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tesi F. Marotta.pdf - EleA@UniSA

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In questi esempi estremi la delusione 56 è talmente amara da creare scetticismo e spingere<br />

le madri ad abbandonare le misure della vigilanza : esse si arrendono alla sventura, alla<br />

maledizione di concepire solo figlie femmine e abbandonano per sempre l’idea di avere un<br />

peso nella società.<br />

Nous avions débarqué dans la vie de mes parents comme une fatalité. [...] Consciemment ou non,<br />

ma mère avait jalonné nos rapports de barrières. Si bien qu’elle éradiqua son rôle de gardienne... 57<br />

I casi precedenti mostrano delle eccezioni, piuttosto estreme, in cui l’essere madre di sole<br />

figlie femmine viene percepito come una maledizione, a cui, una volta tentati tutti i sortilegi<br />

possibili, non resta che rassegnarsi e arrendersi. Tuttavia, sono appunto delle eccezioni<br />

lontane dalla regola, regola che vuole che una buona madre sia sempre attenta e rigida<br />

nell’educazione delle figlie e irremovibile nell’osservanza dei precetti patriarcali della<br />

segregazione.<br />

Come guardiane le madri rappresentano, dunque, una contraddizione enorme nel<br />

panorama finora delineato : allo stesso tempo vittime e carnefici, esse mettono in atto<br />

un’autorità di suggestione che trascina se stesse e le generazioni future di donne in un vortice<br />

senza uscita.<br />

È particolarmente sconcertante il fatto che le madri siano complici di un'autorità che le<br />

vuole escluse dalla vita sociale e che si schierino dalla parte del più forte, invece di battersi<br />

per la conquista della propria dignità di essere umano. Nel caso di Mon cher fils, ultimo<br />

romanzo di Leïla Sebbar, suscita clamore la storia di una giovane che ha disubbidito agli<br />

ordini della famiglia riguardo a un matrimonio combinato : « Ma mère ne disait rien. Elle n'a<br />

pas défendu sa fille, [...] c'était la honte sur la famille, la tribu... Une malédiction jusqu'à<br />

56 La delusione è evidente anche in questo episodio autobiografico riportato da Assia Djébar : « L’accoucheuse a<br />

dit [...] : “ Salut à toi, fille de la montagne. Tu es née dans la hâte, tu apparais assoiffée de la lumière du jour, tu<br />

seras une voyageuse, une nomade partie de cette montagne, pour aller jusqu’où, plus loin encore ! ” Bahia, la<br />

jeune mère, ne dit mot. – Tant de discours pour une fille ! soupira-t-elle ». Assia Djébar, Vaste est la prison,<br />

Paris, Albin Michel, 1995, p. 242.<br />

57 Leïla Marouane, Ravisseur, cit., p. 31.<br />

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