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Scarica il quaderno - Vicenza Jazz

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96<br />

Maurizio Franco<br />

scena in Hard Bop, Soul <strong>Jazz</strong>, Free <strong>Jazz</strong>, <strong>Jazz</strong> modale, dove<br />

soprattutto gli ultimi due termini sono oggettivamente privi di un<br />

significato preciso (<strong>il</strong> primo perché rappresenta un autentico nonsense<br />

terminologico, <strong>il</strong> secondo in quanto tratta di una procedura<br />

che ha attraversato più o meno tutte le poetiche sorte in quegli<br />

anni), scopriremo che esisteva una generale volontà di trovare<br />

nuove strade operando in svariati aspetti del linguaggio. Più che<br />

alle diversità, occorre perciò guardare ciò che unisce gli artisti<br />

affermatisi in quel periodo, quindi analizzare <strong>il</strong> mondo di Monk in<br />

rapporto alle generali linee di comportamento tenute dai jazzisti<br />

del tempo. Tra queste, in primo luogo ci fu lo scardinamento dei<br />

ruoli tradizionali degli strumenti all’interno dei gruppi, conseguenza<br />

dell’apertura delle forme chorus in una direzione funzionale per<br />

lo sv<strong>il</strong>uppo di un più ampio dialogo tra i musicisti. Soprattutto,<br />

venne messa in discussione l’armonia, con la sua rigida periodizzazione,<br />

la cui r<strong>il</strong>evanza si estendeva anche alla componente ritmica<br />

e per questo la scelta di centri tonali, vamp di due accordi<br />

oppure pedali come base per la costruzione dei brani, indeboliva<br />

l’idea di tonalità e fu <strong>il</strong> volano per trovare nuovi assetti poetici sia<br />

nell’ambito di quello che viene chiamato Hard Bop, sia nelle tendenze<br />

più radicali. Queste nuove pratiche consentirono di liberare<br />

<strong>il</strong> contrabbasso e la batteria, ma anche <strong>il</strong> pianoforte, dal dover<br />

sostenere la struttura in maniera vincolante. Prevalse quindi l’uso<br />

di cicli ritmici, dove <strong>il</strong> beat diventava implicito consentendo a batteristi<br />

e bassisti di dialogare costantemente con gli altri strumentisti<br />

in un contetso nel quale vennero elaborate nuove tipologie<br />

improvvisative. Per esempio, una delle reali conseguenze del<br />

modalismo armonico sarà proprio la possib<strong>il</strong>ità di superare la logica<br />

del gioco a domanda e risposta come elemento equ<strong>il</strong>ibratore<br />

delle improvvisazioni, così come le frasi legate tra loro da una<br />

forte consequenzialità narrativa. Eppure, sor prendentemente,<br />

molta manualistica sostiene che con l’avvento della modalità <strong>il</strong> jazzista<br />

divenne più melodico e lineare, quando invece successe<br />

esattamente <strong>il</strong> contrario ed emersero accadimenti fraseologici<br />

portatori di costruzioni improvvisative disarticolate e per nulla con-

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