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232 La pittura cos’è<br />
raccolta curvo, si purifi ca e scende, riprendendo il suo corso. Ripetizione e<br />
<strong>di</strong>fferenza, mentalità postmoderna della citazione e del remake.<br />
5. Sistemi <strong>di</strong> valore. Appassionarsi alle scorie<br />
Nell’andamento ciclico emerso non c’è automatismo. Si notano transizioni<br />
<strong>di</strong> fase, anziché punti <strong>di</strong> arresto, non sic stantibus rebus, ma perché la<br />
loro <strong>di</strong>namica sottende investimenti epistemici, in primo luogo una credenza<br />
nella rigenerazione. Ogni terminativo è dunque una durata che artisti e<br />
alchimisti polarizzano positivamente, “intenzione <strong>di</strong> morte” da apprezzare<br />
come delta della rinascita. «Il fi ore è la vegetazione del virus». 61 Escrementi,<br />
marciumi e muffe, sovraccarichi <strong>di</strong> vita, esercitano un potere attrattivo<br />
più della sostanza limpida, che non interessa se non per affrettarne la purulenza<br />
e la contaminazione. In alchimia la “pietra fi losofale” stessa può<br />
coincidere con una misera pianta in una pozza d’acqua, un esalante gas <strong>di</strong><br />
palude o lo sterco in un mucchio <strong>di</strong> letame. Ecco che liste e ricette includono,<br />
tra i preferiti, feci (Paracelso le chiamava “carbone umano” o “zolfo<br />
occidentale”), urina (“urina fi losofi ca”, “sale <strong>di</strong> urina”, “olio <strong>di</strong> urina”…) e<br />
sputo, ritenuto un sale corrosivo in grado <strong>di</strong> sciogliere l’oro. Fra i tanti usi,<br />
le feci venivano putrefatte «fi nché non vi fossero sorti dentro dei vermi». 62<br />
Il deca<strong>di</strong>mento, trascinando con sé odori nauseabon<strong>di</strong>, vischiosità e agenti<br />
nocivi, invade il campo intimo del corpo e lo contagia. 63 Diventa in questo<br />
modo l’humus <strong>di</strong> un’assiologia timica.<br />
Il capitolo <strong>di</strong> Elkins sulla “coltura” dello stu<strong>di</strong>o dell’artista chiarisce che<br />
l’abietto non è un’invenzione novecentesca. Lo è l’estetica che lo teorizza,<br />
con Kolnai (1929) e Bataille (1929). Di qui, nel contemporaneo, la vasta<br />
esibizione dell’abietto per suscitare il <strong>di</strong>sgusto. Il <strong>di</strong>sgustante magnifi cato<br />
in<strong>di</strong>pendentemente dalle sue promesse. Pensiamo a David Nebreda, Andres<br />
Serrano, Otto Muehl, Pinar Yolaçan, Kiki Smith, alle Ossidazioni <strong>di</strong><br />
Andy Warhol e alle Muffe <strong>di</strong> Cindy Sherman. Ma l’artista, <strong>di</strong> suo, ha sempre<br />
“annusato” la contiguità con sostanze in eccesso <strong>di</strong> vita, sconveniente-<br />
61 Cfr.Huysmans 1884, cap. VIII. L’espressione “intenzione <strong>di</strong> morte” è <strong>di</strong> Kolnai.<br />
Cfr. Kolnai 1929, trad. it., p. 91.<br />
62 Elkins, op. cit., p. 152.<br />
63 È nota l’analisi sartriana del vischioso, percepito come ciò che non è né liquido<br />
né solido, ma tra i due stati. «Il vischioso è l’agonia dell’acqua […], suzione<br />
ingannevole da sanguisuga <strong>di</strong> un passato che non abbandona la sua stretta, sembra<br />
contenere una forma specifi ca <strong>di</strong> possessività. Il vischioso è “la rivincità dell’insé”».<br />
Cfr. Sartre 1943, trad. it., pp. 728-729.