66 Storia, Filosofia e Fede di Monica Ciotoli Riflessione-provocazione condivisa con noi da Giampaolo Pancetti, ministro ordinario dell’Eucaristia e Responsabile della Parrocchia “San Vincenzo di Lerins”in Firenze (Chiesa Anglicana di rito vetero-cattolico): Perché non è necessario andare a Messa Un approccio sacralmente irriverente… vetero-cattolico Andare a Messa non è necessario! Non serve per la salvezza, nè per potersi dire cristiani. Gesù non ha mai chiesto ai suoi discepoli di riunirsi tutte le settimane per celebrare il suo sacrificio. Al contrario, la Chiesa di Roma afferma che «coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave» (CCC 2181) giustificando tale precetto con una abusiva re-interpretazione del comandamento sul sabato (Es 20,8)! No. Questa è in effetti la prima diffe-renza che si apprende frequentando la Chiesa Vetero-Cattolica: non esiste alcun obbligo di frequentare la Mes-sa (o meglio “Santa Eucaristia”). Sal-tare la Messa non è peccato. Eppure, anche l’atto di fondazione dell’Unione di Utrecht delle Chiese Vetero- Cattoliche, afferma che la Messa è il «vero punto centrale del culto cattolico». Non è incoerente tut-to ciò? Il primato della coscienza In primo luogo il cristiano, in virtù del suo Battesimo è «re, sacerdote e profeta». Attenzione: non mi sto rife-rendo ad un “super-prete”, ma ad un semplice laico! Nel vetero-cattolicesimo al posto del primato in-fallibilista del <strong>Papa</strong>, esiste il primato (fallibile) della coscienza individuale. Il cristiano non è un “pecorone”. Non è un membro passivo, ignorante di teologia, ma è una pietra viva della Chiesa (1 Pt 2,5)! Ogni cristiano che vive in Cristo, è in grado di agire se-condo coscienza, nella quale soffia la voce di Dio, e quindi di vivere la santificazione domenicale in modo alter-nativo. Gratuità e non obbligo In secondo luogo, la Rivelazione af-ferma che il Dio di Gesù Cristo non si lascia inscrivere nella dimensione della necessità, non perché non lo sia, ma al contrario, perché è «più che necessario», cioè travalica la sfera della necessità, nella libertà del suo donarsi: l’essere di Dio è grazia e dunque Dio si relaziona a noi non per necessità, ma per sovrabbondanza d’amore. E l’amore non si impone, ma segue le logiche della «gratuità» e della «gratitudine». L’Eucaristia non è altro che un incontro d’amore tra l’essere umano e Dio, nella gratitudi-ne. Del resto il termine “eucaristia” significa proprio questo: “grazie”. Ecco perché la Messa non può essere né un precetto, né un obbligo. Discriminazione o cattolicità? Nonostante la partecipazione alla Messa domenicale sia ritenuta obbli-gatoria dal cattolicesimo-romano, la comunione è riservata all’elite dei soli cattolici-romani “puri”. Durante il battesimo cattolico-romano (!) di mio figlio, ad esempio, non fu fatta alcuna eccezione: in quanto ve-tero-cattolico, mi fu impedito di rice-vere l’Eucaristia… Altro esempio. Non importa, se una donna ha subito le peggiori violenze da parte di suo marito (colui che a-vrebbe dovuto proteggerla!). Non im-porta se il suo matrimonio è morto da anni. Se lui è biologicamente vivo, lei non è autorizzata ad essere felice in una nuova relazione. Se lo fa, non si merita l’Eucaristia. È forse questa la cattoli- cità (=universalità) praticata dalla Chiesa Cattolico-Romana? Dio forse fa parzialità? Chi può essere ri-tenuto “puro” o “degno” di accostarsi all’Eucaristia? La Messa è forse di “proprietà” della Chiesa? Non è forse Gesù il padrone di casa che invita? Le Chiese hanno forse diritto di dire “tu si” e “tu no”? Gesù non ha forse affermato: «prendete, mangiate e beve-tene tutti» (Mt 26, 26-28)? Giuda, pur avendolo già tradito, non sedeva a tavola con Gesù? Non ha fatto anche lui la “comunione” con Gesù? Eucaristia: medicina spirituale Gesù ha affermato chiaramente di es-sere venuto per i “malati” e non per i sani. E allora? Con quale diritto certe Chiese possono allontanare “i malati” dalla mensa eucaristica? Non è forse vero che Zaccheo cambiò vita DOPO che Gesù condivise con lui il pasto e non prima (Lc 19,1-10)? L’amore di Dio è potenza che ci spinge alla con-versione (Rm 2,4). Così è l’Eucaristia: medicina spirituale che può farci uscire dai nostri labirinti, può liberarci dalle nostre schiavitù e illusioni. Ecco perché nella Messa vetero-cattolica, il “malato” non è in-vitato a rimanere al suo posto, ma a farsi avanti e fare la comunione. Pro-prio se e perché ha infranto mille precetti ha bisogno dell’Eucaristia! Il centro: la comunità eucaristica Allora che cosa è necessario? Costrui-re una vera «comunità eucaristica». C’è troppa solitudine, troppa emargi-nazione, troppa disgregazione. Tutto questo genera pessimismo, depressione e violenza. Non c’è bisogno di un nuovo sistema di valori, né di religioni dall’appagamento immediato, né di Chiese che si auto-proclamano infal-libili (e poi tutt’altro che esenti da errori!), Papi super-star vicari di Cristo, né Chiese con la presunzione di fondarsi sulla Bibbia, mentre non fanno altro che riscrivere un cristianesimo a propria immagine e somiglianza. C’è bisogno di una Chiesa vera, una Chiesa santa e peccatrice, fatta di uomini e donne che si aprono alla fraternità, all’integrazione e che nella forza del Vangelo, diventano comunità unita nel reciproco sostegno e nella condi-visione. Allora è possibile abbattere le barriere della divisione, della vio-lenza e della depressione, affrontare le sfide della vita e della sofferenza, in definitiva, uscire dal nostro «inferno» e poter amare sul serio, perché solo questo ci fa essere vivi. Il centro non è la Messa, ma diventare comuni-tà eucaristica, fondata sulla la Parola di Dio (Mt 4,4), nello spirito di grati-tudine e gratuità: nell’Eucaristia, appunto. Pax et bonum
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