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60 di cristiana scoppa migrazioni bazar 10 <strong>2004</strong><br />
Esteri. Kuwait: nuovi progetti per<br />
lo sviluppo e diritti politici anche<br />
alle donne<br />
(DWpress) – Kuwait City – Il primo ministro kuwaitiano<br />
Sheikh Sabah al-Ahmad Al Sabah ha reso note le intenzioni<br />
del governo di cercare, ora che il Paese è libero da minacce<br />
altrui, una partenza per il risveglio e lo sviluppo economico<br />
sulle basi di alcuni progetti organizzati. Oltre la costruzione<br />
di un porto commerciale e la ristrutturazione di quelli<br />
già esistenti, Al Sabah ha chiesto l’aiuto di alcune società<br />
di Singapore anche per edificare un aeroporto che possa<br />
contenere almeno 20 milioni di passeggeri l’anno. Ma la<br />
notizia più “calda” è l’intenzion e del governo di stanziare<br />
nuove leggi per dare finalmente a tutte le donne diritti<br />
politici finora inesistenti.<br />
Numero 167/168 del 24/25 settembre <strong>2004</strong><br />
Esteri/1. Iran: giro di vite sui diritti<br />
delle donne<br />
(DWpress) - Teheran - Il direttore del Festival di Teatro<br />
di Teheran in una nota stampa diffusa ieri ha invitato<br />
le attrici e le compagnie teatrali a rispettare il codice di<br />
abbigliamento e di comportamento islamico. “Le attrici che<br />
si presenteranno in scena o in qualsiasi altro momento del Festival<br />
teatrale con abiti aderenti, senza il tradizionale hijab, o con un trucco<br />
pesante, non potranno essere premiate”. La direzione del festival<br />
ha anche vietato incontri diretti tra uomini e donne fuori<br />
dal palcoscenico, aggiungendo che nel caso di eventuali<br />
insubordinazioni la cerimonia finale della premiazione sarà<br />
sospesa. Ricordiamo che risale a quindici giorni fa l’arresto<br />
del direttore della Casa del Cinema di Teheran, perchè<br />
durante una festa, alcuni dei partecipanti non avevano<br />
rispettato il codice islamico d’abbigliamento e si erano viste<br />
donne stringere la mano agli uomini.<br />
Numero 172 del 30 settembre <strong>2004</strong><br />
Esteri/1. India: una moschea per<br />
sole donne<br />
(DWpress) – Tamil Nadu - Un gruppo di donne<br />
musulmane (Wlulm) della città indiana ha deciso di<br />
costruire la propria moschea. La decisione di questo<br />
consiglio cittadino di donne (una jamat al femminile)<br />
sarebbe dovuta alla mancanza di rappresentazione nella<br />
comunità. Secondo la Commissione degli Affari Pubblici,<br />
tutta maschile, le donne hanno il diritto di pregare nelle<br />
moschee, ma in posti separati. Non è concepibile una<br />
moschea di donne. I jamats, connessi alla moschea,<br />
giudicano i casi delle famiglie della comunità, inclusa<br />
la violenza domestica. A eccezione del caso del jamat<br />
femminile non è permesso alle donne esserne membri o<br />
presentare i loro casi.<br />
Numero 171 del 29 settembre <strong>2004</strong><br />
DWpress,<br />
tel.: 0667605796 tel-fax: 0667605049.<br />
dwpress@mclink.it - www.mclink.it/n/dwpress<br />
PER SAPERNE DI +<br />
scoppa@bazarweb.info<br />
Notizie/non notizie dal Medio Oriente<br />
C’è una piccola agenzia stampa<br />
– DW Press – che da una decina<br />
d’anni trasforma in “lanci” e “notizie”<br />
imprese, problemi, successi, eventi<br />
che vedono le donne protagoniste.<br />
Uno sguardo diverso su quel mondo<br />
islamico di cui tanto si sente parlare<br />
in questi giorni, ma di regola in modo<br />
superficiale. E’ possibile, una volta<br />
tanto, entrare in profondità in quel<br />
mondo parlando di cose che quasi<br />
mai trovano spazio sulle pagine dei<br />
giornali? <strong>Bazar</strong> ci ha provato<br />
Esteri/2. USA - Giornalista turca<br />
liberata racconta la sua prigionia<br />
in carcere<br />
(DWpress) - New York – Una giornalista turca, liberata dopo<br />
diversi giorni di prigionia in carcere, ha pubblicato un duro e<br />
toccante resoconto di questa sua terribile esperienza. “I primi<br />
carcerieri – racconta - sono stati i meno feroci. Si erano presentati<br />
come membri di Ansar al-Islam, il gruppo fondamentalista che sotto<br />
Saddam Hussein era riuscito a stabilire un’enclave in zona curda e<br />
che per gli Stati Uniti è collegato ad Al Qaeda. Anche se parlavano<br />
turco, sostenevano di essere arabi sunniti e non turcomanni sciiti. Io,<br />
avevo dalla mia sia il fatto di essere musulmana sia di poter parlare<br />
con alcuni dei carcerieri nella nostra lingua comune, il turco, anche se<br />
per i sequestratori ero una donna troppo indipendente. Fin dal primo<br />
momento mi hanno obbligato a indossare una lunga tunica e il velo, non<br />
volevano vedermi in maglietta e pantaloni. Una volta accertato che io e<br />
gli altri ostaggi eravamo giornalisti, l’emiro aveva deciso di liberarci, ma<br />
quella notte stessa morì sotto un bombardamento americano. Fummo<br />
allora ceduti ad altri gruppi e l’ultimo, in particolare, fu il più violento.<br />
Amavano torturarci senza motivo. Spesso si mettevano le dita davanti<br />
alla gola per farci segno che saremmo stati sgozzati. Una volta mi hanno<br />
messo una kefiah bianca e rossa attorno alla testa legata così stretta da<br />
farmi temere di diventare cieca. Poi cominciarono a picchiarmi con una<br />
cintura piena di chiodi. ‘Il tuo amico ha confessato tutto, sei pronta a<br />
confessare anche tu?’, urlavano i carcerieri. A un certo punto, mentre ero<br />
sdraiata a terra dolorante, qualcuno mi scostò il velo davanti agli occhi e<br />
vidi le scarpe e la giacca del mio collega. Nella stanza entròun giovane<br />
che mi disse: ‘Il tuo amico è stato ucciso, tu sei libera’. Così, fui prelevata<br />
e dopo un po’ di giri in macchina mi lasciarono davanti alla sede del<br />
Fronte turcomanno iracheno a Mosul.<br />
Numero 169 del 27 settembre <strong>2004</strong>