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Infanzia e AIDS - Unicef

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la scelta più<br />

sicura<br />

i rischi del<br />

regime<br />

nutrizionale<br />

misto<br />

98<br />

vita nell’essere allattato con latte in polvere (specialmente laddove vi<br />

sia scarso accesso all’acqua potabile) piuttosto che nel prendere il<br />

latte da una madre sieropositiva. La comparazione fra i due fattori di<br />

rischio induce l’UNICEF a sconsigliare l’allattamento artificiale nelle<br />

aree in cui vi è scarso accesso all’acqua potabile: ad esempio, in<br />

Botswana l’uso del latte in polvere fra le madri sieropositive si è rivelato<br />

sicuro grazie alla facile accessibilità di acqua di buona qualità,<br />

mentre nelle zone rurali dell’Uganda e di altri paesi in cui scarseggiano<br />

fonti idriche affidabili, l’UNICEF dà indicazioni nettamente<br />

contrarie.<br />

L’allattamento esclusivo al seno non dovrebbe protrarsi troppo<br />

oltre il sesto mese di vita del bambino (maggiore la durata, maggiore<br />

il rischio) e dovrebbe cessare del tutto non appena il bambino è<br />

in grado di alimentarsi in altro modo. Inoltre, l’allattamento è sconsigliabile<br />

in presenza di ferite o disfunzioni nel seno materno o nella<br />

bocca del bambino, che possono favorire l’ingresso del virus nell’organismo.<br />

Se allattare al seno comporta un rischio, ancora peggio può essere<br />

un regime alimentare misto in cui i benefici dell’allattamento al seno<br />

(anticorpi e nutrienti) si diluiscono insieme agli altri alimenti,<br />

mentre il virus rimane egualmente pericoloso: la scelta fra i regimi alimentari<br />

dovrebbe dunque essere il più possibile netta. Purtroppo, lo<br />

stigma sociale legato alla malattia costringe spesso le donne ad allattare<br />

al seno in presenza di familiari e a ricorrere ad altri mezzi di alimentazione<br />

quando sono da sole. Le campagne di informazione e sensibilizzazione<br />

nelle comunità si rivelano quindi una precondizione<br />

fondamentale per permettere alle madri sieropositive di compiere le<br />

proprie scelte senza subire condizionamenti che possono nuocere alla<br />

salute del bambino.<br />

I NFANZIA E <strong>AIDS</strong><br />

Un triste segreto da custodire<br />

Dineo ha 32 anni ed è madre di 2 figli. Il secondo, Boineelo, è nato nell’ottobre<br />

2000. A quell’epoca Dineo aveva già saputo di essere sieropositiva. Lo<br />

aveva scoperto nel 1995, allorché si era sottoposta al test in una clinica di Gaborone,<br />

capitale del Botswana. «Avevo sentito parlare dell’<strong>AIDS</strong> alla radio, come<br />

tutti: tanto che la gente si riferiva all’<strong>AIDS</strong> chiamandolo la ‘malattia della radio’. Mi<br />

feci coraggio e andai a fare il test per capire la natura del mio continuo malessere.<br />

Dopo due settimane seppi che ero sieropositiva».<br />

Dineo non disse nulla alla sua famiglia. Sapeva che il virus poteva averlo<br />

ricevuto soltanto dal marito, ed era certa che rivelando la propria condizione<br />

sarebbe stata punita. Lui, comunque, non è più al suo fianco: l’ha abbandonata<br />

pochi mesi dopo la nascita di Boineelo.<br />

Verso la fine della gravidanza Dineo è entrata nel programma PMTCT (Prevention<br />

of Mother-to-Child Transmission) dell’UNICEF e del Ministero della<br />

Sanità del Botswana, avviato in forma sperimentale pochi mesi prima, ricevendo<br />

un farmaco (AZT) fornito gratuitamente da una casa farmaceutica che<br />

aveva stretto un accordo con l’UNICEF e il governo locale. Anche Boineelo<br />

assunse uno sciroppo di AZT durante le prime quattro settimane di vita.<br />

Dineo, informata sul margine di rischio di contagio connesso all’allattamento<br />

al seno, scelse di nutrire il suo bambino con latte in polvere. In Botswana<br />

l’acqua potabile è facilmente disponibile e dunque vengono meno le principali<br />

controindicazioni sull’uso dei surrogati del latte materno nei casi di sieropositività<br />

della puerpera. Per tutelarsi dalle dicerie del vicinato, addusse la scusa<br />

di un dolore al seno.<br />

Dineo non ha mai rivelato la sua condizione, ma fa parte di un gruppo di supporto<br />

per persone malate di <strong>AIDS</strong> e aiuta molte donne incinte a superare la<br />

paura del test e delle sue conseguenze. Boineelo cresce sano, ma soltanto all’età<br />

di 18 mesi il test rivelerà con sicurezza se il virus si è insediato nel suo organismo.<br />

«Sapere che mio figlio è scampato al contagio è il più grande desiderio che ho<br />

in questo momento», ripete Dineo. «L’unico desiderio che ho, per lui e per me».<br />

Testimonianza raccolta da Sarah Masale, UNICEF Botswana, gennaio 2002.<br />

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