01.06.2013 Views

L'IMPRESA ITALIANA NELL'ECONOMIA GLOBALE - Cerved

L'IMPRESA ITALIANA NELL'ECONOMIA GLOBALE - Cerved

L'IMPRESA ITALIANA NELL'ECONOMIA GLOBALE - Cerved

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

GLOBAL COMPETITION 8 - 2007<br />

10<br />

‹ Europa, riparti! ›<br />

possano svolgere un ruolo positivo. Se i Direttori mirassero<br />

alla preparazione (anche al di fuori delle Istituzioni<br />

comunitarie) di una forte iniziativa da condividere successivamente<br />

con tutti gli altri paesi membri nelle opportune<br />

sedi istituzionali, potrebbero giocare un ruolo positivo.<br />

Rimane comunque il problema del carattere discriminatorio<br />

ravvisabile da parte dei paesi esclusi. Pur correndo il<br />

rischio di semplificare troppo, lo stesso asse franco-tedesco,<br />

che ha rappresentato la colonna portante della<br />

costruzione comunitaria, potrebbe essere inscritto all’interno<br />

di questa strategia.<br />

L’ultimo quadrante coinvolge invece un numero minore<br />

di paesi membri che scelgono di procedere verso una<br />

più profonda integrazione. In particolare si possono<br />

riscontrare due possibili strategie: lo “zoccolo duro” (e)<br />

rappresentato da un gruppo di paesi volenterosi e capaci<br />

(non necessariamente tutti parte della Ue, come nel caso<br />

del patto di Schengen) e la “geometria variabile” (f).<br />

Quest’ultima strategia presenta molte potenzialità e<br />

potrebbe adattarsi bene alla complessa situazione odierna.<br />

Essa postula la scelta di differenti gruppi di Stati membri<br />

di procedere con integrazioni settoriali parallele. Se<br />

tale cooperazione avvenisse nell’ambito del quadro istituzionale<br />

dell’Unione essa coinciderebbe con le “cooperazioni<br />

rafforzate”, già previste dai Trattati.<br />

Ma queste ultime forme di collaborazione non hanno<br />

registrato – e difficilmente potranno farlo nel futuro – un<br />

grande successo a causa delle rigidità previste per la loro<br />

creazione e per i limiti istituzionali che inevitabilmente essi<br />

presentano.<br />

Più interessanti potrebbero invece risultare forme di<br />

cooperazione rafforzata al di fuori del quadro istituzionale<br />

dell’Unione. Purchè esse non abbiano carattere discriminatorio<br />

(dovrebbero cioè permettere l’ingresso di qualsiasi<br />

paese membro decida di aderirivi), avrebbero il vantaggio<br />

di spingere per il superamento di alcune delle<br />

cause che stanno alla base della crisi dell’Unione. Dal<br />

punto di vista dell’efficienza dei processi decisionali si<br />

avrebbe una loro semplificazione grazie alla riduzione del<br />

numero dei decisori. I membri di tale gruppo potrebbero<br />

infatti accordarsi tra di loro (a maggioranza semplice o<br />

qualificata, con quorum comunque bassi) prima che le<br />

Istituzioni comunitarie debbano deliberare.<br />

In questo modo tali paesi esprimerebbero un voto unitario<br />

(e quindi di maggior peso) che renderebbe più semplice<br />

l’approvazione di una proposta, anche se i meccanismi<br />

decisionali attuali non subissero sostanziali modifiche.<br />

Questa soluzione non mira quindi a indebolire l’Unione<br />

europea, né tanto meno a creare dei gruppi di potere che<br />

“schiaccino” gli altri, proprio perché la non discriminazione<br />

sarebbe il suo principio fondante e la decisione su<br />

quando aderire sarebbe lasciata ai singoli paesi. Il potere<br />

che tale gruppo potrebbe assumere nel tempo fungerà<br />

ovviamente da stimolo per i paesi titubanti.<br />

Tale soluzione non risolverebbe ovviamente in via definitiva<br />

il problema dell’efficienza decisionale, ma permetterebbe<br />

un suo miglioramento senza che le “red lines” sulle<br />

nuove politiche comunitarie imposte da uno o pochi<br />

paesi possano renderlo impossibile. D’altra parte il processo<br />

di integrazione europea si è spinto così avanti che è<br />

obiettivamente difficile immaginare che tutti i 27 paesi<br />

membri siano disposti a compiere i prossimi passi. Ciò che<br />

infatti rimane ancora nelle mani dei paesi membri (dalle<br />

politiche fiscali e di welfare alla politica estera) rappresenta<br />

il contenuto minimo del soggetto statuale ed è dunque<br />

evidente che una loro totale condivisione implicherebbe<br />

“de facto” la creazione di uno stato federale. Ma data l’impossibilità<br />

di procedere in questa direzione con 27 o più<br />

paesi membri sembra inevitabile partire da un gruppo di<br />

paesi che condividano maggiori interessi (ad iniziare da<br />

quelli monetari) e in cui i cittadini hanno gradualmente<br />

ridotto la percezione della distanza (ovviamente non solo<br />

geografica) attraverso decenni di cooperazione.<br />

Rientrano in questa ottica coloro i quali sostengono che<br />

bisognerebbe iniziare dai sei paesi fondatori. Ma poiché<br />

questi ultimi figurano anche tra i paesi dell’Eurozona si<br />

potrebbero presentare varie argomentazioni di tipo economico-monetario<br />

che spingerebbero ad estendere sin<br />

dall’inizio il gruppo a tutti paesi dell’Eurozona. Il vero criterio<br />

discriminante dovrebbe essere la definizione di un<br />

pacchetto di politiche e di meccanismi decisionali sui quali<br />

andrà verificata la disponibilità di ciascun paese di accettarli<br />

subito, di accettarli in seguito, o non accettarli mai.<br />

Si tratta dunque di una scelta coraggiosa e politicamente<br />

molto delicata che andrebbe però fatta per coniugare<br />

l’esigenza di un’Unione europea sempre più grande e<br />

capace di acquisire un ruolo crescente a livello mondiale,<br />

con una governance europea più efficiente che non precluda<br />

l’ulteriore integrazione tra i paesi membri che lo<br />

desiderino.<br />

L’auspicio è dunque che alla crisi dell’Unione non si<br />

risponda con la retorica e con il mantenimento dello status<br />

quo ma con proposte concrete capaci di raggiungere<br />

pochi ma precisi risultati che rispondano ai timori e al<br />

bisogno di sicurezza (economica, energetica e militare)<br />

avvertito dai cittadini.<br />

Trovare una soluzione per la Costituzione europea rappresenta<br />

in questa ottica solo un primo passo che non<br />

può però esaurire la spinta riformatrice di cui l’Europa<br />

necessita. Le celebrazioni per il 50° Anniversario dovrebbero<br />

dunque servire per presentare un’Unione ancora<br />

giovane, che non dimentichi il proprio passato, ma che<br />

non si avviti su di esso e sappia invece trovare nuovi percorsi<br />

per aggiungere altri lustri alla propria vita.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!