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new york people<br />
Illustrazione, computer graphic, virtuosismi col basso, regia.<br />
Perché Richard McGuire non ama gli steccati, e soprattutto detesta essere<br />
incasellato<br />
Classe 1957, Richard McGuire from New Jersey ha la mente fresca<br />
come quella di un adolescente, la mano felice e mutevole di un artista ancora<br />
non consumato e l’ironia imbattibile e raffinata di un Englishman in New<br />
York. Con la fortuna di viverci in quel momento meraviglioso e supercreativo<br />
che erano gli anni Ottanta a contatto con Keith Haring e chiunque gli girasse<br />
intorno. Le sue opere e le sue graphic novel sono molto apprezzate, dai giovani<br />
come dai critici più esigenti. Le sue illustrazioni fanno abitualmente capolino<br />
su New Yorker, New York Times, Times. Ha studiato musica e arte alla Rutgers<br />
University nel New Jersey, che è solo a un’ora da New York. “Poi nel 1979 mi<br />
sono trasferito definitivamente a NYC e sono nati i Liquid Liquid (la sua band,<br />
n.d.r.). Mi disegnavo da solo poster e copertine dei dischi. Contemporaneamente<br />
cominciai a lavorare in una galleria d’arte, poi in uno studio di animazione. Una<br />
cosa portava all’altra. Quando mi guardo indietro sembra tutto così logico. Le<br />
tappe che formano la mia carriera, intendo dire”.<br />
Il resto è davvero storia. I dischi dei Liquid sono nell’olimpo del rock (Optimo<br />
è a tutt’oggi un riempipista pazzesco!), i suoi libri sono pubblicati nel mondo e,<br />
nel tempo, ha cominciato a spaziare sempre di più verso altri media (cinema,<br />
animazione, merchandising) disegnando carte da gioco, puzzle di legno, un<br />
orologio per Swatch e un giocattolo a energia solare. Facciamo una chiacchierata<br />
interurbana con lui. Le domande sarebbero ottomila. Per cominciare?<br />
io sono mcguire<br />
TesTo ciro cacciola<br />
COME CONVIVONO L’ESPERIENZA DEI LIQUID LIQUID E QUELLA DI ILLUSTRATORE?<br />
“Tutti questi differenti interessi coesistono ed esprimono lati diversi di<br />
quello che io sono. Non potrei scegliere un unico media per esprimermi<br />
completamente. Per me è come se una cosa desse forza e nutrimento<br />
all’altra. Penso per esempio che l’esercizio matematico di suonare il basso<br />
possa aver rafforzato il mio istinto nel montaggio dei film. Entrambi sono<br />
media basati sul tempo, perciò condividono proprietà molto simili. Le<br />
collaborazioni e l’interazione che sviluppi con la gente mentre fai musica<br />
possono essere molto simili a quelle che ti ritrovi ad avere quando lavori<br />
a un film. Quando creo una singola illustrazione applico diverse regole:<br />
sono concentrato sulle proporzioni, sul bilanciamento, sul colore, sui testi,<br />
proprio perché esistono infinite connessioni fra tutto ciò. Sarebbe una cosa<br />
interessante da studiare. Quando dipingo la sento come la cosa più pura,<br />
più personale, ma il vantaggio degli altri media è che raggiungono audience<br />
molto più grandi. Sono felice di avere un range di possibilità diverse per il<br />
mio lavoro”.<br />
CHE COSA TI ISPIRA DI PIÙ?<br />
“A volte mi sento come in un giardino, passeggio qua e là e lavoro su ciò<br />
che sento di più al momento necessiti della mia attenzione, oppure cambio<br />
direzione se trovo un’ispirazione improvvisa, o una nuova opportunità.<br />
Ho sempre seguito il mio istinto nel lavoro. Anche quando a inizio carriera<br />
dipendevo di più dagli incarichi editoriali, ero certo che sarebbe arrivato<br />
il tempo per le cose che amavo di più. Sono sempre stato determinato a<br />
dare a tutti i progetti che significavano di più per me tutto il tempo che<br />
meritavano”.<br />
COME PENSI SIA CONSIDERATA OGGI L’ILLUSTRAZIONE?<br />
“Penso che le linee che demarcano ogni campo dell’arte siano sempre più<br />
sottili giorno dopo giorno. Ma non è una novità. Tutto si muove in questa<br />
direzione dai tempi di Warhol. E l’illustrazione, come i fumetti, ha raggiunto<br />
un livello di rispetto mai visto prima”.<br />
QUAL È IL PROCESSO CREATIVO DI UN’ILLUSTRAZIONE?<br />
“Nella gran parte dei casi si tratta di reagire a livello personale a un<br />
dato testo. The New Yorker mi manda una lista di argomenti in uscita da<br />
sviluppare in un certo tempo. Così subito faccio uno sketch, poi comincio a<br />
disegnare ma cercando di rispettare lo schizzo originale il più possibile.<br />
A volte cerco materiali sul web, oppure esco a fare fotografie. Dipende.<br />
Posso decidere per un collage o una gouache”.<br />
NEW YORK È SEMPRE IMPORTANTE PER IL TUO LAVORO?<br />
“Ha il peggio e il meglio di qualsiasi cosa. Posso averne una spinta<br />
adrenalinica oppure mettere alla prova i miei nervi. Quando ritorno, dopo<br />
un viaggio, mi fermo a pensare a quanto sia “pazza”. Ma è solo un momento.<br />
Perché subito riprendo il suo ritmo. Non saprei immaginarmi altrove. Negli<br />
anni Ottanta era un posto piuttosto abbordabile, era più facile per gli artisti<br />
viverci, ma la sensazione più forte era quella di stare in un luogo pericoloso.<br />
Time Square era solo hooker e spinelli, oggi è solo turisti. L’East Village<br />
sembrava una zona di guerra. Se guardi il film Downtown 81 puoi avere un’idea<br />
molto realistica di com’era. In definitiva, però, era una città molto creativa,<br />
e mi sento fortunato ad averne fatto parte. Le culture collidevano e si<br />
influenzavano. La scena club era forte, la cultura gay/disco e quella punk rock<br />
si contaminavano. Nasceva l’hip hop e i ragazzi del South Bronx uscivano<br />
con quelli delle scuole d’arte. Keith Haring è stato uno dei fautori di questo<br />
processo perché era sempre in giro nei circuiti più diversi, liberamente. Lui<br />
invitava le persone a interagire. Conoscevo anche Jean Michel Basquiat. Ci<br />
esibivamo insieme negli stessi show. L’ho incontrato ai tempi in cui suonava<br />
nella sua band Gray. Mi sento onorato di avere avuto amici come loro”. •<br />
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