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INSEGNE - Università IUAV di Venezia

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<strong>INSEGNE</strong><br />

N. 6<br />

Collana <strong>di</strong>retta da Paolo Fabbri e Gianfranco Marrone<br />

Comitato Scientifi co<br />

Jacques Fontanille (<strong>Università</strong> Limoges)<br />

Jean-Marie Klinkenberg (<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Liège)<br />

Jorge Lozano (Madrid, <strong>Università</strong> Complutense, Madrid)<br />

Isabella Pezzini (<strong>Università</strong> Sapienza, Roma)<br />

Il testo contenuto in questo volume è stato valutato con il sistema<br />

double-blind peer review


JAMES ELKINS<br />

LA PITTURA COS’È<br />

Un linguaggio alchemico<br />

a cura <strong>di</strong> Tiziana Migliore<br />

<strong>INSEGNE</strong>


Titolo originale: “What Painting Is. How to Think about Oil Painting Using the<br />

Language of Alchemy” by James Elkins, Copyright © 1999 by Routledge All<br />

Rights Reserved.<br />

Authorized translation from English language e<strong>di</strong>tion published by Routledge Inc.,<br />

part of Taylor & Francis Group LLC.<br />

Traduzione <strong>di</strong> Giorgio Camerino e Giuliana Hartsarich.<br />

© 2012 – MIMESIS EDIZIONI (Milano – U<strong>di</strong>ne)<br />

Collana: Insegne, n. 6<br />

www.mimesise<strong>di</strong>zioni. it<br />

Via Risorgimento, 33 – 20099 Sesto San Giovanni (MI)<br />

Telefono +39 02 24861657 / 24416383<br />

Fax: +39 02 89403935<br />

E-mail: mimesis@mimesise<strong>di</strong>zioni.it


INDICE<br />

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA p. 7<br />

INTRODUZIONE p. 11<br />

1. BREVE CORSO PER DIMENTICARE LA CHIMICA p. 19<br />

2. COME CONTARE CON OLI E PIETRE p. 47<br />

3. LA MATERIA PRIMA AMMUFFITA p. 81<br />

4. COME LE SOSTANZE OCCUPANO LA MENTE p. 105<br />

5. COAGULARE, DISTILLARE, MACERARE, RIVERBERARE p. 123<br />

6. LO STUDIO COME FORMA DI PSICOSI p. 151<br />

7. IMPROGRESSIVITÀ p. 169<br />

8. LA BELLISSIMA LUCE ROSSASTRA DELLA PIETRA FILOSOFALE p. 181<br />

9. ULTIME PAROLE p. 199<br />

DIPINGERE: I SEGNI E LE SOSTANZE p. 207<br />

<strong>di</strong> Tiziana Migliore<br />

BIBLIOGRAFIA p. 243<br />

ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI p. 265


TIZIANA MIGLIORE<br />

DIPINGERE: I SEGNI E LE SOSTANZE<br />

1. La scienza del concreto<br />

207<br />

Questo libro dà corpo a una rifl essione posta da Lévi-Strauss al tempo<br />

del Pensiero selvaggio (1962) e non approfon<strong>di</strong>ta. Per l’antropologo l’arte<br />

è a metà strada tra conoscenza scientifi ca e pensiero mitico e magico, essendo<br />

l’opera un modello fatto a mano in formato ridotto: non costituisce<br />

un omologo passivo dell’oggetto, ma è un’esperienza sull’oggetto. Lévi-<br />

Strauss ricorre all’esempio del ritratto <strong>di</strong> François Clouet, con la gorgerina<br />

<strong>di</strong> pizzo in trompe-l’œil <strong>di</strong>pinta in miniatura. Nella misura in cui il modello<br />

è artifi ciale, <strong>di</strong>viene possibile comprendere come è fatto e questo appren<strong>di</strong>mento<br />

della maniera <strong>di</strong> fabbricazione procura un surplus <strong>di</strong> senso al suo<br />

essere. 1 L’opera, però, pagherebbe lo scotto della ricostruzione in scala: «il<br />

pregio artistico del modellino sta nel compensare la rinuncia alla <strong>di</strong>mensione<br />

sensibile con l’acquisizione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione intelligibile» (ivi, trad.<br />

it.: 36-37). Dunque il modello ridotto perde l’aspetto sensibile? Il tema è<br />

ripreso in altra sede, a proposito del medesimo “proce<strong>di</strong>mento virtuoso”:<br />

il trompe-l’œil sa che occorre sviluppare separatamente la conoscenza approfon<strong>di</strong>ta<br />

dell’oggetto e un’introspezione molto accentuata, per giungere a<br />

inglobare in una sintesi la totalità dell’oggetto e quella del soggetto, in luogo<br />

<strong>di</strong> limitarsi al contatto superfi ciale che si crea tra loro in modo passeggero a<br />

livello percettivo. Il trompe l’œil […] sceglie la pruinità dell’uva piuttosto che<br />

tale o talaltro aspetto, perché gli servirà a costruire un sistema <strong>di</strong> qualità sensibili<br />

con la patina d’unto [gras] (anche questo scelto fra altre qualità) <strong>di</strong> un vaso<br />

d’argento o <strong>di</strong> stagno, il friabile <strong>di</strong> un pezzo <strong>di</strong> formaggio, ecc… (Lévi-Strauss<br />

1993, trad. it.: 27-28)<br />

1 Lévi-Strauss 1962, trad. it., p. 35. Lévi-Strauss sostiene inoltre che la trasposizione<br />

quantitativa, cioè la riduzione in scala, è un’inscrizione della nostra modalità<br />

del potere nell’omologo della cosa. Sull’argomento cfr. AA.VV., MegaMicro.<br />

Questioni <strong>di</strong> scala, Quaderni sull’opera d’arte contemporanea 3, Et. al/EDIZIO-<br />

NI, Milano, in preparazione.


208 La pittura cos’è<br />

L’ottica qui è <strong>di</strong>versa: il modello non solo conserverebbe, rafforzandole,<br />

le qualità sensoriali, ma nelle me<strong>di</strong>azioni della fabbricazione, che Lévi-<br />

Strauss intende come «sviluppo in parallelo della conoscenza approfon<strong>di</strong>ta<br />

dell’oggetto e <strong>di</strong> un’introspezione molto accentuata», 2 si eleverebbe sul<br />

vissuto. Le due posizioni, cronologicamente <strong>di</strong>stanti, sono contrad<strong>di</strong>ttorie.<br />

Rispetto alla chiarezza con cui l’antropologo descrive il pensiero mitico<br />

e magico, attraverso il fare del bricoleur, <strong>di</strong>stinguendolo dalla conoscenza<br />

scientifi ca, che riconduce alla prassi dell’ingegnere, l’ipotesi dell’attività “a<br />

metà strada” dell’artista merita un’indagine più attenta. In che modo anche<br />

l’arte, come il bricolage, benché “a metà”, è una “scienza del concreto”?<br />

La pittura cos’è affronta il quesito. Professore <strong>di</strong> storia dell’arte all’Art<br />

Institute <strong>di</strong> Chicago e pittore, James Elkins de<strong>di</strong>ca un libro a mostrare quel<br />

che accade nell’atto del <strong>di</strong>pingere, come modo <strong>di</strong> pensare in pittura. Spiega<br />

i signifi cati <strong>di</strong> fl ui<strong>di</strong> e pietre, ingre<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> base, facendo intervenire<br />

l’alchimia, che reputa «il linguaggio più evoluto per pensare in sostanze e<br />

processi». Così, della pittura, ristabilisce la logica concreta, una formazione<br />

a strati che lascia la semiosi in sospeso, polemos tra pigmenti, leganti<br />

e solventi. L’arte mimetica, cancellando o attenuando le tracce <strong>di</strong> vitalità<br />

dell’opera, per la salvaguar<strong>di</strong>a della rappresentazione, ha <strong>di</strong> fatto istruito<br />

un’antipittura, sferrando un attacco alle sue mosse. Elkins profi la un’autonomia<br />

della <strong>di</strong>mensione fi gurativa, tale per cui è la pittura come ritmo sensomotorio<br />

<strong>di</strong> materie del mondo ed energie manuali a decretare il visibile, 3<br />

governando i rapporti tra espressione e contenuto e modellando la materia<br />

come sostanza articolabile in una forma.<br />

Questi i capitoli del volume: il primo è espressamente un “corso per <strong>di</strong>menticare<br />

la chimica”, il secondo <strong>di</strong>scute del quantitativo in pittura, terzo e<br />

quarto sondano sostanze e me<strong>di</strong>a, il quinto illustra le operazioni elementari,<br />

il sesto presenta lo stu<strong>di</strong>o dell’artista, il settimo ragiona sulla progettualità<br />

dell’opera, l’ottavo sulla meta della pittura, equiparata alla pietra fi losofale<br />

dell’alchimia, Prima materia. La comparazione tra pittura e alchimia si fonda<br />

sull’analisi incrociata delle loro <strong>di</strong>namiche, non sull’osservazione <strong>di</strong> due<br />

ontologie. L’approccio, appunto, è lévi-straussiano. Rive<strong>di</strong>amo il problema.<br />

2 Il trompe l’œil, più che un inganno, è un «proce<strong>di</strong>mento virtuoso dal punto <strong>di</strong> vista<br />

prospettico […]. Espressione visiva paradossale, perché la stessa capacità <strong>di</strong> produrlo<br />

fi nisce per celarsi nell’immagine prodotta: fa vedere proprio mentre nasconde o,<br />

se si vuole, nasconde ciò che permette la visibilità». Cfr. Calabrese 2011.<br />

3 Jacques Fontanille si è posto il problema dell’autonomia del fi gurativo a partire<br />

dalle rifl essioni <strong>di</strong> Léroi-Gourhan (1965). Per il paleontologo il principio primo<br />

della funzione simbolica tanto nella scrittura quanto nelle arti fi gurative è il ritmo<br />

e non la forma. Ve<strong>di</strong> Fontanille 1998, pp. 33-34.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 209<br />

1.1. Potere speculativo delle fi gure<br />

Lévi Strauss (1962) defi niva “scienza del concreto” la forma <strong>di</strong> sapere<br />

scientifi co, solitamente sottintesa e presupposta nei comportamenti quoti<strong>di</strong>ani,<br />

in cui si sperimenta il mondo sensibile in termini <strong>di</strong> sensibile. Non<br />

la via “<strong>di</strong>scosta” della scienza moderna, che frappone una <strong>di</strong>stanza tra percipiente<br />

(res cogitans) e percepito (res extensa), ma la mentalità prossima<br />

all’intuizione, portata a cogliere le segnature delle cose, incorporandovi<br />

una certa densità umana. 4 Se Lévi-Strauss può confrontare pensiero mitico<br />

e magico, bricolage e attività artistica sotto la comune <strong>di</strong>citura <strong>di</strong> “scienza<br />

del concreto”, è perché in questa razionalità, “selvaggia”, si scruta l’apparenza<br />

del mondo, che è per lo più <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne fi gurativo, e si postula che<br />

le caratteristiche visibili siano il segno <strong>di</strong> proprietà altrettanto specifi che,<br />

ma celate. 5 Qui il segreto è una promessa <strong>di</strong> rifi gurazione. Concatenazione<br />

causale del mito o droit de suite (es., “gli dei sono irati – l’uomo ne soffre”),<br />

analogie della magia (es., “un succo giallo è un farmaco per malattie<br />

biliari”), composizione eteroclita del bricolage e sintagma artistico <strong>di</strong>pendono<br />

tutti da un’intelligenza narrativa dove la connessione sensibile tra gli<br />

elementi vale più <strong>di</strong> qualsiasi unità puntualmente determinata. Un ente, in<br />

quanto tassello, è un’energia variabile in un campo <strong>di</strong> forze.<br />

A decidere <strong>di</strong> ogni pezzo è la combinatoria. In essa l’esercizio sulla funzione<br />

semiotica, cioè la trasformazione <strong>di</strong> un vecchio signifi cato, pre-vincolato<br />

(“residuo e frammento <strong>di</strong> evento”), in signifi cante e, viceversa, <strong>di</strong> un<br />

signifi cante usurato in signifi cato, precede l’idea del segno. Dosaggi e adattamenti<br />

– evenemenziali – riarrangiano calcoli e misurazioni – strutturali.<br />

4 Lévi-Strauss parla propriamente <strong>di</strong> “intuizione sensibile”. Cfr Lévi-Strauss 1962,<br />

p. 28. L’ha formalizzato solo Kant nella Critica della ragion pura (1781-1787).<br />

Prima <strong>di</strong> allora la tra<strong>di</strong>zione fi losofi ca separava l’intuito, accesso “imme<strong>di</strong>ato”<br />

ai contenuti, dalla conoscenza che passa attraverso i sensi, ritenuta primitiva. È<br />

signifi cativo che il nous, per Platone la facoltà <strong>di</strong> intuire le idee, <strong>di</strong>venti in Aristotele<br />

l’intelletto grazie al quale riconosciamo le sostanze. Umberto Eco fa notare<br />

che l’agilità del nous si opponeva già in Platone al ragionamento più complesso<br />

della <strong>di</strong>anoia – rifl essione, attività razionale, episteme come scienza – e della<br />

phronesis – rifl essione sulla verità. Aggiunge che, al tempo <strong>di</strong> Platone, non vi era<br />

nulla <strong>di</strong> ineffabile nelle operazioni del nous e che solo nel II secolo esso <strong>di</strong>venta<br />

la facoltà dell’intuizione mistica, dell’illuminazione non-razionale, della visione<br />

istantanea e non <strong>di</strong>scorsiva. Cfr. Eco 1990, p. 46. Non è questa la sede adatta<br />

per approfon<strong>di</strong>re un argomento <strong>di</strong> così vasta portata. Ma sul ruolo dell’intuizione<br />

nelle teorie semiotiche dei processi cognitivi, greimasiana e peirceiana, ve<strong>di</strong> più<br />

avanti, § 2.1.<br />

5 Cfr. Greimas 1983, trad. it., “Il sapere e il credere”, pp. 111-129.


210 La pittura cos’è<br />

I trigliceri<strong>di</strong> dell’olio non sono pertinenti per spiegare le miscele in pittura<br />

o gli impasti in cucina, aggiustati ad hoc. Né la formula chimica H 2 O aiuta<br />

a capire acque che nella semiotica del mondo naturale hanno stati <strong>di</strong>versi –<br />

ghiaccio, neve, vapori – e, per esempio, comportamenti del ghiaccio gelido<br />

(a cui la lingua si incolla), del cubetto <strong>di</strong> ghiaccio (è inoffensivo), dei banchi<br />

<strong>di</strong> ghiaccio (galleggiano nei mari) e del ghiaccio acquoso (della melma<br />

primaverile). 6 Più costitutiva è l’alchimia, grande forma <strong>di</strong> vita che Elkins<br />

usa come parabola della pittura. L’autore sfrutta l’effi cacia che <strong>di</strong>scende<br />

dalla fi guratività narrativa dell’alchimia per sviluppare un immaginario in<br />

pittura della cui interpretazione è responsabile l’enunciatario. 7 Pren<strong>di</strong>amo<br />

il concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>gestione. La storta (vaso dell’alchimista) è «uno stomaco»: 8<br />

a un primo livello, metaforico, funziona “come” la degradazione <strong>di</strong> molecole<br />

nel corpo umano. A un secondo livello, parabolico, traduce un’altra<br />

“fede”, la <strong>di</strong>gestione in pittura ovvero la macerazione dell’opacità rifl essiva<br />

nella trasparenza transitiva, «regime notturno dell’immagine». 9 Il potere<br />

<strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> transfert sta nella corrispondenza reversibile fra i sistemi.<br />

Paolo Fabbri (2006), interrogando Gilberto Zorio con il termine <strong>di</strong> paragone<br />

dell’alchimia, osserva che la stessa natura «non insegna <strong>di</strong>rettamente i<br />

suoi sogni», ma è fi ltrata dai criteri <strong>di</strong> un’immaginazione felice:<br />

6 L’opposizione con la chimica è per eccesso, l’autore sa bene che ogni scienza ha<br />

le sue metafore e i suoi retroscena. Cfr. Elkins, La pittura cos’è, p. 44. Per altro<br />

verso le ricerche <strong>di</strong> Latour e gli STS (Science and Technology Stu<strong>di</strong>es) sulle pratiche<br />

nella scienza e nella tecnica hanno messo in crisi la <strong>di</strong>cotomia <strong>di</strong> Lévi-Strauss:<br />

anche nell’ingegneria c’è molto saper fare e consapevolezza delle concatenazioni<br />

tra strumenti e materiali. Ringrazio Alvise Mattozzi per aver attirato la mia attenzione<br />

su questo punto.<br />

7 Cfr. Greimas 1993, p. 381. «Le parabole servono a insegnare nel momento in cui<br />

si passa da un para<strong>di</strong>gma all’altro […]. La parabola è dotata <strong>di</strong> capacità metaforica,<br />

cui però si aggiungono dei signifi cati che fanno lentamente scivolare il concetto<br />

fi no a <strong>di</strong>fferenziarlo». Cfr. Fabbri 1987, ed. 2003, p. 51. L’alchimia è anche<br />

il campo <strong>di</strong> un articolato <strong>di</strong>scorso allegorico. Il suo universo rinvia a una realtà<br />

spostata <strong>di</strong> piano, prettamente religiosa. Elkins tocca questo tasto per ispezionare<br />

l’alchimia, ma mai correlativamente alla pittura. Per costruire il <strong>di</strong>alogo tra le due<br />

forme <strong>di</strong> sapere sembra preferire la parabola: infatti anch’essa, come l’alchimia,<br />

non si limita a esprimere un concetto con un’immagine (corrispondenza uno a uno<br />

dell’allegoria), ma lo narrativizza.<br />

8 Cfr. Bachelard 1948, trad. it., p. 222. La <strong>di</strong>gestione è una delle operazioni della<br />

pittura secondo Elkins. Ve<strong>di</strong> il paragrafo 4 <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o.<br />

9 Cfr. Durand 1960, trad. it., p. 316. L’alternanza tra opacità e trasparenza nella<br />

rappresentazione ha avuto una lettura in chiave enunciazionale da parte <strong>di</strong> Louis<br />

Marin. Cfr. Marin 1989.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 211<br />

quanto all’alambicco sospeso nel cuore del <strong>di</strong>spositivo a stella, sappiamo<br />

che è un modello spaziale ridotto delle operazioni sulla materia: il “duomo” (o<br />

cucurbita) per riscaldare e evaporare e il “capitello” (o serpentina) per raffreddare<br />

e condensare. E che ha un valore cosmico e fi losofale: se nel laboratorio<br />

della natura la pianta è un alambicco e lo stomaco una storta, «ci sono immaginari<br />

prescientifi ci in cui il mondo è concepito come un immenso alambicco,<br />

che ha il cielo come capitello e la terra come cucurbita. L’alambicco del <strong>di</strong>stillatore<br />

sarà allora un alambicco del micromondo, e la più piccola delle <strong>di</strong>stillazioni<br />

sarà una operazione d’universo. L’alchimista vive un sogno cosmico»<br />

(Bachelard).<br />

A <strong>di</strong>spetto della tesi <strong>di</strong> Cartesio, che sceglieva matematica e geometria<br />

ritenendo che esulassero dal mondo sensibile, questa “scienza del concreto”<br />

non ha un conio <strong>di</strong>sciplinare:<br />

pittori e matematici arrivano a chiarirci gli spazi indecisi e incerti che fanno<br />

da sfondo alle imprese del <strong>di</strong>scorso, in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi. Che le questioni del matematico<br />

abbiano la loro fi sionomia, che il processo <strong>di</strong>scorsivo si debba articolare<br />

in una cornice fornita dall’intuizione e che lo stesso matematico cominci<br />

vedendo non questa o quella formula che cerca <strong>di</strong> scoprire, ma lo spazio che<br />

essa occupa se la si scrive […], ecco ciò che può interessare al fi losofo, il quale<br />

è un uomo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso, ma <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso che pretende <strong>di</strong> riconoscere i legami<br />

segreti che esso intrattiene con lo sfondo sul quale si stagliano le sue fi gure, con<br />

lo spazio nel quale si or<strong>di</strong>nano (Damisch 1984, pp. 51-52, traduzioni nostre).<br />

Interessa al matematico, al pittore, al fi losofo. Dovrebbe incuriosire anche<br />

chi stu<strong>di</strong>a signifi cazione. Damisch (op. cit.: 302) spinge in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

una Weltanschauung connettiva: «laddove il semiologo si sforza invano <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>simplicare le unità minimali che lo autorizzerebbero a trattare la pittura<br />

come un “sistema <strong>di</strong> segni”, la pittura <strong>di</strong>mostra, nella sua testura, che il<br />

problema va ribaltato a livello delle relazioni tra i termini, intese non come<br />

linee ma come no<strong>di</strong>».<br />

Le ricerche sulla semiotica plastica hanno abbracciato questa prospettiva<br />

e contribuito, specie con il sistema semisimbolico, a considerare il quadro<br />

un’organizzazione per contrasti e somiglianze, passibile <strong>di</strong> essere rintracciata<br />

attraverso categorie topologiche, eidetiche e cromatiche. 10 L’insisten-<br />

10 Si ricorderanno qui, per economia <strong>di</strong> spazio, Thürlemann 1982; Greimas 1984;<br />

Floch 1985; Saint-Martin, a cura <strong>di</strong>, 1994; Calabrese 1999. Un apripista <strong>di</strong> questa<br />

concezione del quadro è stato Marin, che, menzionando Greimas e il suo antiatomismo<br />

semiotico, scrive: «una pittura fondata su un sistema non analogico sarà<br />

libera da questo tipo <strong>di</strong> costrizioni per trovarne altri più profon<strong>di</strong> ed elementari,<br />

più interni alla tessitura del quadro». Cfr. Marin 1968.


212 La pittura cos’è<br />

za <strong>di</strong> Damisch sulla testura 11 ci ricorda, però, che un quadro è prima <strong>di</strong> tutto<br />

una coltre <strong>di</strong> sostanze. La tecnica a strati innesca il rapporto tra opaco e trasparente.<br />

«Non poteva <strong>di</strong>rlo meglio Hubert Damisch quando ha intitolato<br />

uno dei suoi libri Finestra Giallo Cadmio (1984). Una fi nestra <strong>di</strong>pinta può<br />

brillare <strong>di</strong> luce [ ], ma è sempre anche una placca chiusa, pesante deposito<br />

<strong>di</strong> minerali ostinatamente e interamente opaco, che, da vicino, comincia a<br />

parlare in maniera segreta». 12 Qui l’idea del testo in quanto confi gurazione<br />

congelata, rispetto a pratiche quoti<strong>di</strong>ane irrisolte e <strong>di</strong>namiche, proprio non<br />

ha senso. 13 La pittura, infatti, conserva nel suo spessore la “grana” della<br />

vita <strong>di</strong> ogni giorno, mantenendo però una tensione essenziale tra sostanza e<br />

segno. Fuori da queste reti, la tensione si spezza e la vita evapora.<br />

1.2. Una scelta <strong>di</strong> campo: “i nostri selvaggi”<br />

Elkins ha all’attivo pubblicazioni su argomenti <strong>di</strong> vario genere, molti dei<br />

quali incontrano le semiotiche-oggetto contemporanee: la culturalità delle<br />

immagini (On Pictures and the Words That Fail Them, 1998); le relazioni<br />

verbo-visive (Our Beautiful, Dry, and Distant Texts: Art History as Writing,<br />

1997); la produzione, l’utilizzo e l’interpretazione delle immagini in campi<br />

11 In semiotica si deve al Gruppo μ la prima importante sistematica della testura.<br />

La scuola <strong>di</strong> Liegi riconduce a questo parametro le qualità della materia, i tempi<br />

e i mo<strong>di</strong> della sua manipolazione, le sensazioni che suscita. In <strong>di</strong>pendenza dalla<br />

microtopografi a degli elementi che “tessono” la superfi cie, si stabiliscono equivalenze<br />

sinestesiche tra percezione visiva e percezione tattile. Il problema viene<br />

stu<strong>di</strong>ato <strong>di</strong>fferenziando grana e macula e, in ciascuna <strong>di</strong> esse, le sotto-componenti<br />

supporto, materia e maniera. Qui è degna <strong>di</strong> nota la classifi cazione del pigmento in<br />

minerale, naturale, organico e metallico, che, a detta del Gruppo μ, I) è produttrice<br />

<strong>di</strong> senso ed espressione <strong>di</strong> un particolare gusto estetico; II) non coincide con le<br />

classifi cazioni fi ssate in altri campi, nella chimica per esempio. Cfr. Gruppo μ<br />

1992, trad. it., pp. 98-112.<br />

12 Elkins, La pittura cos’è, p. 51. Il titolo completo del libro, tradotto, suonerebbe signifi<br />

cativamente Finestra giallo cadmio. Il sostrato della pittura. La prima parte del<br />

volume è de<strong>di</strong>cata al Capolavoro sconosciuto <strong>di</strong> Balzac: una <strong>di</strong>samina utile a indagare<br />

la costruzione <strong>di</strong> un quadro me<strong>di</strong>ante sovrapposizioni e raccor<strong>di</strong>. Cfr. Damisch<br />

1984. Balzac 1831. Damisch sposa una visione culturale e semantica dell’arte, in<br />

continuità con Pavel Florenskij: «non c’è fi nestra in sé e per sé perché nell’idea <strong>di</strong><br />

fi nestra, come in ogni strumento della cultura, è compresa strutturalmente la sua<br />

conformità allo scopo: ciò che non è conforme allo scopo non è neanche un fenomeno<br />

della cultura». Cfr. Florenskij 1922, trad. it., p. 61. Corsivo nostro.<br />

13 È un <strong>di</strong>battito in corso da qualche anno in semiotica e che nasce da un’opposizione<br />

a volte caricaturale tra il testo in quanto opera, oggetto chiuso e in sé fi nito, e la<br />

pratica in quanto comportamento <strong>di</strong> vita, dalla signifi catività aperta e incerta. Cfr.<br />

Fontanille 2008; Basso, a cura <strong>di</strong>, 2006; Marrone 2010.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 213<br />

non canonici per la storia dell’arte – scienze naturali, tecnologia, archeologia,<br />

economia (The domain of images, 1999; Visual Practices Across the<br />

University, 2007); 14 l’implicazione fi gurata della corporeità (Pictures of the<br />

Body, Pain and Metamorphosis, 1999). Accanto a questi libri, “accademici”,<br />

ve ne sono altri che lo stu<strong>di</strong>oso defi nisce “scritti per sé”, dove lo sguardo è in<br />

soggettiva e l’analisi <strong>di</strong> alcune prassi, con gli spunti teorici che ne derivano,<br />

presuppone l’esperienza del come. La pittura cos’è (1995) rientra nel novero<br />

<strong>di</strong> questi saggi, insieme a titoli quali How to Use Your Eyes (2000), Dipinti<br />

e lacrime (2001), l’unico fi nora tradotto in italiano, e il recentissimo What<br />

photography is (2011), contro La camera chiara <strong>di</strong> Barthes.<br />

In La pittura cos’è Elkins sceglie e analizza lungamente, da pittore, tre<strong>di</strong>ci<br />

dettagli <strong>di</strong> quadri (Sassetta, due Monet, Dubuffet, Magnasco, Pollock,<br />

Rembrandt, Nolde, Bacon, Cima da Conegliano, Tiziano, Tintoretto, Corot).<br />

Il fi lo conduttore è una logica <strong>di</strong> signifi cazione fondata sui comportamenti<br />

delle sostanze. Ogni opera istruisce una cinetica e una prossemica<br />

spettatoriale, ma solo da vicino gioca la carta della propria riattivazione. Lo<br />

fa con un interlocutore privilegiato, che è l’uomo <strong>di</strong> mestiere, l’idealtipo<br />

pittore in veste <strong>di</strong> utente, per l’aspettualizzazione che lo caratterizza. In un<br />

museo avanza verso l’opera, la scruta, ad<strong>di</strong>ta e segmenta con le mani, non<br />

si ferma alla <strong>di</strong>stanza rigida e rispettosa dello storico dell’arte. Nel giu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> gusto somiglia a un archeologo: saggia la manifattura dell’oggetto per<br />

risalirne il corso, 15 secondo la specifi ca se<strong>di</strong>mentazione temporale che ha il<br />

quadro e tenendo conto dei cambiamenti avvenuti – crepe, sgretolamenti,<br />

restauri. Saperi e sapori dell’opera stanno nella sua lettura lenta e ravvicinata.<br />

Il rivestimento fi gurativo, laddove non si tratti <strong>di</strong> pittura astratta,<br />

può negare, opporsi o alludere a questi processi, che restano vivi: in putrefazione,<br />

in <strong>di</strong>sfacimento – Elkins ci tiene a ricordarlo. Così, quel che a<br />

una <strong>di</strong>stanza pubblica o sociale appare un Cerimonioso (Dubuffet, 1954)<br />

<strong>di</strong>venta, nel contatto personale o intimo, nel dettaglio appunto, 16 tegumento<br />

provvisorio <strong>di</strong> un sistema in trasformazione. Valendosi <strong>di</strong> letture generative<br />

a posteriori, lo stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong>mostra che il signifi cato della pittura sta nel me-<br />

14 Per la gamma <strong>di</strong> interessi e l’attenzione rivolta al rapporto tra immagine, percezione<br />

e comunicazione, Elkins, a nostro avviso, è l’erede <strong>di</strong> Gombrich. Si suggerisce<br />

la lettura delle sue “Ten Reasons Why E. H. Gombrich Is Not Connected to Art<br />

History”, dove Elkins, riconoscendo la marginalità del lavoro <strong>di</strong> Gombrich nella<br />

storia dell’arte contemporanea, conclude, ammiccando al lettore: «Se ciò va a<br />

nostro cre<strong>di</strong>to è un’altra questione». Cfr. Elkins 2005a.<br />

15 Cfr. Elkins 2007; Goodwin 2003.<br />

16 La tipologia delle quattro “zone” interpersonali – pubblica, sociale, personale,<br />

intima – si presta a spiegare tali funzionamenti. Cfr. Hall 1943.


214 La pittura cos’è<br />

todo, giocato ogni volta in maniera <strong>di</strong>versa. Tradotto nel nostro linguaggio,<br />

gli strati materiali dovuti alla condotta del pittore non sono separabili dal<br />

piano del contenuto dell’intera opera, perché rientrano nella sintassi enunciazionale<br />

“organica” occorsa e ancora in atto.<br />

La vocazione empirica <strong>di</strong> Elkins ci permette <strong>di</strong> perorare la causa del testo<br />

con altri occhi. Greimas, quando <strong>di</strong>ceva che “i testi sono i nostri selvaggi”,<br />

non voleva lanciare uno slogan. La sua era un’in<strong>di</strong>cazione precisa <strong>di</strong> epistemologia<br />

della procedura, che <strong>di</strong>scendeva dall’orientamento <strong>di</strong> Lévi-Strauss<br />

con l’obiettivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramare, applicandolo, il metodo del “pensiero selvaggio”:<br />

<strong>di</strong>slocarsi e adeguare la descrizione a una grandezza semiotica non addomesticabile<br />

con nozioni che arrivano dall’educazione scolastica: nel caso<br />

della pittura, la contestualizzazione storica, la bottega o corrente <strong>di</strong> appartenenza,<br />

le committenze. Non solo. L’accezione fenomenologica e culturale<br />

del pre<strong>di</strong>cativo “selvaggio”, per assunzione metaforica dall’antropologia,<br />

smentisce l’idea del testo come struttura già data, dai confi ni stabiliti, e lo<br />

connota invece come persona vivente, “nostra” nella misura in cui un collettivo<br />

scientifi co adotta nei suoi confronti una postura appropriata. Il testo non<br />

è mai stato un fi ttivo <strong>di</strong>scriminabile dal “mondo della vita” né è un oggetto<br />

in sé: guai a <strong>di</strong>rlo ai restauratori, che intervengono con “sostanze-tempo” 17<br />

opponenti, per rime<strong>di</strong>are alla deperibilità crescente della pittura. In generale<br />

esso si costituisce come effetto <strong>di</strong> un’interazione tra un fenomeno <strong>di</strong> senso e<br />

un criterio <strong>di</strong> pertinenza che del fenomeno decide localmente taglia e limiti,<br />

secondo la prospettiva della signifi cazione. Nel misurarsi con tali processi ci<br />

si muove tra intuizione (del senso che il fenomeno ha) e costruzione (della signifi<br />

cazione che potrà avere). Quello del superamento del testo verso scenari<br />

esperienziali più ampi è un falso problema, che poggia su un’idea inesatta e<br />

volutamente riduttiva del testo stesso.<br />

Per chiarire l’equilibrio fra teoria e pratica, Elkins convoca il principio <strong>di</strong><br />

indeterminazione <strong>di</strong> Heisenberg: l’osservatore è implicato nel proce<strong>di</strong>mento<br />

e non esiste descrizione esterna o neutrale, ma un’obiettività, in quanto<br />

rilevanza <strong>di</strong> una manifestazione articolata per qualcuno. 18 Il <strong>di</strong>scorso vale<br />

17 È una considerazione <strong>di</strong> Bachelard, applicata alla cucina: «esistono delle sostanzetempo<br />

che mo<strong>di</strong>fi cano la temporalità <strong>di</strong> una sostanza data». Bachelard fa l’esempio<br />

del lievito, una delle cui funzioni è lottare contro la vischiosità dell’impasto.<br />

Per mezzo dell’azione del lievito, infatti, si allentano le fi bre della vischiosità.<br />

Bachelard 1948, trad. it., p. 124.<br />

18 Cfr. Elkins La pittura cos’è, p. 166. «Si intenderà per pertinenza la regola deontica,<br />

adottata dal semiologo, del descrivere l’oggetto prescelto da un solo punto <strong>di</strong><br />

vista (Barthes), prendendone quin<strong>di</strong> in considerazione, in vista della descrizione,<br />

solo i tratti che interessano tale punto <strong>di</strong> vista (che, per il semiologo, è quello della


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 215<br />

tanto più che, rispetto alla pittura, lo storico dell’arte americano si cimenta<br />

con il dettaglio, il quale «presuppone un soggetto che taglia un oggetto<br />

[…], manifesta un programma d’azione […]. La sua confi gurazione <strong>di</strong>pende<br />

dal punto <strong>di</strong> vista del “dettagliante”». 19 In continuità con l’approccio <strong>di</strong><br />

Damisch (1996), Elkins usa il dettaglio come <strong>di</strong>spositivo enunciazionale<br />

che in ogni quadro rivela il culmine <strong>di</strong> pittura, scar<strong>di</strong>nando norme ed etichette<br />

dell’impianto storico. Da così vicino, l’occhio, solitamente nemico<br />

dell’immagine materiale, organo-ostacolo che impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> capire gli impasti,<br />

entra in sinestesia col tatto. 20 Elkins è in cerca <strong>di</strong> una terminologia<br />

che lo aiuti a descrivere l’opera nella sua singolarità. Ha riconosciuto i limiti<br />

della fenomenologia in questo e provato, con dovizia <strong>di</strong> esempi, che la<br />

teoria del segno <strong>di</strong> Peirce è ineffi cace, ma non è al corrente <strong>di</strong> altri approcci<br />

alla <strong>di</strong>sciplina. 21 Concetti e strumenti della semiotica greimasiana poco interrogati<br />

o da rinfrescare trarrebbero giovamento dal metodo <strong>di</strong> indagine <strong>di</strong><br />

Elkins. E, viceversa, lui benefi cerebbe dei risultati delle ricerche italiane,<br />

opportunamente <strong>di</strong>ffusi extra moenia.<br />

2. Laboratori del sapere<br />

L’innovazione centrale dello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Elkins sull’opera d’arte sta nella<br />

messa in evidenza delle sostanze della pittura, colte nelle loro trasforma-<br />

signifi cazione). È secondo questo principio che si praticherà, per esempio, a un<br />

primo approccio, a partire da un corpus dato, sia l’estrazione <strong>di</strong> elementi supposti<br />

pertinenti per l’analisi, sia, al contrario, l’eliminazione <strong>di</strong> ciò che è giu<strong>di</strong>cato non<br />

pertinente». Cfr. la voce “pertinenza” in Greimas e Courtés 2007. Citano Heisenberg<br />

anche Lancioni e Marsciani (2007), i quali affrontano lucidamente lo stesso<br />

problema.<br />

19 Calabrese 1987a, pp. 75-77.<br />

20 Elkins riferisce che La pittura cos’è ha ricevuto molte critiche proprio per il fatto<br />

<strong>di</strong> accantonare la storia dell’arte a vantaggio <strong>di</strong> letture “miopi”. Cfr. Elkins 2011,<br />

p. 143. Traduzioni nostre. Anche Damisch annota che, «visto in dettaglio, un volto<br />

<strong>di</strong>pinto da Correggio può rivelare sembianze settecentesche; e <strong>di</strong> fronte a un<br />

simile artista, così completamente spostato in un’epoca <strong>di</strong>versa dalla propria, si<br />

rimane sconcertati». Cfr. Damisch 1996, p. 12.<br />

21 Comunicazione personale. Di recente Elkins ha partecipato al IX Congresso<br />

dell’Associazione Internazionale <strong>di</strong> Semiotica Visiva (AISV, <strong>Venezia</strong>, 13-16 aprile<br />

2010), con un contributo che rafforza i temi <strong>di</strong> questo libro. Nell’articolo afferma:<br />

«Merleau-Ponty non fornisce un vocabolario per descrivere i singoli lavori<br />

artistici. Anche il saggio su Cézanne è così generico che chi lo legge rimane libero<br />

<strong>di</strong> scegliere gli esempi concreti <strong>di</strong> Cézanne a cui quelle rifl essioni si attagliano».<br />

Cfr. Elkins 2011, p. 140. Traduzioni nostre. Su Peirce cfr. Elkins 2003.


216 La pittura cos’è<br />

zioni. È l’auspicio <strong>di</strong> Barthes (1973) <strong>di</strong> una storia degli strumenti e delle<br />

materie, non degli artisti. Qui, come accennato, la logica concreta riguarda<br />

fl ui<strong>di</strong> e pietre, cioè la miscela non pacifi ca tra oli e pietre polverizzate che<br />

danno il colore. Una sintassi senso-motoria <strong>di</strong> umani e non-umani, ognuno<br />

con le proprie competenze. Le analisi dei dettagli mirano a esplicitare gli<br />

impasti soggiacenti alle testure, i quali, nella maggior parte dei casi, restano<br />

segreti. Il paragone con l’alchimia è motivato dal fatto che in passato pittori<br />

e alchimisti con<strong>di</strong>videvano molte materie – olio <strong>di</strong> lino, spiriti, minerali<br />

brillanti e colorati – un certo numero <strong>di</strong> operazioni elementari – fi ssazione,<br />

<strong>di</strong>stillazione, circolazione, putrefazione… – ma soprattutto un’idea <strong>di</strong><br />

laboratorio in quanto luogo <strong>di</strong> un sapere tacito. «L’alchimia è l’arte che sa<br />

come ottenere una sostanza che nessuna formula può descrivere». 22 Questa<br />

recalcitranza a emergere è la molla <strong>di</strong> Elkins, che continua a spiegare, pur<br />

ribadendo che si tratta <strong>di</strong> “indefi nibile”, “indescrivibile”. A Carl Jung, noto<br />

per aver elaborato il modello interpretativo più ricco sull’alchimia, lo storico<br />

dell’arte rimprovera la riduzione alla teorie della psiche e la separazione<br />

tra attività pratica e processi mentali, proiettati sulle trasmutazioni della<br />

materia. Il linguaggio alchemico appare a Jung non tanto semiotico quanto<br />

simbolico, nell’accezione misterica che ha il simbolo: neppure gli alchimisti<br />

capivano i contenuti (archetipici) che affi oravano dal loro inconscio.<br />

Torto <strong>di</strong> Jung, per Elkins, è aver reso l’alchimia virtualmente autonoma<br />

dal laboratorio, quando invece “labor” (proce<strong>di</strong>menti, meto<strong>di</strong>, tecniche,<br />

strumenti) e “orare” (me<strong>di</strong>tazione, pittura interna) vanno <strong>di</strong> pari passo e si<br />

traducono reciprocamente. 23 Rituali <strong>di</strong> estroversione e introversione:<br />

l’icona è identica alla visione celeste e non lo è, è la linea che contorna la<br />

visione […]. Così, nei colori, nella maniera <strong>di</strong> stenderli sulla superfi cie, nella<br />

natura fi sica e chimica della materia che compone i colori, nella composizione<br />

22 Elkins, La pittura cos’è, p. 27.<br />

23 Cfr. Carl Jung, “Premessa a un catalogo <strong>di</strong> alchimia”, 1946, in Jung 1989, p. 371.<br />

Jung analizza l’alchimia con la tesi che «nell’oscurità <strong>di</strong> un fatto esterno scopro,<br />

senza riconoscerla come tale, la mia vita interna o psichica». Jung 1944, trad. it.,<br />

pp. 255-256. Eco, che si è occupato della questione, giunge alle stesse conclusioni<br />

<strong>di</strong> Elkins, nell’intendere alchimia pratica-operativa e alchimia simbolica (o mistica<br />

o esoterica) come momenti inter<strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong> un’ambiguità costitutiva del <strong>di</strong>scorso<br />

alchemico. Cfr. Eco 1990, p. 72. Rispetto al termine “laboratorio”, è Elkins<br />

a suffragarne l’origine, per le precisazioni degli alchimisti, come parola composta<br />

dai termini “labor” e “ora”. Elkins, La pittura cos’è, p. 42. Nessuna nostalgia <strong>di</strong><br />

verità, ma l’etimologia come « fi gura retorica: aggetta verso il signifi cato […],<br />

perché ogni lessema si può spiegare in parafrasi: la parola è Parabola e la favella<br />

Favola» (Fabbri 2004, voce “Lessico”).


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 217<br />

e consistenza dei loro solventi, nelle lacche o negli altri fi ssatori della pittura e<br />

nella altre cause materiali già si esprime anche questa metafi sica, questa profonda<br />

concezione del mondo. 24<br />

L’accento posto sulle fasi <strong>di</strong> preparazione o “labor” ci spinge a riesaminare<br />

la funzione della competenza all’interno della grammativa narrativa.<br />

2.1. Il saper fare<br />

Nella cornice <strong>di</strong> una semiotica dell’azione Greimas (1983) <strong>di</strong>stingue la<br />

performanza, attualizzazione <strong>di</strong> un fare, dalla competenza, saper fare allo<br />

stato virtuale che rende possibile, da un lato, un’attività cognitiva che fonda<br />

il soggetto in quanto attante (“fa essere”), dall’altro il passaggio all’azione<br />

(“fa fare”). È la cosiddetta “prova qualifi cante”: coincide con l’acquisizione<br />

fattitiva e in fi eri <strong>di</strong> una conoscenza. Nel programma narrativo essa è<br />

“in potenza” o è “quel qualcosa” a monte dell’enunciazione. 25 Di questa<br />

intelligenza implicita Elkins manifesta la struttura, rivelandola tutt’altro<br />

che ancillare. Anche Greimas, nell’analisi della zuppa al pesto, sottolinea<br />

l’esigenza <strong>di</strong> «deviare il saper fare dalla sua normale fi nalità, il passaggio<br />

all’atto», verso una messa a fuoco delle prassi <strong>di</strong> programmazione. Signifi<br />

cativamente, in<strong>di</strong>ca nell’alchimia il modello più idoneo per descrivere<br />

la costruzione <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> oggetti culturali. «Se avessimo una migliore<br />

conoscenza dell’opera degli alchimisti, forse potremmo vederci più<br />

chiaro». Poi precisa, ma senza sviluppare questo punto, che il saper fare<br />

richiede l’esecuzione <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong> programmi somatici e gestuali. 26 La<br />

competenza deve essere rimasta latente in semiotica non tanto perché era<br />

fuori dagli interessi <strong>di</strong> quegli anni – Greimas se ne occupa – ma per lo stesso<br />

motivo per cui è segreta in pittura e in alchimia: fa affi damento su abilità<br />

che non si possono annotare con precisione. Si trasmettono corpo a corpo,<br />

non verbalmente. Al posto dell’intelletto l’inten<strong>di</strong>mento o la sagacia, più<br />

vicina al fi uto, all’olfatto (Fabbri 1987, ed. 2000: 52). 27 Le rifl essioni sulla<br />

24 Florenskij 1922, trad. it., p. 106.<br />

25 Cfr. Greimas e Courtés 2007, voce “competenza”. I due autori rileggono l’apporto<br />

<strong>di</strong> Noam Chomsky, che ha introdotto il concetto <strong>di</strong> competenza in linguistica, mutuandolo<br />

dalla psicologia delle facoltà del XVII secolo. Gli attribuiscono il merito<br />

<strong>di</strong> aver concepito la lingua come un processo produttore, <strong>di</strong> cui la competenza è<br />

una delle istanze orientate.<br />

26 Cfr. Greimas 1983, trad. it., p. 160; p. 155.<br />

27 È <strong>di</strong>ffusa, specie in molti <strong>di</strong>aletti del Nord Italia, la locuzione “rubare con gli<br />

occhi”, per intendere l’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>retto, nella pratica.


218 La pittura cos’è<br />

scienza del concreto come sapere attraverso il sensibile hanno qui la loro<br />

ricaduta metodologica.<br />

Nel Dizionario l’intuizione è già una componente della competenza e<br />

designa «l’intervento <strong>di</strong> un soggetto certo (“per una specie <strong>di</strong> evidenza”), il<br />

quale instaura un voler-fare, desideroso <strong>di</strong> verifi care a posteriori l’ipotesi».<br />

Tale posizione epistemica, integrata a una logica delle modalità, è ritenuta<br />

in<strong>di</strong>spensabile nelle procedure <strong>di</strong> ricerca, ma soprattutto <strong>di</strong> scoperta. 28<br />

Charles Sanders Peirce è invece ra<strong>di</strong>cale nel rinnegare il potere dell’intuizione<br />

e ammettere che ogni cognizione è inferita, me<strong>di</strong>ata e provata solo attraverso<br />

cognizioni precedenti. Antepone il dubbio alla fi ducia. Dice: «non<br />

siamo a conoscenza <strong>di</strong> nessuna capacità con la quale potremmo conoscere<br />

un’intuizione. Infatti, quando la cognizione ha inizio ed è quin<strong>di</strong> in uno<br />

stato <strong>di</strong> cambiamento, solo nel primo istante essa potrebbe essere un’intuizione.<br />

E quin<strong>di</strong> il suo appren<strong>di</strong>mento non deve situarsi in alcun istante e<br />

dev’essere un evento che non occupi tempo». 29 Peirce non si spiega logicamente<br />

l’intuizione in sé e dunque non la include nella propria epistemologia<br />

cognitiva. Ma questa postura è contraddetta dalla tesi più tarda <strong>di</strong> un<br />

“lume naturale”, <strong>di</strong> un istinto che ci aiuterebbe a “indovinare giusto”. 30 Sul<br />

tema della “premonizione” si imbatte Nelson Goodman, il quale <strong>di</strong>stingue<br />

i Watson, i quali “sanno <strong>di</strong> non sapere” e sono perciò <strong>di</strong>sposti a credere ai<br />

segnali percettivi esterni, dagli Holmes, i quali non danno cre<strong>di</strong>to alle proprie<br />

percezioni e preferiscono rispettare la catena inferenziale delle prove,<br />

a volte impedendosi la stessa accettazione <strong>di</strong> credenze corrette. Goodman<br />

riconosce allora che «è meglio lasciare che le prove certe esercitino i loro<br />

effetti in maniera subliminale, quando si integrano al vincolo <strong>di</strong> una credenza,<br />

e ignorarle quando non lo fanno». 31 Un protezionismo consapevole<br />

dagli in<strong>di</strong>zi che provengono dal mondo, ritenuti a priori inaffi dabili, è insomma<br />

svantaggioso alla comprensione.<br />

Leggendo Elkins, si comprende che l’intuizione, cioè l’esperienza fi duciosa<br />

e volitiva <strong>di</strong> confronto con il mondo, non ha un aspetto puntuale, ma<br />

è ricorsiva nel processo e <strong>di</strong>venta expertise con l’esercizio.<br />

28 Cfr. Greimas e Courtés 2007, voce “intuizione”. Ve<strong>di</strong> anche Greimas in Parret<br />

1975.<br />

29 C.P. 5.262., “Questioni concernenti certe pretese facoltà umane”, 1868, in Bonfantini,<br />

a cura <strong>di</strong>, 2003, p. 331.<br />

30 Ve<strong>di</strong> in particolare “L’or<strong>di</strong>ne della natura” (1878, spec. 6.418), “L’architettura<br />

delle teorie” (1891, spec. 6.10), “Guessing: inferenza e azione” (1929, spec. 7.40).<br />

Cfr. Bonfantini, op. cit., 2003.<br />

31 Cfr. Goodman 1988, trad. it., p. 153.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 219<br />

Il pittore capisce cosa fare dall’attrito del pennello contro il miscuglio d’oli<br />

sulla tela e dall’aspetto delle macchie <strong>di</strong> colore sulla tavolozza […]. Gli artisti<br />

<strong>di</strong>ventano esperti nel <strong>di</strong>stinguere fra gradazioni <strong>di</strong> lucido e bagnato e lo fanno<br />

senza sapere come né in che modo i prodotti chimici determinano quegli effetti<br />

[…]. Ciò che conta è come una sostanza appare, quali sensazioni dà, cosa fa<br />

quando viene mescolata con qualcos’altro. 32<br />

Il saper fare, i cui programmi Elkins espande con analisi generative della<br />

pittura, è inoltre caratterizzato da tensività, proprio per il suo procedere “a<br />

tentoni”. E, come la razionalità mitica per Lévi-Strauss, mostra la preferenza<br />

per l’articolazione <strong>di</strong> opposizioni in chiave <strong>di</strong> eccesso e insuffi cienza<br />

(troppo, quasi, poco), in quanto norma che si presuppone senza esplicitare<br />

e che, al momento dell’assunzione enunciazionale, passa dal quantitativo<br />

al qualitativo. Un chimico farebbe fatica a capire il senso <strong>di</strong> espressioni<br />

come “lunga durata”,“fuoco moderato”, “piccola quantità <strong>di</strong> colore rosso”.<br />

Eppure esse sono interpolate in qualsiasi notazione o serie <strong>di</strong> regole che<br />

l’alchimista o il pittore si dà, sottintese, ma non meno presenti. Intuizioni<br />

non ratifi cabili e che passano perciò in forma confi denziale, per empatia. 33<br />

Sulla conoscenza tacita come sapere “incorporato” ha molto insistito<br />

Paolo Fabbri. Riprendendo i livelli <strong>di</strong> avanzamento teorizzati da Hubert e<br />

Stuart Dreyfus (1986), Fabbri <strong>di</strong>stingue il debuttante, che ha appreso tutte<br />

le regole, ma si destreggia malamente nel loro uso; il debuttante avanzato,<br />

che comincia a lasciar perdere alcune regole e a catturare principi empirici e<br />

aspetti congiunturali; il competente, che prova a integrare necessità e incertezza<br />

della competenza, con qualche implicazione emotiva; il tipo qualifi -<br />

cato, che ormai pizzica per salienze, regole e principi rifl essivi – pensa cioè<br />

alle regole e ai rapporti intercorrenti fra loro; l’esperto, il quale, per Fabbri,<br />

somiglia a un poeta: «sa tutto quel che c’è da sapere dopo aver <strong>di</strong>menticato<br />

tutto ciò che ha imparato. L’esperto ha bisogno <strong>di</strong> nascondere nell’incorporazione<br />

del sapere tacito tutte le regole. Non ne sa più nulla». 34<br />

2.1.1. Ricette<br />

Ma preparazione e progettazione sono elementi della teoria pittorica e<br />

alchemica anche quando manca il “copione”. L’analisi ravvicinata serve a<br />

Elkins per carpire gli espe<strong>di</strong>enti con cui ad esempio Tiziano <strong>di</strong>pinge le om-<br />

32 Elkins, La pittura cos’è, p. 19, p. 40.<br />

33 Cfr. Greimas, “Il sapere e il credere: un solo universo cognitivo”, in Greimas<br />

1983, trad. it., pp. 123-124.<br />

34 Cfr. Fabbri 1989, ed. 2003, pp. 64-65.


220 La pittura cos’è<br />

bre nella Venere allo specchio (1554-55): con strati <strong>di</strong> fi nissima pittura scura,<br />

che si assottiglia man mano che le ombre si infi ttiscono. Così la scrittura<br />

del narratore <strong>di</strong>venta propedeutica al saper fare del narratario. Ricette per<br />

opere che le hanno perse o non ne hanno mai avute. In generale si può <strong>di</strong>re<br />

che questo libro calca il genere della ricetta, riguadagnando l’attenzione del<br />

lettore sulle sostanze della pittura e su signifi cati intimamente <strong>di</strong>pendenti<br />

dal modo in cui i quadri vengono <strong>di</strong>pinti. Sull’inter<strong>di</strong>pendenza sensoriale e<br />

gestuale tra istanza d’azione e sostanze si basa la commensurabilità <strong>di</strong> pittura,<br />

alchimia e cucina: prassi orientate a trasformare le materie tramite un<br />

fascio <strong>di</strong> operazioni costanti. Lo vedremo. Il risultato è una messa in posa<br />

che in nessun caso è ipostatica, ma che, dal momento della sua esibizione,<br />

va a deperire. Anche Elkins, come Greimas, è convinto che le affi nità della<br />

cucina con l’alchimia meriterebbero un libro intero. 35<br />

Nelle ricette le sequenze dei processi non sono mai totalmente leggibili<br />

né banalmente <strong>di</strong>ssimulate, ma rese accessibili, alluse, ridotte. L’approssimazione,<br />

scre<strong>di</strong>tata da storici dell’arte alla ricerca <strong>di</strong> protocolli, 36 nasce dalla<br />

contingenza (in situ e “dal vivo”) delle applicazioni, che obbliga ad adattare<br />

le istruzioni al sistema; è inoltre un fattore <strong>di</strong> innovazione: favorisce la scoperta<br />

<strong>di</strong> nuovi nessi tra gli elementi del para<strong>di</strong>gma, secondo una retorica che<br />

procede per similitu<strong>di</strong>ne, metonimia, antonomasia, contrasto. 37 Come ricorda<br />

Greimas (1983, trad. it.: 153), la ricetta, benché formulata con l’imperativo,<br />

non è una prescrizione, ma una proposta <strong>di</strong> contratto omologabile a una strategia<br />

narrativa tra<strong>di</strong>zionale, con un destinante programmatore e un destinatario<br />

realizzatore. Il testo è la “manifestazione <strong>di</strong> competenze attualizzate”.<br />

Si basa su un doppio movimento, <strong>di</strong> adesione nell’assunzione e <strong>di</strong> appropriazione.<br />

Il patto fi duciario è fondamentale, altrimenti si fi nisce come i chimici<br />

che, provando a eseguire a modo loro il “sospettoso” esperimento alchemico<br />

della lumaca d’oro, ottengono un cumulo <strong>di</strong> muffa. La co<strong>di</strong>fi cazione chimica<br />

perde l’effi cacia rifl essiva e transitiva della logica sensibile. Elkins la riarticola<br />

attraverso ricette antiche quali quelle dell’albero d’argento o dell’oro<br />

musivo, «solfuro tannico SnS2, ma in termini alchemici uno scintillante oro<br />

35 Cfr. Elkins, La pittura cos’è, p. 148. «La cucina è forse il più vasto esperimento<br />

del modo enigmatico con cui i sensi si passano il “testimone” del signifi cato».<br />

Fabbri 1991, ed. 2012, p. 125. Sui rapporti estesici tra arte e cucina ve<strong>di</strong> anche<br />

Pozzato 2012.<br />

36 Bran<strong>di</strong>, per esempio, mette in guar<strong>di</strong>a dalle «pericolose cucine delle velature e<br />

delle vernici». Cfr. Cesare Bran<strong>di</strong>, “Observations about varnishes and glazes”<br />

(1950), in Bran<strong>di</strong> 1977, pp. 99-121, spec. p. 113.<br />

37 Sull’“adhocking” cfr. Fabbri 2005. Sull’approssimazione come strumento euristico<br />

ve<strong>di</strong> anche Eco 1990, p. 71.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 221<br />

cristallino, con macchioline rosse e ver<strong>di</strong>, forse più bello dell’oro stesso». 38<br />

A questo doveva pensare De Chirico (1928) quando lamenta la per<strong>di</strong>ta del<br />

mestiere come «per<strong>di</strong>ta della grammatica e della favella». L’artista rime<strong>di</strong>a<br />

con suggerimenti e ricette vere e proprie, avvertendo anche lui che<br />

per quanto riguarda le dosi una misura esatta non si può dare; basta che<br />

questo gesso, o biacca che sia, stemperati nella colla, formino una sostanza<br />

piuttosto liquida, che scorra facilmente sotto il pennello; e bisogna darla in<br />

modo rapido ed uguale evitando che sulla superfi cie spalmata restino parti più<br />

coperte ed altre meno. Dopo che questa seconda mano sarà bene asciutta si darà<br />

l’imprimitura, e si procede così […]. 39<br />

Il genere <strong>di</strong>scorsivo della ricetta è centrale nell’arte contemporanea,<br />

dove il singolo soggetto pragmatico è stato sostituito da un destinante che<br />

progetta e dà istruzioni a qualcun altro, solitamente un collettivo – la sua<br />

equipe o il pubblico. Si pensi ad artisti come Seth Siegelaub o George<br />

Brecht, il quale ha organizzato un’intera January Show (1969) su base<br />

notazionale. Nella forma del mandato, depersonalizzante, è previsto che<br />

l’esecuzione <strong>di</strong>verga dallo schema iniziale ed è inclusa una percentuale <strong>di</strong><br />

rischio. Gli esperimenti artistici <strong>di</strong> oggi, nel modo <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> quei residui<br />

<strong>di</strong> evento (le ricette), si confi gurano allora come gran<strong>di</strong> bricolage collettivi,<br />

che raccontano, attraverso le scelte <strong>di</strong> un numero limitato <strong>di</strong> possibili, il<br />

carattere e la vita dei loro autori:<br />

Per fare un poema dadaista<br />

Prendete un giornale<br />

Prendete delle forbici.<br />

Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza<br />

<strong>di</strong> dare al vostro poema<br />

[che contate<br />

38 Cfr. Elkins, La pittura cos’è, p. 183. In queste pagine le ricette appaiono fi gurate<br />

come all’origine, con i loro pittogrammi attoriali, spaziali e temporali, ma anche<br />

con i nomi dei simboli riprodotti, per ragioni <strong>di</strong> leggibilità (in alchimia spetta agli<br />

adepti interpretarli). Funziona benissimo la proposta <strong>di</strong> conversione tra le due<br />

strutturazioni, narrativa e per istruzioni, cioè la possibilità <strong>di</strong> leggere una ricetta<br />

come un pezzo <strong>di</strong> letteratura. Cfr. Fabbri 2005.<br />

39 De Chirico 1928, ed. 2002, p. 268, p. 270. Corsivo nostro. In pittura e in cucina, come<br />

nella lingua, c’è una langue e una parole. «Al modo <strong>di</strong> tanti altri sistemi <strong>di</strong> signifi -<br />

cazione umana e sociale (primo fra tutti la lingua), a partire da un pacchetto fi nito<br />

<strong>di</strong> elementi semplici è possibile costruire, per combinatoria progressiva, la varietà<br />

infi nita delle estrinsecazioni comunicative. La cucina, come la lingua, segue questo<br />

meccanismo antropologico <strong>di</strong> natura combinatoria». Cfr. Marrone 2012, p. 16.


222 La pittura cos’è<br />

Ritagliate l’articolo.<br />

Ritagliate quin<strong>di</strong> con cura ognuna delle parole<br />

[che formano questo articolo<br />

e mettetele in un sacco.<br />

Agitate piano.<br />

Tirate fuori quin<strong>di</strong> ogni ritaglio, uno dopo l’altro,<br />

<strong>di</strong>sponendoli nell’or<strong>di</strong>ne in cui hanno lasciato il sacco.<br />

Copiate coscienziosamente.<br />

Il poema vi assomiglierà.<br />

Ed eccovi <strong>di</strong>venuto uno scrittore infi nitamente originale e <strong>di</strong> squisita sensibilità,<br />

benché incompreso dal volgo. 40<br />

3. Istanze <strong>di</strong> sostanza<br />

La scommessa del libro <strong>di</strong> Elkins, sulla quale si impernia il cre<strong>di</strong>to della<br />

pittura come linguaggio autonomo, sta nella legittimazione della sostanza<br />

dell’espressione, che lui chiama materia e che impone vincoli alla forma. Lo<br />

stu<strong>di</strong>oso non si interroga su un continuum materiale in<strong>di</strong>fferenziato, massa<br />

amorfa a priori: per lui esistono materie supporto <strong>di</strong> sostanze espressive,<br />

correlabili a forme, ma il cui aspetto non si può ignorare. Da un lato c’è uno<br />

sguardo che scopre interesse nelle loro articolazioni fi siche. «Il micascisto si<br />

trasforma in granito e forma spesso masse montagnose in cui la mica è quasi<br />

del tutto assente e si trova tra quei cristalli solo come tessuto connettivo». 41<br />

Dall’altro, ci sono interazioni senso-motorie, dove la consistenza delle materie<br />

è rilevante. Qui amorfo e strutturato sono categorie <strong>di</strong> processi: il passaggio<br />

dall’uno all’altro non è obbligatorio; si determina nella misura in cui esso<br />

abbia un valore d’uso, cioè assecon<strong>di</strong> operazioni mirate, nel trattamento della<br />

materia, a costruire l’oggetto. Dunque, a regime, il mutamento può non avvenire:<br />

«i Curie manipolano la materia sotto forma <strong>di</strong> polveri, liqui<strong>di</strong> e gas». 42<br />

Ugualmente, l’opera contemporanea dà corso alla sostanza dell’espressione,<br />

in ragione del movimento immanente alla materia stessa (Deleuze e Guattari<br />

1980, trad. it.: 493). È il topic delle estetiche dell’informe, del <strong>di</strong>sgusto, del<br />

trash. Questo non signifi ca che la materia arrivi intatta. Perfi no la polvere,<br />

per essere utilizzata, deve essere mescolata, <strong>di</strong>sciolta o fi ssata, come in fo-<br />

40 Tristan Tzara, Pour faire un poème dadaïste, in Dada manifeste sur l’amour faïble<br />

et l’amour amer (1920). Cfr. Tzara 1990. È il caso del poeta-esperto che ironizza<br />

sulla propria expertise. Per una ricognizione della ricetta nell’arte contemporanea<br />

cfr. “Canoni regole ricette”, in Vettese 2011, pp. 91-95.<br />

41 Wolfgang Goethe, massima 1.259, in Goethe 1983, vol. 2, p. 258.<br />

42 Bastide 1987, trad. it., p. 168.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 223<br />

tografi a (Grazioli 2004: 131). Aggioga l’artista a una serie <strong>di</strong> incursioni, che<br />

però non la bloccano nel suo <strong>di</strong>venire.<br />

L’idea che l’analisi della forma escluda e vada a <strong>di</strong>scapito della sostanza<br />

è frutto <strong>di</strong> un frainten<strong>di</strong>mento della teoria <strong>di</strong> Hjelmslev. Per lui si trattava<br />

<strong>di</strong> dettare un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> priorità nella procedura: «Questa materia, così considerata,<br />

esiste provvisoriamente come una massa amorfa, un’entità inanalizzata<br />

defi nita solo dalle sue funzioni esterne […]. La materia è organizzata,<br />

articolata, formata in maniera <strong>di</strong>versa nelle <strong>di</strong>verse lingue». 43 Nella<br />

teoria dell’immanenza <strong>di</strong> Hjelmslev c’è una con<strong>di</strong>zione provvisoria della<br />

materia, come massa amorfa, ed è necessario, per la descrizione, che essa<br />

<strong>di</strong>venti una sostanza assunta da una forma, cioè articolata in relazioni. È<br />

ciò che fa Elkins ricorrendo alla alchimia: cerca relazioni che permettano<br />

la descrizione. Non è in causa una chiusura nei confronti della materia, ma<br />

solo un’antecedenza temporale nell’analisi:<br />

in partenza la teoria linguistica è stata costituita in maniera immanente, mirando<br />

solo alla costanza, al sistema, e alla funzione interna, a spese, apparentemente,<br />

delle fl uttuazioni e delle sfumature, della vita e della realtà concreta<br />

fi sica e fenomenologica. Tale temporanea limitazione del punto <strong>di</strong> vista è stata<br />

il prezzo che si è dovuto pagare per strappare alla lingua il suo segreto. 44<br />

Prima le costanti, poi le variabili. Di recente Umberto Eco (2012) ha ricordato<br />

l’imbarazzo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi e traduttori <strong>di</strong> fronte al termine usato da Hjelmslev<br />

per defi nire il continuo, e cioè mening, “senso” in quanto “<strong>di</strong>rezione”,<br />

nello stesso senso in cui in una città esistono sensi permessi e sensi vietati:<br />

che cosa signifi ca che ci sia del senso, prima <strong>di</strong> ogni articolazione sensata<br />

operata dalle conoscenza umana? Hjelmslev lascia a un certo momento capire<br />

che per “senso” intende il fatto che espressioni <strong>di</strong>verse in lingue <strong>di</strong>verse come<br />

“piove”, “il pleut”, “it rains”, si riferiscano tutte allo stesso fenomeno. Come<br />

a <strong>di</strong>re che nel magma del continuo ci sono delle linee <strong>di</strong> resistenza e delle possibilità<br />

<strong>di</strong> fl usso, come delle nervature del legno o del marmo che rendano più<br />

agevole tagliare in una <strong>di</strong>rezione piuttosto che nell’altra.<br />

43 Cfr. Hjelmslev 1943, trad. it., pp. 55-57. Corsivo nostro, Sugli ostacoli alla citta<strong>di</strong>nanza<br />

semiotica della materia cfr. Magli 2003; Basso 2008.<br />

44 Hjelmslev, op. cit., p. 136. Corsivo nostro. Cfr. Zinna 2010. Lo afferma a chiare<br />

lettere Greimas: «la forma è signifi cante allo stesso titolo della sostanza ed è da<br />

stupirsi che questa formulazione <strong>di</strong> Hjelmslev non abbia fi nora sollevato l’interesse<br />

che merita». Cfr. Greimas 1966, trad. it., p. 48.


224 La pittura cos’è<br />

Deleuze e Guattari (op. cit., trad. it.: 89-90) rivalutato i termini della<br />

questione.<br />

veniva chiamato materia il piano <strong>di</strong> consistenza o il Corpo Senza Organi,<br />

cioè il corpo non formato, non organizzato, non stratifi cato o destratifi cato, e<br />

tutto ciò che scorreva su <strong>di</strong> esso, particelle submolecolari e subatomiche, intensità<br />

pure, singolarità libere prefi siche e previtali. Venivano chiamate contenuto<br />

le materie formate, che dovevano da quel momento essere considerate sotto<br />

due punti <strong>di</strong> vista, quello della sostanza, in quanto tali materie erano “scelte”,<br />

e quello della forma, in quanto erano scelte in un certo or<strong>di</strong>ne (sostanza e forma<br />

<strong>di</strong> contenuto). Sarebbero state defi nite espressione le strutture funzionali<br />

che dovevano, a loro volta, venire considerate da due punti <strong>di</strong> vista, quello<br />

dell’organizzazione della loro forma e quello della sostanza in quanto formavano<br />

composti (forma e sostanza dell’espressione).<br />

Per Deleuze e Guattari la griglia materia, contenuto ed espressione, forma<br />

e sostanza rompe con la dualità forma-contenuto e, inaugurando una<br />

forma <strong>di</strong> contenuto non meno che una forma dell’espressione, coglie una<br />

stratifi cazione che non ha un’origine né una fi ne linguistiche, ma è propria<br />

al mondo naturale stesso. In semiotica Greimas e Courtés hanno contemplato<br />

i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> presenza della sostanza come oggetto <strong>di</strong> conoscenza.<br />

Rispetto alla sostanza fonica, hanno <strong>di</strong>stinto: un’istanza articolatoria, <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne fi siologico, in cui la sostanza è una sorta <strong>di</strong> gestualità muscolare;<br />

un’istanza acustica, <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne psichico, in cui essa è colta sotto forma ondulatoria;<br />

un’istanza u<strong>di</strong>tiva, <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne psicofi siologico, in cui la sostanza si<br />

presenta attraverso fl ussi <strong>di</strong> attriti e collisioni corpuscolari. 45<br />

A <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> questi tentativi, l’immagine <strong>di</strong> una natura sostanzialista<br />

sullo sfondo, opposta alle culture delle lingue, ha nuociuto all’integrazione<br />

delle istanze <strong>di</strong> sostanza. 46 È stato sottolineato:<br />

45 Patrizia Magli stu<strong>di</strong>a le stesse proprietà, ondulatorie e corpuscolari, a proposito<br />

della materia luminosa, e ne evidenzia i rispettivi principi: <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione ed espansione,<br />

da un lato, <strong>di</strong> concentrazione dall’altro. Tale opposizione primaria, <strong>di</strong>ffuso/<br />

compatto, è <strong>di</strong>versamente declinata e giocata per favorire effetti graduali o estremi<br />

che vanno dalla smaterializzazione alla concrezione materica. Cfr. Magli 2010.<br />

46 In fi losofi a la rimozione delle sostanze ha toccato il suo apice in Hegel (Estetica,<br />

t. IV), secondo il quale poco importa che una poesia sia letta o recitata, tradotta<br />

in un’altra lingua o ridotta in prosa. Si è dovuto attendere Sartre (1943) per una<br />

presa <strong>di</strong> coscienza fenomenologica del problema, mentre in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una teoria<br />

dell’immaginazione materiale come <strong>di</strong>namologia vanno le ricerche <strong>di</strong> Bachelard.<br />

Cfr. Bachelard 1942; 1943; 1948; 1949.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 225<br />

è un grave errore <strong>di</strong> logicizzazione delle esperienze signifi canti la riduzione<br />

dei fenomeni <strong>di</strong> signifi cazione alla <strong>di</strong>mensione linguistica. Non è vero che un<br />

quadro, per esempio, sia leggibile soltanto perché esistono delle categorie linguistiche<br />

che permettono il suo riconoscimento. Le fi gure del mondo ci parlano<br />

<strong>di</strong>rettamente, ma ci parlano in un altro modo. Ci parlano per sostanza e per<br />

fi gura, per organizzazione della materia e organizzazione delle forme. 47<br />

Un quadro è una struttura polemica. Le materie sono agenti refrattari che<br />

complicano la subor<strong>di</strong>nazione delle sostanze alle forme, rendendo contenuto<br />

ed espressione variabili <strong>di</strong> una funzione <strong>di</strong> stratifi cazione. Non accade<br />

perché le fi gure dell’espressione cambierebbero autonomamente scindendosi<br />

dalle fi gure del contenuto, che resterebbero isotope alle stabilizzazioni<br />

acquisite. 48 L’articolazione resta doppia, ma forme e sostanze dell’espressione<br />

possono assumere un ruolo <strong>di</strong> contenuto rispetto ad altre, e viceversa<br />

forme e sostanze del contenuto possono <strong>di</strong>ventare espressione, inducendo<br />

riadattamenti del programma narrativo <strong>di</strong> base, alternative strategiche<br />

e biforcazioni. Il confl itto è fra pigmenti, leganti e solventi, «“gente che<br />

scotta”, incapace <strong>di</strong> convergere verso un unico obiettivo». 49 La spazialità<br />

materica, mitigata in altre epoche, è oggi pertinentizzata per una propria<br />

semantica e incide sugli altri spazi eventualmente presenti nell’opera. 50<br />

Pre<strong>di</strong>lige, contro l’assioma <strong>di</strong> un’image (type) che sorvola sulle pictures<br />

(token), lasciando invariata la signifi cazione (Mitchell 1994), la prospet-<br />

47 Fabbri 1990, ed. 2001, p. 329.<br />

48 È la tesi <strong>di</strong> Fontanille delle “pratiche concrete”, soggette a una semiotica dell’impronta.<br />

Il semiologo respinge da anni, e giustamente, l’isomorfi smo tra espressione<br />

e contenuto – «la ricchezza <strong>di</strong> articolazione del contenuto non <strong>di</strong>pende da quella<br />

dell’espressione e viceversa; la complessità visiva <strong>di</strong> un Pollock o <strong>di</strong> un Mondrian<br />

non è il segno, a priori, <strong>di</strong> una complessità semantica maggiore del minimalismo<br />

<strong>di</strong> un Klein» (Fontanille 1998, p. 36, traduzioni nostre). Ma è poi giunto a rifi utare<br />

anche la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> presupposizione reciproca tra i due piani. Sulla via <strong>di</strong> una<br />

scissione tra espressione e contenuto ha postulato un in<strong>di</strong>pendente percorso generativo<br />

del piano dell’espressione. Cfr. Fontanille 2004, pp. 414-415.<br />

49 Elkins, La pittura cos’è, p. 116.<br />

50 Ci riferiamo alle quattro tipologie <strong>di</strong> spazio in<strong>di</strong>viduate da Omar Calabrese: 1. la<br />

profon<strong>di</strong>tà al<strong>di</strong>là del quadro (spazio prospettico sfondato, come nella teoria albertiana<br />

della “fi nestra sul mondo”); 2. la profon<strong>di</strong>tà al <strong>di</strong> qua del quadro (spazio<br />

in aggetto, come nel trompe-l’œil); 3. la superfi cie del quadro in quanto superfi<br />

cie geometrica (livello topologico); 4. la superfi cie materica (cioè lo spessore<br />

del quadro). Come chiarisce il semiologo, «le quattro spazialità ovviamente<br />

interagiscono in modo stretto, e non si possono <strong>di</strong>stinguere se non per analisi.<br />

Tuttavia, potremmo affermare che ogni epoca, gruppo, in<strong>di</strong>viduo privilegia una<br />

o più spazialità, e fa della loro valorizzazione una vera e propria poetica». Cfr.<br />

Calabrese 1987, pp. 162-163.


226 La pittura cos’è<br />

tiva non <strong>di</strong> un’“immagine su”, ma <strong>di</strong> un’“immagine <strong>di</strong>” (Goodman 1968),<br />

deittica <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> partecipazioni essenziali al senso, in primo<br />

luogo il supporto, le istanze <strong>di</strong> sostanza, la gestualità. 51<br />

3.1. Pigmenti<br />

Elkins descrive accuratamente la tavolozza del pittore, che già in sé costituisce<br />

un piatto pronto, più o meno “buono” a seconda che le miscele<br />

siano artigianali o industriali, come in cucina. I pigmenti sono il risultato<br />

<strong>di</strong> processi <strong>di</strong> raschiatura e polverizzazione <strong>di</strong> pietre o del trattamento<br />

<strong>di</strong> materie organiche. Queste polveri vengono mescolate con un legante<br />

(me<strong>di</strong>um) più o meno denso, per esempio acqua (inchiostri e acquerelli),<br />

acqua + tuorlo d’uovo (tempere), olio o cera (pastelli). Ecco i colori. Tra i<br />

pigmenti rossi Elkins ricorda il carminio, che si ottiene bollendo dei piccoli<br />

insetti rossastri e asciugandone i resti al sole, e il testa <strong>di</strong> moro, la cui<br />

pietra d’origine, la tormalina, è marrone scuro, esposta a una condensa <strong>di</strong><br />

vapore per <strong>di</strong>ventare rosso lucido. Invece il vermiglione è rosso sangue.<br />

Ma propriamente non è emoglobina, come ha provato il McCrone Research<br />

<strong>di</strong> Chicago nell’analisi <strong>di</strong> campioni <strong>di</strong> “sangue” dal Sudario <strong>di</strong> Torino.<br />

Si tratta <strong>di</strong> cinabro, un composto <strong>di</strong> mercurio e zolfo, raschiato e ridotto in<br />

polvere. Il saper fare della pittura trasforma il sapere in poter credere, un<br />

altro pezzo <strong>di</strong> magia alchemica.<br />

Pensati comparativamente, i pigmenti hanno connotazioni euforiche e<br />

<strong>di</strong>sforiche che affondano nella percezione <strong>di</strong> stati atmosferici e fi siologici.<br />

Aristotele defi niva contraries le qualità umido, asciutto, caldo e freddo,<br />

associate sia ai quattro elementi – terra, aria, fuoco e acqua – sia ai quattro<br />

umori – bile nera, fl emma, sangue, bile gialla – e attorializzate come nero,<br />

bianco, rosso, giallo (nigredo, albedo, citrinitas, rubedo). 52 Così, «il Grigio<br />

<strong>di</strong> Payne è l’egoista freddo grigio, che ricopre tutto come il blu acciaio.<br />

51 Pre<strong>di</strong>ligere la singolarità non vuol <strong>di</strong>re impe<strong>di</strong>rsi la comprensione delle interpretazioni<br />

collettive dei fenomeni. A proposito <strong>di</strong> materiali Floch (1984) <strong>di</strong>mostra<br />

che il cemento della Tourette è esemplifi cativo <strong>di</strong> un atteggiamento culturale: la<br />

rudezza del cemento è sintomo <strong>di</strong> una mancanza <strong>di</strong> riguardo, e quin<strong>di</strong> anche <strong>di</strong><br />

una certa forma <strong>di</strong> comunicazione, che si fonda su una concezione delle relazioni<br />

intersoggettive in chiave <strong>di</strong>sforica o non-euforica.<br />

52 Cfr. Jung 1944. I greci furono i primi a classifi care le varietà della psiche umana,<br />

derivandola dai quattro umori. A Ippocrate si deve l’istituzione della teoria secondo<br />

la quale il corpo umano sarebbe composto <strong>di</strong> quattro umori o sostanze fl uide,<br />

appunto sangue, fl emma, bile gialla e bile nera. La salute <strong>di</strong>pende dall’equilibrio<br />

<strong>di</strong> tali sostanze, mentre l’eccesso dell’una o dell’altra provoca la malattia. Wittkower<br />

1963, trad. it., pp. 116-118.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 227<br />

Malachite e Verde Smeraldo sono altrettanto fred<strong>di</strong>, ma più amichevoli<br />

dell’aspra tinta del Viri<strong>di</strong>ano, che getta amarezza sui colori che tocca. Fra<br />

i blu, il Cobalto e il Ceruleo sono leggeri e ariosi, mentre l’Ultramarino è<br />

acquoso e rigoglioso». 53 Il timismo dei pigmenti, noto anche attraverso le<br />

teorie <strong>di</strong> Kan<strong>di</strong>nskij e <strong>di</strong> Klee, non è in<strong>di</strong>viduale né universale, ma risponde<br />

a valenze ra<strong>di</strong>cate nelle culture.<br />

3.2. Me<strong>di</strong>a<br />

Perché ci sia pittura i pigmenti, attanti soggetto, hanno bisogno <strong>di</strong> materiali<br />

“delegati”, isolanti o conduttori (Floch 1984, trad. it.: 85), cioè a<strong>di</strong>uvanti,<br />

istanze del poter-fare. Sono i solventi e i leganti. La questione dei<br />

me<strong>di</strong>atori pittorici è cruciale nel libro <strong>di</strong> Elkins, sempre esplorata con il<br />

fi ltro dell’alchimia. L’autore evidenzia la natura organica <strong>di</strong> tali sostanze,<br />

culturalizzate attraverso la cottura. I me<strong>di</strong>a “si recuperano” da piante europee<br />

e asiatiche, spezie quali rosmarino e chio<strong>di</strong> <strong>di</strong> garofano e perfi no ambra<br />

fossilizzata e macinata. L’acqua ragia, solvente, si <strong>di</strong>stilla dalla corteccia<br />

del pino. I collanti si ricavano ancora oggi da parti del corpo <strong>di</strong> animali:<br />

pelle <strong>di</strong> coniglio, zoccoli <strong>di</strong> cavallo, corna <strong>di</strong> cervo.<br />

Zolfo, mercurio e sale, ovvero calore, umi<strong>di</strong>tà e siccità, hanno i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

presenza più adatti alle me<strong>di</strong>azioni: fanno capire che <strong>di</strong>pingere è un bilanciamento<br />

fra colore in polvere, solvente incolore e prodotto asciutto sulla<br />

tela. Questo dosaggio decreta il “corpo” della pittura: se magro, scompare<br />

negli interstizi della trama; se grasso, forma sulla tela grumi e palline. A<br />

<strong>di</strong>fferenza della cucina, qui la “pasta” va stesa, se<strong>di</strong>mentata e permanentemente<br />

lasciata in posa, con una sottigliezza da ottenere e un’elasticità <strong>di</strong>ffi -<br />

cile da gestire, come <strong>di</strong>mostra lo sgretolarsi dell’Ultima cena <strong>di</strong> Leonardo<br />

o l’erosione programmata <strong>di</strong> alcune tele <strong>di</strong> Dubuffet. La pittura appare un<br />

particolare <strong>di</strong>spositivo con una carne a strati (struttura) che può non avere<br />

una pelle (involucro) e può perciò rimanere a vivo, esposta a endotracce<br />

ed esotracce, se non usa fi ssanti per creare superfi ci <strong>di</strong> regolazione delle<br />

energie, <strong>di</strong> contenimento e preservazione. 54<br />

Per antonomasia mercurio e zolfo me<strong>di</strong>ano le azioni fi nalizzate alla tenuta<br />

<strong>di</strong> un quadro: la <strong>di</strong>ssoluzione e la soli<strong>di</strong>fi cazione. Il mercurio, principio primo<br />

dei solventi (trementina, turpenoide, benzene), controbilancia lo zolfo – pig-<br />

53 Elkins, La pittura cos’è, p. 78. Per Elkins il non <strong>di</strong>stinguere i colori quando li ve<strong>di</strong>amo<br />

nei quadri «è come andare a una festa e non ricordare il nome <strong>di</strong> nessuno».<br />

Ibidem, p. 72.<br />

54 Ci riferiamo alle fi gure semiotiche del corpo secondo il modello <strong>di</strong> Jacques Fontanille.<br />

Cfr. Fontanille 2004.


228 La pittura cos’è<br />

mento dalla natura ignea, fervido opponente – e lascia ricominciare a <strong>di</strong>pingere.<br />

Il colore richiede infatti un liquido che ne temperi la tinta. Più potere <strong>di</strong><br />

liquefazione ha il solvente, più facile sarà la sovrapposizione e rapida l’asciugatura.<br />

Dosaggi controllati e maniere <strong>di</strong> stesura evitano che il liquido si tramuti<br />

in un’istanza negativa: passandone un’eccessiva quantità in modo troppo<br />

violento, il solvente penetra nella pittura asciutta sottostante e la scioglie. Oltre<br />

ai solventi ci sono i leganti, che attendono alla soli<strong>di</strong>fi cazione e all’impermeabilità<br />

della pittura. Elkins menziona colle, resine e balsami. Leganti e solventi<br />

obbligano l’enunciatore al monitoraggio <strong>di</strong> tempi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> asciugatura. Il<br />

prodotto fi nito è come sale, fi gura alchemica sanzionante dell’essiccazione. Il<br />

sale è un limitatore e un delimitatore <strong>di</strong> sostanze, ma insieme un imbalsamatore,<br />

agente preposto all’inalterabilità corporea. Può soverchiare il principio<br />

liquido, anziché conciliarsi con esso, e dar luogo a una pittura che sembra<br />

calcare, come in Monet le facciate della cattedrale <strong>di</strong> Rouen.<br />

4. Le operazioni della pittura<br />

Pigmenti e me<strong>di</strong>a si comprendono meglio all’interno dei processi nei<br />

quali operano. La teoria della pittura manca <strong>di</strong> defi nizioni in merito; così<br />

Elkins ricorre al <strong>di</strong>zionario fi gurativo e agli strumenti dell’alchimia, notando<br />

un’elevata commensurabilità anche nei tipi <strong>di</strong> metamorfosi.<br />

Su modello della manipolazione alchemica delle materie, la pittura<br />

avrebbe tre segmenti narrativi, corrispondenti alle colorazioni della nigredo,<br />

dell’albedo, della citrinitas e della rubedo: l’opera al nero (nigredo)<br />

prevede la cottura e la decomposizione della materia; l’opera al bianco<br />

(albedo) coincide con la fase <strong>di</strong> <strong>di</strong>stillazione; l’opera al rosso (citrinitas e<br />

rubedo) è la Pietra, esiguità dello scarto tra i primi due sta<strong>di</strong>, tensione indeci<strong>di</strong>bile<br />

tra immanente e trascendente. L’andamento è circolare-ciclico,<br />

non lineare. 55 Elkins ne specifi ca le procedure, che organizza per coppie <strong>di</strong><br />

contrari, con un semisimbolismo in germe. È possibile rafforzarlo sottolineando<br />

rapporti <strong>di</strong> implicazione e <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione e tenendo a mente la<br />

tassonomia delle operazioni sulla materia <strong>di</strong> Françoise Bastide (1987).<br />

La prima categoria, fi ssazione/<strong>di</strong>stillazione, articola il binomio fondamentale<br />

fi sso/volatile e regge le sottocategorie putrefazione/sublimazione<br />

e precipitazione/<strong>di</strong>ssoluzione. La fi ssazione o congelazione designa l’atto<br />

55 Nel libro è riprodotto uno degli emblemi più noti a riguardo, la raffi gurazione <strong>di</strong><br />

Daniel Mylius delle Quattro sorelle alchemiche (1622), appunto nigredo, albedo,<br />

citrinitas e rubedo, sedute attorno a un tavolo rotondo. Ve<strong>di</strong> Fig. 8, p. 177.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 229<br />

del rapprendersi, il <strong>di</strong>pinto che si asciuga e soli<strong>di</strong>fi ca. Si ha invece <strong>di</strong>stillazione<br />

quando la sostanza perde il suo corpo materiale, «fi li unti e macchie<br />

gialle», e “si purifi ca” in un altro da sé, «cielo aperto e sole». È il livello<br />

iconografi co o iconologico a cui si pongono gli storici dell’arte – afferma<br />

Elkins – <strong>di</strong> là dalla «sgradevolezza della macchina che fa miracoli». 56 Ma<br />

la pittura non può <strong>di</strong>menticare <strong>di</strong> che cosa è fatta: occupa appunto lo strato<br />

sottilissimo del suo essere una Madonna con Bambino e un impasto screpolato<br />

e corroso. Tipica del fare artistico contemporaneo è la circolazione,<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio della <strong>di</strong>stillazione. Allude al riciclaggio e al nutrimento <strong>di</strong><br />

scarti, secondo l’adagio che “nulla si <strong>di</strong>strugge e nulla si crea”. Elkins considera<br />

Francis Bacon, il quale era solito raschiare i residui <strong>di</strong> pittura secca<br />

dal pavimento del suo stu<strong>di</strong>o, insieme alla polvere, e schiacciarli fi no a<br />

renderli pigmenti. Li si vede in alcuni quadri, come segatura e grumi <strong>di</strong> peli<br />

mescolati con oli. Il processo <strong>di</strong> circolazione implica la prova della putrefazione<br />

(“morte alchemica”), <strong>di</strong>sfacimento della sostanza. A essa si oppone<br />

la sublimazione, <strong>di</strong>stillazione dei soli<strong>di</strong>, passaggio invisibile e repentino<br />

dallo stato solido allo stato gassoso. È ciò che permette la rinascita o “rivivifi<br />

cazione”, per metempsicosi. Anche la putrefazione presenta un termine<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio, la già citata <strong>di</strong>gestione: macerazione dell’opera nell’opaco,<br />

laddove una coltre <strong>di</strong> colore schiuda una tenue ma ariosa sfumatura. La<br />

prassi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scretizzare un amalgama compatto, mettendovi una goccia <strong>di</strong><br />

colore omogeneo che ne fa riemergere i pigmenti, i frammenti <strong>di</strong> roccia e i<br />

cristalli, è detta precipitazione, un liquido che <strong>di</strong>venta solido e sprofonda.<br />

Viceversa, la <strong>di</strong>ssoluzione in<strong>di</strong>ca il passaggio da una miscela <strong>di</strong>fferenziata<br />

<strong>di</strong> colori a una macchia neutra. Un compromesso tra i poli <strong>di</strong> questa terza<br />

categoria è la cerazione. Umi<strong>di</strong>fi ca metalli duri e sali amari rendendoli<br />

cerosi, malleabili e luci<strong>di</strong>. In molti casi, come nelle testure <strong>di</strong> Rembrandt,<br />

queste sostanze simulano il tessuto vivente, i processi della pelle, animando<br />

la rappresentazione con un’effi cacia passionale perpetrata in culture <strong>di</strong><br />

epoche <strong>di</strong>verse. 57 Il suo contrario si offre sotto due aspetti, della polvere<br />

inerte (cremazione) o della massa putrescente (fermentazione).<br />

In sintesi, or<strong>di</strong>nando <strong>di</strong>versamente le operazioni, <strong>di</strong>remo che fi ssazione,<br />

putrefazione e precipitazione sono varianti dell’immanenza, mentre <strong>di</strong>stillazione,<br />

sublimazione e <strong>di</strong>ssoluzione lo sono della trascendenza. Formalizzando,<br />

si avrà:<br />

56 Elkins, La pittura cos’è, p. 130.<br />

57 Cfr. Schlosser 1910-11; Freedberg 1989. Ve<strong>di</strong> la mostra Avere una bella cera,<br />

curata da Andrea Daninos e attualmente in corso a <strong>Venezia</strong>, Palazzo Fortuny.


230 La pittura cos’è<br />

FISSAZIONE DISTILLAZIONE FISSAZIONE DISTILLAZIONE<br />

(fi sso) (volatile) (fi sso) (volatile)<br />

putrefazione sublimazione precipitazione <strong>di</strong>ssoluzione<br />

circolazione <strong>di</strong>gestione cerazione cremazione o<br />

fermentazione<br />

Anche sull’atto incoativo <strong>di</strong> esecuzione della pittura Elkins ha un pensiero<br />

binarista. Distingue due vie. La prima e classica, progressiva, consiste<br />

nella successione <strong>di</strong> fasi, per aggiunta <strong>di</strong> strati a partire da una mancanza<br />

(vuoto): uno strato <strong>di</strong> colla mescolata con del bianco (gesso o polvere <strong>di</strong><br />

marmo), che rende brillante il pannello vuoto; poi, su tutta la superfi cie,<br />

un sottile fondo rossobruno, la cosiddetta imprimatura; quin<strong>di</strong> l’abbozzo,<br />

la grisaille (versione monocroma del <strong>di</strong>pinto completa <strong>di</strong> ogni dettaglio)<br />

e infi ne il quadro. 58 Rispetta lo stesso schema l’arte dell’icona, secondo i<br />

criteri suggeriti da Florenskij (1922, trad. it.: 160):<br />

il volto a cui si è data la base è il suo nulla concreto. Quando la base è<br />

asciugata, il contorno del volto, dentro e fuori, si rifà col colore, passa cioè<br />

dall’astratto al primo grado <strong>di</strong> visibilità, come se il volto ricevesse un primo<br />

grado <strong>di</strong> animazione. Queste linee colorate si chiamano specifi cazione [opis’].<br />

Il loro colore varia con lo stile delle icone. Via via che l’icona si colora nelle<br />

specifi cazioni e parallelamente nel riempitivo, essa si <strong>di</strong>fferenzia nella grafi ca,<br />

meno spicca il suo momento incisorio, ed essa si allontana insomma dal razionalismo.<br />

Una separazione netta tra <strong>di</strong>segno e pittura come rispecchiamento l’uno<br />

del razionale, l’altra del sensibile, va evitata. Più spesso le due prassi espri-<br />

58 Nell’arte contemporanea l’iter progettuale ha a volte una valenza maggiore del<br />

prodotto in sé compiuto. Cfr. Migliore 2011.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 231<br />

mono <strong>di</strong>verse necessità (e <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esistenza semiotica del progetto)<br />

all’interno dello stesso percorso. Si danno inoltre maniere pittoriche del<br />

<strong>di</strong>segno e maniere lineari della pittura.<br />

La seconda via, improgressiva, intende l’opera come presenza (pieno) e<br />

la sbianca allora dalle convenzioni culturali o motiva la sottrazione e l’estrazione<br />

(in scultura è la tecnica michelangiolesca, “per forza <strong>di</strong> levare”).<br />

4.1. Strumenti<br />

Le competenze per le operazioni appaiono ripartite tra molti non-umani<br />

– pennelli, stufe, fornelli, serpentine, contenitori (vasi, ampolle, botti, fi aschette…).<br />

Il libro li illustra con tavole in bianco e nero scelte da antichi<br />

trattati alchemici. Di particolare interesse è il kerotakis, strumento dell’arte<br />

dell’encausto (un braciere su cui si mescolano pigmenti e cera fusa, che<br />

fa da legante, applicati poi a caldo sul supporto). Migra nell’alchimia, con<br />

un’inversione <strong>di</strong> ruolo nello standard degli scambi – è più spesso la pittura<br />

a ricevere – e riadatta forma e funzioni: acquisisce una cappa e un camino<br />

per imprigionare i fumi, marcando così la delega alla sublimazione. I vari<br />

costrutti, come si <strong>di</strong>ceva nelle prime pagine, sono più spesso metafore attive<br />

59 <strong>di</strong> processi che <strong>di</strong>ventano parabole della pittura. Puntano sull’effi cacia,<br />

«concetto tecnologico che rinvia non alla natura, all’“essere” delle cose,<br />

ma al “fare” e ai risultati che esso produce» (Greimas 1993: 382). Il <strong>di</strong>spositivo<br />

più <strong>di</strong>ffuso, l’athanor o forno alchemico, è una sorta <strong>di</strong> cellula madre,<br />

un’arena <strong>di</strong> azioni in cui si inscrivono interfacce e prese e allacci per altri<br />

esperimenti. «Aveva la forma <strong>di</strong> una torre e un’occhiata all’interno permetteva<br />

<strong>di</strong> sorvegliare, dalle feritoie, la cottura dell’uovo fi losofale, l’aludel.<br />

Questo era un alambicco <strong>di</strong> forma ovoidale, in terracotta oppure <strong>di</strong> vetro<br />

o cristallo, dove si svolgevano le fasi <strong>di</strong> tutte le operazioni fondamentali:<br />

solutio(<strong>di</strong>ssoluzione), ablutio (purifi cazione), congelatio (soli<strong>di</strong>fi cazione)<br />

e fi xatio (indurimento)». 60 Ci sono poi la storta per la <strong>di</strong>gestione, già citata,<br />

e il “pellicano” per la circolazione, dall’uccello che si pensava nutrisse i<br />

suoi piccoli recuperando il proprio sangue. È un alambicco sigillato dove<br />

la melma, sul fondo <strong>di</strong> una miscela che bolle, sale attraverso un tubo <strong>di</strong><br />

59 Sui rapporti tra metafore e <strong>di</strong>mensione sensibile della signifi cazione, specie rispetto<br />

a un corpo come contenitore sottoposto a trasformazioni, cfr. Lakoff and<br />

Johnson 1980.<br />

60 Paolo Fabbri lo descrive così con riferimento alle murature <strong>di</strong> Gilberto Zorio,<br />

blocchi a forma <strong>di</strong> stella emanatori <strong>di</strong> fosforescenze e fi schi stridenti. Cfr. Fabbri<br />

2006.


232 La pittura cos’è<br />

raccolta curvo, si purifi ca e scende, riprendendo il suo corso. Ripetizione e<br />

<strong>di</strong>fferenza, mentalità postmoderna della citazione e del remake.<br />

5. Sistemi <strong>di</strong> valore. Appassionarsi alle scorie<br />

Nell’andamento ciclico emerso non c’è automatismo. Si notano transizioni<br />

<strong>di</strong> fase, anziché punti <strong>di</strong> arresto, non sic stantibus rebus, ma perché la<br />

loro <strong>di</strong>namica sottende investimenti epistemici, in primo luogo una credenza<br />

nella rigenerazione. Ogni terminativo è dunque una durata che artisti e<br />

alchimisti polarizzano positivamente, “intenzione <strong>di</strong> morte” da apprezzare<br />

come delta della rinascita. «Il fi ore è la vegetazione del virus». 61 Escrementi,<br />

marciumi e muffe, sovraccarichi <strong>di</strong> vita, esercitano un potere attrattivo<br />

più della sostanza limpida, che non interessa se non per affrettarne la purulenza<br />

e la contaminazione. In alchimia la “pietra fi losofale” stessa può<br />

coincidere con una misera pianta in una pozza d’acqua, un esalante gas <strong>di</strong><br />

palude o lo sterco in un mucchio <strong>di</strong> letame. Ecco che liste e ricette includono,<br />

tra i preferiti, feci (Paracelso le chiamava “carbone umano” o “zolfo<br />

occidentale”), urina (“urina fi losofi ca”, “sale <strong>di</strong> urina”, “olio <strong>di</strong> urina”…) e<br />

sputo, ritenuto un sale corrosivo in grado <strong>di</strong> sciogliere l’oro. Fra i tanti usi,<br />

le feci venivano putrefatte «fi nché non vi fossero sorti dentro dei vermi». 62<br />

Il deca<strong>di</strong>mento, trascinando con sé odori nauseabon<strong>di</strong>, vischiosità e agenti<br />

nocivi, invade il campo intimo del corpo e lo contagia. 63 Diventa in questo<br />

modo l’humus <strong>di</strong> un’assiologia timica.<br />

Il capitolo <strong>di</strong> Elkins sulla “coltura” dello stu<strong>di</strong>o dell’artista chiarisce che<br />

l’abietto non è un’invenzione novecentesca. Lo è l’estetica che lo teorizza,<br />

con Kolnai (1929) e Bataille (1929). Di qui, nel contemporaneo, la vasta<br />

esibizione dell’abietto per suscitare il <strong>di</strong>sgusto. Il <strong>di</strong>sgustante magnifi cato<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalle sue promesse. Pensiamo a David Nebreda, Andres<br />

Serrano, Otto Muehl, Pinar Yolaçan, Kiki Smith, alle Ossidazioni <strong>di</strong><br />

Andy Warhol e alle Muffe <strong>di</strong> Cindy Sherman. Ma l’artista, <strong>di</strong> suo, ha sempre<br />

“annusato” la contiguità con sostanze in eccesso <strong>di</strong> vita, sconveniente-<br />

61 Cfr.Huysmans 1884, cap. VIII. L’espressione “intenzione <strong>di</strong> morte” è <strong>di</strong> Kolnai.<br />

Cfr. Kolnai 1929, trad. it., p. 91.<br />

62 Elkins, op. cit., p. 152.<br />

63 È nota l’analisi sartriana del vischioso, percepito come ciò che non è né liquido<br />

né solido, ma tra i due stati. «Il vischioso è l’agonia dell’acqua […], suzione<br />

ingannevole da sanguisuga <strong>di</strong> un passato che non abbandona la sua stretta, sembra<br />

contenere una forma specifi ca <strong>di</strong> possessività. Il vischioso è “la rivincità dell’insé”».<br />

Cfr. Sartre 1943, trad. it., pp. 728-729.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 233<br />

mente espanse e raramente pure, senza risolversi nel provare gra<strong>di</strong>mento e<br />

insieme repulsione. Perciò Barthes (1973) può riconoscere la forma fondamentale<br />

della ripugnanza nell’agglomerato:<br />

non è a titolo gratuito, per semplice ricerca tecnica che Réquichot giunge<br />

al collage; i suoi collage non sono decorativi, non giustappongono, conglomerano,<br />

si estendono su vaste superfi ci, si ispessiscono in volumi. In una parola<br />

la loro verità è etimologica, prendono alla lettera la colla che è all’origine del<br />

loro nome; ciò che producono è il glutinoso, la pece lussureggiante, in cui si<br />

abolisce il ritaglio, la nominazione.<br />

6. Car<strong>di</strong>nalità semantiche. O dei collettivi in pittura<br />

La tesi <strong>di</strong> Barthes (1973) si espone alle banalizzazioni del pensiero “liquido”.<br />

L’autore <strong>di</strong> questo libro ne è lontano anni luce. Non caldeggia l’idea<br />

che una sostanza fl uida, in quanto addensante, possa provocare d’emblée<br />

il collasso della forma: deduzione comoda, poco attenta alle ragioni del<br />

testo. Elkins esorterebbe a <strong>di</strong>re quando e dove. Tra gli spunti offerti da La<br />

pittura cos’è l’ultimo che ci piace cogliere, sul quantitativo nell’arte astratta,<br />

accentua invece l’imprinting strutturale e semisimbolico dell’approccio<br />

<strong>di</strong> Elkins, retaggio del sistema dell’alchimia. Come si conta in pittura? – si<br />

chiede lo storico dell’arte. Il tema, grazie alla <strong>di</strong>fferenza tra numerologia e<br />

matematica, insegna a guardare meglio sintassi e semantica <strong>di</strong>scorsiva nei<br />

quadri, postulando la presenza <strong>di</strong> insiemi in pittura, unità collettive e mai<br />

in<strong>di</strong>viduali (l’unico è riferito soltanto all’opera come esemplare autografo,<br />

in senso goodmaniano). Di tali grandezze si considera l’aspetto crescente<br />

e decrescente, sono numeri car<strong>di</strong>nali – ma senza trascurare il tipo <strong>di</strong> elementi<br />

che l’insieme contiene. Le car<strong>di</strong>nalità hanno cioè una signifi cazione<br />

locale.<br />

Si comincia dalla <strong>di</strong>ade o coppia. «Due è tutto ciò <strong>di</strong> cui la pittura ha<br />

bisogno: un colore o una testura e i loro opposti». 64 Lo storico dell’arte cita<br />

Adolph Gottlieb, il quale ha infi ne ridotto le varianti contrastive elaborate<br />

nel tempo a una polarità elementare: in alto una sfera rossastra satura e<br />

luminosa; in basso un groviglio <strong>di</strong> pittura nera spezzata e scheggiata. 65 Non<br />

64 Elkins, op. cit., p. 55.<br />

65 Charlotta Kotik riscontra nella produzione <strong>di</strong> Gottlieb, a partire dalla fase delle<br />

“pittografi e”, lo sviluppo <strong>di</strong> un lessico <strong>di</strong> segni e simboli. Cfr. Kotik 1994. Non è<br />

l’unico a ridefi nire, con l’autonomia della forma visiva, la me<strong>di</strong>azione semiotica<br />

tra l’uomo e il mondo. Sull’argomento ve<strong>di</strong> Migliore 2011.


234 La pittura cos’è<br />

c’è traccia <strong>di</strong> formalismo. Anzi, per rifl esso dall’alchimia, «gli opposti rispondono<br />

in se stessi al concetto <strong>di</strong> accoppiamento». 66 Come nella posta in<br />

gioco dei linguaggi semisimbolici, detti appunto “molari” per la prensione<br />

olistica <strong>di</strong> insiemi – serie, catene o gruppi – la conformità tra espressione<br />

e contenuto sta nel principio binaristico. 67 E quanto più lunga è la lista <strong>di</strong><br />

coppie e <strong>di</strong> sottoproprietà – maschio/femmina, zolfo/mercurio, fi sso/volatile,<br />

fuoco/acqua – tanto più alto sembra il grado <strong>di</strong> motivazione. 68 La pittura<br />

somma così: 1+1= I, perché il senso del numero 2 in pittura è la coppia.<br />

Stessa regola per il 3 e il 4:<br />

i numerologi non contano “1, 2, 3, 4”, ma “monade, <strong>di</strong>ade, triade, tetrade”,<br />

“primità, secon<strong>di</strong>tà, terzità, quartità”, “unicità, duplicità, triplicità, quadruplicità”,<br />

“unarietà, binarietà, ternarietà, quaternarietà”. In questo modo preservano<br />

il senso <strong>di</strong> univocità <strong>di</strong> ogni singolo “numero”. Alla fi ne la quaternarietà è sempre<br />

quattro, ma è molto più ricca del banale numero 4, perché implica in più le<br />

nozioni <strong>di</strong> unarietà, binarietà, ternarietà (ibidem: 49-50).<br />

Nell’opera il numero è un’istanza enunciativa e sintattica, non la cifra<br />

<strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce. La triade, rispetto all’“irresoluta” <strong>di</strong>ade, costituisce già una<br />

struttura, tale per cui padre, madre, fi glio/a sono sì fattualmente tre persone,<br />

ma soprattutto coprono un ruolo reciproco, dentro una classe detta<br />

famiglia. Una tetrade può essere composta <strong>di</strong> due <strong>di</strong>a<strong>di</strong> o <strong>di</strong> una triade e una<br />

monade; una qualsiasi <strong>di</strong> queste combinazioni riverbera – termine alchemico<br />

– sulle qualità delle sue costituenti. «La pittura simula le persone in<br />

questo modo» – continua Elkins, intendendo per persone non dei soggetti<br />

antropomorfi , ma appunto delle istanze (anche materiche) connotate innanzitutto<br />

dalle loro relazioni associative, contrattuali e confl ittuali.<br />

Sul problema del rapporto unità integrale/totalità partitive, visto anche<br />

in chiave <strong>di</strong> modulazioni e tensioni tra i singoli elementi, la semiotica ha<br />

lavorato. E ha inoltre <strong>di</strong>stinto vari tipi <strong>di</strong> totalità, secondo la loro organizzazione<br />

mereologica: confi gurazioni, architetture, agglomerati, catene<br />

66 Elkins, op. cit., p. 59.<br />

67 Cfr. Greimas 1984.<br />

68 In alchimia l’accumulo <strong>di</strong> categorie sulla <strong>di</strong>ade, poi sulla triade e la tetrade è <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato,<br />

invaso da <strong>di</strong>agrammi, liste, sequenze. Si procede non per punti o posizioni,<br />

da sottoclasse a classe o da specie a genere, ma per linee <strong>di</strong> connessione, a rizoma,<br />

il che favorisce la scoperta <strong>di</strong> relazioni inattese. «La “farragine” è il prezzo che<br />

si paga non per raggiungere la completezza, ma per evitare la povertà <strong>di</strong> ogni<br />

classifi cazione arborescente» Cfr. Eco 2011, pp. 237-238.


Tiziana Migliore - Dipingere: i segni e le sostanze 235<br />

o reti, fusioni... 69 Ma non ci sembra che queste categorie siano state importate<br />

e applicate più <strong>di</strong> tanto nel campo delle arti. A riguardo è accattivante<br />

l’operazione <strong>di</strong> Lucien Dällenbach (2001), teorico della letteratura<br />

che, confrontando linguaggio verbale e linguaggio visivo, ha estrapolato<br />

dall’opera criteri <strong>di</strong> segmentazione fi gurativi: il collage, caratterizzato dal<br />

montaggio <strong>di</strong>scontinuo <strong>di</strong> parti staccate e anomeomere; il puzzle, che tematizza<br />

un’unità omeomera riconquistata o una mancanza impegnata a riconquistarla;<br />

il mosaico, struttura instabile che implica una coerenza globale<br />

e la coesione tra le parti (omeomere e anomeomere), ottenute soprattutto<br />

tramite la stabilizzazione dei contorni interni.<br />

Il titolo del libro, La pittura cos’è, è una domanda da riformulare: che<br />

ce ne facciamo della pittura se non ne compren<strong>di</strong>amo i nessi tra sensibile<br />

e intelligibile? Con Elkins la semiotica alza il sipario sull’enactement dei<br />

signifi cati nelle arti: mostra il rilievo delle azioni tra oggetti e soggetti e<br />

interoggettive, ne <strong>di</strong>pana i processi <strong>di</strong> simbolizzazione in forma artistica e<br />

ripensa le logiche sociali della fenomenologia.<br />

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