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Coltrane<br />
e l’India<br />
di Aldo Gianolio<br />
La continua, indefessa, esclusiva ri -<br />
cerca di modi inediti di costruire <strong>il</strong><br />
suo jazz (che più diventava suo più<br />
tendeva, almeno nelle intenzioni, a universalizzarsi), ricerca sostenuta<br />
da profondi studi teorici e da una pratica incessante, quasi<br />
maniacale, sullo strumento, aveva portato John Coltrane a interessarsi<br />
vivamente e profondamente a mondi musicali “altri”, da<br />
cui attingeva continuamente nuova linfa.<br />
Fa da spartiacque a due pratiche in un certo senso antitetiche, <strong>il</strong><br />
biennio 1959-1960: sino a quel periodo, Coltrane aveva portato<br />
alle estreme conseguenze <strong>il</strong> modo di improvvisare “bop” basato<br />
su cambi di numerosi accordi (con Giant Steps, 5 maggio 1959,<br />
punto d’arrivo); e sempre in quel periodo era cominciato <strong>il</strong> modo<br />
di improvvisare su pedali di un solo accordo (o due ripetuti) usando<br />
i modi, ovvero scale, cioè una successione di note a cui sono<br />
legate altre successioni, consentendo una grande libertà all’improvvisazione<br />
(My Favorite Things, 21 ottobre 1960, è <strong>il</strong> punto di<br />
partenza).<br />
“Per diversi anni, sino all’epoca di Giant Steps”, ha detto lo stesso<br />
Coltrane, “la mia preoccupazione maggiore erano stati gli accordi,<br />
mentre subito dopo è cominciato per me <strong>il</strong> periodo modale. Se ne<br />
suona molta di musica modale nel mondo. In Africa per esempio,<br />
essa ha un r<strong>il</strong>ievo straordinario, ma verso qualunque altro paese si<br />
indirizzi lo sguardo – alla Spagna, alla Scozia, all’India o alla Cina –<br />
è sempre questo tipo di musica che si impone all’attenzione.<br />
Esiste dunque una base comune nella musica del mondo. Ed è<br />
questo aspetto universale della musica che mi interessa e attira,<br />
fungendo da traguardo” [Clouzet e Delorme, “Entretien avec<br />
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