire nel<br />

16 http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/sport/2011/22-settembre-<br />

2011/velocista-frenato-burocraziala-storia-albanese-bisceglie-1901606522383.shtml<br />

40


La truffa dello ius soli<br />

cassetto in alto del comò un passaporto italiano risolva i problemi di identità del<br />

bambino. I problemi di identità se li fa per il fatto di sentire una lingua a casa e di<br />

sentirne un'altra fuori casa. E lo stesso per comportamenti, tradizioni, modi di fare. I<br />

problemi di identità se li fa per il fatto di avere il colore della pelle, la forma degli<br />

occhi, o altri tratti somatici diversi, o magari solo per un nome strano. Questi<br />

problemi di identità se li porrà comunque, a prescindere dall'avere un passaporto<br />

italiano o meno.<br />

Ma non c'è niente di male in questo. Il figlio di genitori stranieri assorbirà per<br />

forza di cosa culture diverse, dentro e fuori casa. Ne farà un miscuglio, cercherà di<br />

prendere ciò che più gli aggrada da una o dall'altra identità, o magari rifiuterà del<br />

tutto un'identità per tenersi solo l'altra. Sarà una decisione che farà crescendo e<br />

capendo a cosa è più affine. Mentre cresce però è normale che si ponga domande<br />

come “ma io cosa sono”? Sono le stesse domande che si pongono i figli di genitori con<br />

diverse nazionalità, e la cosa in sé non è sbagliata. Bisogna lasciare al ragazzo la<br />

libertà di crearsi la propria identità, e garantire ai genitori la facoltà di trasmettere al<br />

figlio la propria cultura.<br />

Coloro che invece citano la ricerca di una identità al fine di giustificare lo ius soli<br />

vedono questo come un problema: perché mai un bambino dovrebbe porsi problemi di<br />

identità? Te lo dico io: sei italiano! Guarda ti do anche il passaporto. Essere italiano è la cosa più<br />

bella del mondo. Quindi tu devi desiderare di essere italiano.<br />

Mi sembra la stessa stupida ignoranza di quegli insegnanti che, ancora oggi,<br />

dicono ai genitori di scolari stranieri di non parlare la loro lingua a casa per evitare di<br />

confonderli, ché poi non imparano bene l'italiano. Sorvoliamo pure sull'ignoranza di questi<br />

insegnanti non consapevoli che un bambino possa crescere perfettamente bilingue in<br />

modo del tutto naturale. Questi insegnanti dimostrano tutto il loro razzismo nel<br />

considerare la lingua italiana come predominante, mentre la lingua e la cultura<br />

d'origine non ha ragione di rimanere nemmeno come traccia nello scolaro straniero.<br />

Anzi, prima se ne disfa e meglio è.<br />

Dire che si dà un passaporto italiano alla nascita in modo che il bambino non si<br />

ponga problemi d'identità contiene il medesimo subdolo razzismo (per quanto<br />

inconsapevole). Le questioni sull'identità il bambino se le deve porre: avere due<br />

culture e due lingue diverse da cui attingere è una risorsa non un ostacolo. Pensare<br />

che siano un problema e pensare che si risolvano dando un passaporto italiano oltre<br />

che stupido (non è certo per quel libretto dalla copertina color vinaccia che uno non<br />

si pone più domande) è sintomo di boriosità italica, di presunta supremazia per cui il<br />

ragazzo non si deve nemmeno chiedere cos'è, te lo diciamo noi, sei italiano! Eia eia<br />

alala.<br />

Ci sono poi quelli per cui dare la cittadinanza serve per combattere il razzismo.<br />

Già me lo immagino il ragazzo dai tratti somatici stranieri che viene aggredito da un<br />

gruppo di fascistelli che lo bastonano e gli gridano sporco negro. Il ragazzo tira fuori il<br />

41


7. Quali problemi?<br />

passaporto italiano e puff... i fascistelli smettono di bastonarlo. Oh, scusaci tanto fratello,<br />

non lo sapevamo che eri italiano come noi, potevi dircelo prima. Andiamo a farci una birra?<br />

No, dico, pensate veramente che chi aggredisce o insulta qualcuno perché è di<br />

un'altra razza cambi atteggiamento perché quella persona ha un passaporto italiano?<br />

Ricordo il servizio che Marco Berry fece alle Iene qualche anno fa in cui<br />

mandarono con telecamera nascosta due ragazzi italiani, uno nero e l'altro bianco, ad<br />

iscriversi ad una palestra gestita da un famoso ex-pugile. A quello nero viene risposto<br />

che non accettano iscrizioni perché la palestra è piena, mentre successivamente per<br />

l'italiano bianco la palestra non è più piena e viene accettata la sua iscrizione. Sono<br />

andati a chiedere spiegazioni hanno detto che loro accettavano solo italiani, e quando<br />

il ragazzo nero ha estratto il passaporto italiano hanno detto che accettavano solo<br />

italiani veri. A lui il passaporto l'hanno dato ed evidentemente la cosa non è servita a<br />

combattere il razzismo nei suoi confronti. Perché in effetti credere che un libricino<br />

nella tasca di una persona possa cambiare l'atteggiamento di chi con quella persona si<br />

relaziona è abbastanza infantile. Ma questa è gente per cui non solo non bisogna dire<br />

negro, ma neanche nero, bensì bisogna dire diversamente pigmentato. E mi sembra<br />

normale che gente dal pensiero così limitato possa credere ai poteri magici<br />

antirazzismo di un libricino.<br />

Alla fine, usando solo un briciolo di onestà intellettuale ci si acc<strong>org</strong>e che tolte le<br />

difficoltà burocratiche (che non sono un buon motivo per regalare cittadinanze) la<br />

vita per gli stranieri in italia non è poi così difficile come viene descritta, e ci si<br />

acc<strong>org</strong>e che i problemi – esistenti – come razzismo, intolleranza e integrazione non<br />

si risolvono certo consegnando agli stranieri un libricino dai poteri magici. Per cui lo<br />

ius soli si rivela per quello che è: una legge inutile e inefficace.<br />

42


8. Solo un anno<br />

Abbiamo visto che con l'attuale legge sulla cittadinanza un ragazzo nato in italia<br />

da cittadini stranieri può diventare italiano ben prima dei 18 anni di età. I sostenitori<br />

dello ius soli però continuano a ripetere solamente la storiella dei 18 anni. Quella<br />

descritta dalla legge 91 del 1992 all'art. 4, comma 2 dove dice:<br />

Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al<br />

raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler ac<strong>qui</strong>stare la<br />

cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.<br />

Il meccanismo è semplice: nasci in italia, ci vivi fino ai 18 anni e quando diventi<br />

maggiorenne diventi italiano. Se ti garba. Ma no, i sostenitori dello ius soli contestano<br />

anche questo. Cosa c'è che non va? Tenetevi forte: il termine di un anno.<br />

Sì, secondo queste persone un anno è troppo poco. Mi sono sentito dire anche<br />

“ma non ti rendi conto? Un solo anno di tempo! E se uno si dimentica di fare domanda entro un<br />

anno?”<br />

Si badi bene, non è solo tema di conversazione da bar. Questo problema è stato<br />

sollevato anche in spazi pubblici. L'ARCI ha persino realizzato un grazioso video 17<br />

nel quale si racconta la storia di un tale Davide, nato a Pavia, che ripercorre la sua<br />

vita, dall'orsacchiotto con cui dormiva da bambino al patentino del motorino per poi<br />

arrivare alla maggiore età e dichiarare: “dopo 18 anni ho solo 12 mesi per dimostrare di<br />

essere italiano”. Solo 12 mesi, dice. Come se fossero pochi.<br />

La tecnica è consolidata: ti raccontano qualcosa di normale dicendoti che è<br />

un'ingiustizia, e tu finisci per credere che è veramente un'ingiustizia. Non ti fermi a<br />

pensare ehy, calma, ma siamo sicuri che sia davvero un'ingiustizia?<br />

Proviamo a rifletterci allora: davvero 12 mesi sono un termine troppo breve per<br />

fare richiesta di cittadinanza una volta compiuti i 18 anni?<br />

17 - http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_08/arci-italiano-coppola_627d0172-2180-11e1-97f3fb4c853f7d5d.shtml<br />

43


8. Solo un anno<br />

Di certo possiamo escludere il problema di trovare un pomeriggio libero per<br />

recarsi all'apposito ufficio e presentare la domanda. A 18 anni i giovani sono per la<br />

maggior parte ancora studenti, e di pomeriggi liberi a disposizione ne hanno quanti<br />

ne vogliono (oltre a intere giornate libere durante i mesi estivi). Davvero non<br />

riescono a trovare qualche ora a disposizione per compilare la domanda e portarla in<br />

Prefettura?<br />

Così come non si può addurre come scusa il fatto di non poter depositare la<br />

domanda trovandosi temporaneamente fuori città. Se il termine fosse 30 giorni si<br />

potrebbe anche capire: può capitare di stare lontano da casa per un mese, vuoi per<br />

una lunga vacanza, per una malattia, per assistere un parente lontano che ne ha<br />

necessità... Se mi trovo a 800 km di distanza posso anche avere qualche problema a<br />

tornare nel mio luogo di residenza per andare in Prefettura e fare domanda di<br />

cittadinanza. Ma è del tutto improbabile che questa condizione duri<br />

ininterrottamente per un anno intero; se in un anno non passi mai dal luogo dove<br />

risiedi significa che non ci risiedi affatto.<br />

Un'altra motivazione (e sto facendo davvero salti mortali per trovarne) potrebbe<br />

essere questa: il neomaggiorenne ha bisogno di tempo per riflettere. Si mette allo<br />

specchio e si chiede: ma io, cosa sono? Posso dire di essere italiano? Qual è la mia identità?<br />

Sono riflessioni importanti, ci mancherebbe altro. Ma magari potrebbe anche<br />

metterci un po' meno di 12 mesi per farle. Potrebbero iniziare queste lunghe sedute<br />

di psicanalisi e domande esistenziali davanti allo specchio un po' prima dei 18 anni,<br />

così che arrivati alla maggiore età sappiano già se vogliono essere italiani o meno.<br />

Qualcuno potrebbe addirittura fare un'app per smartphone che ti consenta di<br />

deciderti un cicinin più alla svelta di 12 mesi: tipo un questionario in cui<br />

periodicamente rispondi a domande e il telefono dopo un po' di dà il responso, “sì sei<br />

italiano, fa' domanda di cittadinanza”.<br />

Anche se poi, in realtà, <strong>qui</strong> stiamo parlando di persone che reclamano a gran voce<br />

la cittadinanza italiana; fanno video, riempiono forum, mobilitano associazioni.<br />

Dovrebbero essere davanti all'ufficio della Prefettura il giorno dopo il diciottesimo<br />

compleanno per presentare la domanda di cittadinanza, senza farsi troppe paranoie<br />

sulla propria identità.<br />

A ben pensarci l'unico motivo per cui 12 mesi possano essere considerati un<br />

termine troppo breve è la dimenticanza: ops, sono passati 12 mesi e mi sono dimenticato di<br />

fare domanda di cittadinanza, che disdetta!<br />

Proporrei di usare lo stesso criterio per tutte le altre scadenza che ognuno di noi<br />

affronta nella vita di tutti i giorni. Mi sono dimenticato di pagare le tasse/il bollo<br />

auto/la bolletta del gas. Ma non è colpa mia, mi avete dato solo 30 giorni di tempo!<br />

Mi sono dimenticato di presentare domanda di iscrizione all'Università. Ma non è<br />

colpa mia, da quando ho passato la maturità ho avuto solo 50 giorni di tempo per<br />

portare il diploma alla segreteria dell'Università e fare domanda di iscrizione! Ho<br />

44


La truffa dello ius soli<br />

portato in ritardo la domanda di partecipazione al concorso come ragioniere al<br />

catasto. Ma non è colpa mia, avevo solo due mesi di tempo!<br />

Si potrebbe continuare all'infinito. La vita è fatta di scadenze, e diventare adulti<br />

significa anche imparare a rispettarle, prendendosi le proprie responsabilità. Quando<br />

sono diventato maggiorenne c'era ancora il servizio militare obbligatorio; ogni anno<br />

dovevo mandare al distretto militare una raccomandata per richiedere il rinvio del<br />

servizio di leva per motivi di studio. Qualora me ne fossi dimenticato mi sarebbe<br />

toccato partire per il CAR. Lo sapevo e mi preoccupavo di mandare la domanda<br />

entro la scadenza. Qualora me ne fossi dimenticato non avrei potuto certo allargare<br />

le braccia e dire: ma vabbe', avevo solo 60 giorni di tempo, dai... cerchiamo di essere un po'<br />

flessibili. Mi avrebbero direttamente denunciato per diserzione!<br />

Perciò chiedo: qual è la cosa giusta da fare? Educare un ragazzo a prendersi le<br />

proprie responsabilità, insegnargli a rispettare il propri doveri e informarsi sui propri<br />

diritti e seguire le procedure prescritte dalla legge? Oppure livellare verso il basso,<br />

eliminare le scadenze, togliere le regole, rassegnarsi all'incapacità di rispettarle e al<br />

menefreghismo verso le procedure perché tanto poi si può sempre scaricare la colpa<br />

sulla regola piuttosto che verso sé stesso che non l'ha rispettata?<br />

Per me vale la prima opzione, per i sostenitori dello ius soli evidentemente la<br />

seconda. Non sia mai che si educhi a rispettare le regole e le scadenze, meglio<br />

eliminare le scadenze.<br />

Ripensiamoci bene ora, è davvero così rigida una scadenza di un anno? In realtà<br />

un anno è una delle scadenze più generose che la burocrazia italiana offre. Pur<br />

impegnandomi non sono riuscito a trovare un altro termine così lungo tra le<br />

numerose scadenze che ho dovuto rispettare durante la mia vita da maggiorenne.<br />

Provateci anche voi e fatemi sapere.<br />

Vale però la pena di fare una riflessione: perché mai un neomaggiorenne si<br />

dovrebbe dimenticare di fare domanda di cittadinanza italiana entro quell'anno che la<br />

legge gli mette a disposizione? Di solito un ragazzo appena compiuti diciotto anni si<br />

fionda in una scuola guida e si iscrive al corso per ottenere la patente di guida. Alcuni<br />

hanno talmente tanta fretta che si iscrivono addirittura un mese prima di diventare<br />

maggiorenni. In questo caso non fanno passare un anno inutilmente, appena<br />

possono fanno di tutto per ottenere la patente. Nel caso della richiesta di<br />

cittadinanza invece no, si dimenticano, l'idea non gli passa nemmeno per la testa. Poi<br />

passano i 12 mesi e il termine è scaduto. Ora, perché mai un ragazzo non si<br />

dimentica mai di fare la patente quando ha diciotto anni ma si dimentica di richiedere<br />

la cittadinanza italiana?<br />

Propongo una risposta: la patente di guida gli serve di più della cittadinanza. Gli<br />

serve perché è stanco di girare col motorino mentre guidando l'automobile può fare<br />

viaggi lontano, può uscire il sabato sera portando con sé gli amici e può appartarsi<br />

con la morosa e puciare il biscotto...<br />

45


8. Solo un anno<br />

Ovvio che appena diventa maggiorenne si precipita a richiedere la patente. Mentre<br />

la cittadinanza... be', ma la cittadinanza a che gli serve? A votare forse, ma un<br />

diciottenne pensa a tutto tranne che a votare (il più delle volte se chiedi a un ragazzo<br />

di quell'età come la pensa in politica ti dice che non si interessa di quelle cose, che<br />

sono tutti uguali, che rubano tutti...). Ha vissuto per diciotto anni come straniero.<br />

Continua ad andare a scuola il giorno dopo aver compiuto diciotto anni così come<br />

andava a scuola da minorenne. Potrà andare a farsi medicare al Pronto Soccorso<br />

dopo aver compiuto i diciotto anni come già faceva prima dei diciotto anni.<br />

Alla fine ci si acc<strong>org</strong>e che queste dimenticanze sono la più evidente dimostrazione<br />

che un giovane, anche diciottenne tutto sommato non vive così male in italia.<br />

Altrimenti, se avesse così grosse difficoltà nel vivere da straniero farebbe domanda il<br />

giorno dopo il diciottesimo compleanno.<br />

46


9. Che fine fa lo ius sanguinis?<br />

Una delle tecniche più abusate per sostenere lo ius soli consiste nel citare gli<br />

assurdi generati dallo ius sanguinis. Per l'attuale legge sulla cittadinanza infatti è<br />

italiano chi nasce da almeno un genitore italiano, qualsiasi sia il luogo di nascita. Così<br />

succede che un ragazzo australiano o argentino ancora conservi la cittadinanza<br />

italiana perché ha un nonno che è emigrato dall'italia. Quel ragazzo è italiano a tutti<br />

gli effetti benché non parli una parola di italiano e a malapena saprebbe trovare<br />

Venezia su una cartina geografica.<br />

Mentre si nega il passaporto italiano al figlio del marocchino nato e cresciuto in<br />

italia e che l'italiano di sicuro lo parla meglio del suo coetaneo australiano nipote di<br />

emigrati italiani. Assurdo – dicono – perciò bisogna approvare lo ius soli.<br />

In realtà la fallacia del ragionamento è a livello prima infanzia. Più o meno siamo<br />

al livello del piccolo Pierino che viene colto dalla mamma a fare una marachella e per<br />

discolparsi dice: ma l'ha fatto anche Luigino! In realtà non si discolpa, si limita<br />

soltanto a trovare un altro colpevole. Ma se ciò che ha fatto è sbagliato rimane<br />

sbagliato.<br />

Ora, se mi vuoi proporre lo ius soli come legge giusta sulla cittadinanza mi devi<br />

dimostrare che la tua proposta di legge è giusta di per sé. Puntare il dito sulle pecche<br />

dello ius sanguinis non rende lo ius soli più giusto: se è una corbelleria rimane una<br />

corbelleria.<br />

Qualcuno si è esercitato anche nell'ideare un nuovo slogan. Dopo tutto i<br />

sostenitori dello ius soli non sanno fare altro: creare slogan vuoti e demenziali che<br />

però vengono ripetuti come mantra fino a farli diventare verità incontestabili. In<br />

questo caso sono riusciti a dire che sia lo ius sanguinis che lo ius soli non vanno<br />

bene. Lo ius sanguinis perché genera i discendenti di italiani all'estero che hanno il<br />

passaporto italiano benché non lo siano di fatto, lo ius soli perché dà la cittadinanza a<br />

una persona che poi può andarsene dall'italia il giorno dopo essere nata e non<br />

tornarci più. Allora tirano fuori lo slogan: bisogna superare lo ius soli e lo ius<br />

sanguinis per approdare allo ius culturae!<br />

47


9. Che fine fa lo ius sanguinis?<br />

Lo ius culturae, che trovata! Dare la cittadinanza italiana a chi ha assorbito la<br />

cultura italiana. Ma tu guarda che novità! Non ci aveva mai pensato mai nessuno<br />

prima.<br />

Probabilmente a coloro che tirano fuori questo slogan manca un dizionario. Lo<br />

ius culturae esiste già in italia, e si chiama naturalizzazione. È previsto già dalla legge<br />

attualmente in vigore che quando un cittadino straniero passa un determinato<br />

periodo di tempo in italia si presume che abbia assorbito lingua, cultura, usi e<br />

malcostumi italici al punto da poter dire di essere italiano. Tutto già previsto dall'art.<br />

9 della legge n.91 del 1992. Più facile di così!<br />

In realtà il trucchetto è quello di inventarsi questa finta novità, battezzarla con un<br />

nome nuovo (lo ius culturae... senti come suona all'avanguardia!) e poi cercare di<br />

usare questo concetto per venderti sotto banco un banalissimo ius soli.<br />

Ogni legge, inevitabilmente, porta con sé degli spigoli. Per quanto il legislatore si<br />

possa impegnare ci sarà sempre un modo, più o meno complesso, per aggirare la<br />

legge. Per quanto ci si sforzi di scrivere una legge “giusta” ci saranno sempre dei casi<br />

che, pur rispettando quella legge, risulteranno assurdi.<br />

Ciò nonostante le leggi si continuano a fare. Qualcuno continua a prendersi la<br />

responsabilità di decidere quale legge sia giusto approvare, ben consapevole dei limiti<br />

che essa avrà. Il fatto che una legge sia aggirabile non è un “libera tutti” che autorizza<br />

ad approvare delle leggi demenziali perché tanto anche le altre leggi hanno dei difetti. Sì, ogni<br />

legge ha dei difetti, però ci son quelle demenziali e quelle che i difetti li minimizzano<br />

all'inevitabile. Si mette tutto sulla bilancia e si cerca di valutare quale legge sia<br />

migliore.<br />

A mio modo di vedere sono due i livelli che devono essere analizzati per valutare<br />

la bontà della legge: la sua ratio e le statistiche dei casi assurdi.<br />

Il primo punto è chiaro: le motivazioni che hanno portato alla costruzione di<br />

quella legge devono essere sensate. Ci deve essere un principio logico da cui nasce la<br />

legge. Ad esempio, il codice penale vieta di somministrare alcolici ai minori di 16<br />

anni perché si vuole tutelare la salute dei giovani il cui corpo non è ancora totalmente<br />

sviluppato per tollerare bevande alcoliche. In questo caso la motivazione alla base<br />

della legge è logica e convincente, anche se tutti sappiamo bene che al minore basterà<br />

dare la stecca a un maggiorenne per farsi comprare dell'alcool (mi capitò giusto a<br />

Cracovia di vedere delle ragazzine allungare delle banconote a un senza tetto che poi<br />

entrò nella bottega a comprare degli alcolici per esse). La legge ha dei buchi in cui<br />

fallisce nel suo intento? Certo, ma la logica che c'è alla sua base (tutelare la salute dei<br />

giovani) è sensata. Poniamo invece di avere uno Stato un po' bizzarro in cui il<br />

presidente si sveglia la mattina e decide di vietare la vendita di tutti gli alcoolici sul<br />

territorio nazionale perché il medico gli ha ordinato di astenersi dall'alcool a causa di<br />

problemi al fegato. Una cosa del tipo: se non posso bere io che sono il presidente<br />

allora non può bere alcoolici nessuno!<br />

48


La truffa dello ius soli<br />

È del tutto evidente che una motivazione del genere è assurda. Anche in questo<br />

caso ci saranno mille modi di “bucare” la legge: si svilupperanno mercati di<br />

contrabbando, ci si ingegnerà per distillare la grappa nel seminterrato... Ma la legge<br />

non è demenziale perché c'è chi la aggira facendo il contrabbando. La legge è<br />

demenziale perché si basa su un capriccio di chi l'ha imposta.<br />

Venendo alla cittadinanza, quali sono le motivazioni per cui si decide di dare la<br />

cittadinanza italiana secondo lo ius sanguinis o lo ius soli? Su cosa si basano questi<br />

principi?<br />

Per lo ius sanguinis è italiano il figlio di almeno un genitore italiano. Questo<br />

principio si basa sul fatto che un genitore trasmetta ai proprio figli la sua lingua, la<br />

sua cultura, i suoi costumi, i suoi difetti. Un bambino crea la propria identità a partire<br />

dall'educazione che riceve dai genitori, dalle cose che gli vietano e gli consento di<br />

fare, dai principi che gli trasmettono... Poi capita che un figlio si ribelli, capita che un<br />

padre svizzero trapiantato in Inghilterra imponga con severità al figlio di parlargli<br />

francese anziché in inglese e che per tutta risposta il figlio rigetti il forte spirito<br />

identitario del padre (diventando in compenso uno dei più grandi matematici del<br />

secolo scorso). Mi è capitato di vedere peruviani trapiantati in Giappone che si<br />

rassegnano a parlare in giapponese ai figli, perché impegnarsi nel crescere un figlio<br />

bilingue è troppa fatica. Ciò nonostante ho visto genitori italiani che hanno avuto<br />

figli misti all'estero e che si danno da fare per sviluppare il loro lato italiano. Ho<br />

incontrato ragazzi figli di polacchi emigrati in Colorado che ogni sabato mattina che<br />

Dio mandava in terra andavano alla scuola di polacco. Perché è istintivo che un<br />

genitore cerchi di trasmettere ai figli qualcosa di sé (probabilmente perché abbiamo<br />

un po' tutti la presunzione di pensare che quello che siamo, e che vogliamo<br />

trasmettere ai figli, sia il meglio in assoluto). Il meccanismo talvolta si inceppa con<br />

genitori che non si curano di trasmettere la propria lingua, cultura, identità ai figli?<br />

Certamente, ma il principio che sta alla base dello ius sanguinis è logico. Se l'uomo<br />

fosse un animale che partorisce i figli e dopo averli svezzati li abbandona non<br />

sarebbe così. Ma siccome l'uomo ha questo vizio di crescere un figlio e trasmettergli<br />

del suo il principio su cui si basa lo ius sanguinis è basato su una ratio logica.<br />

Lo stesso non si può dire dello ius soli. Lo abbiamo già visto nel capitolo 5.:<br />

pensare che il luogo di nascita influisca sull'identità del nascituro è come credere<br />

all'influenza di Giove o Saturno al momento della nascita. Per cercare di dare una<br />

parvenza di logicità allo ius soli si sono inventati questo bizzarro meccanismo per cui<br />

si dà la cittadinanza italiana al bambino che nasce in italia a condizione che il genitore<br />

abiti in italia da almeno un anno (proposta di legge di iniziativa popolare) o cinque<br />

anni (proposta di legge Sarubbi-Granata). Ma anche in questo caso manca una base<br />

logica: se il genitore è in italia da un certo numero di anni la cultura, la lingua e i<br />

costumi italiani li avrà assorbiti il genitore (che però rimane senza cittadinanza) non il<br />

figlio (che invece la ottiene). Se il genitore si è integrato a tal punto da sentirsi italiano<br />

49


9. Che fine fa lo ius sanguinis?<br />

faccia la domanda di naturalizzazione: diventerà italiano e trasmetterà la sua<br />

cittadinanza ai figli, così come già ora la legge consente di fare.<br />

Lo ius soli non è demenziale solamente perché dopo essere nato uno può vivere<br />

da tutt'altra parte del mondo. Lo ius soli è demenziale ancora prima di arrivare a quel<br />

livello; è demenziale già nel momento in cui si analizza la base logica del principio. A<br />

meno che non crediate nell'astrologia, s'intende.<br />

C'è poi un secondo livello da analizzare, quello che riguarda la consistenza<br />

numerica di quanto la legge presenti casi assurdi. Abbiamo già detto che ogni legge<br />

prevede casi che sembrano del tutto illogici al sentire comune, benché rispettosi della<br />

legge. Proviamo a dare una consistenza numerica a questi buchi sia per lo ius soli che<br />

per lo ius sanguinis.<br />

Nel caso dello ius soli si tratta di analizzare quanto sia grande la percentuale di<br />

stranieri che lasciano l'italia dopo averci passato uno o cinque anni (a seconda delle<br />

diverse proposte di legge), ossia coloro che darebbero vita a un figlio di cittadinanza<br />

italiana che poi vivrebbe altrove e <strong>qui</strong>ndi non sarebbe italiano di fatto. Purtroppo<br />

non sono riuscito a trovare dati sugli stranieri che lasciano l'italia raggruppati per<br />

durata di permanenza. L'Istat fornisce solo i dati aggregati, da cui si ricava che nel<br />

2010 a fronte di 424 mila immigrati entrati in italia ne sono usciti circa 96 mila<br />

(sommando i circa 33 mila cancellati per emigrazione e i circa 63 mila cancellati per<br />

irreperibilità, che si sono dimenticati di cancellarsi dall'anagrafe) 18 . Ciò significa che<br />

gli stranieri che lasciano l'italia sono il 22,6% circa rispetto agli stranieri che la<br />

abbandonano. Nel 2009 invece a fronte di 407 mila immigrati entranti hanno lasciato<br />

l'italia quasi 76 mila stranieri: in questo caso gli stranieri che hanno lasciato l'italia<br />

sono il 18,7% rispetto a quanti entrano.<br />

Purtroppo abbiamo i dati solo sul totale, non sappiamo cioè quanti dei 96 mila<br />

stranieri scomparsi nel 2010 abbiano lasciato l'italia dopo un anno o dopo cinque<br />

anni e quanti invece prima. Certo che se il limite per lo ius soli fosse fissato, come<br />

ipotizzato dalla proposta di legge di iniziativa popolare a un solo anno (lo ripeto<br />

perché so che sembra assurdo, ma è così: questa gente considera stanziale una<br />

persona che vive in italia da un anno) verrebbe difficile credere che tutti quei 96 mila<br />

stranieri erano persone arrivate l'anno prima. Ci sarà qualcuno che se ne è andato<br />

dopo sei mesi come qualcuno che se ne è andato dopo tre anni o dopo sei anni.<br />

In mancanza dei dati suddivisi per anni di permanenza non sappiamo quanti<br />

sarebbero i bambini nati in italia e italiani per ius soli che però crescerebbero altrove<br />

in quanto i genitori dopo la loro nascita lasciano l'italia.<br />

Rimane però questa impressionante porta girevole dell'immigrazione per cui c'è<br />

uno straniero che lascia l'italia ogni cinque che vi entrano. Così, giusto per dare<br />

18 http://www.istat.it/it/archivio/39726<br />

50


La truffa dello ius soli<br />

un'idea dell'ordine di grandezza, non stiamo parlando di un 1% o di un 2%, ma di un<br />

20%.<br />

Passiamo ora allo ius sanguinis che invece genera casi assurdi come il classico<br />

brasiliano con in tasca il passaporto italiano solo perché aveva un nonno italiano,<br />

benché non parli nemmeno una parola di italiano. Più o meno abbiamo incontrato<br />

tutti uno di questi brasiliani furbetti che si ricordano di essere italiani solo quando si<br />

tratta di usare il passaporto italiano per recarsi negli Stati Uniti Americani senza visto.<br />

C'è della gente che li odia proprio questi brasiliani furbetti, forse per la sfacciataggine<br />

con cui si bullano della loro furbata.<br />

Guardando i numeri però ci si acc<strong>org</strong>e che la percezione di questo fenomeno è<br />

ampiamente enfatizzata: in realtà i brasiliani furbetti sono molti di meno di quello<br />

che solitamente si pensa.<br />

Cerchiamo di quantificare il fenomeno dando qualche numero. Innanzitutto<br />

vogliamo capire quanti sono i discendenti di italiani in Brasile; su questo le fonti sono<br />

discordanti: il sito dell'Ambasciata italiana a Brasilia dice che sono 25 milioni 19 , un<br />

documento del Ministero degli Esteri spara invece un totale di circa 30 milioni di<br />

Brasiliani di origine italiana 20 . Altre fonti 21 parlano di una cifra attorno dai 22 ai 25<br />

milioni. Giusto per metterci nella condizione più cautelativa stiamo bassi e<br />

consideriamo solo (si fa per dire) 20 milioni di brasiliani discendenti da immigrati<br />

italiani. Non tutti però hanno conservato la cittadinanza; infatti il Ministero<br />

dell'Interno ci dice che cittadini italiani in Brasile sono solo 268 mila 22 . Ciò significa<br />

che solo l'1,3 % dei discendenti italiani in Brasile ha la cittadinanza italiana. E siamo<br />

stati bassi nel considerare in 20 milioni gli oriundi italiani in Brasile; se avessimo<br />

usato la stima di 25 milioni avremmo ottenuto un 1,1 %. La percentuale è poi<br />

destinata a scendere ulteriormente se ai 268 mila cittadini italiani che abitano in<br />

Brasile sottraiamo gli italiani che sono nati in italia e poi sono emigrati in Brasile,<br />

visto che di certo non possono rientrare nella categoria dei Brasiliani furbetti.<br />

E per quanto riguarda gli altri stati? Secondo l'inattendibile wikipedia<br />

considerando solo gli undici paesi che hanno ricevuto la maggiore immigrazione<br />

dall'italia (Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Francia, Perù,<br />

Venezuela, Uruguay e Stati Uniti d'America) si contano 74 milioni di persone con<br />

origini italiane 23 . Sono troppi, dite che non sono così tanti? Va bene, vi concedo uno<br />

sconto: facciamo 60 milioni, vi sta bene? E vada per i 60 milioni. Ebbene, i cittadini<br />

italiani residenti in questi paesi, sono solo 2,2 milioni circa 24 . Significa che solo il<br />

19 http://www.ambbrasilia.esteri.it/Ambasciata_Brasilia/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione<br />

_politica/Storia/<br />

20 http://www.esteri.it/MAE/pdf_paesi/AMERICA/Brasile.pdf<br />

21 http://www.consultanazionaleemigrazione.it/itestero/Gli_italiani_in_Brasile.pdf<br />

22 http://infoaire.interno.it/statistiche2009/stat_americam_circ.html<br />

23 http://en.wikipedia.<strong>org</strong>/wiki/Italian_diaspora#Italian_ancestry_by_country<br />

24 http://infoaire.interno.it/statistiche2009/stat_ripartizioni.html<br />

51


9. Che fine fa lo ius sanguinis?<br />

3,6% dei discendenti di italiani in realtà ha conservato la cittadinanza italiana. E<br />

considerate che nel calcolo abbiamo considerato tutti gli italiani residenti in quei<br />

paesi, non solo i discendenti di immigrati italiani ma anche coloro che sono nati in<br />

italia e che poi si sono trasferiti in quei paesi. Di certo per paesi come la Francia, gli<br />

Stati Uniti d'America o il Canada sono ancora molti gli italiani che vi immigrano oggi<br />

e che non dovrebbero rientrare nel computo dei discendenti. Difficile però<br />

scorporarli numericamente. Per quello che vogliamo capire però la mezza virgola<br />

non è così importante, basta capire l'ordine di grandezza del fenomeno, ed abbiamo<br />

visto che si attesta attorno a qualche unità percentuale. Quando si parla di un<br />

pronipote di emigrato italiano che grazie all'antenato gira il mondo con passaporto<br />

italiano senza parlare una parola d'italiano si descrive un fenomeno minoritario tra i<br />

discendenti di emigrati italiani.<br />

Perciò quando i sostenitori dello ius soli tirano fuori dal cilindro la storia del<br />

brasiliano furbetto per giustificare lo ius soli oltre a cadere nella fallacia della<br />

marachella ingigantiscono un fenomeno che nella realtà dei fatti è estremamente<br />

limitato. Agitano lo spettro del brasiliano furbetto per parlare alla pancia degli italiani<br />

e creare facile consenso. Tecnica che va bene per un dibattito televisivo in cui si deve<br />

strappare un applauso dal pubblico guardando in camera, o che va bene per un<br />

dibattito in una sede dell'ARCI per farsi gridare un “bravo! giusto!” da qualcuno già<br />

convinto che cerca solo qualche tesi facile da ripetere al bar per suffragare quello che<br />

già di suo pensa. Ma è un discorso che crolla alla verifica dei fatti, quella che<br />

facciamo <strong>qui</strong>.<br />

Nella realtà dei fatti così come l'identità nazionale si annacqua generazione dopo<br />

generazione così anche la cittadinanza prima o poi si perde. Vale l'esempio di quel<br />

mio studente brasiliano nato da una madre che possiede la cittadinanza italiana<br />

essendo nipote di un emigrato italiano. Egli però non è cittadino italiano, benché<br />

nato da madre – almeno sulla carta – italiana. Come mai? È presto detto. Quando<br />

nacque i genitori si trovavano a Tolosa, e per questioni logistiche non hanno potuto<br />

registrarne la nascita al consolato (cosa di per sé non semplice, vista la quantità di<br />

scartoffie, timbri, contro timbri e apostille). Tornati in Brasile poi non hanno più<br />

potuto registrarlo perché bisognava farlo al consolato italiano del luogo dove il figlio<br />

era nato. Così rimase senza cittadinanza italiana.<br />

Ed è così, prima o poi la cittadinanza generazione dopo generazione si perde; una<br />

volta per problemi logistici, una volta perché il genitore si arrende dopo aver fatto<br />

cinque viaggi a vuoto al consolato che apre solo due volte a settimana (ma solo la<br />

mattina!) e ti trovi una coda inverosimile davanti all'unico sportello. Quando poi<br />

queste persone cercano di riac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana facendone istanza le<br />

rappresentanze diplomatiche italiane sembrano fare tutto il possibile per mettere loro<br />

i bastoni tra le ruote. Spesso i sostenitori dello ius soli descrivono come una<br />

passeggiata il meccanismo con cui un brasiliano o un argentino possa ottenere la<br />

52


La truffa dello ius soli<br />

cittadinanza italiana solo perché ha un nonno italiano. In realtà basta parlare con un<br />

qualsiasi brasiliano dal nonno italiano che ha provato questa strada per sentirsi dire<br />

che ottenere un passaporto italiano con questa procedura è come vincere un terno<br />

secco al lotto. Già riuscire a presentare domanda è un'impresa, tra una coda<br />

chilometrica e un impiegato che va a prendersi un caffè ogni cinque minuti.<br />

Vedersela poi approvata è roba da segnarsi con un gomito, se nel frattempo la pratica<br />

non è stata ingoiata da qualche roditore del consolato, dopo aver passato qualche<br />

anno su una pila a prendere polvere con altre pratiche.<br />

A pensar male si direbbe che ci sia un boicottaggio nei confronti dei discendenti<br />

di italiani all'estero per scoraggiarli dal presentare domanda di cittadinanza, che –<br />

ricordiamolo – rimane un loro diritto (fintanto che l'attuale legge resta in vigore). Ma<br />

siccome non vogliamo pensar male ci limitiamo a osservare che gli uffici consolari<br />

non danno propriamente il 101% in questo servizio.<br />

Resta però ancora un punto da chiarire. I sostenitori dello ius soli utilizzano la<br />

storia del brasiliano furbetto per giustificare lo ius soli: come è mai possibile che il<br />

brasiliano furbetto abbia il passaporto italiano e il figlio di un albanese nato in italia<br />

no? Usando la fallacia della marachella cercano di venderti lo ius soli, ma si<br />

dimenticano di una cosa. Con la tua proposta di legge hai sistemato il figlio<br />

dell'albanese che nasce sul sacro territorio italico, ma che fine fa il brasiliano<br />

furbetto? In altre parole, che fine fa lo ius sanguinis?<br />

Curiosamente nessuna delle proposte di legge prevede modifiche all'attuale<br />

meccanismo che porta il discendente di un italiano emigrato in Brasile, in Argentina<br />

o in Australia a ricevere la cittadinanza italiana per ius sanguinis. Eppure è strano,<br />

perché in ogni dibattito televisivo in cui si discute di questa questione viene ripetuta<br />

la storia del brasiliano (o dell'argentino, australiano …) con il passaporto italiano<br />

benché non italiano di fatto. Ma nonostante questo meccanismo venga così tanto<br />

criticato non si muove nemmeno una virgola per cambiarlo. Si introduce lo ius soli<br />

come contrapposizione allo ius sanguinis ma nel momento in cui si mette mano alla<br />

legge ci si ricorda solo di introdurre lo ius soli, mentre il tanto vituperato ius<br />

sanguinis rimane lì così com'era prima.<br />

Peccato, perché ci sono tanti italiani all'estero che si domandano che ne sarà dei<br />

loro figli nati oltre confine. Le schiere di giovani che in questi anni sono partiti e<br />

tutt'ora partono si pongono l'interrogativo: non è che questi vogliono togliermi il<br />

diritto di trasmettere la mia cittadinanza a mio figlio?<br />

Parlano del brasiliano furbetto che di italiano ha solo un bisnonno, ma non è che<br />

poi con questa scusa tolgono la cittadinanza a tutti i figli di italiani nati all'estero,<br />

anche per coloro che invece hanno ben saldi i rapporti con il paese d'origine?<br />

53


9. Che fine fa lo ius sanguinis?<br />

Purtroppo i sostenitori dello ius soli non si pronunciano su questa questione. Si<br />

limitano a criticare strumentalmente lo ius sanguinis, ma poi non avanzano nessuna<br />

proposta di riforma.<br />

Per questo rivolgo <strong>qui</strong>, pubblicamente, la domanda a tutti coloro che pongono la<br />

questione dello ius soli nel dibattito politico, e lo fanno adoperando la storiella del<br />

brasiliano-finto-italiano: ditemi, che ne è dello ius sanguinis? Che proponete? Volete<br />

togliere la facoltà ai cittadini italiani all'estero di trasmettere la loro cittadinanza ai<br />

figlio? Con che criteri?<br />

Domande chiare che esigono una risposta, ma non mi aspetto di riceverne (di<br />

oneste almeno). C'è un motivo del tutto evidente per cui i politici che propongono lo<br />

ius soli non affrontano questa questione: non è dimenticanza, svicolano<br />

intenzionalmente. Provate a pensare cosa succederebbe se proponessero di abolire lo<br />

ius sanguinis, in modo che i cittadini italiani all'estero non possano più trasmettere la<br />

loro cittadinanza ai figli nati non in italia. Qualsiasi partito che appoggiasse una legge<br />

del genere vedrebbe i suoi voti nei collegi esteri precipitare a picco. Sarebbe<br />

facilissimo andare dagli italiani all'estero e dire loro qualcosa del tipo: non votare chi<br />

proibisce a tuo figlio il diritto di essere italiano! Ti hanno tradito, non vogliono che tuo figlio sia<br />

italiano, ma vogliono il tuo voto! Tu non votarli!<br />

Abbiamo già visto come i voti degli italiani all'estero furono decisivi nelle elezioni<br />

politiche del 2006 per l'affermazione al Senato di una maggioranza a favore di<br />

Romano Prodi (che invece non avrebbe avuto la maggioranza contando solo i seggi<br />

attribuiti in italia). Quale partito sarebbe così masochista da buttare al vento il bacino<br />

di voti degli italiani all'estero?<br />

Parlano dei principi, fanno i bei discorsi nei dibattiti televisivi e nelle tavole<br />

rotonde, poi però all'atto pratico si dimenticano di tradurli in legge per non perdere<br />

voti. Ovviamente il concetto di coerenza è stato messo nell'ultimo baule nascosto in<br />

fondo alla cantina.<br />

Il comportamento dei politici che sostengono lo ius soli non cambia in sé la bontà<br />

o la stupidità dei concetti di cui stiamo trattando. Lo ius soli è demenziale per tutte le<br />

motivazioni che abbiamo <strong>qui</strong> elencato, a prescindere che esso sia proposto da grandi<br />

statisti o da omuncoli che stendono le loro proposte stando attenti a non perdere<br />

troppi voti. Ma questo ci dice di che pasta sono queste persone con cui abbiamo a<br />

che fare, e quale sia la loro onestà intellettuale.<br />

In effetti a pensarci bene si potrebbe anche estendere il discorso: ma se lo ius<br />

sanguinis non lo toccano per paura di perdere i voti degli italiani all'estero non è che<br />

sotto sotto propongono lo ius soli per guadagnarsi una vagonata di voti facili da<br />

coloro a cui vogliono regalare la cittadinanza?<br />

54


10. E allora buttati nel lago anche tu<br />

È stata la colonna sonora della mia infanzia. Spesso se i miei genitori mi<br />

proibivano qualcosa ricorrevo allo stratagemma dell'amichetto “uffa.. però Pieraugusto<br />

lo fa... perché io no?”; essi mi rispondevano “Allora se Pieraugusto si butta nel lago ti butti<br />

anche tu?”. Dicevano così perché abitavo in riva al Lario; i bambini cresciuti vicino a<br />

un ponte si saranno sentiti dire la stessa cosa con il ponte al posto del lago;<br />

probabilmente i bambini più sfortunati che sono cresciuti in posti come Milano si<br />

saranno sentiti parlare di un cavalcavia, ma il concetto è poi sempre lo stesso.<br />

Già arrivati all'età di otto-nove anni si smetteva di giustificarsi coi genitori tirando<br />

in ballo l'amichetto, perché ormai si aveva appreso che le cose si fanno o non si<br />

fanno perché sono giuste o sbagliate, non perché le fa anche qualcun altro. Già a<br />

quell'età il concetto di pecoronismo era stato assorbito, ed era chiaro che fare una<br />

cosa solo perché la fanno anche gli altri è stupido.<br />

Ciò nonostante oggigiorno mi trovo davanti a persone che hanno ben più di ottonove<br />

anni e che tirano ancora fuori lo stratagemma dell'amichetto per giustificare le<br />

loro proposte politiche. In questo caso l'amichetto è diventato un paese straniero: e<br />

pensare che negli Stati Uniti Americani lo ius soli è un principio così scontato!<br />

Quindi dobbiamo adottare lo ius soli perché esso è usato anche da Pieraugusto,<br />

pardon, dagli Stati Uniti Americani. La cosa curiosa è che poi molti di quelli che se<br />

ne escono con questa frase sono persone che combattono duramente la pena di<br />

morte. Sarebbe divertente dire loro: e pensare che in molti degli Stati Uniti Americani il<br />

concetto che venga condannato a morte chi ha commesso un omicidio è così scontato! Allora che<br />

facciamo? Adottiamo la pena di morte anche noi perché lo fanno anche gli Stati Uniti<br />

Americani? Se si buttano nel lago loro ci buttiamo anche noi?<br />

Già <strong>qui</strong> il discorso potrebbe essere chiuso: abbiamo il dovere di adottare leggi che<br />

sono giuste in sé, non perché lo fanno anche gli altri.<br />

Nonostante questo, non chiudo l'argomento <strong>qui</strong>, perché c'è qualche altro dato<br />

interessante da riportare. Spesso infatti mi sono sentito dire che la legge italiana sulla<br />

cittadinanza è una delle più rigide in Europa. Abbiamo visto che, fosse anche vero,<br />

ciò non significherebbe nulla di per sé: se la nostra legge è buona significa che è il<br />

55


10. E allora buttati nel lago anche tu<br />

resto dell'Europa che ci deve imitare, non che noi dobbiamo livellarci verso il basso.<br />

Ma, giusto per uno scrupolo, controlliamo se è proprio vero che la legge italiana sulla<br />

cittadinanza è una delle più rigide in Europa.<br />

Innanzitutto, perché vale la pena di fare un paragone in Europa? Spesso i<br />

sostenitori dello ius soli fanno il paragone con gli Stati Uniti Americani, dove lo ius<br />

soli è lunga tradizione. L'assunto è che gli Stati Uniti Americani hanno adottato lo ius<br />

soli sulla base del fatto che sono un paese di forte immigrazione, perciò nel<br />

momento in cui anche l'italia diventa oggetto di un elevato flusso di immigrati è<br />

tenuta a modificare la sua legge in direzione dello ius soli. In altre parole: siccome<br />

anche l'italia è divenuta negli ultimi lustri un paese di immigrazione è tenuta a fare<br />

come gli altri paesi di tradizionale immigrazione. Questo assunto è già di per sé<br />

fallace: l'italia può decidere di sua spontanea volontà di migrare verso lo ius soli, se<br />

ritiene che questo sistema sia migliore. Non è certo l'arrivo di milioni di immigrati<br />

che può obbligarla a fare questa scelta a seguito di loro pretese di cittadinanza.<br />

Questo per il principio base della democrazia secondo cui il potere di fare le leggi è<br />

attribuito ai cittadini di un paese tramite i loro rappresentanti eletti nelle assemblee<br />

legislative. Se non hai diritto di voto non puoi imporre a uno Stato di cambiare le sue<br />

leggi secondo i tuoi desideri. Un immigrato, ma anche cento, mille o dieci milioni di<br />

immigrati che non hanno la cittadinanza italiana possono chiedere, gentilmente, se<br />

quella legge può essere cambiata, ma se il Parlamento risponde di no a quel punto<br />

non possono avanzare alcun diritto. E se a qualcuno venisse in mente che questo<br />

principio sia classificabile come “brutto, razzista, cattivo e pure peloso” rimando<br />

direttamente all'art. 1 comma secondo della Costituzione italiana (“La sovranità<br />

appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”). L'italia può<br />

considerare l'opportunità di cambiare la propria legge sulla cittadinanza adottando lo<br />

ius soli, ma non ha alcun dovere di farlo per il fatto che sul territorio italiano ci siano<br />

milioni di stranieri. Possono anche entrare in italia trenta milioni di cittadini stranieri,<br />

ma anche in trenta milioni non possono avanzare alcun diritto alla modifica della<br />

legge italiana.<br />

Negli Stati Uniti Americani la cittadinanza segue il principio dello ius soli perché<br />

non è mai esistito un popolo americano prima della colonizzazione. C'era un enorme<br />

continente libero, un po' di gente ci si è trasferita (taluni un po' “forzati”) e un nuovo<br />

paese nel tempo è stato fondato dal nulla. Se qualcuno potesse rivendicare lo ius<br />

sanguinis quelli sarebbero i nativi americani; ma tolti loro nessuno può pretendere<br />

ius sanguinis di un popolo creato dal nulla. L'unica cosa che accomuna i cittadini<br />

statunitensi è il luogo per cui, in una maniera o nell'altra, si sono trovati ad abitare;<br />

per questo è naturale parlare di ius soli. Sarebbe davvero bizzarro se gli Stati Uniti<br />

Americani rivendicassero uno ius sanguinis in un paese che non è nemmeno il loro:<br />

arrivano, scacciano i legittimi proprietari e se ne appropriano a tal punto da dire che<br />

sono loro il vero popolo di quel paese e che <strong>qui</strong>ndi la cittadinanza deve seguire il loro<br />

56


La truffa dello ius soli<br />

sangue. Lo ius soli negli Stati Uniti Americani corrisponde a quel minimo di<br />

educazione per cui ok, il paese non è mio... almeno faccio finta di non esagerare e farla proprio<br />

da padrone al 100%; facciamo che oltre ad essere il mio paese è il paese un po' di tutti e morta lì.<br />

La situazione è totalmente diversa nei paesi europei perché, al contrario degli Stati<br />

Uniti Americani, in questo caso abbiamo un territorio che già appartiene a un popolo<br />

e degli immigrati che vogliono stabilircisi. Non è che gli immigrati arrivano su un<br />

vasto territorio vuoto e fondano un paese dal nulla. Arrivano dove c'è già un padrone<br />

di casa (che – per il momento – non è ancora finito nelle riserve). Fossero anche<br />

decine di milioni di immigrati, il padrone di casa già c'è.<br />

Compreso che il paragone con gli Stati Uniti Americani è privo di qualsivoglia<br />

logica storica e che non è certo l'immigrazione a imporre all'italia di cambiare la<br />

propria legge sulla cittadinanza, torniamo al paragone con gli altri paesi europei. Lo<br />

ripeto, il paragone non è necessario, perché se anche tutti gli altri paesi europei<br />

fossero così stolti da applicare il principio dello ius soli non dobbiamo “buttarci nel<br />

lago” anche noi. Tuttavia possiamo dare un'occhiata a quello che succede nel resto<br />

dei paesi europei per due motivi. Il primo riguarda la classica frase “eppure nel resto<br />

d'Europa...”, “non succede in nessun altro paese d'Europa...”; la si sente in merito alle più<br />

disparate tematiche, poi si scopre che è una frase fatta senza alcun riscontro. Al<br />

massimo si basa sul paragone con tre o quattro Stati europei, scelti accuratamente tra<br />

quelli con cui puoi sostenere la tua tesi. Tanto poi nessuno andrà mai a verificare per<br />

tutti i paesi europei come funziona, ripeterà a pappagallo che funziona così “in tutta<br />

Europa” e la gente ci crederà. Nel caso specifico della cittadinanza ho sentito dire più<br />

volte che la legge italiana sulla cittadinanza è una delle più dure in Europa e che il<br />

fatto di non avere lo ius soli rappresenta un anacronismo imperdonabile. Poi però si<br />

scopre che “in tutta Europa” per quelle persone significa Germania e Gran Bretagna;<br />

una concezione un po' restrittiva di “in tutta Europa”. Vale la pena allora andare a<br />

controllare paese per paese dove c'è lo ius soli, con che condizioni, e dove invece<br />

non c'è.<br />

Il secondo motivo per cui il confronto con gli altri paesi europei ha senso è che i<br />

cittadini di uno Stato appartenente all'Unione Europea detengono, oltre alla<br />

cittadinanza del proprio Stato anche la cittadinanza dell'Unione Europea. Essa<br />

attribuisce loro una vasta gamma di diritti come il diritto di vivere e soggiornare in<br />

un qualsiasi altro Stato dell'Unione Europea senza dover chiedere alcun visto né di<br />

residenza né di lavoro (è un loro diritto). Tolti i diritti elettorali un cittadino europeo<br />

che si trasferisce in un altro paese europeo è trattato quasi come un cittadino di<br />

quello stato. Ogni stato, ovviamente, ha il diritto di espellere un cittadino europeo in<br />

caso di particolari reati, o anche solo nel caso in cui non possa dimostrare di avere i<br />

mezzi per sostenersi. Tuttavia nel momento in cui uno Stato europeo concede la<br />

cittadinanza a un immigrato, gli dà anche il diritto di vivere in italia o in un qualsiasi<br />

57


10. E allora buttati nel lago anche tu<br />

altro paese dell'Unione Europea. Guardare cosa succede negli altri paesi europei ha<br />

<strong>qui</strong>ndi un suo senso.<br />

A questo scopo ho compilato la tabella 5 in cui, per ogni paese dell'Unione<br />

Europea, ho riportato la presenza o meno dello ius soli nella legge che in quel paese<br />

regola la cittadinanza. Visto che talvolta i termini vengono confusi (spesso<br />

appositamente) è meglio specificare cosa intendo in questa tabella per ius soli. Ho<br />

considerato come ius soli il meccanismo per cui un bambino nato nel territorio di<br />

uno Stato riceve la cittadinanza di quello stato benché i genitori siano stranieri, al<br />

momento della nascita e sotto particolari condizioni dettate dalla legge. Non si parla<br />

<strong>qui</strong>ndi di ius soli americano, quello per cui un bambino riceve la cittadinanza<br />

statunitense se nasce negli Stati Uniti Americani (anche se la madre passava di lì per<br />

sbaglio in quel momento). Considero come ius soli proprio il meccanismo che la<br />

proposta di legge Sarubbi-Granata e la proposta di legge di iniziativa popolare<br />

vorrebbero introdurre in italia, ossia dare la cittadinanza italiana a figli di coloro che<br />

risiedono in italia (da cinque anni per la proposta di legge Sarubbi-Granata e da un<br />

anno per la proposta di legge di iniziativa popolare).<br />

Non viene considerato ius soli il meccanismo per cui viene data la cittadinanza di<br />

un paese a un bambino nato in quel paese in casi molto particolari, come ad esempio<br />

quando i genitori sono apolidi o quando non trasmettono la propria cittadinanza al<br />

figlio perché questo non è previsto dalla legge del loro paese. In questo caso viene<br />

praticamente sempre data la cittadinanza al bambino nato in quel paese per evitare<br />

che il bambino rimanga senza cittadinanza. Al pari non considero ius soli il principio<br />

per cui viene data la cittadinanza a un infante ritrovato sul territorio dello stato senza<br />

genitori o del quale i genitori non siano noti. Anche in questo caso viene quasi<br />

sempre data la cittadinanza del paese in cui viene ritrovato perché non si può certo<br />

lasciare quel bambino senza cittadinanza.<br />

Un po' più complesso è il caso del doppio ius soli, che consiste nell'attribuire la<br />

cittadinanza di quel paese non ai figli degli immigrati ma ai figli di chi in quel paese è<br />

a sua volta già nato. In alcuni casi le condizioni sono addirittura più restrittive, come<br />

per i Paesi Bassi in cui si arriva fino a nonni che al momento della nascita del<br />

genitore devono avere la residenza nei Paesi Bassi. Oltre a non essere ius soli come<br />

inteso precedentemente (ossia residenza per i nati in quel paese da immigrati) le<br />

condizioni sono così restrittive che rendono questi casi poco realistici. Se il genitore<br />

è nato in quel paese e vi si trova ancora quando fa un figlio si può sperare (a meno<br />

che non faccia un figlio a sedici anni) che abbia anche avuto il tempo per<br />

naturalizzarsi.<br />

Chiarito questo analizziamo la tabella 5; insieme all'indicazione sulla presenza o<br />

meno dello ius soli nella colonna centrale sono riportate nella colonna di destra le<br />

condizioni imposte dalla legge. Il caso più permissivo è quello del Regno Unito, che<br />

concede la cittadinanza ai figli degli immigrati che sono residenti stabilmente nel<br />

58


La truffa dello ius soli<br />

paese, senza specificare da quanti anni. In tutti gli altri casi il genitore deve essere<br />

legalmente residente in quel paese da un certo numero di anni: 3 per l'Irlanda, 5 per<br />

Grecia, Belgio e Portogallo, 8 per la Germania.<br />

Innanzitutto notiamo che il termine brevissimo di un solo anno di residenza<br />

inserito nella proposta di legge di iniziativa popolare, tolto il Regno Unito, farebbe<br />

dell'italia il paese con lo ius soli più permissivo in Europa. E, in effetti, pensare che<br />

uno sia stabilmente residente in un paese dopo averci vissuto solo un anno è una<br />

plateale stupidaggine (almeno dicano chiaramente che è una sanatoria, invece di<br />

raccontare la favoletta per cui una persona dopo un anno è stabilmente residente e<br />

inserita nel tessuto sociale al punto che il figlio debba essere italiano).<br />

Spesso viene citata la Germania come esempio di ius soli da imitare, ma è utile<br />

evidenziare che la legge tedesca prevede un periodo di residenza (otto anni) per lo<br />

ius soli che e<strong>qui</strong>vale al periodo di residenza richiesto per ottenere la cittadinanza<br />

tedesca per naturalizzazione. Quindi se anche non ci fosse lo ius soli dopo otto anni<br />

di residenza in Germania il genitore potrebbe comunque ottenere la cittadinanza<br />

tedesca per naturalizzazione e trasmetterla al figlio per ius sanguinis.<br />

Dopodiché ci acc<strong>org</strong>iamo della cosa più importante: i paesi europei che adottano<br />

lo ius soli sono tutti lì. Belgio, Germania, Grecia, Irlanda, Portogallo e Regno Unito.<br />

Tutti gli altri paesi Europei non prevedono nella propria legge il meccanismo dello<br />

ius soli per i figli degli immigrati, mentre si basano principalmente sullo ius sanguinis.<br />

La favoletta per cui la legge italiana sulla cittadinanza è la più severa d'Europa<br />

perché non prevede lo ius soli è una falsità. Tolti quei pochi paesi menzionati in<br />

precedenza nel resto d'Europa lo ius soli non esiste.<br />

E lo ripeto, non che sia questa la cosa più importante, ma quando un sostenitore<br />

dello ius soli è alla canna del gas e non sapendo che pesci prendere si attacca alla<br />

storia per cui “in tutta Europa è così” gli si risponde che no, in tutta Europa non è così.<br />

Nemmeno sul piano, del tutto secondario, del conformismo tra stati lo ius soli vince.<br />

Lo ius soli perde su tutti i fronti.<br />

Austria No<br />

IUS SOLI Condizioni<br />

Belgio Sì Se un genitore è nato in Belgio o vi ha<br />

vissuto stabilmente almeno 5 anni negli<br />

ultimi 10 anni<br />

Bulgaria No<br />

Cipro No?<br />

Danimarca No<br />

59


Estonia No<br />

Finlandia No<br />

10. E allora buttati nel lago anche tu<br />

Francia Quasi no Un genitore deve essere nato in Francia<br />

Germania Sì Un genitore deve essere residente in<br />

Germania da 8 anni<br />

Grecia Sì I genitori devono essere residenti in Grecia<br />

da 5 anni (nel caso non siano ancora<br />

residenti da cinque anni al momento della<br />

nascita possono comunque richiedere la<br />

cittadinanza per il figlio al compimento dei 5<br />

anni di residenza).<br />

Irlanda Sì Un genitore deve essere residente in Irlanda<br />

da almeno 3 anni cumulati negli ultimi 4<br />

anni<br />

Italia No<br />

Lettonia No<br />

Lituania No<br />

Lussemburgo Quasi no Un genitore deve essere nato in<br />

Lussemburgo<br />

Malta Praticamente no Un genitore deve essere un cittadino<br />

Maltese emigrato o una persona nata a<br />

Malta ed emigrato prima dell'indipendenza.<br />

Paesi Bassi Praticamente no Il genitore deve avere la residenza nei Paesi<br />

Bassi e deve essere nato a sua volta da un<br />

genitore che aveva al momento della nascita<br />

la residenza nei paesi bassi<br />

Polonia No<br />

Portogallo Sì Se almeno un genitore ha vissuto in<br />

Portogallo per 5 anni<br />

Regno Unito Sì La legge richiede che un genitore sia solo<br />

residente stabilmente nel Regno Unito<br />

(legalmente) senza specificare da quanti<br />

anni.<br />

60


La truffa dello ius soli<br />

Rep. Ceca No<br />

Romania No<br />

Slovacchia No<br />

Slovenia No<br />

Spagna No Ma i nati sul territorio spagnolo possono<br />

ottenere la cittadinanza per naturalizzazione<br />

con un solo anno di residenza.<br />

Svezia No<br />

Ungheria No<br />

Tabella 5: Ius soli nei paesi dell'Unione Europea<br />

Nota metodologica: per compilare questa tabella mi sono rifatto alle leggi sulla<br />

cittadinanza dei paesi europei reperite su internet. Ho cercato, per quanto possibile<br />

sempre il testo ufficiale e aggiornato della legge su siti istituzionali o comunque<br />

accademici. Ciò non toglie che ci possa essere qualche errore, sia dovuto a una fonte<br />

non aggiornata sia dovuto al fatto che il più delle volte non ho potuto consultare il<br />

testo nella lingua originale ma mi sono dovuto basare sulla traduzione in una lingua a<br />

me comprensibile (spero mi si perdoni di non parlare tutte le lingue ufficiali dei paesi<br />

Europei). Tranne qualche raro caso la traduzione era sempre fornita per puro scopo<br />

informativo e senza carattere di ufficialità. Potrebbero esserci <strong>qui</strong>ndi degli errori di<br />

interpretazione. Nel caso me ne scuso anticipatamente. In particolare in due casi<br />

sono rimasto nel dubbio. Per la Lituania dalla lettura della legge sembrerebbe che lo<br />

ius soli non sia presente, tuttavia altre fonti non ufficiali fanno menzione dello ius<br />

soli, benché non ne abbia trovata traccia nella legge. Il secondo caso dubbio è quello<br />

di Cipro, dove non ho trovato una traduzione della legge e mi sono dovuto basare su<br />

di un saggio accademico sulla cittadinanza cipriota.<br />

Di seguito sono riportati in tabella 6 i riferimenti legislativi su cui mi sono basato<br />

e gli indirizzi internet dove ottenere i testi delle leggi.<br />

Austria Staatsbürgerschaftsgesetz del 1985 e successive modifiche<br />

61<br />

http://eudo-citizenship.eu/NationalDB/docs/AT%20Nationality%20Act<br />

%201985%20%28consolidated%20version%20as%20by%20Law<br />

%2037%202006%29.pdf<br />

http://www.austria.<strong>org</strong>/austrians/citizens/citizenship


Belgio Ministero degli esteri del Belgio<br />

10. E allora buttati nel lago anche tu<br />

http://diplomatie.belgium.be/en/services/services_abroad/nationality/<br />

Bulgaria Legge sulla cittadinanza della Bulgaria del 1968, modificata nel<br />

1979, 1986 e 1989.<br />

Cipro<br />

http://www.legislationline.<strong>org</strong>/documents/action/popup/id/6198<br />

http://www.law.ed.ac.uk/citmodes/files/cyprus.pdf<br />

Danimarca Testo consolidato della legge sulla cittadinanza danese (n. 422 del<br />

7 Giugno 2004)<br />

www.nyidanmark.dk/NR/rdonlyres/52136BD4-FA62-4818-AABB-<br />

5709AABAC6A6/0/consolidation_act_no_422_7_june_2004.pdf<br />

Estonia Legge sulla cittadinanza del 19 Gennaio 1995 e successive<br />

modifiche<br />

http://www.legaltext.ee/text/en/X40001K6.htm<br />

Finlandia Legge sulla cittadinanza n. 359 del 1 Giugno 2003<br />

http://www.finlex.fi/en/laki/kaannokset/2003/en20030359<br />

Francia Codice civile francese<br />

http://195.83.177.9/code/liste.phtml?lang=uk&c=22&r=215<br />

Germania Legge sulla cittadinanza tedesca del 22 Luglio 1913 e successive<br />

modifiche (quella sullo ius soli è entrata in vigore nel 2000)<br />

http://www.bmi.bund.de/SharedDocs/Gesetzestexte/EN/Staatsangehoerig<br />

keitsgesetz_englisch.pdf?__blob=publicationFile<br />

Grecia Codice della cittadinanza greca – Legge n. 3284 del 2004<br />

modificata dalla legge n. 3838 del 2010<br />

http://www.athenspe.net/features/greeces-new-law-on-citizenship-andvoting-rights-of-migrants/<br />

Irlanda Legge sulla cittadinanza e nazionalità irlandese n. 26 del 1956,<br />

modificata dalla legge n. 23 del 1986, dalla legge 9 del 1994, dalla<br />

legge n. 15 del 2001 e dalla legge n. 38 del 2004.<br />

Italia Vedi Appendice<br />

http://www.inis.gov.ie/en/INIS/consolidationINCA.pdf/Files/consolidationIN<br />

CA.pdf<br />

62


La truffa dello ius soli<br />

Lettonia Legge sulla cittadinanza del 22 Agosto 1994, modificata con leggi<br />

del 15 Marzo 1995, del 6 Febbraio 1997 e del 22 Giugno 1998<br />

http://unpan1.un.<strong>org</strong>/intradoc/groups/public/documents/UNTC/UNPAN018<br />

407.pdf<br />

Lituania Legge sulla cittadinanza lituana del 17 Settembre 2002 n. IX-<br />

1078, modificata dalla legge del 15 Luglio 2008 n. X-1709<br />

http://www3.lrs.lt/pls/inter2/dokpaieska.showdoc_e?p_id=326111<br />

Lussemburgo Legge del 23 Ottobre 2008<br />

http://www.mj.public.lu/nationalite/nat_lux_2009_EN.pdf<br />

Malta Legge sulla cittadinanza maltese n. 188 del 21 Settembre 1964,<br />

modificata dalla legge n. 2 del 1970, dalla legge n. 31 del 1972,<br />

dalla legge n. 58 del 1974, dalla legge n. 31 del 1975, dalla legge<br />

n. 9 del 1977, dalla legge n. 13 del 1983, dalla legge n. 24 del<br />

1989, dalla legge n. 4 del 2000 e dalla legge n. 10 del 2007.<br />

http://www.mfa.gov.mt/Library/Citizenship%20Forms%20and<br />

%20Templates/chapt188.pdf<br />

La legge, in merito alla cittadinanza dei bambini nati a Malta fa<br />

riferimento ai soggetti di cui all'articolo 44.4 “a” e “b” della<br />

costituzione maltese<br />

Paesi Bassi Legge sulla cittadinanza dei Paesi bassi<br />

http://eudo-citizenship.eu/NationalDB/docs/NL%20Netherlands<br />

%20Nationality%20Act%20(consolidated%202010,%20English).pdf<br />

Polonia Legge sulla cittadinanza polacca del 1962 modificata nel 2007<br />

http://www.cklawoffice.eu/polish-citizenship-law.html#3<br />

Portogallo Legge sulla cittadinanza portoghese n. 37 del 3 Ottobre 1981 e<br />

successive modifiche<br />

http://eudo-citizenship.eu/NationalDB/docs/POR%20Law<br />

%2037%2081%20as%20consolidated%20by%20Law<br />

%202%2006%20(English).pdf<br />

Regno Unito Legge sulla nazionalità britannica del 1981 e successive<br />

modifiche<br />

http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1981/61#commentary-c1682821<br />

Rep. Ceca Legge sull'ac<strong>qui</strong>sto e la perdita della cittadinanza ceca n. 40 del<br />

63


1993 e successive modifiche<br />

10. E allora buttati nel lago anche tu<br />

http://portal.gov.cz/wps/portal/_s.155/701/.cmd/ad/.c/313/.ce/10821/.p/841<br />

1?PC_8411_p=3&PC_8411_l=40/1993&PC_8411_ps=10#10821<br />

Romania Legge n. 21 del 1991 sulla cittadinanza rumena ripubblicato nella<br />

Gazzetta ufficiale rumena n. 576/13 dell'Agosto 2010<br />

http://cetatenie.just.ro/LinkClick.aspx?fileticket=i6NdjVsgDnc<br />

%3d&tabid=42&mid=405<br />

Slovacchia Legge sulla nazionalità della Repubblica Slovacca n. 40 del 1993<br />

modificata dalla legge n. 70 del 1997, dalla legge n. 515 del 2003,<br />

dalla legge n. 36 del 2005, dalla legge n. 264 del 2005 e dalle<br />

legge n. 344 del 2007<br />

http://www.minv.sk/?statne-obcianstvo-1&subor=21104<br />

Slovenia Legge sulla cittadinanza slovena del 1999 e successive modifiche<br />

http://www.unhcr.<strong>org</strong>/refworld/country,,NATLEGBOD,,SVN,4562d8b62,3ae<br />

6b59118,0.html<br />

Spagna Codice civile spagnolo<br />

http://civil.udg.es/normacivil/estatal/cc/1t1.htm<br />

Svezia Legge sulla cittadinanza svedese 2001:82<br />

http://www.sweden.gov.se/sb/d/3926/a/29191<br />

Ungheria Legge sulla cittadinanza Ungherese del 1993 modificata nel 2010<br />

http://www.mfa.gov.hu/kulkepviselet/los_angeles/en/en_allampolgarsagi_t<br />

orveny/<br />

Tabella 6: Fonti legislative sullo ius soli nei paesi dell'Unione Europea<br />

64


11. I re<strong>qui</strong>siti<br />

Lo ius soli, come abbiamo visto, non ha alcuna base razionale. Si tratta di una<br />

scommessa sul futuro: se un bambino nasce in italia probabilmente vivrà in italia; ma<br />

non ha nulla a che vedere con un processo di integrazione. E non potrebbe essere<br />

altrimenti, visto che si dà la cittadinanza a un bambino appena nato non si può<br />

pretendere che già dimostri di essere italiano.<br />

Ci si potrebbe aspettare allora che chi propone lo ius soli imponga dei re<strong>qui</strong>siti ai<br />

genitori: va bene, volete dare la cittadinanza ai figli di coloro che vivono da almeno<br />

cinque anni in italia? Ma basta vivere cinque anni in italia o bisogna anche essersi<br />

integrati un pochettino? Sorprendentemente la proposta di legge Sarubbi-Granata<br />

richiede solo il re<strong>qui</strong>sito della residenza: uno straniero abita in italia da cinque anni,<br />

dà alla luce un figlio in italia e questo è italiano anche se i genitori in quei cinque anni<br />

non hanno imparato l'italiano e non si sono integrati nella società italiana. Hanno<br />

solo abitato in italia, ma nessuno controlla se in questo periodo di tempo oltre a<br />

viverci in italia hanno cercato di diventare almeno un po' italiani.<br />

Lo ius soli temperato come lo chiamano essi (ossia lo ius soli solo se il genitore<br />

vive nel paese da un certo periodo) non è visto come un'anticamera dello ius<br />

sanguinis ossia: il genitore non ha ancora ottenuto la cittadinanza perché il suo<br />

processo di integrazione non è ancora finito, però si è sforzato di diventare un po'<br />

italiano e nel frattempo che il genitore diventa italiano a tutti gli effetti io inizio a dare<br />

la cittadinanza al figlio.<br />

No, in questo caso la cittadinanza italiana viene data anche a figli di coloro che in<br />

quei cinque anni non hanno fatto nulla per integrarsi. I figli cresceranno in famiglie<br />

totalmente straniere, perciò la cittadinanza viene data loro sulla fiducia, incrociando<br />

le dita e sperando che i genitori restino in italia e magari li mandino a una scuola<br />

dove imparino l'italiano: la cittadinanza-scommessa.<br />

Piccola nota: sì, è possibile vivere cinque anni in un paese e non impararne la<br />

lingua. Posso citare molti casi di persone che non hanno mai imparato la lingua del<br />

paese dove abitavano benché ci abbiano vissuto tanti anni. Succede a persone che<br />

frequentano principalmente connazionali e fanno lavori che non richiedono<br />

65


11. I re<strong>qui</strong>siti<br />

competenze linguistiche (dal programmatore che lavora in inglese, al manovale che<br />

lavora per una cooperativa gestita da un suo connazionale).<br />

Probabilmente qualcuno si ricorda dell'incendio di Berlino avvenuto nell'agosto<br />

2005 in un palazzo di immigrati dove molti perirono perché non capivano le<br />

istruzioni che venivano loro date dai vigili del fuoco 25 . Successe perché non<br />

parlavano tedesco benché vivessero in Germania. Questo capita spesso quando gli<br />

stranieri invece di distribuirsi uniformemente nel tessuto sociale si concentrano in<br />

comunità grandi abbastanza da offrire tutto quello che una persona ha bisogno,<br />

dall'abitazione al lavoro. Io stesso ho conosciuto dei vietnamiti che abitavano da<br />

lustri a Praga e non parlavano che due parole in ceco: lavoravano nelle attività<br />

commerciali della cittadella vietnamita alla periferia di Praga, dove c'è di tutto, il<br />

parrucchiere, il ristorante, il negozio di detersivi o di cibo vietnamita per vietnamiti<br />

(ancora mi domando che necessità ci fosse di un detersivo vietnamita, forse che il<br />

detersivo ceco non puliva abbastanza bene?). Avevano solo amici vietnamiti, e alla<br />

peggio chiamavano qualcuno per farsi aiutare se non si intendevano col l'idraulico o<br />

con l'ufficio della compagnia elettrica. Per il resto potevano vivere a Praga benissimo<br />

anche senza parlare ceco.<br />

La proposta di legge Sarubbi-Granata, abbiamo detto, non impone alcun re<strong>qui</strong>sito<br />

ai genitori: basta che abbiano vissuto in italia, anche senza integrarsi, per cinque anni<br />

e il figlio che nasce è italiano. Ma la proposta di legge non si limita allo ius soli.<br />

Contestualmente infatti va a rivedere anche i termini con cui gli immigrati possono<br />

ottenere la cittadinanza per naturalizzazione.<br />

Al momento la legge 91 del 1992 richiede dieci anni di residenza continuativa in<br />

italia allo straniero che desidera la cittadinanza italiana. Questo re<strong>qui</strong>sito si abbassa a<br />

quattro anni per i cittadini dell'Unione Europea. La proposta di legge Sarubbi-<br />

Granata intende abbassare a tre anni di residenza il re<strong>qui</strong>sito per i cittadini<br />

dell'Unione Europea e a cinque anni per gli altri stranieri provenienti da paesi non<br />

appartenenti all'U.E. Cinque e tre anni: sono davvero un tempo sufficiente per<br />

integrarsi in un paese straniero?<br />

A questa domanda ognuno, ovviamente, risponderà in base a una diversa<br />

sensibilità: c'è chi si trasferisce in un paese straniero e dice di essersi integrato in tre<br />

anni e chi invece sostiene che quello sia un periodo troppo breve. Penso che questo<br />

derivi anche da una diversa concezione del concetto di integrazione: per alcuni<br />

integrarsi significa soltanto vivere in un paese, impararne la lingua, svolgere il proprio<br />

lavoro, rispettare i propri doveri, imparare a spedire le raccomandate e condurre la<br />

propria vita come se si fosse al proprio paese.<br />

Per me integrarsi vuol dire qualcosa di più, qualcosa che supera anche l'imparare la<br />

geografia, la cultura, la storia del paese che ti ospita. Qualcosa che va persino oltre<br />

l'interessarsi della vita sociale e politica di quel paese; diventare cittadini significa<br />

25 http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/08_Agosto/09/berlino.shtml<br />

66


La truffa dello ius soli<br />

ac<strong>qui</strong>sire il diritto di voto e imparare qualcosa del quadro politico nazionale è<br />

necessario per poter esprimere il proprio voto.<br />

Integrarsi, secondo il mio punto di vista, significa anche ac<strong>qui</strong>sire una coscienza di<br />

identità. Essere integrato non significa che devi solo dimostrare di conoscere la<br />

lingua, la storia, la cultura di quel paese, ma che devi anche sentirti cittadino di quel<br />

paese.<br />

Per quello che può valere un singolo caso, il mio: ho vissuto cinque anni nella<br />

Repubblica Ceca, quattro dei quali consecutivi. Se la cittadinanza ceca fosse concessa<br />

con gli stessi criteri di quella italiana (quattro anni per i cittadini U.E.) avrei già<br />

maturato i re<strong>qui</strong>siti per ottenere un passaporto ceco. Con i criteri proposti da<br />

Sarubbi-Granata avrei potuto diventare cittadino ceco, persino dopo solo tre anni di<br />

residenza a Praga. Posso dire di sentirmi ceco? No.<br />

Ho imparato la lingua: parlavo in ceco con gli amici e i colleghi, ho persino<br />

insegnato corsi di sensori e trasduttori alla Facoltà di Ingegneria Elettrica in ceco, e<br />

per quanto i miei studenti ogni tanto ridessero per qualche buffo errore linguistico<br />

capivano ciò che insegnavo loro. Ho suonato sul ponte Carlo, ho passato serate coi<br />

vecchi facendomi raccontare i tempi che furono, ho partecipato a raduni giovanili, ho<br />

dormito in scuole elementari o sul pavimento di un oratorio col fratello di un<br />

ministro, sono andato ai balli invernali in paesi sperduti sulle montagne, ho imparato<br />

a rispondere a Messa in ceco e ho fatto il senatore accademico (che tra l'altro è una<br />

carica pubblica). Ho parlato con Jaroslav Hutka e tengo la foto del nostro incontro<br />

sulla scrivania. Alla fine ho persino ricevuto un titolo di studio con scritto il mio<br />

nome e in alto "REPUBBLICA CECA". Eppure non posso dire di sentirmi ceco.<br />

Ho molta affinità coi cechi e col loro modo di pensare, e sicuramente vivo meglio<br />

in Repubblica Ceca. Quando ci sono le partite della nazionale tifo per la Repubblica<br />

Ceca (e da quelle parti si parla principalmente di Hockey). Quando capita canto<br />

l'inno ceco (che sia per il testo che per la musica sovrasta quell'orribile marcetta simil<br />

fascista dell'inno italiano).<br />

Ma non posso dire di essere ceco. E se anche lo dicessi gran parte dei miei amici<br />

cechi si metterebbe a ridere perché suonerebbe loro come una battuta. Potrà anche<br />

esserci chi considera tre anni sufficienti per integrarsi al punto di uscire di casa la<br />

mattina, guardarsi intorno e sentirsi come coloro che ti circondano. Per me non è<br />

così.<br />

Tre anni sono un periodo molto breve: al giorno d'oggi sono numerose le persone<br />

che si trasferiscono all'estero per lavoro o per studio per un periodo di tre anni,<br />

senza che questo implichi che vogliano rimanere per sempre il quel paese. Si fa<br />

un'esperienza in un paese e poi ci si sposta in un altro paese. Tre anni sono il tempo<br />

di fare un dottorato di ricerca (nel mio caso anche meno, visto che erano quattro<br />

anni): <strong>qui</strong>ndi un giovane europeo si trasferisce a Milano per fare un dottorato di<br />

67


11. I re<strong>qui</strong>siti<br />

ricerca e ancora prima di discutere la tesi matura i re<strong>qui</strong>siti per diventare italiano:<br />

bizzarro.<br />

Per me tre anni in Germania, Svezia, Corea sono troppo pochi per poter<br />

rispondere “io sono tedesco/svedese/coreano”. E lo sono anche cinque anni. Un'identità si<br />

crea non soltanto imparando una lingua e qualche nozione storica e culturale del<br />

paese dove vivi. L'identità richiede un processo di assuefazione, di routine, di<br />

abitudini che necessariamente sviluppi in molto più tempo.<br />

Ovviamente non tutti i casi sono uguali: un cittadino austriaco che si trasferisce a<br />

Bozen avrà probabilmente un processo di integrazione più facile rispetto a un<br />

cittadino polacco che si trasferisce a Milazzo. Per il primo magari tre anni sono più<br />

che sufficienti, per il secondo magari serviranno più di dieci anni. Per non parlare di<br />

chi è cresciuto in contesti culturali ed educativi agli antipodi rispetto all'italia: un<br />

giapponese in cinque anni non farà in tempo nemmeno a riprendersi dal trauma<br />

causato dal trasferimento da un paese dove la cortesia e la sottomissione sono una<br />

religione a un paese dove regna anarchia, maleducazione e strafottenza. Figuriamoci<br />

se riesce a diventare italiano.<br />

Lo ripeto, <strong>qui</strong> ognuno può portare la propria opinione e dire che a suo parere tre<br />

anni per i cittadini europei e cinque anni per gli altri stranieri sono un periodo di<br />

tempo sufficiente per sentirsi integrato. Per quanto mi riguarda l'abbassamento dei<br />

re<strong>qui</strong>siti sulla durata della residenza hanno un obiettivo preciso. Qui non si tratta di<br />

discutere se una persona è integrata o meno dopo cinque anni, non si richiede più ad<br />

una persona di essere integrata a livello tale da sentire di essere italiano. Non si<br />

pretende che l'immigrato abbia maturato una identità italiana. Perché, per quanto<br />

ognuno possa avere le proprie opinioni su quanto tempo sia necessario per alzarsi al<br />

mattino e sentire la cittadinanza, anche ai sostenitori di questa legge risulterebbe<br />

difficile sostenere che in cinque anni uno si sia pienamente integrato. Allora si<br />

rinuncia a questo obiettivo, si dà la cittadinanza come se fosse solo un mero<br />

procedimento burocratico. La cittadinanza non viene attribuita per un compiuto<br />

processo di identificazione con il paese che ti ospita, bensì ti viene concessa perché<br />

così si semplifica la tua vita. Hai vissuto un po' di tempo in italia? Vuoi rimanerci<br />

ancora? E allora toh, tieni un passaporto italiano così non ti possono più mandare<br />

via, non devi più fare code in Questura, puoi accedere ai posti di lavoro pubblici...<br />

Ma allora la cittadinanza perde ogni significato identitario. Sia chiaro, ognuno è<br />

autorizzato a pensare che la cittadinanza sia solo un fattore burocratico e che sia<br />

slegata al dovere di essere integrato nel relativo paese. Ma questo va dichiarato<br />

apertamente. Ditelo senza nascondervi dietro a un dito: a questi poveri immigrati<br />

diamo il passaporto perché siamo caritatevoli e vogliamo accoglierli dando loro<br />

possibilità di vivere in italia senza disturbi burocratici, anche se in realtà essi non si<br />

sono integrati e non hanno sviluppato alcuna identità italiana.<br />

68


La truffa dello ius soli<br />

Si vuole dare la cittadinanza italiana a masse di stranieri che non necessariamente<br />

si sono integrati in modo che diventino numericamente così consistenti da arrivare al<br />

punto in cui non avrà neppure senso chiedersi se una persona sarà integrata o meno.<br />

I detentori di passaporto italiano avranno le mille differenti culture e identità che si<br />

portano in dote, e a cui non avranno rinunciato, per cui non sarà più possibile dire<br />

che cos'è l'identità italiana. Ci saranno italiani-cinesi, italiani-albanesi, italianimarocchini,<br />

italiani-svedesi, italiani-canadesi, italiani-messicani... tutti con lo stesso<br />

passaporto italiano in tasca. E a quel punto non si potrà più pretendere che un<br />

nuovo arrivato si debba integrare, che debba ac<strong>qui</strong>sire una identità. Quale identità?<br />

Quella degli italiani, quella degli italiani-marocchini o quella degli italiani-messicani?<br />

Lo ripeto: ognuno è libero di aspirare a quello che vuole, anche una società<br />

minestrone in cui poi non capisci più che gusto ha. E non c'è da stupirsi che<br />

qualcuno aspiri a questo: sono state già distrutte a suo tempo le varie identità locali,<br />

non vedo perché non ci debba essere qualcuno che aspiri ad annullare anche le<br />

identità nazionali, aspirando a una situazione in cui non ci sia più differenza tra italia,<br />

Francia, Austria, Germania... perché ormai sarà ovunque lo stesso minestrone.<br />

Obiettivo che non condivido, ma che ritengo lecito una persona possa perseguire.<br />

Basta che lo dichiari apertamente: voglio abbassare i criteri per attribuire la<br />

cittadinanza, voglio dare passaporti a chiunque, anche se non si è integrato, voglio un<br />

mondo dove non ha più senso il concetto identitario di cittadinanza. Signori, basta<br />

che lo diciate, e ci si confronta su quello.<br />

Ma non potete venire a propormi queste cose e parlare di ius culturae o di persone<br />

che sono molto più italiane dei brasiliani col nonno italiano. Nel momento in cui<br />

date la cittadinanza a chi è in italia da cinque anni, non perché è diventato italiano,<br />

ma solo perché – poverino – volete semplificargli la vita, non potete più parlare di ius<br />

culturae, perché la cultura <strong>qui</strong> non c'entra più niente.<br />

A riprova di quanto detto c'è un interessante articolo della proposta di legge<br />

Sarubbi-Granata che propone di aggiungere alla legge 91 del 1992 il seguente<br />

articolo<br />

69<br />

Art. 5-ter. - 1. L'ac<strong>qui</strong>sizione della cittadinanza italiana nell'ipotesi di cui all'articolo 5bis,<br />

comma 1, lettera a), è condizionata alla verifica della reale integrazione linguistica e<br />

sociale dello straniero nel territorio della Repubblica, riscontrata:<br />

a) da una conoscenza della lingua italiana parlata e<strong>qui</strong>valente al livello A2, di cui al<br />

quadro comune europeo di riferimento delle lingue, approvato dal Consiglio d'Europa;<br />

b) dalla conoscenza soddisfacente della vita civile dell'Italia e della Costituzione italiana.


11. I re<strong>qui</strong>siti<br />

All'apparenza sembrerebbe una cosa positiva: vuoi diventare cittadino italiano?<br />

Devi dimostrare di saper parlare italiano e conoscere qualcosa di come funziona<br />

l'italia.<br />

Fino ad ora infatti la legge non imponeva alcuna verifica sulle competenze<br />

linguistiche e culturali maturate dallo straniero. La cittadinanza italiana può ottenerla<br />

anche una persona che spiccica giusto tre parole di italiano. La verifica<br />

dell'integrazione dell'immigrato è infatti demandata a un collo<strong>qui</strong>o con un<br />

funzionario della Questura che improvvisa qualche domanda di cultura generale. Sarà<br />

che le pratiche da smaltire sono tante e il personale insufficiente, sarà che i funzionari<br />

delle questure non sono poi degli orchi famelici (e l'abbiamo visto nel capitolo 3.: le<br />

domande respinte sono pochissime), o sarà per qualsiasi altro motivo, fatto sta che il<br />

collo<strong>qui</strong>o in cui si dovrebbe verificare il livello di integrazione culturale e linguistica<br />

dello straniero che vuole diventare italiano si risolve spesso in una pura formalità.<br />

Delle volte capita che uno straniero riceva la cittadinanza italiana senza nemmeno<br />

essere in grado di poter pronunciare il giuramento che è tenuto a fare per legge (e si<br />

arriva all'assurdo per cui il Comune di residenza è tenuto a convocare un traduttore<br />

giurato per concedere allo straniero ormai diventato italiano di fare il giuramento).<br />

Ora invece la proposta di legge Sarubbi-Granata vuole inserire nella legge il<br />

criterio per cui l'immigrato che vuole diventare italiano debba dimostrare di parlare<br />

italiano e conoscere qualcosa del paese dove vive, senza lasciare questa verifica<br />

all'arbitrio del funzionario di turno in Questura. Questo nuovo articolo sembrerebbe<br />

andare nella direzione di verificare una reale integrazione dello straniero.<br />

Sembrerebbe, dico. Perché in realtà si tratta di uno specchietto per le allodole, un<br />

articoletto messo lì per consentire agli autori e sostenitori della legge di potersi<br />

difendere affermando che la loro proposta di legge accorcia i tempi ma in realtà<br />

impone di verificare se lo straniero si è davvero integrato.<br />

Basta leggere bene l'articolo per acc<strong>org</strong>ersi che ciò che viene chiesto è così blando<br />

da rendere la verifica praticamente inutile. Il punto b) è di una vaghezza<br />

impressionante: parla di una “conoscenza soddisfacente della vita civile dell'Italia e della<br />

Costituzione italiana”. Cosa significa conoscenza “soddisfacente”? Soddisfacente in base a<br />

quali parametri? E poi cosa si intende per “vita civile dell'italia”? Messa così potrebbe<br />

significare tutto, dalla conoscenza dello statuto dei lavoratori, all'importanza dei<br />

reality show nella vita di milioni di casalinghe italiane.<br />

Ma il punto più importate è quello sulla verifica dell'integrazione linguistica. Viene<br />

richiesto un livello A2 del quadro comune europeo di riferimento delle lingue del<br />

Consiglio d'Europa. Ma attenzione, si richiede il livello A2 solo per la lingua parlata.<br />

Non è richiesta una verifica né sulla comprensione, né sulla lettura o sulla<br />

produzione scritta. Proprio così, il punto a) dice “una conoscenza della lingua italiana<br />

parlata e<strong>qui</strong>valente al livello A2”.<br />

70


La truffa dello ius soli<br />

E a cosa corrisponde il livello A2 per la lingua parlata? Ecco <strong>qui</strong> la definizione 26 :<br />

Riesco ad usare una serie di espressioni e frasi per descrivere con parole semplici la mia<br />

famiglia ed altre persone, le mie condizioni di vita, la carriera scolastica e il mio lavoro<br />

attuale o il più recente.<br />

Se non è chiaro rileggetelo due o tre volte. Qui si tratta di chiede a un immigrato<br />

una competenza linguistica che e<strong>qui</strong>vale a saper dire “Ciao, mi chiamo Giancarlo, ho 25<br />

anni e sono nato a Perugia. Sono sposato con Lucia, una graziosa ragazza di due anni più giovane<br />

di me, ma ancora non ho figli. Mi sono diplomato al liceo classico e faccio il cassiere all'Esselunga di<br />

via Tal de' Tali”.<br />

Ebbene, questo livello non corrisponde a una persona che si è integrata. Un livello<br />

linguistico come questo l'ho ac<strong>qui</strong>sito in giapponese in meno di un anno vivendo in<br />

Giappone e senza nemmeno studiare troppo. Se una persona dopo cinque anni in<br />

italia è a questo livello significa che non si è integrata per niente. Se dopo cinque anni<br />

è capace solo di dire cosa ha studiato e che lavoro fa usando frasettine che si è<br />

preparato e ripete a pappagallo non si può parlare nemmeno lontanamente di “reale<br />

integrazione linguistica”. Essere cittadini di uno stato significa ac<strong>qui</strong>sire doveri e diritti<br />

che implicano un uso ben più massiccio della lingua. Un cittadino ha diritto di voto,<br />

si deve <strong>qui</strong>ndi informare per decidere cosa deve votare: come fa a informarsi se non<br />

può leggere un giornale o ascoltare un TG? Un cittadino ha anche il diritto di essere<br />

eletto: come fai a fare il sindaco o il deputato se non parli italiano? Un cittadino può<br />

essere interrogato dalla polizia o può essere convocato come testimone in un<br />

processo: io – stato - il traduttore te le fornisco (e lo pago) se sei straniero, ma se hai<br />

chiesto e ottenuto la cittadinanza italiana fai il piacere di cavartela in italiano.<br />

E tutto questo per quanto riguarda i soli diritti e doveri nei confronti dello stato.<br />

Dopodiché, un cittadino italiano ha il diritto di vivere in italia quanto vuole, e per<br />

farlo deve avere un lavoro con il quale mantenersi. Certo, uno potrebbe dire che si<br />

accontenta di fare lavori per cui non gli serve parlare italiano; ma in questo modo si<br />

preclude da solo l'accesso a molti lavori per i quali è necessario parlare italiano. Va<br />

tutto bene finché è capace di trovarsi un lavoro e di sostentarsi, ma che succede se<br />

poi non lo trova più? Se è straniero puoi mostrargli la porta d'uscita, ma se è italiano<br />

no, ti tocca tenerlo in italia e sostentarlo tramite lo stato sociale. A quel punto il<br />

trovare un lavoro diventa un tuo dovere per non pesare sullo stato sociale, e parte di<br />

questo dovere è anche parlare italiano per poter accedere anche ai lavori che<br />

richiedono questa abilità.<br />

Infine, lo chiedo pubblicamente agli autori di questa proposta di legge: avete il<br />

coraggio di sostenere che un livello A2 corrisponde a una reale integrazione<br />

linguistica? Auguri.<br />

26 http://europass.cedefop.europa.eu/it/resources/european-language-levels-cefr<br />

71


12. Mi viene un dubbio<br />

12. Mi viene un dubbio<br />

La proposta di legge Sarubbi-Granata sullo ius soli non intende solo introdurre<br />

nell'ordinamento italiano questo bizzarro concetto della cittadinanza con l'oroscopo,<br />

per cui il sacro suolo italico infonde l'italianità a chi su di esso vi nasce. Come<br />

abbiamo già accennato questa proposta di legge intende ridurre drasticamente i<br />

re<strong>qui</strong>siti di residenza necessari per ottenere la cittadinanza per naturalizzazione. Per i<br />

cittadini di uno stato U.E. si passa da quattro a tre anni mentre per i cittadini non<br />

U.E. il re<strong>qui</strong>sito si dimezza: da dieci a cinque anni.<br />

Ma attenzione, non solo vengono sforbiciati gli anni necessari per diventare<br />

italiani, cambia anche la modalità di ac<strong>qui</strong>sizione della cittadinanza. Con la legge<br />

attuale infatti lo straniero non U.E. che vive in italia da più di dieci anni riceve la<br />

cittadinanza italiana in modo non automatico. L'art. 9 della legge 91 del 1992 ora<br />

dice:<br />

1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della<br />

Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:<br />

[…]<br />

f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.<br />

Prestate attenzione alle parole sottolineate: “può essere concessa”. Significa che<br />

uno straniero può avere tutti i re<strong>qui</strong>siti stabiliti dalla legge, ma ciò non gli garantisce il<br />

diritto di ottenere la cittadinanza italiana. Il Presidente della Repubblica (o meglio, il<br />

Ministero dell'interno che in realtà esamina le pratiche) può decidere di concederla<br />

oppure di non concederla, senza che lo straniero possa pestare i piedi e reclamare<br />

alcun diritto. Questo perché la cittadinanza non viene concessa a seguito di un diritto<br />

dello straniero ad ottenerla; la cittadinanza viene concessa sulla base dell'interesse che<br />

il paese può avere dal fatto di avere un nuovo cittadino italiano.<br />

La proposta di legge Sarubbi-Granata invece ribalta la prospettiva, e per rendere la<br />

cosa ancora più evidente l'articolo viene spostato di posizione. Dall'art. 9, quello in<br />

72


La truffa dello ius soli<br />

cui si descrivono i casi in cui la cittadinanza può essere concessa, passa direttamente sotto<br />

l'art. 5, quello in cui si elencano i casi in cui la cittadinanza è concessa di diritto, cosa<br />

che ora sussiste solo in caso matrimonio. Ecco così che la proposta di legge Sarubbi-<br />

Granata introduce l'art. 5-bis.<br />

Art. 5-bis. - 1. Ac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza italiana, su propria istanza e alle condizioni di<br />

cui all'articolo 5-ter,<br />

a) lo straniero che da almeno cinque anni soggiorna legalmente nel territorio della<br />

Repubblica,[...]<br />

Con questa modifica la cittadinanza per residenza viene e<strong>qui</strong>parata a quella per<br />

matrimonio: non è più lo stato che decide se concedere o meno la cittadinanza sulla<br />

base del proprio interesse, ma diventa un diritto dello straniero se vive in italia da<br />

cinque anni. Ciò significa che se un cittadino straniero vive in italia legalmente per<br />

cinque anni ac<strong>qui</strong>sisce il diritto automaticamente alla cittadinanza che non può<br />

essergli negata.<br />

Abbiamo visto che già ora le domande di cittadinanza non respinte sono poche,<br />

ma cosa succederebbe se questa legge fosse approvata? Lo stato si troverebbe di<br />

fronte a un dovere, quello di concedere la cittadinanza a chi vive per almeno cinque<br />

anni in italia. Può farlo ora? Forse, ma se le condizioni economiche peggiorassero<br />

ulteriormente? Il sistema sociale ed economico italiano sarà in grado di contenere<br />

milioni di cittadini? Perché quando dai la cittadinanza a uno straniero poi diventa<br />

italiano a tutti gli effetti, e mica puoi dirgli “mi spiace, ora non c'è più posto <strong>qui</strong> per te, torna<br />

al tuo paese”; vivere in italia sarà un suo diritto, al pari di tutti gli altri cittadini italiani.<br />

Non si potrà, come successo recentemente in alcuni stati europei, mettere gli<br />

stranieri su di un aereo, dare loro un incentivo, e dire loro di tornare a casa, perché<br />

c'è la crisi.<br />

Ora, si può parlare fin quando si vuole sui doveri di accoglienza e sulla<br />

ridistribuzione della ricchezza tra i vari paesi del mondo. Non è questo lo spazio in<br />

cui farlo. Quello che mi preme far notare è che nel momento in cui uno stato accetta<br />

uno straniero per cinque anni sa già che diventerà cittadino italiano, e non potrà<br />

negarglielo. Se il governo italiano deciderà che le risorse non bastano per tutti, l'unico<br />

modo che avrà per frenare una mastodontica impennata di nuovi cittadini (che non si<br />

possono più mandar via e tutti vantanti dei diritti) consisterà nel non farli entrare dal<br />

principio, o nel bloccare il rinnovo dei permessi di soggiorno per evitare che<br />

compiano i cinque anni di residenza in italia.<br />

Così andrà a finire che uno straniero che voleva andare in italia a vivere avrà più<br />

problemi a farlo. Significherà che dopo quattro anni non gli rinnoveranno più il<br />

permesso di soggiorno per “paura” che ac<strong>qui</strong>sisca il diritto alla cittadinanza. Lo<br />

73


12. Mi viene un dubbio<br />

rimanderanno al suo paese e prenderanno un altro straniero che sbatteranno fuori<br />

dall'italia dopo altri quattro anni.<br />

Paradossalmente questa parte della proposta di legge invece di migliorare le<br />

condizioni di vita degli stranieri le peggiorerà. Tranne per un caso. Nel momento in<br />

cui venisse approvata ac<strong>qui</strong>sirebbero il diritto alla cittadinanza italiana centinaia di<br />

migliaia di persone che vivono in italia da più di cinque anni; con questi il giochetto<br />

di non rinnovare il permesso di soggiorno prima dei cinque anni non lo puoi fare,<br />

visto che il re<strong>qui</strong>sito dei cinque anni l'hanno già superato.<br />

C'è chi vive in italia da cinque anni, chi da sei, chi da nove: tutti ac<strong>qui</strong>stano il<br />

diritto di diventare italiani automaticamente. E allora mi viene un dubbio: non è che<br />

questa legge è semplicemente una sanatoria?<br />

Voglio dire, non hanno intenzione di risolvere il problema della condizione di vita<br />

degli stranieri in italia. Se lo volessero fare si preoccuperebbero di far funzionare la<br />

burocrazia in modo che un permesso di soggiorno venga rinnovato in venti giorni e<br />

non in dieci mesi. Vogliono solo buttare la spugna: ok, da domani tutti italiani e non se ne<br />

parla più. Contenti?<br />

E il dubbio che dietro la bella facciata dell'intellettuale belli capelli ci sia in realtà<br />

un altro disegno diventa ancora più forte quando si riflette su alcune contraddizioni<br />

della proposta di legge.<br />

Riflettiamo un attimo: se questa proposta di legge venisse approvata un cittadino<br />

straniero diventerebbe italiano di diritto dopo cinque anni di residenza in italia (art. 5<br />

bis). Nel contempo però la proposta di legge dice che sono italiani per ius soli anche<br />

i bambini nati in italia da chi in italia vive da cinque anni (art. 1, comma 1, lettera bbis).<br />

Facciamo un esempio: una coppia di cittadini norvegesi si trasferisce in italia nel<br />

gennaio 2010. Nel gennaio 2015 sono passati cinque anni e fanno domanda di<br />

cittadinanza italiana. Il mese successivo, febbraio 2015, nasce il loro figlio che è<br />

cittadino italiano di diritto grazie allo ius soli perché i genitori benché siano ancora<br />

norvegesi vivono da più di cinque anni in italia (cinque anni e un mese, per la<br />

precisione). Poi a giugno 2015 l'istanza dei genitori di diventare cittadini italiani viene<br />

accolta. Se non ci fosse lo ius soli il figlio diventerebbe italiano insieme ai genitori a<br />

giugno anziché a febbraio. E questo solo nel caso particolare in cui il figlio nasce<br />

nella finestra di tempo tra il compimento di cinque anni di residenza in italia dei<br />

genitori, e l'ac<strong>qui</strong>sizione della cittadinanza degli stessi. Se, per esempio, il figlio<br />

nascesse dopo sei o sette anni dacché i genitori risiedono in italia essi avrebbero già<br />

avuto tutto il tempo per diventare cittadini italiani, in modo che il figlio nasca italiano<br />

per ius sanguinis. Quindi il problema non si pone neppure.<br />

Ma allora a cosa serve lo ius soli?<br />

In pratica il figlio diventa italiano qualche mese prima rispetto a quando lo<br />

diventerebbe tramite la naturalizzazione dei genitori (dove quel “qualche mese” si<br />

74


La truffa dello ius soli<br />

riferisce a quanto velocemente la pratica viene smaltita), e solo se nasce a ridosso dei<br />

cinque anni di residenza italiana dei genitori.<br />

Come al solito guardiamo ai numeri. In Germania dal primo Gennaio del 2000 è<br />

entrato in vigore lo ius soli: i bambini che nascono in Germania da genitori che lì<br />

risiedono da almeno otto anni ricevono la cittadinanza tedesca. Nel caso tedesco la<br />

cittadinanza per naturalizzazione viene concessa dopo otto anni, lo stesso re<strong>qui</strong>sito<br />

per accedere allo ius soli per i propri figli. Il termine è diverso rispetto a quanto<br />

prospettato dalla proposta di legge Sarubbi-Granata (otto anni anziché cinque) ma il<br />

meccanismo è lo stesso: dopo un certo periodo di tempo puoi sia accedere alla<br />

cittadinanza per naturalizzazione sia i tuoi figli ricevono la cittadinanza tedesca per<br />

ius soli. Ebbene, quanti sono stati i figli di stranieri che hanno ricevuto la<br />

cittadinanza tedesca per ius soli? Nel 2009 sono stati registrati 29 mila figli di<br />

stranieri che sono nati direttamente tedeschi grazie allo ius soli 27 . Negli anni<br />

precedenti erano stati 35 – 38 mila, con una punta di 41 mila subito nel primo anni di<br />

applicazione della legge. Bene, abbiamo ora circa 29 mila bambini che nascono in<br />

Germania e ricevono la cittadinanza tedesca per ius soli. All'incirca la stessa quantità<br />

di bambini continua a nascere straniera senza accedere allo ius soli (nel 2009 sono<br />

stati quasi 33 mila). La cosa più interessante però si scopre comparando questi dati<br />

col totale dei bambini nati in Germania da genitori stranieri, ossia con la somma dei<br />

bimbi nati da stranieri ed essi stessi stranieri con i bimbi nati da stranieri ma tedeschi<br />

grazie allo ius soli. Contiamo cioè tutti i figli di stranieri nati in Germania. Ebbene,<br />

mentre nel 1997 i figli di stranieri nati in Germania erano ben 107 mila, nel 2009 se<br />

ne sono contati solo 62 mila; un crollo di 45 mila bambini, ossia una flessione del<br />

42%. Cosa sarà successo? Perché in Germania il numero di figli di stranieri è<br />

crollato? Difficile ipotizzare un crollo demografico di queste proporzioni. A questo<br />

punto o gli asili tedeschi si sono svuotati di bimbi con le facce non teutoniche,<br />

oppure significa che ci sono 45 mila bambini figli di stranieri in meno perché nel<br />

frattempo i genitori si sono naturalizzati, <strong>qui</strong>ndi non sono più contati come figli di<br />

stranieri ma ricevono la nazionalità tedesca tramite ius sanguinis dai genitori già<br />

diventati ormai cittadini tedeschi. Per capirci, più dello ius soli ha fatto la<br />

naturalizzazione dei genitori. Quei 29 mila bambini che hanno ricevuto la<br />

cittadinanza tedesca nel 2009 sono coloro che sono rimasti nella forbice temporale<br />

tra gli otto anni di residenza dei genitori e la loro naturalizzazione. Anche se non ci<br />

fosse stato lo ius soli avrebbero ricevuto la cittadinanza tedesca poco dopo, alla<br />

naturalizzazione dei genitori.<br />

Questo è quello che succede in Germania; ora torniamo all'italia: vi sembra<br />

normale che fior di deputati si scaldino per quei pochi mesi di anticipo con cui il<br />

27 http://www.destatis.de/jetspeed/portal/cms/Sites/destatis/Internet/DE/Content/Publikationen/Q<br />

uerschnittsveroeffentlichungen/WirtschaftStatistik/Bevoelkerung/Bevoelkentwicklung2009__5<br />

2011,property=file.pdf<br />

75


12. Mi viene un dubbio<br />

bambino riceve la cittadinanza tramite ius soli (come se il bambino avesse seri<br />

problemi relazionali nel non sentirsi italiano nei primi sei mesi di vita)? Vi sembra<br />

normale che il tema diventi fulcro di dibattiti televisivi ed editoriali sui giornali?<br />

Ovviamente no, non è così. La differenza tra il concedere la cittadinanza per ius<br />

soli ai bambini di chi vive in italia da cinque anni e dare la cittadinanza tramite<br />

naturalizzazione dei genitori risiede, appunto, nei genitori.<br />

Perché lo ius soli concede a un bambino appena nato di essere italiano anche se il<br />

genitore non può o non vuole ottenere la cittadinanza italiana. Sul non vuole la<br />

questione è chiara: uno straniero che vuole tornare al suo paese e non può ottenere<br />

la doppia cittadinanza, potrebbe non desiderare la cittadinanza italiana per non<br />

perdere la propria cittadinanza originaria. Al contempo però vorrebbe desiderare che<br />

il figlio diventi italiano e non cittadino del proprio stato di origine.<br />

Quello che però è più interessante è il non può; il re<strong>qui</strong>sito dei cinque anni di<br />

residenza è sufficiente per mettere al mondo un bambino che – tramite lo ius soli – è<br />

italiano di diritto alla nascita, ma non è l'unico re<strong>qui</strong>sito per l'adulto che vuole la<br />

cittadinanza per naturalizzazione. Oltre ai cinque anni di residenza bisogna<br />

dimostrare di non aver commesso alcuni tipi di reati, non solo in italia ma anche<br />

all'estero (per questo alla domanda di cittadinanza per naturalizzazione bisogna<br />

allegare i certificati penali).<br />

Ciò significa che un cittadino straniero che delinque non potrebbe ricevere la<br />

cittadinanza italiana anche se vive da più di cinque anni in italia, in quando – dice lo<br />

stato – i delinquenti sono brutta gente. Però nel contempo daremmo la cittadinanza<br />

italiana ai loro figli. Il risultato? Essendo genitori di un cittadino italiano non sarà<br />

possibile espellerli dal paese in quanto hanno diritto a stare in italia per badare al<br />

figlio minorenne che, in quanto italiano, ha diritto a stare in italia. Così tutti i<br />

delinquenti stranieri che vivono da almeno cinque anni in italia non si dovranno più<br />

preoccupare, domandandosi se il permesso di soggiorno verrà loro rinnovato o<br />

meno: basterà loro fare un figlio il quale, nato italiano, garantirà loro il biglietto<br />

vincente per stare in italia.<br />

Qualcuno dirà: che colpe ne ha il figlio se il padre è un delinquente? Vero, però<br />

stiamo attenti: la cittadinanza per ius soli si basa sull'oroscopo, ossia se un bambino è<br />

nato in italia da gente che vive in italia si presume che vivrà la sua vita in italia e sarà<br />

di fatto italiano. Ma se nasce da un delinquente questa previsione cade nel nulla,<br />

poiché non è assolutamente scontato che il permesso di soggiorno vengo rinnovato<br />

a un delinquente. Potrebbe essere espulso e con lui il figlio nato in italia, che<br />

crescerebbe in un altro paese e non avrebbe più alcuna ragione di essere italiano.<br />

Viene allora il sospetto che lo ius soli non serva ai figli (i quali potrebbero<br />

diventare cittadini italiani a seguito di naturalizzazione a pochi mesi dalla nascita, nel<br />

peggiore dei casi), quanto ai genitori. Lo ius soli diventerebbe una grande sanatoria<br />

per quelle persone che non hanno i re<strong>qui</strong>siti per ottenere la cittadinanza italiana<br />

76


La truffa dello ius soli<br />

nonostante vivano in italia da più di cinque anni, magari perché hanno la fedina<br />

penale sporca. Sei un criminale? Non ti vogliono rinnovare il permesso di soggiorno?<br />

Nessun problema! Fa' un figlio! Nascendo in italia sarà italiano e tu potrai restare<br />

grazie a lui.<br />

Non che sia vietato perseguire questo scopo, così come per ogni ideale politico.<br />

L'importante è dirlo chiaramente, senza nascondersi dietro il trucchetto dello ius soli.<br />

Basta dichiararlo: vogliamo che i cittadini stranieri abbiano il diritto di rimanere in<br />

italia anche se delinquono. Ditelo e ci si confronta direttamente su questa proposta,<br />

in tutta onestà ed evitando di raggiungere la sanatoria per i delinquenti stranieri<br />

tramite il giochetto dello ius soli per i figli.<br />

Se invece lo scopo non è questo lo si metta nero su bianco, nella legge. Si<br />

aggiunga un articoletto in cui si specifica che allo straniero che delinque non viene<br />

rinnovato il permesso di soggiorno con gli stessi criteri sia che abbia figli nati italiani<br />

per ius soli, sia che non ne abbia. Si metta nero su bianco che anche se il figlio è nato<br />

in italia e italiano per ius soli ciò non conferisce diritto al genitore di restare in italia<br />

per accudirlo in caso non venga rinnovato il permesso di soggiorno se ha commesso<br />

reati. Il figlio è italiano e ha diritto a stare in italia, il genitore no. Perciò il genitore<br />

straniero lascia l'italia e il figlio italiano rimane in italia e viene dato in affidamento.<br />

E no, non è una cosa brutta, ma una questione di tutela del bambino. Perché se lo<br />

stato ritiene che una persona sia indegna di stare in italia in quanto delinquente<br />

dovrebbe anche ritenerla incapace di accudire il figlio. Tanto più perché se il figlio è<br />

cittadino italiano lo stato italiano ha il dovere di tutelarlo in quanto proprio cittadino.<br />

Cari sostenitori dello ius soli, volete scacciare definitivamente ogni dubbio sul<br />

fatto che la vostra proposta di legge sia una gran sanatoria per concedere di rimanere<br />

in italia anche a delinquenti che dànno vita a cittadini italiani? Bene, scrivete nella<br />

legge questo semplice principio per cui essere genitori di bambini italiani non<br />

conferisce il diritto a rimanere in italia e il problema è risolto. Vi aspetto al varco.<br />

77


13. La mia proposta<br />

13. La mia proposta<br />

Siccome poi capita che qualcuno ti viene a dire (leggere con tono piccato e<br />

petulante) “sì, bravo, bravo, sei solo capace di criticare... ma tu cosa proponi?” <strong>qui</strong> riassumo la<br />

mia proposta. In realtà sono cose che ho già descritto qua e là nei punti precedenti,<br />

ma penso sia utile riassumerli e metterli tutti assieme in modo che sia chiara la mia<br />

proposta.<br />

Innanzitutto c'è da chiedersi se davvero c'è da cambiare qualcosa. Sì, qualcosa da<br />

cambiare c'è. E la necessità di un cambiamento della legge c'è perché c'è un<br />

problema. Ma abbiamo visto che il problema non sono i re<strong>qui</strong>siti per ottenere la<br />

cittadinanza bensì la burocrazia che si oppone a questo processo; abbiamo altresì<br />

visto che il desiderio di ottenere la cittadinanza da parte degli stranieri non è dettato<br />

necessariamente dall'avvenuta integrazione (non è che si sentono italiani) bensì dal<br />

fatto che essere straniero in italia significa scontrarsi con mille problemi burocratici.<br />

Per questo propongo:<br />

1) Si investa nelle strutture dello stato che forniscono servizi allo straniero. Si<br />

assuma nuovo personale, si ac<strong>qui</strong>stino fotocopiatrici e risme di carta, si<br />

aumentino le ore di apertura al pubblico...<br />

Si faccia tutto quello che si deve fare in modo che si rispettino i limiti<br />

imposti dalla legge e un permesso di soggiorno venga rinnovato in venti<br />

giorni o una domanda di cittadinanza trovi risposta in due anni. La legge già<br />

c'è, il governo investa quello che che si deve investire per attuarla.<br />

Si forniscano servizi allo straniero dignitosi ed efficienti.<br />

2) Si faccia formazione del personale. Chi si mette allo sportello stranieri deve<br />

essere in grado di parlare diverse lingue straniere. E sopratutto deve essere<br />

una persona educata che rispetta la dignità della persona, qualunque sia la<br />

sua condizione o nazionalità. E si controlli che questo avvenga: nel<br />

momento in cui un impiegato della Questura non rispetta la dignità di uno<br />

78


La truffa dello ius soli<br />

straniero gli si dà un calcio nel sedere e lo si licenza. Senza ricorsi, appelli, e<br />

sindacati vari. Via.<br />

Per quanto riguarda i limiti propongo che non vengano abbassati: dieci anni sono<br />

un tempo giusto per integrarsi in una società e diventarne cittadino. Anzi, visto che<br />

non capisco perché un cittadino polacco o finlandese si debba integrare più<br />

facilmente in italia rispetto a un norvegese o svizzero propongo di:<br />

3) alzare il re<strong>qui</strong>sito di residenza a dieci anni necessari per ottenere la<br />

cittadinanza anche per i cittadini di uno stato U.E., e<strong>qui</strong>parandoli ai cittadini<br />

di altri stati.<br />

Se poi il problema è che la residenza viene interrotta solo sulla carta – per disguidi<br />

burocratici non dipendenti dallo straniero – facendo così ripartire il conteggio degli<br />

anni di residenza da zero, si possono fare due cose:<br />

4) una legge di interpretazione autentica in cui si stabilisce che il re<strong>qui</strong>sito di<br />

residenza si possa dimostrare, in caso di buco nella registrazione anagrafica<br />

non superiore a sei mesi, con altri mezzi come un contratto di lavoro o un<br />

certificato di frequenza scolastica; oppure<br />

5) introdurre il meccanismo, già in uso in altri stati, per cui gli anni possono<br />

essere cumulati e non necessariamente continuativi, con delle opportune<br />

limitazioni. Ad esempio, si può richiedere che il cittadino straniero abbia<br />

vissuto almeno dieci anni in italia nei dodici anni precedenti alla domanda di<br />

naturalizzazione, dei quali almeno gli ultimi quattro consecutivi.<br />

Questo sarebbe utile anche in altri casi. Ad esempio se il cittadino straniero<br />

interrompe la residenza per sei mesi in quanto va al proprio paese a curare la madre<br />

malata il conteggio della residenza non si interrompe.<br />

Una cosa importante che va sicuramente cambiata nell'attuale legge sulla<br />

cittadinanza riguarda i re<strong>qui</strong>siti linguistici. Essere cittadini implica molte cose, dal<br />

diritto di voto (che implica il dovere di informarsi), al dovere di lavorare per non<br />

pesare sulla società. Tutte cose per le quali serve parlare la lingua del paese che ti<br />

ospita. E parlarla bene. Perciò propongo di:<br />

79<br />

6) introdurre nella legge il re<strong>qui</strong>sito di conoscenza della lingua italiana per<br />

ottenere la cittadinanza italiana a livello non inferiore al C1.


13. La mia proposta<br />

Siccome poi vogliono darmi d'intendere che i cittadini stranieri chiedono la<br />

cittadinanza italiana perché si sentono intimamente italiani nella loro anima (e mica<br />

per semplificarsi la vita, cosa andate a pensare?) e perché sentendosi italiani vogliono<br />

restare in italia tutta la vita propongo di:<br />

7) porre come condizione per concedere la cittadinanza italiana a uno straniero<br />

che rinunci alla sua cittadinanza d'origine. Dopo tutto se si sente italiano e<br />

vuole vivere in italia per sempre non gli serve più. Se poi cambia idea e<br />

vuole tornare al suo paese, vi ritorna, vi risiede un tot di anni come richiesto<br />

dalla legge di quel paese, e riac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza a cui aveva rinunciato.<br />

Ma se vuole diventare italiano fa una scelta: o di <strong>qui</strong> o di là.<br />

Abbiamo visto che il razzismo non si combatte stampando passaporti, perché se<br />

un problema è nella società non lo estirpi distribuendo libricini dalla copertina color<br />

vinaccia a delle persone. Il razzismo non lo combatti neanche coi discorsi buonisti<br />

alla vogliamoci tutti bene, e nemmeno ripetendo come un disco rotto che una volta quelli<br />

che emigravano eravamo noi (per inciso, gli italiani emigravano in paesi come l'Argentina<br />

dove erano invitati dallo stesso governo argentino per popolare il paese, non si<br />

intrufolavano illegalmente nel paese).<br />

Il razzismo lo si combatte facendo sperimentare cosa significa essere stranieri agli<br />

italiani di oggi (non a quelli di una volta). Perciò propongo di:<br />

8) buttare fuori dall'italia tutti i giovani italiani per almeno un anno prima del<br />

compimento di 25 anni d'età. Chi studia si fa un anno di studio all'estero, chi<br />

lavora se ne va a lavorare all'estero.<br />

Qualcuno potrebbe pensare che sia una proposta un po' eccessiva, ognuno ha le<br />

sue cose da fare ed essere obbligati ad andare all'estero per un anno potrebbe creare<br />

problemi, per esempio per i lavoratori che dovrebbero interrompere il proprio<br />

lavoro. Eppure, una volta succedeva lo stesso per il servizio militare, quando lo stato<br />

ti imponeva di interrompere quello che stavi facendo, ti obbligava a lasciare morosa e<br />

famiglia e andare a fare la marionetta al servizio di qualche invasato nella parte<br />

opposta d'italia. Niente da scandalizzarsi se si impone di fare lo stesso mandando i<br />

giovani obbligatoriamente all'estero.<br />

Via, fuori dai piedi un anno, vivendo in una lingua straniera, arrabbiandosi quando<br />

gli impiegati dell'azienda elettrica non ti capiscono e non ti fanno il contratto per la<br />

corrente elettrica, facendo a botte per un posto in fila davanti all'ufficio<br />

immigrazione, incontrando ogni giorno tutte quelle difficoltà che uno straniero deve<br />

affrontare, un po' per la lingua un po' perché non conosci la burocrazia di quel paese<br />

80


La truffa dello ius soli<br />

e nessuno sembra volerti aiutare. Vedrete che quando se ne tornano in italia queste<br />

persone davanti a uno straniero in difficoltà non si spazientiranno più.<br />

81


Appendice – Legge 5 febbraio 1992, n.91<br />

Appendice – Legge 5 febbraio 1992, n.91<br />

In questa appendice riporto il testo della legge n. 91 del 1992 che regola il tema<br />

della cittadinanza. Nella colonna di sinistra si trova il testo in vigore in questo<br />

momento, nella colonna centrale il testo della legge modificato se venisse approvata<br />

la proposta di legge Sarubbi-Granata, e nella colonna di destra lo stesso testo della<br />

legge ma come risulterebbe se venisse approvata la proposta di legge di iniziativa<br />

popolare.<br />

Il testo della proposta di legge Sarubbi-Granata è stato reperito sul sito internet<br />

della Camera dei Deputati, mentre il testo della proposta di legge di iniziativa<br />

popolare è quello riportato sul sito internet del comitato “L'Italia sono anch'io”.<br />

In questo ultimo caso mi sono dovuto fidare del pdf pubblicato sul sito, non<br />

sapendo se è esattamente coerente col testo sul quale vengono raccolte le firme. Il<br />

sospetto è dato dal fatto che il testo include, oltre a errori di battitura alcuni elementi<br />

che mi fanno pensare (o meglio, sperare) che sia una bozza. Ad esempio si aggiunge<br />

alla legge l'art. 5 ter che recita (sottolineatura mia) “Lo Stato garantisce l'offerta formativa<br />

per la conoscenza della lingua e della Costituzione italiana per i cittadini richiedenti la<br />

cittadinanza”. L'articolo non sta in piedi dal punto di vista logico: per avere accesso ai<br />

corsi di italiano pagati dallo stato uno straniero dovrebbe aver richiesto la<br />

cittadinanza. Quindi, prima chiedi la cittadinanza, poi ac<strong>qui</strong>sisci il diritto a studiare<br />

italiano a spese dello stato, e infine impari l'italiano. Le cose, a rigor di logica,<br />

dovrebbero essere invertite: chi richiede la cittadinanza dovrebbe già conoscere<br />

l'italiano, e lo stato dovrebbe (eventualmente) insegnarlo non a chi ha richiesto la<br />

cittadinanza italiana ma a chi la richiederà in futuro.<br />

Ad ogni modo, nonostante la proposta di legge così come riportata sul sito de<br />

“L'Italia sono anch'io” sia traballante, è stata riportata nell'appendice, sperando che<br />

sia solo una bozza.<br />

Per rendere più evidenti le differenze che le due proposte di legge apporterebbero<br />

ho evidenziato con lo sfondo arancione le parti della legge che verrebbero cancellate<br />

82


La truffa dello ius soli<br />

e con sfondo giallo il nuovo testo che verrebbe aggiunto. Le parti eliminate dalle due<br />

proposte di legge sono sostanzialmente identiche, perciò è stato usato un colore<br />

unico, l'arancione, per segnalarle. Questo ad esclusione degli articoli che non<br />

vengono modificati dalla proposta di legge di iniziativa popolare, e che vengono<br />

segnalati con la dicitura [identico] nella colonna di destra; in quel caso le parti<br />

evidenziate in arancione sono da considerarsi eliminate solo dalla proposta di legge<br />

Sarubbi-Granata.<br />

83


Art. 1<br />

1. È cittadino per nascita:<br />

Legge in vigore Come cambierebbe se venisse<br />

approvata la proposta di legge<br />

Sarubbi-Granata<br />

a) il figlio di padre o di madre cittadini;<br />

b) chi è nato nel territorio della Repubblica se<br />

entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se<br />

il figlio non segue la cittadinanza dei genitori<br />

secondo la legge dello Stato al quale questi<br />

appartengono.<br />

2. È considerato cittadino per nascita il figlio di<br />

ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se<br />

non venga provato il possesso di altra<br />

cittadinanza.<br />

Art. 1<br />

1. È cittadino per nascita:<br />

a) il figlio di padre o di madre cittadini;<br />

b) chi è nato nel territorio della Repubblica se<br />

entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se<br />

il figlio non segue la cittadinanza dei genitori<br />

secondo la legge dello Stato al quale questi<br />

appartengono.<br />

b-bis) chi è nato nel territorio della Repubblica da<br />

genitori stranieri di cui almeno uno è legalmente<br />

soggiornante in Italia, senza interruzioni, da<br />

almeno cinque anni e attualmente residente;<br />

b-ter) chi è nato nel territorio della Repubblica da<br />

genitori stranieri di cui almeno uno è nato in Italia<br />

e vi risiede legalmente, senza interruzioni, da<br />

almeno un anno<br />

2. È considerato cittadino per nascita il figlio di<br />

ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se<br />

non venga provato il possesso di altra<br />

cittadinanza.<br />

2-bis. Nei casi di cui alle lettere b-bis) e b-ter) del<br />

comma 1 la cittadinanza si ac<strong>qui</strong>sta a seguito di<br />

una dichiarazione obbligatoria di volontà in tale<br />

Art. 1<br />

Come cambierebbe se venisse<br />

approvata la proposta di legge di<br />

iniziativa popolare<br />

1. È cittadino per nascita:<br />

a) il figlio di padre o di madre cittadini;<br />

b) chi è nato nel territorio della Repubblica se<br />

entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se<br />

il figlio non segue la cittadinanza dei genitori<br />

secondo la legge dello Stato al quale questi<br />

appartengono.<br />

b-bis).Chi è nato nel territorio della Repubblica da<br />

genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente<br />

soggiornante in Italia da almeno un anno<br />

b-ter). Chi è nato nel territorio della Repubblica da<br />

genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in<br />

Italia<br />

2. È considerato cittadino per nascita il figlio di<br />

ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se<br />

non venga provato il possesso di altra<br />

cittadinanza.<br />

2-bis. Nei casi di cui alle lettere b-bis) e b-ter) del<br />

comma 1, la cittadinanza si ac<strong>qui</strong>sta a seguito di<br />

una dichiarazione di volontà in tal senso espressa<br />

da un genitore. Entro un anno dal raggiungimento<br />

della maggiore età il soggetto puo rinunciare, se in


Art. 2<br />

1. Il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale<br />

della filiazione durante la minore età del figlio ne<br />

determina la cittadinanza secondo le norme della<br />

presente legge.<br />

2. Se il figlio riconosciuto o dichiarato è<br />

maggiorenne conserva il proprio stato di<br />

cittadinanza, ma puo dichiarare, entro un anno dal<br />

riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale,<br />

ovvero dalla dichiarazione di efficacia del<br />

provvedimento straniero, di eleggere la<br />

cittadinanza determinata dalla filiazione.<br />

3. Le disposizioni del presente articolo si<br />

applicano anche ai figli per i quali la paternità o<br />

maternità non puo essere dichiarata, purché sia<br />

stato riconosciuto giudizialmente il loro diritto al<br />

senso di un genitore da sottoscrivere<br />

contestualmente alla registrazione anagrafica e da<br />

inserire nell'atto di nascita. Entro un anno dal<br />

raggiungimento della maggiore età il soggetto puo<br />

rinunciare, se in possesso di un'altra cittadinanza,<br />

alla cittadinanza italiana.<br />

2-ter. Qualora sia stato espresso esplicito rifiuto<br />

nella dichiarazione obbligatoria di volontà di cui al<br />

comma 2-bis, i soggetti di cui alle lettere b-bis) e<br />

b-ter) del comma 1 ac<strong>qui</strong>stano la cittadinanza,<br />

senza ulteriori condizioni, se ne fanno richiesta<br />

entro due anni dal raggiungimento della maggiore<br />

età<br />

Art. 2<br />

[identico]<br />

possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza<br />

italiana.<br />

2-ter. Qualora non sia stata resa la dichiarazione<br />

di volontà di cui al comma 2-bis, i soggetti di cui<br />

alle lettere b-bis) e b-ter) del comma 1 ac<strong>qui</strong>stano<br />

la cittadinanza, senza ulteriori condizioni, se ne<br />

fanno richiesta entro due anni dal raggiungimento<br />

della maggiore età.<br />

Art. 2<br />

[identico]


mantenimento o agli alimenti.<br />

Art. 3<br />

1. Il minore straniero adottato da cittadino italiano<br />

ac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza.<br />

2. La disposizione del comma 1 si applica anche<br />

nei confronti degli adottati prima della data di<br />

entrata in vigore della presente legge.<br />

3. Qualora l'adozione sia revocata per fatto<br />

dell'adottato, questi perde la cittadinanza italiana,<br />

sempre che sia in possesso di altra cittadinanza o<br />

la riac<strong>qui</strong>sti.<br />

4. Negli altri casi di revoca l'adottato conserva la<br />

cittadinanza italiana.<br />

Tuttavia, qualora la revoca intervenga durante la<br />

maggiore età dell'adottato, lo stesso, se in<br />

possesso di altra cittadinanza o se la riac<strong>qui</strong>sti,<br />

potrà comunque rinunciare alla cittadinanza<br />

italiana entro un anno dalla revoca stessa.<br />

Art. 4<br />

1. Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la<br />

madre o uno degli ascendenti in linea retta di<br />

secondo grado sono stati cittadini per nascita,<br />

diviene cittadino:<br />

a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato<br />

italiano e dichiara preventivamente di voler<br />

ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana;<br />

b) se assume pubblico impiego alle dipendenze<br />

Art. 3<br />

[identico]<br />

Art. 4<br />

1. Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la<br />

madre o uno degli ascendenti in linea retta di<br />

secondo grado sono stati cittadini per nascita,<br />

diviene cittadino:<br />

a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato<br />

italiano e dichiara preventivamente di voler<br />

ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana;<br />

b) se assume pubblico impiego alle dipendenze<br />

Art. 3<br />

[identico]<br />

Art. 4<br />

1. Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la<br />

madre o uno degli ascendenti in linea retta di<br />

secondo grado sono stati cittadini per nascita,<br />

diviene cittadino:<br />

a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato<br />

italiano e dichiara preventivamente di voler<br />

ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana;<br />

b) se assume pubblico impiego alle dipendenze


dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler<br />

ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana;<br />

c) se, al raggiungimento della maggiore età,<br />

risiede legalmente da almeno due anni nel<br />

territorio della Repubblica e dichiara, entro un<br />

anno dal raggiungimento, di voler ac<strong>qui</strong>stare la<br />

cittadinanza italiana.<br />

2. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto<br />

legalmente senza interruzioni fino al<br />

raggiungimento della maggiore età, diviene<br />

cittadino se dichiara di voler ac<strong>qui</strong>stare la<br />

cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta<br />

data.<br />

dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler<br />

ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana;<br />

c) se, al raggiungimento della maggiore età,<br />

risiede legalmente da almeno due anni nel<br />

territorio della Repubblica e dichiara, entro un<br />

anno dal raggiungimento, di voler ac<strong>qui</strong>stare la<br />

cittadinanza italiana.<br />

2. Lo straniero nato o entrato in Italia entro il<br />

<strong>qui</strong>nto anno di età, che vi abbia risieduto<br />

legalmente fino al raggiungimento della maggiore<br />

età, diviene cittadino italiano a meno che non<br />

esprima esplicito rifiuto. Qualora la legislazione<br />

del Paese di origine non lo consenta, è richiesta al<br />

soggetto un'opzione.<br />

2-bis. Il figlio minore di genitori stranieri ac<strong>qui</strong>sta<br />

la cittadinanza italiana su istanza dei genitori o del<br />

soggetto esercente la potestà genitoriale secondo<br />

l'ordinamento del Paese di origine se ha<br />

completato un corso di istruzione primaria o<br />

secondaria di primo grado ovvero secondaria di<br />

secondo grado presso istituti scolastici<br />

appartenenti al sistema nazionale di istruzione di<br />

cui all'articolo 1, comma 1, della legge 10 marzo<br />

2000, n. 62, ovvero un percorso di istruzione e<br />

formazione professionale idoneo al<br />

conseguimento di una qualifica professionale.<br />

Entro un anno dal raggiungimento della maggiore<br />

età, il soggetto puo rinunciare, se in possesso di<br />

un'altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana.<br />

2-ter. Il soggetto di cui al comma 2-bis, alle<br />

medesime condizioni ivi indicate, diviene cittadino<br />

italiano al raggiungimento della maggiore età o<br />

dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler<br />

ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana;<br />

c) se, al raggiungimento della maggiore età,<br />

risiede legalmente da almeno due anni nel<br />

territorio della Repubblica e dichiara, entro un<br />

anno dal raggiungimento, di voler ac<strong>qui</strong>stare la<br />

cittadinanza italiana.<br />

2. Lo straniero nato in italia o entratovi entro il<br />

decimo anno di età, che vi abbia legalmente<br />

soggiornato fino al raggiungimento della maggiore<br />

età, diviene cittadino se dichiara di volere<br />

ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana entro due anni<br />

dalla suddetta data.<br />

2-bis. Il minore figlio di genitori stranieri ac<strong>qui</strong>sta<br />

la cittadinanza italiana, su istanza dei genitori o<br />

del soggetto esercente la potestà genitoriale, se<br />

ha frequentato un corso di istruzione primaria, o<br />

secondaria di primo grado ovvero secondaria<br />

superiore presso istituti scolastici appartenenti al<br />

sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1,<br />

comma 1, della legge 10 marzo 2000, n. 62,<br />

ovvero un percorso di istruzione e formazione<br />

professionale idoneo al conseguimento di una<br />

qualifica professionale. Entro due anni dal<br />

raggiungimento della maggiore età, il soggetto<br />

puo rinunciare, se in possesso di altra<br />

cittadinanza, alla cittadinanza italiana.<br />

2-ter. Il minore di cui al comma 2-bis, alle<br />

medesime condizioni ivi indicate, diviene cittadino<br />

italiano ove dichiari, entro due anni dal<br />

raggiungimento della maggiore età, di voler


Art. 5<br />

1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino<br />

italiano puo ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana<br />

quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da<br />

almeno due anni nel territorio della Repubblica,<br />

oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se<br />

residente all’estero, qualora, al momento<br />

dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7,<br />

comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento,<br />

l’annullamento o la cessazione degli effetti civili<br />

del matrimonio e non sussista la separazione<br />

personale dei coniugi.<br />

2. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della<br />

metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.<br />

comunque una volta completato il percorso<br />

scolastico o professionale a meno che non<br />

esprima esplicito rifiuto. Qualora la legislazione<br />

del Paese di origine non lo consenta è richiesta al<br />

soggetto un'opzione<br />

Art. 5<br />

1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino<br />

italiano ac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza italiana, quando,<br />

dopo il matrimonio, risiede legalmente da almeno<br />

due anni nel territorio della Repubblica, oppure<br />

dopo tre anni dalla data del matrimonio se<br />

residente all'estero, qualora, nel suddetto periodo,<br />

non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento<br />

o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e<br />

non sussista la separazione personale dei coniugi<br />

ovvero quando sia già in essere un precedente<br />

vincolo matrimoniale nel Paese di origine.<br />

2. I termini di cui al comma 1 non sono vincolanti<br />

in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.<br />

3. Lo straniero puo inviare al Ministro dell'interno<br />

entro trenta giorni dallo scioglimento,<br />

dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti<br />

civili del matrimonio, ovvero dalla separazione<br />

personale dei coniugi, integrazioni alla<br />

documentazione già presentata, idonee a<br />

dimostrare la sussistenza di un altro titolo per<br />

l'attribuzione o per la concessione della<br />

cittadinanza. In tale caso il termine per la<br />

conclusione del procedimento è esteso a trentasei<br />

mesi complessivi.<br />

ac<strong>qui</strong>stare la cittadinanza italiana.<br />

Art. 5<br />

1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino<br />

italiano ac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza italiana quando,<br />

dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno<br />

sei mesi nel territorio della repubblica, oppure<br />

dopo tre anni dalla data del matrimonio se<br />

residente all'estero, qualora, al momento<br />

dell'adozione del decreto di cui all'art. 7, comma 1,<br />

non sia intervenuto lo scioglimento,<br />

l'annullamento, o la cessazione degli effetti civili<br />

del matrimonio e non sussista la separazione<br />

personale dei coniugi.<br />

2. L'art. 9 bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91 è<br />

abrogato.<br />

3. Lo straniero maggiorenne adottato da cittadino<br />

italiano, ac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza italiana quando,<br />

successivamente all'adozione, risieda legalmente<br />

nel territorio della repubblica da almeno due anni.


4. Lo straniero maggiorenne, adottato da cittadino<br />

italiano, ac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza italiana se risiede<br />

legalmente nel territorio della Repubblica, senza<br />

interruzioni, per almeno due anni<br />

successivamente all'adozione<br />

Art. 5-bis<br />

1. Ac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza italiana, su propria<br />

istanza e alle condizioni di cui all'articolo 5-ter, con<br />

decreto del Presidente della Repubblica, su<br />

proposta del Ministro dell'interno:<br />

a) lo straniero che da almeno cinque anni<br />

soggiorna legalmente nel territorio della<br />

Repubblica, senza interruzioni, e attualmente vi<br />

risiede e che è in possesso di un re<strong>qui</strong>sito<br />

reddituale non inferiore a quello richiesto per il<br />

rilascio del permesso di soggiorno CE per<br />

soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell'articolo<br />

9 del testo unico di cui al decreto legislativo 25<br />

luglio 1998, n. 286, come da ultimo sostituito<br />

dall'articolo 1 del decreto legislativo 8 gennaio<br />

2007, n. 3;<br />

b) il cittadino di uno Stato membro dell'Unione<br />

europea che risiede legalmente da almeno tre<br />

anni nel territorio della Repubblica;<br />

c) lo straniero regolarmente soggiornante in Italia<br />

da almeno tre anni a cui è stato riconosciuto lo<br />

status di rifugiato<br />

Art. 5-bis (Attribuzione della cittadinanza)<br />

1. Ac<strong>qui</strong>sta la cittadinanza italiana, su propria<br />

istanza, con decreto del Presidente della<br />

Repubblica, su proposta del Sindaco del Comune<br />

di residenza:<br />

a) lo straniero che risiede legalmente da almeno<br />

cinque anni nel territorio della Repubblica e che è<br />

in possesso del re<strong>qui</strong>sito reddituale, determinato<br />

con decreto del Ministro dell'interno, di concerto<br />

con il Ministro dell'economia e delle finanze, in<br />

misura non inferiore a quello prescritto per il<br />

rilascio del permesso di soggiorno CE per<br />

soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell'articolo<br />

9 del Testo unico delle disposizioni concernenti la<br />

disciplina dell'immigrazione e norme sulla<br />

condizione dello straniero, di cui al decreto<br />

legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come sostituito<br />

dall'articolo 1 del decreto legislativo 8 gennaio<br />

2007, n. 3;<br />

b) il cittadino di uno Stato membro dell'Unione<br />

europea che risiede legalmente da almeno tre<br />

anni nel territorio della Repubblica;<br />

c) lo straniero regolarmente soggiornante nel<br />

territorio della Repubblica da almeno tre anni a cui<br />

sia stato riconosciuto lo status di rifugiato o di<br />

protezione sussidiaria o di apolide. d) ai fini della


Art. 5-ter<br />

1. L'ac<strong>qui</strong>sizione della cittadinanza italiana<br />

nell'ipotesi di cui all'articolo 5-bis, comma 1, lettera<br />

a), è condizionata alla verifica della reale<br />

integrazione linguistica e sociale dello straniero<br />

nel territorio della Repubblica, riscontrata:<br />

a) da una conoscenza della lingua italiana parlata<br />

e<strong>qui</strong>valente al livello A2, di cui al quadro comune<br />

europeo di riferimento delle lingue, approvato dal<br />

Consiglio d'Europa;<br />

b) dalla conoscenza soddisfacente della vita civile<br />

dell'Italia e della Costituzione italiana.<br />

2. Lo straniero che risultasse inidoneo alla verifica<br />

di cui al comma 1 ha diritto a ripeterla senza<br />

limitazioni a condizione che siano passati almeno<br />

quattro mesi dalla comunicazione dell'esito della<br />

stessa. Il provvedimento di ac<strong>qui</strong>sizione della<br />

cittadinanza rimane pendente fino<br />

all'accertamento delle condizioni di cui alle lettere<br />

a) e b) del citato comma.<br />

3. Il Governo individua e riconosce, anche in<br />

collaborazione con le regioni e con gli enti locali,<br />

le iniziative e le attività finalizzate a rendere edotto<br />

lo straniero circa le modalità e le possibilità per<br />

l'ac<strong>qui</strong>sizione della conoscenza della lingua, della<br />

attribuzione della cittadinanza ai sensi delle lettere<br />

b) e c) l'interessato non è tenuto a dimostrare<br />

alcun reddito.<br />

e) all'art.9 comma 1 della legge 5 febbraio 1992,<br />

n. 91 le lettere b),d),e),f) sono abrogate.<br />

Art. 5-ter (Integrazione linguistica e sociale dello<br />

straniero)<br />

1. Lo Stato garantisce l'offerta formativa per la<br />

conoscenza della lingua e della Costituzione<br />

italiana per i cittadini richiedenti la cittadinanza.<br />

2. Il Governo individua e riconosce, anche in<br />

collaborazione con le Regioni e gli Enti locali, le<br />

iniziative e le attività finalizzate a sostenere il<br />

processo di integrazione linguistica e sociale dello<br />

straniero.


Art. 6<br />

1. Precludono l'ac<strong>qui</strong>sto della cittadinanza ai sensi<br />

dell'articolo 5:<br />

a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro<br />

secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;<br />

b) la condanna per un delitto non colposo per il<br />

quale la legge preveda una pena edittale non<br />

inferiore nel massimo a tre anni di reclusione;<br />

cultura e della Costituzione italiane nonché a<br />

sostenere il processo di integrazione linguistica e<br />

sociale secondo modalità stabilite ai sensi<br />

dell'articolo 25.<br />

4. Secondo modalità stabilite ai sensi dell'articolo<br />

25, sono determinati i titoli idonei ad attestare il<br />

possesso del livello della conoscenza della lingua<br />

italiana di cui al comma 1 del presente articolo,<br />

nonché le attività il cui svolgimento costituisce<br />

titolo e<strong>qui</strong>pollente. Con le medesime modalità<br />

sono determinati la documentazione da allegare<br />

all'istanza, ai fini dell'attestazione dei re<strong>qui</strong>siti di<br />

cui al citato comma 1, le modalità del collo<strong>qui</strong>o<br />

diretto ad accertare la sussistenza dei re<strong>qui</strong>siti<br />

medesimi, nonché i casi straordinari di giustificata<br />

esenzione dal possesso dei re<strong>qui</strong>siti di cui al<br />

medesimo comma 1.<br />

5. L'ac<strong>qui</strong>sizione della cittadinanza italiana<br />

impegna il nuovo cittadino al rispetto, all'adesione<br />

e alla promozione dei valori di libertà, di<br />

eguaglianza e di democrazia posti a fondamento<br />

della Repubblica italiana<br />

Art. 6<br />

1. Precludono l'attribuzione della cittadinanza ai<br />

sensi degli articoli 4, comma 2-bis, 5 e 5-bis:<br />

a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro<br />

secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;<br />

b) la condanna per un delitto non colposo per il<br />

quale la legge prevede una pena edittale non<br />

inferiore nel massimo a tre anni di reclusione;<br />

Art. 6. (Motivi preclusi dell'ac<strong>qui</strong>sto della<br />

cittadinanza)<br />

1. Precludono l'ac<strong>qui</strong>sizione della cittadinanza ai<br />

sensi degli articoli 4, comma 2-bis, 5 e 5-bis:<br />

a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro<br />

secondo, titolo I,, capi I,II, e III, del codice penale;<br />

b) la condanna per un delitto non colposo ad una<br />

pena superiore a due anni di reclusione


ovvero la condanna per un reato non politico ad<br />

una pena detentiva superiore ad un anno da parte<br />

di una autorità giudiziaria straniera, quando la<br />

sentenza sia stata riconosciuta in Italia;<br />

c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati<br />

motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.<br />

2. Il riconoscimento della sentenza straniera è<br />

richiesto dal procuratore generale del distretto<br />

dove ha sede l'ufficio dello stato civile in cui è<br />

iscritto o trascritto il matrimonio, anche ai soli fini<br />

ed effetti di cui al comma 1, lettera b).<br />

3. La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi<br />

della condanna.<br />

4. L'ac<strong>qui</strong>sto della cittadinanza è sospeso fino a<br />

comunicazione della sentenza definitiva, se sia<br />

stata promossa azione penale per uno dei delitti di<br />

cui al comma 1, lettera a) e lettera b), primo<br />

periodo, nonché per il tempo in cui è pendente il<br />

procedimento di riconoscimento della sentenza<br />

straniera, di cui al medesimo comma 1, lettera b),<br />

secondo periodo.<br />

c) la condanna per un reato non politico a una<br />

pena detentiva superiore a un anno da parte di<br />

un'autorità giudiziaria straniera, quando la<br />

sentenza è stata riconosciuta in Italia;<br />

d) la dichiarazione di delinquenza abituale;<br />

e) la condanna per uno dei crimini o delle<br />

violazioni previsti dallo Statuto del Tribunale<br />

penale internazionale per l'ex Jugoslavia, adottato<br />

a New York il 25 maggio 1993, o dallo Statuto del<br />

Tribunale penale internazionale per il Ruanda,<br />

firmato a New York l'8 novembre 1994, o dallo<br />

Statuto istitutivo della Corte penale internazionale,<br />

adottato a Roma il 17 luglio 1998, reso esecutivo<br />

dalla legge 12 luglio 1999, n. 232.<br />

2. L'attribuzione della cittadinanza non è preclusa<br />

quando l'istanza riguarda un minore condannato a<br />

una pena detentiva non superiore ai due anni.<br />

3. Il riconoscimento della sentenza straniera,<br />

anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1,<br />

lettere c) ed e), del presente articolo è richiesto<br />

dal procuratore generale del distretto dove ha<br />

sede l'ufficio dello stato civile in cui è iscritto o<br />

trascritto il matrimonio, nei casi di cui all'articolo 5,<br />

ovvero dal procuratore generale del distretto nel<br />

quale è compreso il comune di residenza<br />

dell'interessato, nei casi di cui agli articoli 4,<br />

comma 2-bis, e 5-bis.<br />

4. La riabilitazione o l'estinzione del reato fanno<br />

cessare gli effetti preclusivi della condanna.<br />

c) la condanna per uno dei crimini o delle<br />

violazioni previsti dallo Statuto del Tribunale<br />

penale internazionale per l'ex Jugoslavia, firmato a<br />

New York il 25 maggio 1993, o dallo Statuto del<br />

Tribunale penale internazionale per il Ruanda,<br />

firmato a New York l'8 novembre 1994, o dallo<br />

Statuto istitutivo della Corte penale internazionale,<br />

adottato a Roma il 17 luglio 1998, ratificato e reso<br />

esecutivo con la legge 12 luglio 1999, n. 232.<br />

2. L'ac<strong>qui</strong>sto della cittadinanza non è precluso<br />

quando l'istanza riguarda un minore condannato a<br />

pena detentiva non superiore a tre anni.<br />

3. La riabilitazione o l'estinzione del reato fanno<br />

cessare gli effetti preclusivi della condanna.


Art. 7<br />

1. Ai sensi dell'articolo 5, la cittadinanza si<br />

ac<strong>qui</strong>sta con decreto del Ministro dell'interno, a<br />

istanza dell'interessato, presentata al sindaco del<br />

comune di residenza o alla competente autorità<br />

consolare.<br />

2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3<br />

della legge 12 gennaio 1991, n. 13 .<br />

5. L'ordinanza che dispone una misura cautelare<br />

personale, ovvero l'inizio dell'azione penale per<br />

uno dei reati indicati nelle lettere a) e b) del<br />

comma 1, ovvero l'apertura del procedimento di<br />

riconoscimento della sentenza straniera indicata<br />

nella lettera c) del citato comma 1, ovvero i<br />

provvedimenti che dispongono l'arresto, la cattura,<br />

il trasferimento o il rinvio a giudizio oppure la<br />

sentenza di condanna anche non definitiva<br />

pronunciati ai sensi dei rispettivi Statuti dal<br />

Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia<br />

o dal Tribunale penale internazionale per il<br />

Ruanda o dalla Corte penale internazionale<br />

determinano la sospensione del procedimento per<br />

l'attribuzione della cittadinanza. Il procedimento è<br />

sospeso fino alla comunicazione della sentenza<br />

definitiva o del decreto di archiviazione ovvero del<br />

provvedimento di revoca della misura cautelare<br />

perché illegittimamente disposta. Del<br />

provvedimento di sospensione è data<br />

comunicazione all'interessato<br />

Art. 7<br />

1. Ai sensi dell'articolo 5, la cittadinanza si<br />

ac<strong>qui</strong>sta con decreto del Ministro dell'interno, a<br />

istanza dell'interessato.<br />

1-bis. Le istanze proposte ai sensi degli articoli 5,<br />

5-bis e 9 si presentano al Prefetto competente per<br />

territorio in relazione alla residenza dell'istante o<br />

alla competente autorità consolare<br />

2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3<br />

della legge 12 gennaio 1991, n. 13 .<br />

Art. 7<br />

[identico]


Art. 8<br />

1. Con decreto motivato, il Ministro dell'interno<br />

respinge l'istanza di cui all'articolo 7 ove<br />

sussistano le cause ostative previste nell'articolo<br />

6. Ove si tratti di ragioni inerenti alla sicurezza<br />

della Repubblica, il decreto è emanato su<br />

conforme parere del Consiglio di Stato. L'istanza<br />

respinta puo essere riproposta dopo cinque anni<br />

dall'emanazione del provvedimento.<br />

2. L'emanazione del decreto di rigetto dell'istanza<br />

è preclusa quando dalla data di presentazione<br />

dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta<br />

documentazione, sia decorso il termine di due<br />

anni.<br />

Art. 8<br />

1. Con decreto motivato, il Ministro dell'interno<br />

respinge l'istanza presentata ai sensi dell'articolo<br />

4, comma 2-bis, dell'articolo 5-bis, comma 1, e<br />

dell'articolo 7, comma 1, ove sussistano le cause<br />

ostative indicate all'articolo 6.<br />

Art. 8-bis<br />

1. Qualora sussistano motivi tali da far ritenere il<br />

richiedente pericoloso per la sicurezza della<br />

Repubblica, il Ministro dell'interno, su parere<br />

conforme del Consiglio di Stato, respinge con<br />

decreto motivato l'istanza presentata ai sensi<br />

dell'articolo 7, comma 1-bis, dandone<br />

comunicazione al Presidente del Consiglio dei<br />

ministri.<br />

2. Qualora risulti necessario ac<strong>qui</strong>sire ulteriori<br />

informazioni in ordine alla pericolosità del<br />

richiedente per la sicurezza della Repubblica, il<br />

Ministro dell'interno sospende il procedimento per<br />

l'attribuzione della cittadinanza per un periodo<br />

massimo di tre anni, informandone il Presidente<br />

del Consiglio dei ministri.<br />

Art. 8<br />

[identico]


Art. 9<br />

1. La cittadinanza italiana puo essere concessa<br />

con decreto del Presidente della Repubblica,<br />

sentito il Consiglio di Stato, su proposta del<br />

Ministro dell'interno:<br />

a) allo straniero del quale il padre o la madre o<br />

uno degli ascendenti in linea retta di secondo<br />

grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato<br />

nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi,<br />

vi risiede legalmente da almeno tre anni,<br />

comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo<br />

4, comma 1, lettera c);<br />

b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino<br />

italiano che risiede legalmente nel territorio della<br />

Repubblica da almeno cinque anni<br />

successivamente alla adozione ;<br />

c) allo straniero che ha prestato servizio, anche<br />

all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze<br />

dello Stato;<br />

d) al cittadino di uno Stato membro delle<br />

Comunità europee se risiede legalmente da<br />

almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;<br />

e) all'apolide che risiede legalmente da almeno<br />

cinque anni nel territorio della Repubblica;<br />

f) allo straniero che risiede legalmente da almeno<br />

dieci anni nel territorio della Repubblica.<br />

3. L'istanza respinta ai sensi del presente articolo<br />

puo essere riproposta decorsi due anni dalla data<br />

del decreto di reiezione.<br />

Art. 9<br />

1. La cittadinanza italiana puo essere concessa<br />

con decreto del Presidente della Repubblica,<br />

sentito il Consiglio di Stato, su proposta del<br />

Ministro dell'interno:<br />

a) allo straniero del quale il padre o la madre o<br />

uno degli ascendenti in linea retta di secondo<br />

grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato<br />

nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi,<br />

vi risiede legalmente da almeno tre anni,<br />

comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo<br />

4, comma 1, lettera c);<br />

b) al minore straniero o apolide che ha frequentato<br />

integralmente un ciclo scolastico in Italia, al<br />

raggiungimento della maggiore età;<br />

c) allo straniero che ha prestato servizio, anche<br />

all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze<br />

dello Stato;<br />

d) al cittadino di uno Stato membro delle<br />

Comunità europee se risiede legalmente da<br />

almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;<br />

e) all'apolide che risiede legalmente da almeno tre<br />

anni nel territorio della Repubblica;<br />

2. Con decreto del Presidente della Repubblica,<br />

sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione<br />

del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro<br />

Art. 9<br />

[identico]


2. Con decreto del Presidente della Repubblica,<br />

sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione<br />

del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro<br />

dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari<br />

esteri, la cittadinanza puo essere concessa allo<br />

straniero quando questi abbia reso eminenti<br />

servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un<br />

eccezionale interesse dello Stato.<br />

Art. 9 bis<br />

1. Ai fini dell’elezione, ac<strong>qui</strong>sto, riac<strong>qui</strong>sto,<br />

rinuncia o concessione della cittadinanza,<br />

all’istanza o dichiarazione dell’interessato deve<br />

essere comunque allegata la certificazione<br />

comprovante il possesso dei re<strong>qui</strong>siti richiesti per<br />

legge.<br />

2. Le istanze o dichiarazioni di elezione, ac<strong>qui</strong>sto,<br />

riac<strong>qui</strong>sto, rinuncia o concessione della<br />

cittadinanza sono soggette al pagamento di un<br />

contributo di importo pari a 200 euro.<br />

3. Il gettito derivante dal contributo di cui al<br />

comma 2 è versato all’entrata del bilancio dello<br />

Stato per essere riassegnato allo stato di<br />

previsione del Ministero dell’interno che lo destina,<br />

per la metà, al finanziamento di progetti del<br />

Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione<br />

diretti alla collaborazione internazionale e alla<br />

cooperazione e assistenza ai Paesi terzi in<br />

materia di immigrazione anche attraverso la<br />

partecipazione a programmi finanziati dall’U nione<br />

europea e, per l’altra metà, alla copertura degli<br />

oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai<br />

dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari<br />

esteri, la cittadinanza puo essere concessa allo<br />

straniero quando questi abbia reso eminenti<br />

servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un<br />

eccezionale interesse dello Stato.<br />

2-bis. Ai fini della concessione della cittadinanza<br />

ai sensi dei commi 1 e 2, l'interessato non è<br />

tenuto a dimostrare alcun re<strong>qui</strong>sito di reddito.<br />

Art. 9 bis<br />

[identico]<br />

Art. 9 bis<br />

[identico]


procedimenti di competenza del medesimo<br />

Dipartimento in materia di immigrazione, asilo e<br />

cittadinanza.<br />

Art. 10<br />

1. Il decreto di concessione della cittadinanza non<br />

ha effetto se la persona a cui si riferisce non<br />

presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto<br />

medesimo, giuramento di essere fedele alla<br />

Repubblica e di osservare la Costituzione e le<br />

leggi dello Stato.<br />

Art. 11<br />

1. Il cittadino che possiede, ac<strong>qui</strong>sta o riac<strong>qui</strong>sta<br />

una cittadinanza straniera conserva quella<br />

italiana, ma puo ad essa rinunciare qualora risieda<br />

o stabilisca la residenza all'estero.<br />

Art. 10<br />

1. Il decreto di attribuzione o di concessione della<br />

cittadinanza ac<strong>qui</strong>sta efficacia dal giorno<br />

successivo alla sua emanazione.<br />

2. Il nuovo cittadino viene convocato per la<br />

cerimonia di giuramento entro un anno dalla data<br />

di emanazione del decreto di cui al comma 1. Il<br />

rifiuto a prestare giuramento o l'ingiustificata<br />

assenza alla cerimonia è motivo per la revoca del<br />

provvedimento di attribuzione o di concessione<br />

della cittadinanza.<br />

3. Il nuovo cittadino presta giuramento<br />

pronunciando la seguente formula: "Giuro di<br />

osservare la Costituzione della Repubblica<br />

italiana, di rispettarne i princìpi fondamentali e di<br />

riconoscere i diritti e i doveri dei cittadini e la pari<br />

dignità sociale di tutte le persone".<br />

4. In occasione del giuramento è consegnata al<br />

nuovo cittadino copia della Costituzione<br />

Art. 11<br />

[identico]<br />

Art. 10<br />

[identico]<br />

Art. 11<br />

[identico]


Art. 12<br />

1. Il cittadino italiano perde la cittadinanza se,<br />

avendo accettato un impiego pubblico od una<br />

carica pubblica da uno Stato o ente pubblico<br />

estero o da un ente internazionale cui non<br />

partecipi l'Italia, ovvero prestando servizio militare<br />

per uno Stato estero, non ottempera, nel termine<br />

fissato, all'intimazione che il Governo italiano puo<br />

rivolgergli di abbandonare l'impiego, la carica o il<br />

servizio militare.<br />

2. Il cittadino italiano che, durante lo stato di<br />

guerra con uno Stato estero, abbia accettato o<br />

non abbia abbandonato un impiego pubblico od<br />

una carica pubblica, od abbia prestato servizio<br />

militare per tale Stato senza esservi obbligato,<br />

ovvero ne abbia ac<strong>qui</strong>stato volontariamente la<br />

cittadinanza, perde la cittadinanza italiana al<br />

momento della cessazione dello stato di guerra.<br />

Art. 13<br />

1. Chi ha perduto la cittadinanza la riac<strong>qui</strong>sta:<br />

a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato<br />

italiano e dichiara previamente di volerla<br />

riac<strong>qui</strong>stare;<br />

b) se, assumendo o avendo assunto un pubblico<br />

impiego alle dipendenze dello Stato, anche<br />

Art. 11-bis<br />

Ai fini dell'ac<strong>qui</strong>sizione della cittadinanza non è<br />

richiesta la rinuncia alla cittadinanza straniera<br />

Art. 12<br />

[identico]<br />

Art. 13<br />

[identico]<br />

Art. 12<br />

[identico]<br />

Art. 13<br />

[identico]


all'estero, dichiara di volerla riac<strong>qui</strong>stare;<br />

c) se dichiara di volerla riac<strong>qui</strong>stare ed ha stabilito<br />

o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione, la<br />

residenza nel territorio della Repubblica;<br />

d) dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la<br />

residenza nel territorio della Repubblica, salvo<br />

espressa rinuncia entro lo stesso termine;<br />

e) se, avendola perduta per non aver ottemperato<br />

all'intimazione di abbandonare l'impiego o la<br />

carica accettati da uno Stato, da un ente pubblico<br />

estero o da un ente internazionale, ovvero il<br />

servizio militare per uno Stato estero, dichiara di<br />

volerla riac<strong>qui</strong>stare, sempre che abbia stabilito la<br />

residenza da almeno due anni nel territorio della<br />

Repubblica e provi di aver abbandonato l'impiego<br />

o la carica o il servizio militare, assunti o prestati<br />

nonostante l'intimazione di cui all'articolo 12,<br />

comma 1.<br />

2. Non è ammesso il riac<strong>qui</strong>sto della cittadinanza<br />

a favore di chi l'abbia perduta in applicazione<br />

dell'articolo 3, comma 3, nonché dell'articolo 12,<br />

comma 2.<br />

3. Nei casi indicati al comma 1, lettera c), d) ed e),<br />

il riac<strong>qui</strong>sto della cittadinanza non ha effetto se<br />

viene inibito con decreto del Ministro dell'interno,<br />

per gravi e comprovati motivi e su conforme<br />

parere del Consiglio<br />

di Stato. Tale inibizione puo intervenire entro il<br />

termine di un anno dal verificarsi delle condizioni<br />

stabilite.


Art. 14<br />

1. I figli minori di chi ac<strong>qui</strong>sta o riac<strong>qui</strong>sta la<br />

cittadinanza italiana, se convivono con esso,<br />

ac<strong>qui</strong>stano la cittadinanza italiana, ma, divenuti<br />

maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso<br />

di altra cittadinanza.<br />

Art. 15<br />

1. L'ac<strong>qui</strong>sto o il riac<strong>qui</strong>sto della cittadinanza ha<br />

effetto, salvo quanto stabilito dall'articolo 13,<br />

comma 3, dal giorno successivo a quello in cui<br />

sono adempiute le condizioni e le formalità<br />

richieste.<br />

Art. 16<br />

1. L'apolide che risiede legalmente nel territorio<br />

della Repubblica è soggetto alla legge italiana per<br />

quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed<br />

agli obblighi del servizio militare.<br />

2. Lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato<br />

italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge<br />

o dalle convenzioni internazionali è e<strong>qui</strong>parato<br />

all'apolide ai fini dell'applicazione della presente<br />

legge, con esclusione degli obblighi inerenti al<br />

servizio militare.<br />

Art. 17<br />

1. Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione<br />

degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n.<br />

555, o per non aver reso l'opzione prevista<br />

dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, la<br />

Art. 14<br />

[identico]<br />

Art. 15<br />

[identico]<br />

Art. 16<br />

1. L'apolide che risiede legalmente nel territorio<br />

della Repubblica è soggetto alla legge italiana per<br />

quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed<br />

agli obblighi del servizio militare.<br />

Art. 17<br />

1. Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione<br />

degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n.<br />

555, o per non aver reso l'opzione prevista<br />

dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, la<br />

Art. 14<br />

[identico]<br />

Art. 15<br />

[identico]<br />

Art. 16<br />

[identico]<br />

Art. 17<br />

[identico]


iac<strong>qui</strong>sta se effettua una dichiarazione in tal<br />

senso entro due anni dalla data di entrata in<br />

vigore della presente legge.<br />

2. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 219<br />

della legge 19 maggio 1975, n. 151.<br />

Art. 17 bis<br />

1. Il diritto alla cittadinanza italiana è riconosciuto:<br />

a) ai soggetti che siano stati cittadini italiani, già<br />

residenti nei territori facenti parte dello Stato<br />

italiano successivamente ceduti alla Repubblica<br />

jugoslava in forza del Trattato di pace firmato a<br />

riac<strong>qui</strong>sta se effettua una dichiarazione in tal<br />

senso.<br />

2. Possono altresì riac<strong>qui</strong>stare o ac<strong>qui</strong>stare la<br />

cittadinanza:<br />

a) la donna che, già cittadina italiana per nascita,<br />

ha perduto la cittadinanza per effetto del<br />

matrimonio con cittadino straniero, quando il<br />

matrimonio è stato contratto prima del 1o gennaio<br />

1948;<br />

b) il figlio della donna di cui alla lettera a),<br />

ancorché nato anteriormente al 1o gennaio 1948,<br />

anche qualora la madre sia deceduta;<br />

c) i soggetti, ancorché nati anteriormente al 1o<br />

gennaio 1948, figli di padri o di madri cittadini<br />

2-bis. Il diritto al riac<strong>qui</strong>sto o all'ac<strong>qui</strong>sto della<br />

cittadinanza ai sensi dei commi 1 e 2 è esercitato<br />

dagli interessati mediante presentazione di una<br />

dichiarazione resa al sindaco del comune di<br />

residenza dell'istante, oppure alla competente<br />

autorità consolare previa produzione di idonea<br />

documentazione ai sensi di quanto disposto con<br />

decreto del Ministro dell'interno emanato di<br />

concerto con il Ministro degli affari esteri<br />

Art. 17 bis<br />

[identico]<br />

Art. 17 bis<br />

[identico]


Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal<br />

decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato<br />

28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge<br />

25 novembre 1952, n. 3054, ovvero in forza del<br />

Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso<br />

esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73, alle<br />

condizioni previste e in possesso dei re<strong>qui</strong>siti per il<br />

diritto di opzione di cui all'articolo 19 del Trattato di<br />

pace di Parigi e all'articolo 3 del Trattato di Osimo;<br />

b) alle persone di lingua e cultura italiane che<br />

siano figli o discendenti in linea retta dei soggetti<br />

di cui alla lettera a)<br />

Art. 17 ter<br />

1. Il diritto al riconoscimento della cittadinanza<br />

italiana di cui all'articolo 17- bis è esercitato dagli<br />

interessati mediante la presentazione di una<br />

istanza all'autorità comunale italiana competente<br />

per territorio in relazione alla residenza<br />

dell'istante, ovvero, qualora ne ricorrano i<br />

presupposti, all'autorità consolare, previa<br />

produzione da parte dell'istante di idonea<br />

documentazione, ai sensi di quanto disposto con<br />

circolare del Ministero dell'interno, emanata di<br />

intesa con il Ministero degli affari esteri.<br />

2. Al fine di attestare la sussistenza dei re<strong>qui</strong>siti di<br />

cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 17- bis,<br />

all'istanza deve essere comunque allegata la<br />

certificazione comprovante il possesso, all'epoca,<br />

della cittadinanza italiana e della residenza nei<br />

territori facenti parte dello Stato italiano e<br />

successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava<br />

Art. 17 ter<br />

[identico]<br />

Art. 17 ter<br />

[identico]


in forza dei Trattati di cui al medesimo comma 1<br />

dell'articolo 17-bis.<br />

3. Al fine di attestare la sussistenza dei re<strong>qui</strong>siti di<br />

cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 17- bis,<br />

all'istanza deve essere comunque allegata la<br />

seguente documentazione:<br />

a) i certificati di nascita attestanti il rapporto di<br />

discendenza diretta tra l'istante e il genitore o<br />

l'ascendente;<br />

b) la certificazione storica, prevista per l'esercizio<br />

del diritto di opzione di cui alla lettera a) del<br />

comma 1 dell'articolo 17- bis, attestante la<br />

cittadinanza italiana del genitore dell'istante o del<br />

suo ascendente in linea<br />

retta e la residenza degli stessi nei territori facenti<br />

parte dello Stato italiano e successivamente<br />

ceduti alla Repubblica jugoslava in forza dei<br />

Trattati di cui al medesimo comma 1 dell'articolo<br />

17- bis;<br />

c) la documentazione atta a dimostrare il re<strong>qui</strong>sito<br />

della lingua e della cultura italiane dell'istante<br />

Art. 18 - Abrogato<br />

Art. 19<br />

1. Restano salve le disposizioni della legge 9<br />

gennaio 1956, n. 27 , sulla trascrizione nei registri<br />

dello stato civile dei provvedimenti di<br />

riconoscimento delle opzioni per la cittadinanza<br />

italiana, effettuate ai sensi dell'articolo 19 del<br />

Trattato di pace tra le potenze alleate ed associate<br />

Art. 19<br />

[identico]<br />

Art. 19<br />

[identico]


e l'Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.<br />

Art. 20<br />

1. Salvo che sia espressamente previsto, lo stato<br />

di cittadinanza ac<strong>qui</strong>sito anteriormente alla<br />

presente legge non si modifica se non per fatti<br />

posteriori alla data di entrata in vigore della<br />

stessa.<br />

Art. 21<br />

1. Ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 9, la<br />

cittadinanza italiana puo essere concessa allo<br />

straniero che sia stato affiliato da un cittadino<br />

italiano prima della data di entrata in vigore della<br />

legge 4 maggio 1983, n. 184 , e che risieda<br />

legalmente nel territorio della Repubblica da<br />

almeno sette anni dopo l'affiliazione.<br />

Art. 22<br />

1. Per coloro i quali, alla data di entrata in vigore<br />

della presente legge, abbiano già perduto la<br />

cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 8 della<br />

legge 13 giugno 1912, n. 555, cessa ogni obbligo<br />

militare.<br />

Art. 23<br />

1. Le dichiarazioni per l'ac<strong>qui</strong>sto, la<br />

conservazione, il riac<strong>qui</strong>sto e la rinunzia alla<br />

cittadinanza e la prestazione del giuramento<br />

previste dalla presente legge sono rese all'ufficiale<br />

dello stato civile del comune dove il dichiarante<br />

risiede o intende stabilire la propria residenza,<br />

Art. 20<br />

[identico]<br />

Art. 21<br />

[identico]<br />

Art. 22<br />

[identico]<br />

Art. 23<br />

1. Le dichiarazioni per l'ac<strong>qui</strong>sto, la<br />

conservazione, il riac<strong>qui</strong>sto e la rinunzia alla<br />

cittadinanza previste dalla presente legge sono<br />

rese all'ufficiale dello stato civile del comune dove<br />

il dichiarante risiede o intende stabilire la propria<br />

residenza, ovvero, in caso di residenza all'estero,<br />

Art. 20<br />

[identico]<br />

Art. 21<br />

[identico]<br />

Art. 22<br />

[identico]<br />

Art. 23<br />

[identico]


ovvero, in caso di residenza all'estero, davanti<br />

all'autorità diplomatica o consolare del luogo di<br />

residenza.<br />

2. Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli<br />

atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla<br />

conservazione e al riac<strong>qui</strong>sto della cittadinanza<br />

italiana vengono trascritti nei registri di<br />

cittadinanza e di essi viene<br />

effettuata annotazione a margine dell'atto di<br />

nascita.<br />

Art. 24 - Abrogato<br />

davanti all'autorità diplomatica o consolare del<br />

luogo di residenza.<br />

1-bis. La prestazione del giuramento di cui<br />

all'articolo 10 è resa dinanzi al sindaco del<br />

comune di residenza dell'istante, ovvero, in caso<br />

di residenza all'estero, dinanzi all'autorità<br />

diplomatica o consolare del luogo di residenza,<br />

secondo modalità stabilite ai sensi dell'articolo 25.<br />

1-ter. La prefettura-ufficio territoriale del Governo<br />

provvede a convocare l'interessato per il<br />

giuramento secondo modalità che garantiscono il<br />

rispetto del termine di cui all'articolo 10, comma 1.<br />

2. Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli<br />

atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla<br />

conservazione e al riac<strong>qui</strong>sto della cittadinanza<br />

italiana vengono trascritti nei registri di<br />

cittadinanza e di essi viene<br />

effettuata annotazione a margine dell'atto di<br />

nascita.<br />

Art. 23-bis<br />

1. Ai fini della presente legge, per il computo del<br />

periodo di residenza legale, se prevista, si calcola<br />

come termine iniziale la data di presentazione<br />

della relativa dichiarazione anagrafica resa dal<br />

soggetto interessato al competente ufficio<br />

comunale, qualora ad essa consegua la<br />

registrazione nell'anagrafe della popolazione<br />

residente


Art. 25<br />

1. Le disposizioni necessarie per l'esecuzione<br />

della presente legge sono emanate, entro un anno<br />

dalla sua entrata in vigore, con decreto del<br />

Presidente della Repubblica, udito il parere del<br />

Consiglio di Stato e previa deliberazione del<br />

Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli<br />

affari esteri e dell'interno, di concerto con il<br />

Ministro di grazia e giustizia.<br />

Art. 26<br />

1. Sono abrogati la legge 13 giugno 1912, n. 555,<br />

la legge 31 gennaio 1926, n. 108 , il regio decretolegge<br />

1° dicembre 1934, n. 1997, convertito dalla<br />

legge 4 aprile 1935, n. 517, l'articolo 143-ter del<br />

codice civile, la legge 21 aprile 1983, n. 123,<br />

l'articolo 39 della legge 4 maggio 1983, n. 184 , la<br />

legge 15 maggio 1986, n. 180 , e ogni altra<br />

disposizione incompatibile con la presente legge.<br />

2. È soppresso l'obbligo dell'opzione di cui<br />

all'articolo 5, comma secondo, della legge 21<br />

aprile 1983, n. 123, e all'articolo 1, comma 1, della<br />

legge 15 maggio 1986, n. 180 .<br />

3. Restano salve le diverse disposizioni previste<br />

da accordi internazionali.<br />

Art. 27<br />

1. La presente legge entra in vigore sei mesi dopo<br />

la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La<br />

presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà<br />

Art. 25<br />

[identico]<br />

Art. 26<br />

[identico]<br />

Art. 27<br />

[identico]<br />

Art. 25<br />

1. Le disposizioni necessarie per l'esecuzione<br />

della presente legge sono emanate, entro un anno<br />

dalla sua entrata in vigore, con decreto del<br />

Presidente della Repubblica, udito il parere del<br />

Consiglio di Stato e previa deliberazione del<br />

Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli<br />

affari esteri e dell'interno, di concerto con il<br />

Ministro di grazia e giustizia e con il Ministro della<br />

pubblica istruzione.<br />

Art. 26<br />

[identico]<br />

Art. 27<br />

[identico]


inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi<br />

della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a<br />

chiunque spetti di osservarla e di farla osservare<br />

come legge dello Stato.


108

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