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L'IMPRESA ITALIANA NELL'ECONOMIA GLOBALE - Cerved

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‹ editoriale ›<br />

‹ editoriale ›<br />

ne dinamica ed efficiente di una politica economica<br />

comune. Dodici di loro hanno adottato l’euro e sottoscritto<br />

il Patto di stabilità, ma non hanno previsto una politica<br />

di bilancio dell’Unione. Si è creata in tal modo, o quasi,<br />

l’Europa del mercato unico e della stabilità monetaria –<br />

beni preziosi da preservare con cura – ma non l’Europa<br />

della crescita, né quella della sicurezza. In tale situazione<br />

l’Europa comunitaria può venire percepita – anche per la<br />

politica di allargamento perseguita – più come un ingranaggio<br />

del generale processo di globalizzazione che<br />

come un argine agli squilibri che esso comporta.<br />

Per poter rispondere alla domanda di benessere e di<br />

sicurezza dei suoi cittadini, per consentire loro di guardare<br />

al futuro con meno preoccupazione, l’Unione deve<br />

disporre di una effettiva capacità di governo dell’economia<br />

e della sicurezza. L’abbiamo sostenuto fin dal primo<br />

numero di Global Competition, esaminando in generale<br />

la globalizzazione e le sue implicazioni, e ne abbiamo trovato<br />

costante conferma in tutte le analisi svolte nei numeri<br />

successivi. Tale esigenza, chiaramente emersa anche<br />

nella Tavola rotonda tenuta presso il Parlamento europeo<br />

nel giugno scorso (riportata nel n. 5 della Rivista), è organicamente<br />

documentata nei tre saggi pubblicati in questo<br />

numero rispettivamente da Boris Biancheri (rafforzamento<br />

istituzionale), Alberto Majocchi (rilancio della crescita) e<br />

Luigi Caligaris (strategia per la difesa).<br />

Per far acquisire all’Unione questa capacità di governo<br />

la soluzione più efficiente e democratica è certamente<br />

quella federale, da realizzare gradualmente e pragmaticamente<br />

sulla base di una rigorosa applicazione del principio<br />

di sussidiarietà in modo da attribuire al governo federale<br />

solo le funzioni che è essenziale gestire a quel livello,<br />

come quelle sopra indicate. Tutte le rimanenti funzioni<br />

dovrebbero restare (o tornare) prerogativa degli Stati nazionali<br />

e degli Enti locali.<br />

Se il modello federale non ha potuto finora affermarsi è<br />

per la resistenza opposta dai difensori della sovranità nazionale<br />

e degli interessi ad essa collegati, assecondata dall’inerzia<br />

e dalla paura del nuovo delle masse. Ma vi ha contribuito<br />

anche l’atteggiamento di quanti, pur convinti della validità<br />

del modello, non l’hanno sostenuto apertamente e con<br />

determinazione, adeguandosi all’approccio comunitario.<br />

Per superare l’impasse occorre ora indicare chiaramen-<br />

te e coraggiosamente le mete da perseguire, dimostrarne<br />

i vantaggi e la fattibilità, coinvolgere nel dibattito non solo<br />

le élites, ma tutti i cittadini europei. Il consenso va ricercato<br />

con la necessità e l’efficienza della soluzione proposta,<br />

non con la minimizzazione e la mimetizzazione dei cambiamenti<br />

richiesti.<br />

La soluzione proposta potrebbe sembrare velleitaria,<br />

implicando il trasferimento all’Unione di importanti componenti<br />

della sovranità degli Stati nazionali. In realtà gli Stati<br />

membri scambierebbero componenti di una sovranità<br />

esclusiva ma in larga misura formale con componenti di<br />

una sovranità congiunta ma effettiva. Del resto la richiesta<br />

di questi trasferimenti di sovranità emerge chiaramente dai<br />

sondaggi di Eurobarometro (Ott. 2006), in base ai quali il<br />

68% degli intervistati chiede il trasferimento all’Unione<br />

della politica estera e il 75% della politica di difesa, dichiarandosi<br />

contrari rispettivamente solo il 21 e il 16 per cento.<br />

Sarebbe auspicabile che il rilancio del progetto europeo<br />

coinvolgesse tutti i 27 paesi membri dell’Unione. Ove<br />

qualcuno non fosse pronto, gli altri dovrebbero comunque<br />

procedere, lasciando naturalmente la porta aperta.<br />

I 12 paesi che hanno adottato l’euro hanno già fatto<br />

una scelta: per loro l’integrazione della politica economica<br />

e, di conseguenza, della politica estera e della sicurezza,<br />

non è un’opzione ma una necessità. Per questa ragione<br />

l’azione di rilancio del progetto europeo potrebbe partire<br />

dall’eurozona ed estendersi via via a tutti i paesi membri<br />

che chiederanno di farne parte, avendone i requisiti e<br />

accettandone le regole.<br />

Il cinquantenario della firma del Trattato di Roma cade<br />

nel semestre tedesco di presidenza dell’Unione. Questa<br />

circostanza ha suscitato grandi attese. Non le deluda,<br />

Signora Merkel. L’essere a capo del più importante stato<br />

membro dell’Unione e l’erede di una tradizione di grandi<br />

uomini di stato che molto hanno fatto per l’Europa, da<br />

Adenauer a Kohl, le dà l’autorità, ma anche la responsabilità,<br />

di fare il primo passo per il rilancio dell’Europa.<br />

Ritrovi lo slancio dei grandi momenti, rifiuti i compromessi<br />

e le ambiguità, vada oltre la pur importante ratifica del<br />

Trattato costituzionale e proponga con chiarezza e coraggio<br />

le scelte da effettuare per realizzare l’Europa di cui<br />

abbiamo bisogno.<br />

Paolo Gnes

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