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impoverimento e<br />
malnutrizione<br />
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c) Conseguenze sulla nutrizione infantile<br />
Sul piano nutrizionale, l’epidemia ha un impatto che non risparmia<br />
né i bambini affetti dalla malattia né quelli che ne sono esenti.<br />
L’HIV/<strong>AIDS</strong> si associa spesso alla malnutrizione, poiché le infezioni<br />
opportunistiche e la dissenteria che vi si accompagna favoriscono la<br />
perdita di peso e l’indebolimento del bambino sieropositivo, e questo<br />
quadro negativo erode ulteriormente le capacità di difesa del sistema<br />
immunitario contro il virus.<br />
A sua volta, la riduzione di reddito sperimentata dalle famiglie in<br />
cui uno o entrambi i genitori sono morti oppure impossibilitati a lavorare<br />
a causa della malattia, e il peso economico della stessa malattia<br />
36 comportano tagli anche drastici al bilancio alimentare. Alla riduzione<br />
della spesa si associa regolarmente la minore diversificazione<br />
dell’alimentazione proposta ai bambini, quindi una qualità nutrizionale<br />
inferiore.<br />
Meno diretto è invece l’effetto sulla nutrizione che può avere l’accoglienza<br />
in famiglia di bambini rimasti orfani a causa dell’<strong>AIDS</strong>: il<br />
bilancio della cosiddetta “famiglia allargata” può risentire sensibilmente<br />
dell’aumentato numero di bocche da sfamare, e non sempre la<br />
ripartizione del cibo risponde a criteri egualitari.<br />
È però nel passaggio dal piano individuale a quello dei macrofenomeni,<br />
che la relazione tra <strong>AIDS</strong> e malnutrizione appare in tutta la<br />
sua devastante potenza. Alex De Waal, condirettore dell’Ong internazionale<br />
Justice Africa e ricercatore presso l’ufficio regionale UNI-<br />
CEF di Addis Abeba (Etiopia), ha descritto con efficacia (v. box a<br />
fianco) la nuova natura della carestia che nel 2002-2003 ha sconvolto<br />
l’Africa meridionale, accanendosi sui paesi con la più elevata incidenza<br />
di HIV/<strong>AIDS</strong> al mondo.<br />
36 In Senegal, le famiglie con casi di HIV/<strong>AIDS</strong> si recano dal medico tre volte più frequentemente<br />
della media, spendono mediamente il doppio per ciascuna visita e spesso vi<br />
aggiungono diversi consulti a pagamento presso il sacerdote (marabù) locale.<br />
I NFANZIA E <strong>AIDS</strong><br />
La nuova fame dell’Africa<br />
nell’età dell’<strong>AIDS</strong><br />
“Come l’HIV distrugge il sistema immunitario, l’epidemia di HIV/<strong>AIDS</strong> ha reso<br />
inabile il corpo dell’Africa. L’effetto è che i paesi africani stanno sperimentando un<br />
collasso sociale giunto oggi a un livello inedito: la capacità di queste società di resistere<br />
alla carestia si sta rapidamente erodendo. Malattia e fame si rafforzano l’una<br />
con l’altra e per quanto cupa sia la prospettiva, dovremo combatterle insieme, o non<br />
vinceremo nessuna delle due […].<br />
Le società agricole tradizionali in Africa si erano evolute adattandosi alla minaccia<br />
della siccità: la riduzione di cibo era una sorta di virus familiare, doloroso e odioso,<br />
ma per il quale si era sviluppata una forma di resistenza. Le vittime erano quasi<br />
sempre bambini e anziani, gli adulti morivano raramente, e le donne meno degli<br />
uomini. Così il nucleo produttivo della società era preservato e poteva ricominciare<br />
da capo.<br />
Oggi fronteggiamo una nuova variante di carestia: nelle società colpite dall’HIV/<strong>AIDS</strong>,<br />
la fame uccide di più e la resistenza è meno efficace. La ragione è che<br />
l’<strong>AIDS</strong> attacca esattamente le capacità di cui la comunità si serve per reagire all’emergenza.<br />
A morire di <strong>AIDS</strong> sono i giovani adulti e soprattutto le donne, coloro il cui<br />
lavoro è più prezioso. Quando arrivano le piogge, bisogna lavorare 16 ore al giorno<br />
per seminare le nuove piante: se una famiglia perde questa occasione, la condanna<br />
alla fame è certa. Inoltre, in una comunità con molti malati, ogni adulto in grado di<br />
lavorare ha l’onere di produrre cibo per un maggior numero di familiari a carico<br />
(non più solo bambini e anziani, ma anche adulti malati)…<br />
Esiste un mito sulla capacità della famiglia allargata africana di fare fronte a<br />
questa pressione. Noi stiamo imparando nel modo più duro che ciò non è più vero.<br />
Alla fine, la risposta naturale alla carestia è una soltanto: stringere la cinghia. Ma<br />
la fame degli adulti non è più una difficoltà passeggera. Una persona che convive<br />
con l’HIV ha bisogno di una nutrizione migliore – più calorie e soprattutto più proteine<br />
– per mantenersi vitale. Così la malnutrizione accelera la progressione dell’<strong>AIDS</strong><br />
[…]”.<br />
Estratto da un editoriale di Alex De Waal per il New York Times, 19 novembre 2002,<br />
nostra traduzione<br />
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