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la scelta più<br />
sicura<br />
i rischi del<br />
regime<br />
nutrizionale<br />
misto<br />
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vita nell’essere allattato con latte in polvere (specialmente laddove vi<br />
sia scarso accesso all’acqua potabile) piuttosto che nel prendere il<br />
latte da una madre sieropositiva. La comparazione fra i due fattori di<br />
rischio induce l’UNICEF a sconsigliare l’allattamento artificiale nelle<br />
aree in cui vi è scarso accesso all’acqua potabile: ad esempio, in<br />
Botswana l’uso del latte in polvere fra le madri sieropositive si è rivelato<br />
sicuro grazie alla facile accessibilità di acqua di buona qualità,<br />
mentre nelle zone rurali dell’Uganda e di altri paesi in cui scarseggiano<br />
fonti idriche affidabili, l’UNICEF dà indicazioni nettamente<br />
contrarie.<br />
L’allattamento esclusivo al seno non dovrebbe protrarsi troppo<br />
oltre il sesto mese di vita del bambino (maggiore la durata, maggiore<br />
il rischio) e dovrebbe cessare del tutto non appena il bambino è<br />
in grado di alimentarsi in altro modo. Inoltre, l’allattamento è sconsigliabile<br />
in presenza di ferite o disfunzioni nel seno materno o nella<br />
bocca del bambino, che possono favorire l’ingresso del virus nell’organismo.<br />
Se allattare al seno comporta un rischio, ancora peggio può essere<br />
un regime alimentare misto in cui i benefici dell’allattamento al seno<br />
(anticorpi e nutrienti) si diluiscono insieme agli altri alimenti,<br />
mentre il virus rimane egualmente pericoloso: la scelta fra i regimi alimentari<br />
dovrebbe dunque essere il più possibile netta. Purtroppo, lo<br />
stigma sociale legato alla malattia costringe spesso le donne ad allattare<br />
al seno in presenza di familiari e a ricorrere ad altri mezzi di alimentazione<br />
quando sono da sole. Le campagne di informazione e sensibilizzazione<br />
nelle comunità si rivelano quindi una precondizione<br />
fondamentale per permettere alle madri sieropositive di compiere le<br />
proprie scelte senza subire condizionamenti che possono nuocere alla<br />
salute del bambino.<br />
I NFANZIA E <strong>AIDS</strong><br />
Un triste segreto da custodire<br />
Dineo ha 32 anni ed è madre di 2 figli. Il secondo, Boineelo, è nato nell’ottobre<br />
2000. A quell’epoca Dineo aveva già saputo di essere sieropositiva. Lo<br />
aveva scoperto nel 1995, allorché si era sottoposta al test in una clinica di Gaborone,<br />
capitale del Botswana. «Avevo sentito parlare dell’<strong>AIDS</strong> alla radio, come<br />
tutti: tanto che la gente si riferiva all’<strong>AIDS</strong> chiamandolo la ‘malattia della radio’. Mi<br />
feci coraggio e andai a fare il test per capire la natura del mio continuo malessere.<br />
Dopo due settimane seppi che ero sieropositiva».<br />
Dineo non disse nulla alla sua famiglia. Sapeva che il virus poteva averlo<br />
ricevuto soltanto dal marito, ed era certa che rivelando la propria condizione<br />
sarebbe stata punita. Lui, comunque, non è più al suo fianco: l’ha abbandonata<br />
pochi mesi dopo la nascita di Boineelo.<br />
Verso la fine della gravidanza Dineo è entrata nel programma PMTCT (Prevention<br />
of Mother-to-Child Transmission) dell’UNICEF e del Ministero della<br />
Sanità del Botswana, avviato in forma sperimentale pochi mesi prima, ricevendo<br />
un farmaco (AZT) fornito gratuitamente da una casa farmaceutica che<br />
aveva stretto un accordo con l’UNICEF e il governo locale. Anche Boineelo<br />
assunse uno sciroppo di AZT durante le prime quattro settimane di vita.<br />
Dineo, informata sul margine di rischio di contagio connesso all’allattamento<br />
al seno, scelse di nutrire il suo bambino con latte in polvere. In Botswana<br />
l’acqua potabile è facilmente disponibile e dunque vengono meno le principali<br />
controindicazioni sull’uso dei surrogati del latte materno nei casi di sieropositività<br />
della puerpera. Per tutelarsi dalle dicerie del vicinato, addusse la scusa<br />
di un dolore al seno.<br />
Dineo non ha mai rivelato la sua condizione, ma fa parte di un gruppo di supporto<br />
per persone malate di <strong>AIDS</strong> e aiuta molte donne incinte a superare la<br />
paura del test e delle sue conseguenze. Boineelo cresce sano, ma soltanto all’età<br />
di 18 mesi il test rivelerà con sicurezza se il virus si è insediato nel suo organismo.<br />
«Sapere che mio figlio è scampato al contagio è il più grande desiderio che ho<br />
in questo momento», ripete Dineo. «L’unico desiderio che ho, per lui e per me».<br />
Testimonianza raccolta da Sarah Masale, UNICEF Botswana, gennaio 2002.<br />
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