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OtToBrE 2004 - Bazar

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andreucci@bazarweb.info<br />

Facile schierarsi contro McDonald’s e Coca-Cola, simboli di una<br />

cultura americana che non piace alle sinistre nel mondo. Bisogna però<br />

distinguere. Tanto per cominciare, sul piano del gusto: la Pepsi-Cola,<br />

con i suoi aromi di agrumi, è più buona della Coca-Cola, che ha una<br />

forte componente di cannella. E ancora: una bistecca alla fiorentina è<br />

più buona di un hamburger, ma, forse, un hamburger con le patatine<br />

fritte McDonald’s è più buono di una minestra in scatola Campbell’s.<br />

Il terreno di discussione, è chiaro, non è questo. Le proteste contro<br />

McDonald’s e Coca-Cola (contro la Coca-Cola protestava sul<br />

suo quotidiano anche il PCI negli anni ’50) nascono dall’accusa<br />

di considerarle responsabili di arroganti operazioni commerciali e<br />

industriali, che hanno come risultato perdite di identità culturali locali.<br />

In poche parole, le considerano agenti della globalizzazione.<br />

E gli americani? Al di là dei gruppetti radicali europeizzanti<br />

antiglobalizzazione, che atteggiamento tiene il pubblico americano<br />

verso due dei simboli più vistosi del suo modo di vita? In primo luogo,<br />

mangia da McDonald’s e beve Coca-Cola magari senza entusiasmo,<br />

ma con la stessa naturalezza con cui noi andiamo in pizzeria. E, bisogna<br />

aggiungere, raggiungendo cifre di consumo spaventose (nel mondo,<br />

circa 47 milioni di persone al giorno mangiano McDonald’s). C’erano,<br />

una volta, delle differenze fra Burger King, che cuoce sulla griglia, e<br />

McDonald’s, che cuoce sulla piastra. Ma alla fine, è il fast food il punto,<br />

non i singoli ristoranti. E le catene (le numerosissime catene) di fast<br />

food sono ormai una parte del panorama culturale americano. Certo<br />

anche in questi angolini simbolici si svolge una parte della costruzione<br />

dell’identità e dobbiamo riflettere sul fatto che, quando la Francia ha<br />

criticato la politica americana e si è ripetuto un capitolo del tradizionale<br />

rapporto di amore-odio tra americani e francesi, gli americani più<br />

americani hanno proposto di chiamare le patatine fritte Liberty fries<br />

invece che French fries.<br />

In America, dove la Coca-Cola ha aperto ad Atlanta una specie<br />

di museo con visita guidata alla fabbrica (simile, del resto, a quello<br />

della Guinness a Dublino), i consumi di soft drinks nei fast food non<br />

sembrano in pericolo.<br />

Ci sono, tuttavia, una serie di segnali su cui vale la pena discutere.<br />

Contro la Coca-Cola, sono sempre più vivaci le proteste a<br />

proposito della sua politica industriale. Atteggiamenti antisindacali,<br />

discriminazioni, scarso interesse per le risorse naturali, inquinamento<br />

prodotto dai suoi impianti di imbottigliamento dall’India alla Colombia,<br />

dall’Africa alla vecchia Europa sono tra le principali critiche che le<br />

vengono mosse. Le bevande in sé non sembrano in discussione. In<br />

questo senso, la Coca-Cola è equiparata a qualunque altro gigante<br />

industriale che gode di una posizione di semimonopolio. I suoi critici<br />

costituiscono uno schieramento più ampio dei soli no-global: di esso<br />

fanno parte anche sindacalisti, movimenti per i diritti civili, ambientalisti.<br />

Per McDonald’s, la cosa è più complessa perché alle polemiche<br />

del genere precedente, se ne aggiungono altre due: una è la<br />

contrapposizione culturale e il revival – anche nel fast food – di<br />

cucine etniche. L’altra, più seria, si accompagna alla convinzione che<br />

McDonald’s sia responsabile (sia fra i responsabili) di una delle malattie<br />

sociali più serie d’America, l’obesità. Sono in corso una serie di cause<br />

legali contro McDonald’s intentate da bambini obesi e dai loro genitori<br />

obesi che si basano sul fatto che il cibo offerto dal gigante del fast food è<br />

un cibo ipercalorico, grasso, che trasuda colesterolo e che nei ristoranti<br />

McDonald’s non solo non si suggerisce nessuna cautela alimentare,<br />

ma si incoraggia il consumo. Ora, anche qui c’è da distinguere: da una<br />

parte c’è la lobby degli avvocati, alla ricerca di azioni legali collettive<br />

contro grandi compagnie (come contro le compagnie del tabacco)<br />

che possano produrre sentenze lucrose. E di questo, riparleremo.<br />

Dall’altra, c’è il problema generale del junk food (del cibo spazzatura):<br />

caramelline, merendine, gelatoni, sciroppi, grassi e farinacei offerti in<br />

porzioni gigantesche che non si risolve facendo la guerra a McDonald’s.<br />

E’ un problema di cultura alimentare, e ci vorranno decenni per trovare<br />

una soluzione.<br />

Junk Food<br />

bazar 10 <strong>2004</strong> loro di franco andreucci 59<br />

Ketchup, hamburger, patatine fritte,<br />

maionese, senape a volontà e tanta<br />

Coca Cola. Da una parte. Dall’altra<br />

ambientalisti, sindacalisti, obesi furibondi<br />

e avvocati a caccia di cause lucrose.<br />

Fotografia di Karen Summer

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