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L'IMPRESA ITALIANA NELL'ECONOMIA GLOBALE - Cerved

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GLOBAL COMPETITION 8 - 2007<br />

22<br />

‹ Europa, riparti! ›<br />

dei costi delle nuove tecnologie 16 . Secondo apprezzamenti<br />

di massima, in un bilancio della difesa equilibrato la percentuale<br />

di spesa per il personale non dovrebbe eccedere<br />

il 40%, lasciando un 60% da ripartire fra le altre due<br />

aree. Alcuni paesi, in testa l’Italia, devolvono al personale<br />

oltre il 70%, Le possibili cure sarebbero un drastico taglio<br />

del personale, disaggregare dal bilancio della Difesa le<br />

spese del personale per finanziarle separatamente o un<br />

Figura 1 - Bilanci difesa paesi europei, 2004<br />

dati in milioni di dollari USA<br />

60.000<br />

50.000<br />

40.000<br />

30.000<br />

20.000<br />

10.000<br />

-<br />

tagli di<br />

bilancio<br />

2006<br />

Italia<br />

Francia<br />

Germania<br />

Regno Unito<br />

Spagna<br />

Portogallo<br />

Turchia<br />

Olanda<br />

Belgio<br />

Polonia<br />

Grecia<br />

Romania<br />

improbabile consistente aumento del bilancio della difesa.<br />

Ridurre le truppe di terra che sono più ricche di personale<br />

(manpower intensive) è quanto ha fatto, con la sua<br />

Rivoluzione nelle Questioni Militari, il Pentagono, che<br />

però non è più riuscito a fare fronte agli impegni e oggi<br />

sta reclutando altri 100,000 soldati risparmiando sui programmi<br />

di altissima tecnologia 17 . Quanto all’aumento del<br />

bilancio, pare più praticabile per quei paesi che non vogliano<br />

essere il fanalino di coda della Sicurezza/difesa<br />

europea e pagarne lo scotto in termini di autorevolezza.<br />

Ultima possibilità, in ambito nazionale od europeo, è<br />

disaggregare i costi del personale e finanziarli separatamente.<br />

Quanto ai costi esponenzialmente crescenti delle tecnologie,<br />

l’unico modo per contenerli è limitare la propria<br />

domanda con una sobria definizione delle esigenze. È<br />

noto come la passione di Rumsfeld per le alte tecnologie<br />

lo abbia indotto a concedere finanziamenti ingenti a programmi<br />

avveniristici di armi e robot che, dopo anni di sperimentazione,<br />

hanno fallito. Quando le spese sono eccessive<br />

e non giustificate da chiare esigenze operative e strategiche<br />

si dovrebbe pronunciare il duro verdetto“ unaffordable!”,<br />

non ce lo possiamo permettere 18 .<br />

Ridurre questo e aumentare quello non può essere<br />

comunque fatto a capriccio in una contesa fra forze armate<br />

o paesi ma deve tenere conto delle esigenze strategiche<br />

della Nazione e dell’UE, e dei loro obblighi nel contesto<br />

europeo, atlantico e internazionale. Le scelte dovreb-<br />

bero assicurare alta competitività militare, tecnologica ed<br />

economica, evitare duplicazioni e garantire alle forze<br />

capacità combattiva.<br />

La via più promettente per contribuire al successo della<br />

sicurezza/difesa europea potrebbe essere l’adozione, sottoscritta<br />

da tutti gli Stati, di rigorosi e comuni parametri,<br />

alcuni dei quali sono stati prima indicati, in analogia con<br />

quanto fatto per l’Unione Monetaria Europea.<br />

Una possibilità di mantenere la spesa entro ragionevoli<br />

limiti è per l’UE il contenere le proprie ambizioni politicostrategiche<br />

entro ragionevoli limiti, evitando la tentazione<br />

di duplicare la NATO di fare concorrenza agli Stati Uniti sul<br />

piano globale, di intervenire in forze in scenari ad alta<br />

intensità. A giudicare dagli impegni finora assolti dall’UE,<br />

è lecito desumere che si stia muovendo in questa direzione.<br />

Definire in qualità e quantità gli investimenti per la sicurezza/difesa<br />

europea in rapporto ai prevedibili impegni è<br />

estremamente difficile ma è anche imprescindibile obbligo<br />

per assicurare il successo della sicurezza/difesa europea.<br />

L’attuale strategia dell’UE<br />

Nel 2004, l’UE ha dato alle stampe il suo concetto strategico,<br />

scelta difficile per un’ istituzione neofita nel campo<br />

della sicurezza. Il documento divaga più o meno su tutto,<br />

sulle “minacce di fondo”, sulle aree di crisi e conflittualità<br />

regionali, sul terrorismo e la criminalità organizzata, sulla<br />

proliferazione nucleare.<br />

Traspira in esso il desiderio di fare dell’Europa un “attore<br />

globale” assieme alla consapevolezza di non esserlo sul<br />

piano militare. Si auspica un multilateralismo conciliatorio<br />

e ipotizza di condurre, con proprie forze mobili e interoperabili,<br />

“più operazioni contemporaneamente” guardandosi<br />

bene dal definirne le dimensioni e i contorni strategici.<br />

Di più non si può tuttavia pretendere in un’ UE in cui<br />

convivono stati dalla cultura militare agli antipodi e dalle<br />

Figura 2 - Bilanci difesa paesi europei, 2004<br />

spesa rispetto al PIL, %<br />

16 Si valuta nei termini del 3% al 5% superiore al tasso d’inflazione. Avi Kober, Does the Iraq war reflect a phase change in warfare, Defense<br />

and security analysis, n. 2 giugno, 2005, Centre for International and security studies, Henley on Thames,G.B.,pag.131.<br />

17 The New York Times, Unmanned warfare: US military aims. Robot towards the battlefield, data non nota, forse autunno 2006.<br />

18 Report, The defence industrial strategy, an analysis of industry responses, RUSI, Londra, autunno 2006, pag. 26.<br />

3,00%<br />

2,50%<br />

2,00%<br />

1,50%<br />

1,00%<br />

0,50%<br />

0,00%<br />

tagli di<br />

bilancio<br />

2006<br />

Italia<br />

Francia<br />

Germania<br />

Regno Unito<br />

Spagna<br />

Portogallo<br />

Turchia<br />

Olanda<br />

Belgio<br />

Polonia<br />

Grecia<br />

Romania

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