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il linguaggio<br />
dello sport<br />
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basciatori dell’UNICEF per testimoniare, con la forza della propria<br />
voce, l’impegno contro l’HIV/<strong>AIDS</strong> e per la tutela della salute dei più<br />
giovani.<br />
Un calcio al virus: sport e comunicazione contro l’HIV/<strong>AIDS</strong><br />
Se è vero che lo sport è un linguaggio universale, che crea emozioni<br />
profonde e si presta a stabilire ponti di comunicazione al<br />
di là delle differenze, il calcio è la sintesi di tutte queste caratteristiche.<br />
Campioni del pallone come George Weah, Francesco Totti, Paolo<br />
Maldini, Luis Figo o l’intera squadra inglese del Manchester United<br />
figurano da anni fra gli Ambasciatori (Goodwill Ambassador) dell’UNICEF<br />
in ragione della forza e positività della loro immagine. Per<br />
rafforzare questi legami, l’UNICEF ha stretto con la FIFA (la Federazione<br />
mondiale del calcio) una stabile partnership che ha preso il via<br />
proprio in occasione dei Mondiali coreani del giugno 2002.<br />
Ancora più stimolanti possono essere però le esperienze che si<br />
consumano sui campi di calcio dei tornei dilettanti, magari sul ruvido<br />
terreno di gioco di una periferia urbana africana. Ad Awassa, in Etiopia,<br />
la squadra di calcio “Tabor Wegagen Anti-<strong>AIDS</strong>”è anche un’associazione<br />
militante della lotta all’HIV/<strong>AIDS</strong>: ogni momento disponibile<br />
(anche durante l’intervallo delle partite) è utile per diffondere<br />
messaggi di prevenzione al pubblico, e i giocatori ricevono anche una<br />
formazione specifica per operare come peer educator (v. paragrafo successivo)<br />
fra gli adolescenti.<br />
Analoga missione anima la squadra-associazione “Kicoshep” di Kibera,<br />
uno dei quartieri più poveri di Nairobi, capitale del Kenya. Al termine<br />
di ogni partita, gli avversari sono invitati a rimanere sul campo<br />
per partecipare a un incontro sull’HIV/<strong>AIDS</strong>: Kennedy Arinda, quindicenne<br />
portiere della squadra e ottimo oratore, conquista avversari e<br />
pubblico con le sue argomentazioni sui rischi nascosti dell’HIV/<strong>AIDS</strong><br />
e non teme di proclamare la sua scelta di astinenza sessuale di fronte a<br />
ragazzi che, a 12 anni, sono abituati a considerare un vanto la pratica<br />
del sesso con partner occasionali senza alcuna protezione.<br />
I NFANZIA E <strong>AIDS</strong><br />
In Honduras, l’Ong “Comvida” è celebre per le sue perfomances<br />
negli stadi: prima di un match o nel suo intervallo, i volontari dell’associazione<br />
scendono in campo inscenando una rappresentazione calcistico-teatrale<br />
che ben evidenzia il confronto tra fattori di rischio e misure<br />
di protezione. E dove non può il calcio, arriva il cricket: nello Sri<br />
Lanka è stato questo sport, di gran lunga il più popolare nel paese, a<br />
essere utilizzato per rompere il persistente silenzio sull’HIV/<strong>AIDS</strong> di<br />
fronte a decine di migliaia di spettatori in occasione della Mini World<br />
Cup (settembre 2002).<br />
Tutte queste iniziative, e molte altre ancora 73, sono patrocinate e<br />
finanziate in varia misura dall’UNICEF.<br />
Giovani che salvano altri giovani: la peer to peer education<br />
Come è facile desumere dagli esempi riportati in precedenza,<br />
il segreto del successo nelle forme di comunicazione per la<br />
prevenzione dell’HIV/<strong>AIDS</strong> fra i giovani è soprattutto il loro impiego<br />
in qualità di protagonisti. Nessuno meglio di un adolescente opportunamente<br />
formato e fortemente motivato può riuscire a entrare<br />
in contatto con i coetanei, superare l’imbarazzo e la riservatezza che<br />
circondano argomenti come <strong>AIDS</strong>, sessualità o droga ed essere credibile<br />
nel proporre un mutamento nei comportamenti personali. Un<br />
buon peer educator sa fare tutto ciò senza indurre inutile terrore o senso<br />
di colpa nei suoi interlocutori e sa instaurare un vero dialogo anche<br />
con soggetti “difficili” come i ragazzi che vivono sulla strada, le<br />
giovani prostitute o i tossicodipendenti, spesso irraggiungibili anche<br />
per operatori adulti esperti.<br />
Club per soli giovani<br />
Phuc Tan Ward, periferia di Hanoi, capitale del Vietnam. Una<br />
quarantina di ragazzini stanchi e abbastanza sporchi dopo una gior-<br />
73 Maggiori informazioni sulle attività dell’UNICEF con il mondo del calcio in:<br />
www.unicef.org/football/<br />
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