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CORSO DI DIDATTICA E PEDAGOGIA SPECIALE - Università degli ...

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<strong>CORSO</strong> <strong>DI</strong> <strong>DI</strong>DATTICA E <strong>PEDAGOGIA</strong> <strong>SPECIALE</strong><br />

Appunti delle lezioni<br />

Elena Zizioli<br />

elena.zizioli@uniroma2.it


Ambiti Tematici<br />

Art. 3 della Costituzione così recita:<br />

“ È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che,<br />

limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della<br />

personalità umana” .<br />

Democrazia, uguaglianza delle opportunità, integrazione.<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Ambiti Tematici<br />

Definizione del settore M-PED/03:<br />

Declaratoria<br />

“Il settore M-PED/03 raggruppa le ricerche a carattere applicativo e pragmatico che riguardano<br />

la didattica, le tecniche e le tecnologie educative sia in ambito scolastico sia nel più vasto<br />

contesto della formazione.<br />

Comprende inoltre le ricerche sulle forme didattiche applicate all'handicap, all'attività di<br />

sostegno e di recupero, all'inserimento e all'integrazione e, in generale, al trattamento<br />

pedagogico della differenza”.<br />

Come, dunque, delimitare il campo d’indagine?<br />

Partendo dai nostri interessi (lo sport), ci occuperemo del processo didattico,<br />

delle tecniche e delle tecnologie educative applicate per l'integrazione dei diversi nelle e con le<br />

attività sportive.<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Ambiti Tematici<br />

Oscar Pistorius bionico?<br />

“No, solo un uomo”<br />

Al corridore sudafricano mancano le gambe, eppure con le sue protesi va veloce quanto i<br />

campioni.<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Ambiti Tematici<br />

Lo sport ha acquistato sempre più centralità nella vita di ciascun individuo.<br />

A parte forme esasperate di agonismo, l’attività sportiva viene concepita e “vissuta”<br />

come un elemento decisivo per il miglioramento della qualità della vita.<br />

Nei processi formativi, ad esempio, dopo molti anni di marginalità, l’educazione<br />

fisica ha riacquistato centralità ed autorevolezza.<br />

Le potenzialità di questa disciplina sono state<br />

valorizzate anche nei processi di integrazione e di inclusione di soggetti che<br />

presentano disabilità, patologie, deficit, etc. (utenza ampliata)<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Ambiti Tematici<br />

Per poter studiare, esplorare e verificare le potenzialità dell’attività sportiva<br />

per un’utenza ampliata è necessario disporre<br />

di quello che chiameremo il “corredo”, cioè strumenti concettuali e metodologici<br />

che così definiamo:<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Ambiti Tematici<br />

Il quadro epistemologico: i fondamenti dell’educabilità e dell’ “apprendibilità”:<br />

Lo sviluppo umano<br />

Il contributo delle neuroscienze<br />

Il processo didattico<br />

Le principali disabilità e patologie<br />

Il modello antropologico dell’ICF<br />

Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Ambiti Tematici<br />

La costruzione del setting educativo<br />

La scelta dello stile pedagogico fra i diversi modelli di apprendimento<br />

Il bambino con “bisogni educativi<br />

speciali” –BIES<br />

“L’inclusive education”<br />

Attività Fisica Adattata (APA)<br />

Il ruolo dell’insegnante/coach/allenatore<br />

L’attività motoria nei processi di<br />

integrazione<br />

per la costruzione di ambienti<br />

“inclusivi”<br />

L’integrazione come processo<br />

“orizzontale”, reticolare, diffuso<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Bibliografia di riferimento<br />

Orientamenti bibliografici<br />

CANEVARO A., L’integrazione scolastica <strong>degli</strong> alunni con disabilità, Trento, Erickson, 2007.<br />

DE ANNA L., (a cura di), Processi formativi e percorsi d’integrazione nelle scienze motorie.<br />

Ricerca, teorie e prassi, Milano, Franco Angeli, 2009.<br />

IANES D., La Diagnosi funzionale secondo l’ICF, Trento, Erickson, 2004.<br />

IANES D., MACCHIA V., La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008.<br />

LASCIOLI A., Pedagogia Speciale in Europa. Problematiche e stato della ricerca, Milano, Franco<br />

Angeli, 2007.<br />

MILITO D., La didattica speciale per il decondizionamento e l’integrazione, Roma, Anicia, 2002.<br />

SANTOIANNI F., STRIANO M., Modelli teorici e metodologici dell’apprendimento, Roma - Bari,<br />

Laterza, 2003.<br />

TRISCIUZZI L., FRATINI C., GALANTI M. A., Introduzione alla pedagogia speciale, Roma - Bari, Laterza,<br />

2004.<br />

TRISCIUZZI L., GALANTI M. A., Pedagogia e didattica speciale per insegnanti di sostegno e operatori<br />

della formazione, ETS, 1999.<br />

TRISCIUZZI L. , Manuale di didattica per l’handicap, Roma - Bari, Laterza, 2009.<br />

ORGANIZZAZIONE MON<strong>DI</strong>ALE DELLA SANITÀ ICF/Classificazione Internazionale del Funzionamento,<br />

della Disabilità e della Salute, Trento, Erickson, 2002.<br />

ORGANIZZAZIONE MON<strong>DI</strong>ALE DELLA SANITÀ ICF-CY/Classificazione Internazionale del Funzionamento,<br />

della Disabilità e della Salute – Versione per bambini e adolescenti, Trento, Erickson, 2007.<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Sitografia<br />

Orientamenti bibliografici<br />

Alcuni suggerimenti:<br />

www.erickson.it<br />

www.handylex.org<br />

www.sitisolidali.it/siti/baskin<br />

www. ifapa.net<br />

www. thenapa.net<br />

www.superando.it<br />

www.accaparlante.it<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


Premessa Metodologica<br />

Il percorso proposto richiede di sgombrare il campo di indagine da possibili<br />

fraintendimenti, risolvendo alcuni quesiti.<br />

Che cos’è la pedagogia speciale e di che cosa si occupa?<br />

Qual è il suo target di riferimento?<br />

Le risposte saranno date tenendo conto delle due categorie tempo e spazio in cui si<br />

situa ogni relazione umana, soprattutto se educativa.<br />

Il focus è sulla centralità della relazione, per un superamento dell’approccio<br />

“terapeutico - riabilitativo” che contraddistingue spesso il rapporto tra operatore e<br />

soggetto in difficoltà.<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>CORSO</strong>


La Pedagogia Speciale - possibili definizioni -<br />

Cosa dicono i Dizionari?<br />

La Pedagogia Speciale rappresenta:<br />

“un settore della pedagogia e delle scienze dell’educazione che studia le modalità di<br />

intervento a favore dei soggetti in difficoltà, disadattati o portatori di handicap”<br />

M. LAENG, Enciclopedia Pedagogica, Brescia, La Scuola, Vol. V, 1992, p. 8855.<br />

Studiosi come A. Canevaro preferiscono interpretarla come la disciplina che<br />

favorisce e che promuove il passaggio dalla cultura dell’handicap alla cultura<br />

dell’integrazione.<br />

Il linguaggio assume forte rilevanza tanto più se si pensa che una delle criticità<br />

evidenziate è stata individuata proprio nella “battaglia di parole e concetti” che ha<br />

da sempre caratterizzato il settore.<br />

(Angelo Lascioli, Pedagogia Speciale in Europa. Problematiche e stato della ricerca,<br />

Milano, Franco Angeli, 2007, p. 611).<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


La Pedagogia speciale nel tempo<br />

Per tutto il Novecento si è assistito al fenomeno del "deterioramento semantico".<br />

L’interesse per i diversi era soprattutto di medici e psicologi.<br />

Il linguaggio insisteva sui deficit o sulle menomazione dei soggetti da educare:<br />

Idiota E. Seguin (1812-1880), Traitement moral, hygiène et éducation des idiots<br />

et des autres enfants arrières.<br />

Deficienti S. De Sanctis (1862- 1935), L’educazione dei deficienti.<br />

Anormale G. F. Montesano (1868-1951) (articoli pubblicati su “Bollettino della<br />

Scuola Magistrale Ortofrenica“ (www.osmo-montesano.it)<br />

Le categorie di distinzione fra i soggetti con disabilità erano fondate sui risultati<br />

ottenuti mediante i test Q. I. (Quoziente d’Intelligenza, ossia il rapporto fra età<br />

mentale ed età cronologica) messi a punto da studiosi come A. Binet e T. Simon e W.<br />

Stern).<br />

Rigidità e non modificabilità condizionavano l’approccio. All’educazione erano<br />

lasciati spazi residui.<br />

Dalla metà <strong>degli</strong> anni Venti con la riforma Gentile (R.D. 3 dicembre 1923, n. 3126)<br />

per la prima volta si estende l’obbligo scolastico ai ciechi e ai sordomuti "che non<br />

presentino altra anormalità".<br />

I soggetti con comportamenti "anormali" continuano ad essere esclusi.<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


La Pedagogia Speciale nel tempo<br />

Fino agli anni Settanta la terminologia giuridica continua a distinguere i ciechi e i<br />

sordi dai “diversi” (minorati).<br />

Nel testo della Costituzione del ’48 (art. 38) si riconosce come soggetto<br />

giuridicamente titolare di diritti (tra cui il diritto all’educazione) anche l’inabile e il<br />

minorato.<br />

Handicap viene da Hand In Cap (Mano Nel Cappello) che definiva attraverso il<br />

sorteggio (da cui la mano nel cappello in cui venivano messe diverse misure), con cui<br />

si stabiliva il numero di metri con cui sarebbe dovuto partire di svantaggio, rispetto<br />

agli altri, il cavallo ultra favorito,<br />

Handicap e’ la misura di uno svantaggio che si assegna ad un favorito…..<br />

Niente a che vedere con il significato che gli e’ stato dato nel tempo.<br />

Il concetto di Handicap entra nelle circolari e nelle ordinanze negli anni Settanta,<br />

fino ad essere normato giuridicamente con la legge del 5 febbraio 1992, n. 104, (art.<br />

3 comma I): “È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica,<br />

psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di<br />

apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un<br />

processo di svantaggio o di emarginazione”.<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


L’utilizzo del linguaggio – il peso delle parole (1)<br />

Le Associazioni hanno giocato un ruolo fondamentale. Con forte impegno<br />

rivendicativo hanno contribuito al riconoscimento del diritto di identità, di<br />

competenza, di autonomia, di cittadinanza.<br />

Per approfondimenti su norme e leggi: www.handylex.org e sulle iniziative (non<br />

solo associative): www.superabile.it<br />

Oggi si conviene che alcuni termini non debbano più essere usati in quanto nell’uso<br />

comune vengono ormai recepiti come offensivi.<br />

Di seguito cercheremo di identificarli e sostituirli con parole che per convenzione<br />

nazionale o internazionale sono più confacenti.<br />

DA EVITARE:<br />

Anormale<br />

Subnormale<br />

Difettoso<br />

Deforme<br />

Handicappato fisico<br />

Handicappato mentale<br />

Cieco- sordo<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


L’utilizzo del linguaggio – il peso delle parole- (2)<br />

DA UTILIZZARE:<br />

Persona con disabilità<br />

Persona con disabilità fisica<br />

Persona con disabilità intellettiva<br />

Persona con disabilità sensoriale<br />

MOTIVAZIONE<br />

Si pone la persona al primo posto<br />

piuttosto che riferirsi alla sua<br />

disabilità<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


La Pedagogia Speciale nello spazio<br />

Nei diversi Paesi europei vi sono differenze di interpretazione nell’utilizzo dei<br />

termini integrazione, scuole speciali, scuole differenziali, etc.<br />

Il dibattito è tuttora aperto e vede protagonisti non solo gli attori istituzionali, ma<br />

anche il mondo associativo a cui abbiamo già fatto cenno.<br />

Negli ultimi anni la Pedagogia Speciale si è lasciata “contaminare”, in una sorta di<br />

rapporto osmotico, non solo dai saperi affini (la filosofia, la didattica, la pedagogia e<br />

la psicologia dello sviluppo etc.) , ma anche dalle scienze in genere (biologia,<br />

anatomia, etc) e nello specifico dalle neuroscienze.<br />

Ciò comporta che, nell’individuare percorsi di apprendimento, non è possibile<br />

prescindere dallo studio e dall’analisi delle potenzialità del soggetto da educare<br />

indagando le componenti biologiche, cognitive, relazionali, etc.<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


La Pedagogia Speciale -approfondimenti-<br />

Approfondimento<br />

focus sul rapporto disabilità – corporeità<br />

Una delle prima raffigurazione della disabilità è quella che Omero rappresenta nell’Iliade<br />

quando nella descrizione di Tersite coniuga la ripugnanza fisica del personaggio con le<br />

caratteristiche morali. Si tratta di una prima elaborazione del criterio di inferiorità del corpo del<br />

disabile pienamente compatibile con l’ideale di uomo virtuoso della Grecia antica, cui<br />

corrispondevano oltre che i caratteri di valorosità nell’esercizio delle armi, di nobiltà ed<br />

educazione, anche quelle di armoniosità e bellezza del corpo (A. Mura, 2009, pp. 115-116).<br />

Platone accentua la superiorità dell’anima sul corpo e non avrà esitazioni nella Repubblica a dar<br />

prescrizioni ai medici perché coloro che non siano naturalmente sani di corpo e di animo<br />

conoscano la più triste sorte.<br />

Aristotele nella Politica asserirà la necessità di vietare per legge l’allevamento di qualsiasi<br />

bambino deforme.<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


La Pedagogia Speciale - approfondimenti -<br />

La separazione corpo-anima sarà conservata anche dal Cristianesimo.<br />

In sintesi…nella storia culturale occidentale il corpo è stato continuamente vessato a favore<br />

dello spirito, considerato l’essenza nobile dell’uomo (A. Mura, 2009, p. 114).<br />

Il corpo rimane, dunque, l’elemento centrale nella rappresentazione della diversità e nella<br />

discriminazione tra normalità/salute, anormalità/malattia, diritto umano e sociale e negazione<br />

dello stesso.<br />

disabilità malattia<br />

sport benessere, vitalità, forma fisica<br />

L’accostamento dei due termini ha rimandato per lungo tempo all’antitesi.<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


Il cinema per la pedagogia speciale<br />

Il linguaggio cinematografico come metafora<br />

Fino ai primi anni ‘80 anche il cinema veicola una concezione “medioevale” della<br />

disabilità, nella quale le mutilazioni del corpo o le sue difformità sono interpretate<br />

come sinonimo di follia e malvagità (Frankestein, Freaks, Elefant man).<br />

La deformazione del corpo risulta un ostacolo insuperabile: il corpo, giudicato osceno,<br />

ovvero fuori dalla scena del rappresentato e del rappresentabile, porta con<br />

sé solo accezioni negative.<br />

Solo nell’ultimo ventennio la cinematografia abbandonerà i pregiudizi e gli stereotipi<br />

del “senso comune”.<br />

I disabili divengono protagonisti perché si intravede, oltre il deficit del corpo, il<br />

soggetto che lo abita e lo anima, con i suoi bisogni, le sue singolarità, soprattutto le<br />

sue potenzialità (Rain man, Edward mani di forbice, Figli di un dio minore).<br />

Il cinema svolge un’azione culturale di sensibilizzazione, assumendo perciò anche<br />

una forte valenza educativa.<br />

Si può educare anche attraverso il cinema.<br />

CAMPO <strong>DI</strong> INDAGINE


Ambiti Tematici<br />

Il quadro epistemologico: i fondamenti dell’educabilità e dell’ “apprendibilità”:<br />

Lo sviluppo umano<br />

Il contributo delle neuroscienze<br />

Il processo didattico<br />

INIZIO DEL PER<strong>CORSO</strong>


Cosa intendiamo con sviluppo?<br />

Ieri<br />

Lo sviluppo era anticamente concepito come una serie di operazioni o avvenimenti<br />

tendenti a liberare il nucleo profondo dell’uomo (dal latino volvere, girare, volgere).<br />

Oggi<br />

Per sviluppo attualmente si intende un processo di crescita o di maturazione fisica<br />

e/o psichica sia da un punto di vista quantitativo sia qualitativo.<br />

Uno sviluppo avviene attraverso una serie di modificazioni di strutture, di funzioni e<br />

di organizzazioni che si producono in un organismo dalla sua origine alla sua fine.<br />

L’organismo non è statico, ma è un sistema in continua trasformazione.<br />

Questa definizione ha il pregio di “contenere” per le disabilità aspetti positivi e<br />

negativi.<br />

Un organismo “lesionato”, alterato o colpito da danno può avere un progressivo<br />

miglioramento, ma può anche subire un’involuzione se non riceve stimoli adeguati a<br />

sollecitare il suo sviluppo.<br />

LO SVILUPPO UMANO


Lo Sviluppo dell’emotività<br />

L’emotività è una reazione dell’organismo alle stimolazioni ambientali.<br />

Il suo stato preferenziale è lo state di quiete ben-essere.<br />

Le trasformazioni psichiche che avvengono durante la fase di mal-essere indicano uno sviluppo<br />

dell’emotività struttura sempre più complessa a mano a mano che assume carattere,<br />

dimensione e valore psichici e sociali.<br />

eccitazione<br />

sofferenza<br />

piacere<br />

rabbia<br />

collera<br />

esultanza<br />

affettività<br />

(verso adulti)<br />

gelosia<br />

disgusto<br />

paura<br />

gioia<br />

allegria<br />

Affettività<br />

(verso<br />

bambini)<br />

nascita 3 mesi 6 mesi 12 mesi 18 mesi 24 mesi<br />

Rielaborato da L. TRISCIUZZI , Manuale di didattica per l’handicap, Roma - Bari, Laterza, 2009, p. 86.<br />

TEORIE SULLO SVILUPPO


Indagando nella letteratura scientifica….<br />

S. Freud considera lo sviluppo psichico una particolare mediazione continua fra le necessità<br />

biologiche e quelle sociali. Da una parte stanno le urgenze biologiche dell’esistenza (fame, sete,<br />

sonno e sessualità), dall’altra i rapporti di sicurezza di tipo interpersonale e di gruppo. Sulla<br />

soddisfazione dei bisogni primari si appoggia quella spinta che Freud denomina “forza<br />

pulsionale” e che rappresenta la carica energetica di propulsione (volitiva) nell'uomo adulto. (L.<br />

Trisciuzzi, 2009, p. 89). Così lo stato di eccitazione, come viene definito lo stato iniziale e più<br />

primitivo dello sviluppo dell'emotività, ha anche per Freud (come per Darwin) una chiara<br />

matrice fisiologica, divenendo solo in un secondo tempo psichica (libido).<br />

Il passaggio dal biologico allo psichico-sociale, dal principio di piacere a quello di realtà si<br />

compie attraverso una serie di fasi.<br />

E. Erikson (psicoanalista della scuola di Freud) amplia la teoria freudiana aggiungendovi la<br />

dimensione psicosociale (“Sviluppo e crisi della personalità sana”, in AA.VV., Trattato di<br />

patologia dell’apprendimento , Roma, Armando, 1976).<br />

La prospettiva psicosociale vede lo sviluppo cognitivo come interazione tra la maturazione<br />

fisica e le richieste sociali che sollecitano il bambino ad apprendere nuovi comportamenti.<br />

TEORIE SULLO SVILUPPO


Indagando nella letteratura scientifica….<br />

La personalità si differenzia e si organizza gerarchicamente, secondo Erikson, passando<br />

attraverso una serie di "crisi" psicologiche ed in concomitanza a ciò, l’individuo allarga la<br />

gamma delle sue relazioni sociali.<br />

La ricerca dell’identità è il tema centrale della vita che comprende sia l’accettazione del sé sia<br />

della civiltà in cui si vive.<br />

Erikson fa corrispondere alle varie fasi psicosessuali freudiane 8 stadi dello sviluppo<br />

psicosociale, intesi come "otto età dell’uomo“ e riferiti a otto periodi critici che interessano<br />

l’individuo lungo tutta la sua esistenza.<br />

E precisamente:<br />

fase orale crisi psicosociale relativa ai vissuti di fiducia /sfiducia,<br />

fase anale autonomia /dubbio e vergogna,<br />

fase fallica iniziativa /senso di colpa,<br />

fase di latenza industriosità /inferiorità,<br />

genitalità:<br />

Adolescenza e preadolescenza identità /diffusione d' identità<br />

età adulta intimità /isolamento,<br />

età adulta generatività /stagnazione,<br />

età senile integrità o completezza /dispersione.<br />

TEORIE SULLO SVILUPPO


Lo Sviluppo<br />

L’ “epistemologo genetico” J. Piaget – così come si autodefiniva – integra il metodo<br />

sperimentale con quello osservativo o “clinico”. Nella determinazione del comportamento<br />

umano, interagiscono variabili biologiche e ambientali.<br />

Piaget ritiene che, fin dalla nascita, gli esseri umani sono in grado di ricorrere ad un<br />

apprendimento attivo, senza bisogno di incentivi esterni. Secondo la sua teoria, lo sviluppo<br />

cognitivo del bambino avviene attraverso quattro stadi:<br />

stadio I o dell’intelligenza sensomotoria (dalla nascita ai 2 anni), in cui il bambino passa da<br />

movimenti riflessi, disorganizzati e innati (quali ad esempio la suzione), a comportamenti che<br />

riflettono l’acquisizione di concetti semplici (come prendere un giocattolo posto su un tappeto<br />

tirando il tappeto stesso);<br />

stadio II o del pensiero preoperatorio (2-7 anni), caratterizzato dal crescente ricorso a simboli<br />

astratti, come nel caso del gioco simbolico (una bambina finge di cucinare del cibo per la<br />

propria bambola);<br />

stadio III o del pensiero operatorio concreto (7-11 anni), in cui si assiste all’acquisizione di<br />

capacità relativamente sofisticate di risoluzione di compiti e al conseguimento di modalità<br />

conservative del pensiero (il che permette, ad esempio, di capire che recipienti di forma diversa<br />

possono contenere la stessa quantità di acqua);<br />

stadio IV, o del pensiero operatorio astratto (dai 12 anni in poi), contraddistinto dalla capacità<br />

di formulare ipotesi a partire dall’osservazione della realtà e dedurre nuovi concetti sulla base<br />

di concetti già acquisiti.<br />

TEORIE SULLO SVILUPPO


Lo Sviluppo<br />

In sintesi …<br />

Lo sviluppo infantile comprende vari aspetti che decliniamo in:<br />

• neurofisiologici;<br />

• emotivi;<br />

• socio-comportamentali.<br />

Esiste un accordo generale sul fatto che lo sviluppo del bambino sia determinato<br />

dall’azione congiunta di fattori biologici ed ambientali.<br />

La ricerca ha messo in luce come entrambi i fattori concorrano a determinare il<br />

funzionamento intellettivo.<br />

La componente genetica incide anche su particolari caratteristiche di personalità,<br />

quali l’introversione e l’estroversione, il livello di attivazione, la predisposizione a<br />

taluni disturbi mentali (concetto di soglia).<br />

TEORIE SULLO SVILUPPO


Lo sviluppo come indicatore<br />

Le alterazioni del comportamento sono deviazioni del processo di trasformazione<br />

dell’emotività e il comportamento patologico rappresenta una conseguenza di una<br />

situazione di "fallimento"(L. Trisciuzzi, 2009, p. 87) .<br />

Conoscere, quindi, le “matrici” delle espressioni emotive, consente di comprendere<br />

le manifestazioni eccessive ( es. irritabilità o aggressività) oppure ridotte ( es. apatia,<br />

timidezza). Ma non è sufficiente.<br />

Per evidenziare le alterazioni e, quindi mettere in atto strategie educative di<br />

successo, è necessario conoscere anche i “contesti” in cui il soggetto plasma e<br />

rinforza il suo comportamento emotivo.<br />

LO SVILUPPO UMANO


Quale definizione per lo sviluppo<br />

Dopo questa rapidissima analisi, ci sentiamo di assumere la seguente definizione :<br />

“Lo sviluppo è un processo complesso determinato da leggi genetiche e condizionato<br />

dai fattori ambientali”<br />

Ne discende che lo sviluppo può essere così interpretato:<br />

“una natura che diventa cultura”<br />

Tale affermazione giustifica e soprattutto legittima l’azione educativa e didattica.<br />

TEORIE SULLO SVILUPPO


Con la lente dello scienziato…<br />

Scoperte recenti hanno dimostrato che la specie umana si configura come una specie<br />

neotenica (Louis Bolk, Stephen Jay Gould).<br />

La molecola umana Neu5Ac è costituita da una fase immatura della molecola animale<br />

Neu5Gc. Il gene cioè che sintetizza la proteina che muta l'una molecola nell'altra, risulta, a<br />

livello umano, inattivo.<br />

L'acido sialico umano consente all'organismo di mantenere tratti immaturi in tutta la sua<br />

struttura anatomo-fisiologica.<br />

Le neuroscienze ci dicono perciò che:<br />

il piccolo d'uomo nasce prematuro, ossia inetto e impotente, e non solo necessita di un<br />

lunghissimo periodo di apprendimento per diventare adulto, ma la sua funzione di<br />

apprendimento, collegata appunto alla plasticità delle cellule nervose immature, dura per<br />

tutto il tempo della sua esistenza;<br />

più che in qualsiasi altro primate, il cervello umano è caratterizzato da un continuum di<br />

modellamento e adattamento.<br />

Si veda:<br />

http://archiviostorico.corriere.it/2008/settembre/06/Uomo_scimmia_proteina_sapiens__co_9<br />

_080906081.shtml)<br />

IL CONTRIBUTO DELLE NEUROSCIENZE


Gli effetti della plasticità neuronale<br />

L’immaturità neuronale dell’uomo può essere quindi interpretata come:<br />

Possiamo perciò parlare di:<br />

Plasticità<br />

vantaggio adattivo e capacità di apprendimento illimitato<br />

“L'uomo è la specie più cognitiva, più intelligente, dell'intero regno animale. Gli animali infatti<br />

hanno istinti, ma non apprendono (o meglio: apprendono molto poco). L'uomo è diverso da<br />

loro perché ha schemi istintuali poveri ed elastici, ma ha, per contro, un largo “spazio<br />

cerebrale” adibito all'apprendimento, al dubbio, alla ricerca”.<br />

Ciascuna persona può perciò sviluppare interessi, attitudini, può acquisire capacità a seconda<br />

dei propri interessi.<br />

Howard Gardner con la sua teoria delle intelligenze multiple (linguistica, musicale, logicomatematica,<br />

spaziale, corporeo - cinestesica, personale e interpersonale) evidenzia<br />

l’importanza di interventi educativi molteplici e diversificati, calibrati sulla persona e che<br />

valorizzino le singole capacità o predisposizioni.<br />

Questa riflessione ci spinge a formulare il seguente interrogativo: esiste la normalità?<br />

IL CONTRIBUTO DELLE NEUROSCIENZE


Normalità ed Handicap<br />

Partiamo dal concetto di norma.<br />

La norma indica i valori che sono distribuiti<br />

all’interno della curva di Gauss: il valore medio<br />

si distribuisce al centro, mentre gli elementi al di<br />

sotto o al di sopra della media sono ridotti di<br />

numero a mano a mano che ci si allontana dalla<br />

media.<br />

Ogni ambito culturale ha la sua curva statistica.<br />

Density<br />

.05<br />

.15<br />

.1<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36 38 40<br />

k<br />

Nei confronti dei diversi si può affermare che la curva di molte culture moderne si è<br />

modificata, aumentando la possibilità di fare entrare nella norma molti più elementi<br />

del passato. Quindi, il concetto di norma è relativo. Ogni cultura stabilisce di<br />

conseguenza il proprio concetto di diversità, di handicap (L. Trisciuzzi, 2009, pp. 33-<br />

34).<br />

La gravità dell’handicap viene considerata dal modo in cui si è capaci di affrontare il<br />

problema e di risolverlo nell’ambito culturale, sociale ed economico.<br />

TRISCIUZZI L. , Manuale di didattica per l’handicap, Roma - Bari,<br />

Laterza, 2009<br />

VERSO UN MODELLO ANTROPOLOGICO


Le definizioni dei “soggetti diversi”<br />

Il concetto di handicap è relativo.<br />

Si riferisce “alle varie società e alle differenti sub-strutture presenti in esse<br />

(R. Vianello, G. Bolzonella, 1985, pp. 12-13)<br />

Alcuni esempi:<br />

•in una società rurale quando si parla di handicap si pensa più<br />

frequentemente a disabilità sul piano motorio-manipolatorio;<br />

• in una società a tecnologia avanzata sono ritenuti handicap maggiori quelli<br />

sul piano intellettuale.<br />

VERSO UN MODELLO ANTROPOLOGICO


Le definizioni adottate dall’OMS<br />

Handicap esprime la valutazione attribuita ad una condizione individuale che si<br />

discosta dalla norma; indica quindi lo svantaggio che consegue alla menomazione o<br />

all’invalidità; è caratterizzato da una discordanza fra le attività o la condizione del<br />

singolo individuo e le aspettative del gruppo specifico al quale egli appartiene.<br />

Menomazione è un termine generico che comprende ogni disturbo o interferenza<br />

con la normale struttura e la regolare funzionalità del corpo, incluse le funzioni<br />

psichiche.<br />

Invalidità è la perdita o la riduzione della capacità funzionale e dell’attività<br />

conseguente a una o più menomazioni.<br />

VERSO UN MODELLO ANTROPOLOGICO


Le disabilità (1)<br />

Le diverse disabilità vengono solitamente distinte e classificate in:<br />

1. sensoriali (udito/vista)<br />

2. cerebrali (cerebropatie)<br />

3. psichiche<br />

sensoriali<br />

cerebrali<br />

psichiche<br />

• turbe uditive<br />

• turbe visive<br />

• prenatali (es. anomalie cromosomiche, embriopatie)<br />

• perinatali (es. anossia)<br />

• postnatali (es. traumi, encefaliti)<br />

• neuropatie<br />

• disturbi specifici dello sviluppo e dell’apprendimento (es. dislessia)<br />

• deficit cognitivi ( es. Minimal brain damage, insufficienza mentale)<br />

• disabilità emotivo-relazionali<br />

Rielaborato da L. TRISCIUZZI , Manuale di didattica per l’handicap, Roma - Bari, Laterza, 2009, p. 37.<br />

QUADRO NOSOGRAFICO DELLE <strong>DI</strong>SABILITÀ


Le disabilità (2)<br />

Sarebbe tuttavia monca una classificazione di disabilità ridotta ai soli aspetti<br />

organico - fisiologici o psichici. La disabilità è anche uno svantaggio in una<br />

determinata situazione.<br />

La relatività del concetto di handicap a cui abbiamo fatto cenno ci porta perciò a<br />

considerare “disabili” anche soggetti inseriti in contesti favorevoli che, quindi, non<br />

permettono la piena espressione o lo sviluppo delle loro potenzialità.<br />

E’ questa la filosofia di fondo del modello antropologico dell’ICF - Classificazione<br />

Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (Organizzazione<br />

Mondiale della Sanità, 2001) che definisce appunto la disabilità come una<br />

condizione di salute in un ambiente sfavorevole.<br />

L’ambiente, inteso come fattore contestuale determinante può essere una barriera<br />

o un facilitatore.<br />

La classificazione ICF permette di affermare che tutte le persone, in determinati<br />

contesti o momenti della loro vita, possono essere disabili, indipendentemente dallo<br />

sviluppo di una patologia.<br />

Esempi:<br />

l’immigrato che non conosce la lingua del Paese che lo ospita;<br />

la persona che cerca un lavoro, ma non sa inviare le e-mail;<br />

VERSO UN MODELLO ANTROPOLOGICO


Le specificità del modello ICF<br />

L’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health, è il modello<br />

concettuale che proponiamo perché tiene conto dei fattori ambientali,<br />

organizzandoli in maniera sistematica.<br />

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, la situazione di una persona<br />

va letta e compresa profondamente in modo olistico e complesso, da diverse<br />

prospettive, e in modo interconnesso e reciprocamente causale.<br />

La comprensione profonda e completa del funzionamento di una persona è possibile<br />

soltanto se si integrano le singole dimensioni in una visione più ampia.<br />

Di seguito alcune slides che evidenziano, di questo modello, i tratti distintivi.<br />

MODELLI PER L’OPERATIVITÀ


La situazione globale di una persona (il suo “funzionamento”)<br />

Corpo<br />

Funzioni<br />

corporee<br />

Strutture<br />

corporee<br />

Condizioni fisiche (input biologico)<br />

Capacità<br />

Attività personali<br />

Performance<br />

Fattori contestuali (input contestuale)<br />

Ambientali Personali<br />

Integrazioni<br />

Partecipazione<br />

sociale<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008<br />

MODELLI PER L’OPERATIVITÀ


La situazione globale di una persona<br />

La situazione di salute di una persona, quindi, è la risultante globale delle reciproche influenze<br />

tra i fattori rappresentati nello schema.<br />

Condizioni fisiche e fattori contestuali sono agli estremi del modello composto dalla dotazione<br />

biologica e dall’ambiente, dove accanto a fattori esterni (relazioni, culture, ambienti, ecc.) si<br />

incontrano i fattori contestuali personali e le dimensioni psicologiche che fanno da «sfondo<br />

interno» alle azioni (autostima, identità, motivazioni, ecc.).<br />

Nella grande dialettica tra le due classi di forze (biologiche e contestuali) si trova il corpo, come<br />

concretamente è fatto (struttura) e come realmente funziona (funzioni).<br />

Il corpo agisce con delle reali capacità e performance (attività personali) e si integra<br />

socialmente (partecipazione sociale).<br />

Quando questi elementi agiscono in sinergia, “sarò sano e funzionerò bene”, altrimenti “sarò<br />

malato, o disabile, o con Bisogni Educativi Speciali, oppure emarginato”, ecc. (D. Ianes, 2004).<br />

MODELLI PER LÌOPERATIVITÀ


La persona osservata secondo l’ICF<br />

Nell’ottica del modello ICF la persona “osservata” può evidenziare difficoltà specifiche in 7<br />

ambiti principali.<br />

Condizioni fisiche: malattie varie, acute o croniche, fragilità, situazioni cromosomiche<br />

particolari, lesioni, ecc;<br />

Strutture corporee: mancanza di un arto, di una parte della corteccia cerebrale, ecc.;<br />

Funzioni corporee: deficit visivi, deficit motori, deficit attentivi, di memoria, ecc.;<br />

Attività personali: scarse capacità di apprendimento, di applicazione delle conoscenze, di<br />

pianificazione delle azioni, di comunicazione e di linguaggio, di autoregolazione metacognitiva,<br />

di interazione sociale, di autonomia personale e sociale, di cura del proprio luogo di vita, ecc.;<br />

Partecipazione sociale: difficoltà a rivestire in modo integrato i ruoli sociali di alunno, a<br />

partecipare alle situazione sociali più tipiche, nei vari ambienti e contesti;<br />

Fattori contestuali ambientali: famiglia problematica, cultura diversa, situazione sociale<br />

difficile, culture e atteggiamenti ostili, scarsità di servizi e risorse, ecc.;<br />

Fattori contestuali personali: scarsa autostima, reazioni emozionali eccessive, scarsa<br />

motivazione, ecc.<br />

IL MODELLO ANTROPOLOGICO ICF DELL'OMS


La persona osservata secondo l’ICF<br />

IL MODELLO ANTROPOLOGICO ICF DELL'OMS


Il ruolo dei facilitatori e delle barriere<br />

IL MODELLO ANTROPOLOGICO ICF DELL'OMS


Il modello antropologico ICF dell'OMS<br />

IL MODELLO ANTROPOLOGICO ICF DELL'OMS


La Didattica<br />

“Non crediamo che la pedagogia si riassuma nel :<br />

1. Conoscere bene la materia che si insegna;<br />

2. Conoscere bene la psicologia <strong>degli</strong> allievi;<br />

3. Saper presentare gli argomenti del programma con spigliatezza e abilità […].<br />

Pensiamo che sia molto interessante informarsi sul modo in cui gli allievi<br />

cominciano a lavorare” .<br />

A. de La Garanderie, I profili pedagogici, Firenze, La Nuova Italia, 1991, p. 17.<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


La Didattica<br />

Tentiamo qualche definizione.<br />

L’azione didattica si prende cura della molteplicità d’interazioni e atti comunicativi<br />

che sostanziano la complessità di interconnessioni che s’instaurano<br />

progressivamente tra il soggetto e gli oggetti dell’educazione dove gli oggetti sono<br />

sia le conoscenze sia i modelli di comportamento socio-affettivo (M. Carboni, 2009,<br />

p. 53).<br />

L’azione didattica crea le condizioni favorevoli all’apprendimento.<br />

Supportando il soggetto da educare;<br />

Come?<br />

Organizzando il processo di insegnamento-apprendimento.<br />

Per questo nel progettare un’azione didattica personalizzata, quindi calibrata sulle esigenze di<br />

ogni singolo allievo, occorre , soprattutto, tener conto:<br />

dei diversi stili cognitivi e ritmi di apprendimento <strong>degli</strong> allievi;<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


Come apprendiamo?<br />

Cornice relazionale<br />

Cornice affettiva<br />

Cornice metodologica<br />

Processi di<br />

mediazione nella<br />

microdinamica di<br />

insegnamento/<br />

apprendimento<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


Individualizzazione dei processi didattici<br />

Ambiti di vita<br />

affettiva<br />

Emozioni di base<br />

Stati d’animo<br />

Sentimenti<br />

Competenze<br />

chiave<br />

Conoscere<br />

Comprendere<br />

Esprimere<br />

Processi<br />

evolutivi<br />

Linguaggi<br />

Pensiero<br />

Valori<br />

Negoziazione<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


Uno schema possibile<br />

Attenzione<br />

Azione dell’Alunno<br />

che apprende<br />

Percezione<br />

Input<br />

Comprensione<br />

Risultato<br />

dell’input<br />

Elaborazione ed altre<br />

operazioni mentali<br />

Mediazione<br />

didattica<br />

Generazione<br />

di output<br />

Rielaborazione da D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


I mediatori didattici<br />

Attivi<br />

•esperienza diretta<br />

•manualità<br />

•corpo<br />

•movimento<br />

Realtà Rappresentazione<br />

Iconici<br />

•immagini<br />

•schemi<br />

•grafici<br />

•disegni<br />

Analogici<br />

•giochi<br />

•giochi di<br />

simulazione<br />

•drammatizzazioni<br />

•teatro<br />

Simbolici<br />

•concetti<br />

•teorie<br />

•principi<br />

•codici<br />

•grammatiche<br />

•sintassi<br />

Rielaborazione da P. MOLITERNI, La mediazione didattica e le attività motorie per l’integrazione in L. DE ANNA (a cura di) , Processi formativi e percorsi di<br />

integrazione nelle scienze motorie, Milano, Franco Angeli, 2009, p. 320.<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


Adattare gli obiettivi curriculari<br />

Input<br />

Azione<br />

Comprensione<br />

Elaborazione<br />

Output<br />

Inizia il percorso di adattamento<br />

1° livello: “Sostituzione”<br />

2° livello: “Facilitazione”<br />

3° livello: “Semplificazione”<br />

4° livello: “Scomposizione dei nuclei fondanti”<br />

5° livello: “Partecipazione alla cultura del compito”<br />

Obiettivo curriculare<br />

standard destinato a<br />

tutti gli alunni<br />

Rielaborato da D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008, p. 246<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


L’adattamento <strong>degli</strong> obiettivi curricolari e dei materiali<br />

È sufficiente qualche<br />

forma di “sostituzione”<br />

dei vari componenti<br />

dell’input e dell’azione?<br />

Non è sufficiente la<br />

“traduzione”, ma si deve anche<br />

lavorare nella facilitazione<br />

1° livello: Sostituzione<br />

Questo primo livello di adattamento si limita a una<br />

“traduzione” dell’input in altro codice/linguaggio e/o all’uso di<br />

altre modalità di output. Non si semplifica l’obiettivo da alcun<br />

punto di vista, se ne cura soltanto l’accessibilità.<br />

Ad esempio:<br />

• sostituzione di input per la comprensione (lingua italiana<br />

segni, materiale in Braille, registrazioni audio di testi, ecc.<br />

• sostituzioni di output per la risposta (uso del computer in<br />

videoscrittura invece della matita, ecc.)<br />

no<br />

2° livello: Facilitazione<br />

si<br />

Ok, stop<br />

all’adattamento<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008, p. 246.<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


L’adattamento <strong>degli</strong> obiettivi curricolari e dei materiali<br />

È sufficiente e utile una<br />

ricontestualizzazione?<br />

Non è sufficiente o<br />

utile una ricontestualizzazione,<br />

bisogna modificare<br />

qualcosa nei<br />

tempi e negli spazi<br />

… segue<br />

no<br />

no<br />

2° livello: Facilitazione (1)<br />

È sufficiente per garantire successo nell’obiettivo che lo si proponga:<br />

• con altre persone<br />

• in ambienti funzionalmente reali (calcolo del resto al negozio)<br />

• con tecnologie più motivanti e interattive (sw didattici per scrittura)<br />

• in contesti didattici fortemente interattivi (tutoring)<br />

• in contesti didattici fortemente operativi e significativi (simulazioni)<br />

L’alunno è aiutato in<br />

modo sufficiente?<br />

si<br />

Ok, stop<br />

all’adattamento<br />

• si lavora sui tempi utilizzati per quell’obiettivo, con periodi più<br />

lunghi, più variazioni di contenuto, più pause, ecc.<br />

• si lavora sulla ristrutturazione <strong>degli</strong> spazi, con collocazioni più adatte,<br />

eliminando le distrazioni, controllando l’illuminazione, ecc.<br />

L’alunno è aiutato in<br />

modo sufficiente?<br />

si<br />

Ok, stop<br />

all’adattamento<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008, p. 247.<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


L’adattamento <strong>degli</strong> obiettivi curricolari e dei materiali<br />

Oltre alla modificazione<br />

dei tempi e <strong>degli</strong><br />

spazi, dobbiamo arricchire<br />

la situazione<br />

con vari tipi di aiuto<br />

no<br />

3° livello: Semplificazione<br />

2° livello: Facilitazione (2)<br />

Aggiungiamo indizi, stimoli estrinseci che aiutino le varie fasi<br />

dell’azione:<br />

• colori<br />

• immagini<br />

• mappe cognitive<br />

• spiegazioni aggiuntive<br />

• modelli competenti nel “far vedere” come si fa<br />

• domande di riorganizzazione del background di conoscenze<br />

pregresso<br />

• aiuti vari per la memoria (immagazzinamento e recupero), per la<br />

pianificazione delle azioni, ecc.<br />

In questa fase si aggiungono informazioni, non si facilita riducendo<br />

qualche difficoltà dell’obiettivo.<br />

L’alunno è aiutato in<br />

modo sufficiente?<br />

si<br />

Ok, stop<br />

all’adattamento<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008, p. 248.<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


L’adattamento <strong>degli</strong> obiettivi curricolari e dei materiali<br />

Dobbiamo semplificare<br />

l’obiettivo, in una o più<br />

componenti di azione:<br />

• comprensione<br />

• elaborazione<br />

• output di risposta<br />

no<br />

4° livello: Scomposizione nei nuclei fondanti<br />

3° livello: Semplificazione<br />

• Modifichiamo il lessico o ciò che dà le informazioni da<br />

comprendere<br />

• Riduciamo la complessità concettuale con ordini inferiori di<br />

elaborazione, materiali ed esempi più semplici, ecc.<br />

• Sostituiamo alcuni esercizi ritenuti troppo complessi<br />

• Semplifichiamo i criteri di corretta esecuzione delle risposte (ad<br />

esempio consentiamo più errori, più imperfezioni)<br />

L’alunno è aiutato in<br />

modo sufficiente?<br />

si<br />

Ok, stop<br />

all’adattamento<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008, p. 248.<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


L’adattamento <strong>degli</strong> obiettivi curricolari e dei materiali<br />

Dobbiamo trovare nel<br />

percorso curricolare<br />

dei nuclei fondanti<br />

della disciplina che<br />

siano più agevolmente<br />

traducibili in obiettivi<br />

accessibili e significativi.<br />

4° livello: Scomposizione nei nuclei fondanti<br />

no<br />

Nell’epistemologia di quel sapere disciplinare si identificano delle<br />

attività fondanti e accessibili, al livello di difficoltà di cui abbiamo<br />

bisogno.<br />

Ad esempio: nell’insegnare un esercizio fisico ricorriamo ad<br />

immagini mediante cartelloni.<br />

In questo modo ci si avvicina ai nuclei fondanti di un sapere<br />

disciplinare, essendo però più attenti ai processi cognitivi tipici di<br />

quel sapere piuttosto che ai prodotti (nozioni).<br />

L’alunno è aiutato in<br />

modo sufficiente?<br />

4° livello: Partecipazione alla cultura del compito<br />

si<br />

Ok, stop<br />

all’adattamento<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008, p. 249.<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


L’adattamento <strong>degli</strong> obiettivi curricolari e dei materiali<br />

5° livello: Partecipazione alla cultura del compito<br />

Dobbiamo trovare le occasioni per far partecipare l’alunno a dei momenti significativi di elaborazione o di<br />

utilizzo delle competenze curricolari, in modo che sperimenti, anche se soltanto (?) da spettatore, la<br />

“cultura del compito” (il clima emotivo, la tensione cognitiva, i prodotti elaborati, ecc.).<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008, p. 249.<br />

IL PROCESSO <strong>DI</strong>DATTICO


La scelta dello stile pedagogico<br />

Focalizziamo ora l’attenzione sulla scelta dello stile pedagogico.<br />

Conoscere i modelli teorici di insegnamento- apprendimento è il primo passo.<br />

Partiamo da una consapevolezza.<br />

Essi non possono essere:<br />

•esaustivi, perché riferiti a più teorie pedagogiche;<br />

• contrapposti, in quanto presentano caratteri spesso sovrapponibili;<br />

• conclusi, nel senso che, anche se appartenenti a periodi storici trascorsi, conservano<br />

valenze valide ancora oggi;<br />

• statici, poiché contengono elementi per l’elaborazione di modelli futuri.<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


Il comportamentismo (1/2)<br />

Questo modello nasce dallo studio del comportamento e non della mente, considerata ancora<br />

una black box.<br />

Molti studiosi, tra cui Pavlov (1927), Watson (1913), Thorndike (1911), Skinner (1938),<br />

introdussero come metodo scientifico l’osservazione e come oggetto di studio il<br />

comportamento.<br />

Il comportamento (behavior) è la risultante della specifica interazione tra due elementi primari<br />

e variabili, lo stimolo e la risposta, interazione consequenziale che pone in secondo piano<br />

l’organismo, inteso quale elemento mediativo necessario, ma non obiettivamente indagabile<br />

(F. Santoianni, M.Striano, 2003, p. 6).<br />

I modelli comportamentisti riducono l’apprendimento al condizionamento delle associazioni<br />

stimoli-risposta come relazione emblematica tra l’individuo e l’ambiente.<br />

Giocano un ruolo determinante le leggi:<br />

•dell’esercizio<br />

•dell’effetto<br />

•del rinforzo<br />

L’apprendimento è selettivo, emerge cioè da una selezione di risposte che il soggetto<br />

produce attraverso una serie di tentativi ed errori.<br />

L’attività di insegnamento diventa scienza dell’istruzione. È programmata dal docente, cioè<br />

riconducibile a schemi di programmazione didattica, generale e disciplinare.<br />

Il comportamento è manifesto, direttamente osservabile e misurabile.<br />

TEORIE DELL’APPREN<strong>DI</strong>MENTO - MODELLI TEORICI


Il comportamentismo (2/2)<br />

L’analisi comportamentista dell’insegnamento ha suggerito una serie di schemi e<br />

classificazioni, le tassonomie che guidano la selezione <strong>degli</strong> obiettivi da raggiungere<br />

e le strategie d’istruzione per orientare l’insegnante nella costruzione di ambienti di<br />

apprendimento gradualmente complessificati.<br />

L’apprendimento è subordinato, basato sulla trasmissione intenzionale di<br />

conoscenze <br />

un buon insegnamento si distingue dalla quantità di informazioni che riesce a<br />

veicolare attraverso la pratica ripetitiva.<br />

Il comportamentismo è stato infatti indicato come un sistema di insegnamento<br />

teacher-centered, centrato sulla figura dell’insegnante nella classe e sulla passiva<br />

ricezione delle informazioni.<br />

Il ruolo del comportamentismo nella storia dei modelli di<br />

apprendimento/insegnamento si è trasformato evolvendosi nell’attuale corrente<br />

dell’instructional design (Jonassen, Land, 2000) che ne ha recuperato l’impostazione<br />

classica, integrandola con i concetti di istruzione individualizzata e tecnologicamente<br />

avanzata.<br />

TEORIE DELL’APPREN<strong>DI</strong>MENTO - MODELLI TEORICI


Il cognitivismo e il costruttivismo (1/2)<br />

Tale modello considera il soggetto umano nella sua complessità e quindi non<br />

osservabile totalmente.<br />

Fa leva sull’unicità del soggetto.<br />

L’apprendimento è il frutto di un’elaborazione del soggetto in relazione all’ambiente<br />

esterno, fisico e culturale.<br />

La conoscenza perciò:<br />

•è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto;<br />

•è strettamente collegata alla situazione concreta in cui avviene l’apprendimento;<br />

•nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale.<br />

Non esistono conoscenze “giuste” o “sbagliate”.<br />

TEORIE DELL’APPREN<strong>DI</strong>MENTO - MODELLI TEORICI


Il cognitivismo e il costruttivismo (2/2)<br />

La conoscenza è “fare significato” cioè<br />

un’operazione di interpretazione creativa che<br />

lo stesso soggetto attiva tutte le volte che<br />

vuole comprendere la realtà che lo circonda<br />

(J. Bruner).<br />

La conoscenza è la costruzione<br />

di schemi operativi (J. Piaget)<br />

Citiamo tra i padri “moderni” del costruttivismo: Kelly George Herbert<br />

Mead, Jean Piaget, Heinz von Foerster, Niklas Luhmann, Paul Watzlawick<br />

e Lev Vygotskij.<br />

TEORIE DELL’APPREN<strong>DI</strong>MENTO - MODELLI TEORICI


Il costruttivismo<br />

In questo modello<br />

• l’insegnante non si limita a trasmettere informazioni, ma crea le condizioni per la<br />

costruzione del sapere;<br />

• l'apprendimento non è concepito come attività personale, ma come il risultato di<br />

una dimensione collettiva in un contesto definito.<br />

dovrebbe perciò:<br />

Un ambiente di taglio costruttivistico<br />

puntare alla costruzione della conoscenza più della sua riproduzione;<br />

presentare ambienti di apprendimento assunti dal mondo reale (casi concreti);<br />

permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto;<br />

favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, con negoziazione sociale.<br />

TEORIE DELL’APPREN<strong>DI</strong>MENTO - MODELLI TEORICI


Il costruttivismo<br />

Compiti<br />

Processi di<br />

modellamento<br />

collaborazione<br />

facilita<br />

specificati da<br />

Negoziazione sociale<br />

risulta in<br />

modelli mentali<br />

coinvolge<br />

compreso di<br />

Apprendimento situato<br />

definisce Problemi-casi<br />

contesto<br />

determinato da<br />

CONOSCENZA<br />

Facilitata da<br />

coaching<br />

Richiede ragionamento<br />

coinvolge<br />

negoziazione interna<br />

riflessione<br />

Derivato da<br />

Prospettive multiple<br />

costruzione<br />

supportato da<br />

Invenzione ed esplorazione<br />

Regolato da intenzioni<br />

ed aspettative<br />

TEORIE DELL’APPREN<strong>DI</strong>MENTO – MODELLI TEORICI


Verifica <strong>degli</strong> ambienti di apprendimento: metodologie di insegnamento<br />

L’insegnamento può essere:<br />

1. Apprendimento di abitudini<br />

2. Sequenze di istruzioni per organizzare strategie<br />

3. Condizionamento ed esercizio<br />

4. Spiegazione e comprensione<br />

5. Apprendimento collaborativo e socializzazione<br />

6. Preparazione finalizzata al rinforzo<br />

7. Preparazione calibrata e preparata al compito<br />

8. Conoscenza distribuita, mediata e condivisa<br />

9. Monitoraggio e verifica dell’apprendimento<br />

10. Revisione in itinere dell’insegnamento<br />

11. Controllo della classe attraverso segnali<br />

12. Organizzazione linguistica<br />

13. Programmazione didattica con obiettivi espliciti<br />

14. Attiva costruzione delle conoscenze<br />

SCHEDA METACOGNITIVA


Verifica <strong>degli</strong> ambienti di apprendimento: metodologie di insegnamento<br />

Insegnamento<br />

comportamentista<br />

Insegnamento<br />

cognitivista e<br />

costruttivista<br />

SCHEDA METACOGNITIVA


Verifica <strong>degli</strong> ambienti di apprendimento: metodologie di insegnamento<br />

Secondo me, l’insegnamento è:<br />

1. Apprendimento di abitudini<br />

2. Sequenze di istruzioni per organizzare strategie<br />

3. Condizionamento ed esercizio<br />

4. Spiegazione e comprensione<br />

5. Apprendimento collaborativo e socializzazione<br />

6. Preparazione finalizzata al rinforzo<br />

7. Preparazione calibrata e preparata al compito<br />

8. Conoscenza distribuita, mediata e condivisa<br />

9. Monitoraggio e verifica dell’apprendimento<br />

10. Revisione in itinere dell’insegnamento<br />

11. Controllo della classe attraverso segnali<br />

12. Organizzazione linguistica<br />

13. Programmazione didattica con obiettivi espliciti<br />

14. Attiva costruzione delle conoscenze<br />

SCHEDA METACOGNITIVA


Percorsi metodologico-operativi<br />

Dimensione<br />

soggettiva<br />

Domini culturali<br />

Congegni<br />

periferici<br />

Mediazione<br />

intersoggettiva<br />

Quando si apprende?<br />

Chi apprende?<br />

Cosa si apprende?<br />

Come si apprende?<br />

Dove si apprende?<br />

Con chi si apprende?<br />

Coordinate relative<br />

di sviluppo<br />

Sistema<br />

cognitivo/emotivo<br />

Specificità del<br />

dominio<br />

% apprendimento<br />

implicito<br />

% apprendimento<br />

esplicito<br />

Media nei contesti di<br />

apprendimento<br />

Costruzione della<br />

conoscenza<br />

Contesti formali, non<br />

formali, informali<br />

SISTEMA FORMATIVO INTEGRATO


Ambiti Tematici<br />

La costruzione del setting educativo<br />

La scelta dello stile pedagogico fra i diversi modelli di apprendimento<br />

Il bambino con “bisogni educativi<br />

speciali” – BIES<br />

“L’inclusive education”: modelli e<br />

strategie<br />

Il ruolo dell’insegnante/coach/allenatore<br />

L’attività motoria nei processi di<br />

integrazione per la costruzione di<br />

ambienti “inclusivi”<br />

Attività Fisica Adattata (APA)<br />

L’integrazione come processo<br />

“orizzontale”, reticolare, diffuso<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


Le situazioni più diffuse<br />

il bambino e la famiglia<br />

il bambino e la scuola<br />

il bambino immigrato<br />

Il bambino e il mondo<br />

medico<br />

il bambino e i servizi sociali<br />

• es. ipoaccudimento, iper-protezione, famiglie monoparentali o<br />

ricomposte<br />

• es. disturbi dell’apprendimento, bullismo, fobie scolastiche<br />

• es. biculturalismo e bilinguismo<br />

• il bambino malato di patologia somatica<br />

Rielaborato da L. TRISCIUZZI , Manuale di didattica per l’handicap, Roma - Bari, Laterza, 2009, p. 129.<br />

IL BAMBINO CON “BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI”


Il bambino con bisogni educativi speciali (1)<br />

Un bambino con Bisogni Educativi Speciali - Special Educational Needs (Ianes, 2005),<br />

è un bambino che presenta difficoltà nel percorso evolutivo - apprenditivo.<br />

si rimanda al concetto di sviluppo già trattato<br />

Per rilevare le principali aree di potenzialità o di carenze viene utilizzata la Diagnosi funzionale<br />

Che cos’è è la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato<br />

psico - fisico del soggetto in situazione di handicap<br />

Chi la fa un’unità multidisciplinare composta dal medico specialista della patologia, dallo<br />

specialista in neuropsicologia infantile, dal terapista della riabilitazione, dagli<br />

operatori sociali dell’ASL<br />

Cosa contiene l’anamnesi fisiopatologica e la diagnosi clinica. Tiene conto delle potenzialità<br />

registrabili in ordine agli aspetti: cognitivo, affettivo-relazionale, linguistico,<br />

sensoriale, motorio-prassico, neuropsicologico, autonomia personale-sociale.<br />

D. MILITO, La didattica speciale per il decondizionamento e l’integrazione, Roma, Anicia, 2002, p.17.<br />

IL BAMBINO CON “BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI”


Il bambino con bisogni educativi speciali (2)<br />

In questo quadro l’ICF aiuta a definire le diverse situazioni di bisogno educativo<br />

speciale sia se caratterizzate da problemi biologici, corporei e di attività personali<br />

sia se derivano da problemi contestuali, ambientali o da partecipazione sociale.<br />

Infatti, nell’ottica dell’ICF, un bisogno educativo speciale si può originare nella<br />

struttura e nelle funzioni corporee di un individuo dando luogo minorazioni<br />

sensoriali, motorie o cognitive; oppure nell’ambito delle attività personali,<br />

generando in questo caso difficoltà nella comunicazione, nel linguaggio,<br />

nell’autonomia personale e nell’interazione con gli altri. Ma si può anche originare,<br />

allo stesso modo, nell’ambito della partecipazione sociale determinando difficoltà<br />

a coinvolgersi nelle attività scolastiche; o ancora nei fattori contestuali ambientali<br />

a causa, ad esempio, delle barriere architettoniche, ma anche culturali e sociali<br />

quali i pregiudizi e gli stereotipi; o ancora nei fattori contestuali personali derivanti<br />

dallo scarso senso di autoefficacia, autostima o da problemi comportamentali che<br />

talvolta possono essere anche di particolare gravità (autolesionismo,<br />

autoemarginazione).<br />

L. CHIAPPETTA CAJOLA, Didattica per l’integrazione. Processi regolativi per l’innalzamento della qualità dell’istruzione, Roma, Anicia, 2008, pp.<br />

49-50.<br />

IL BAMBINO CON “BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI”


Tipologia di interventi<br />

APPREN<strong>DI</strong>MENTO E<br />

INCREMENTO <strong>DI</strong><br />

ABILITÀ E<br />

COMPORTAMENTI<br />

ADATTIVI<br />

INTERVENTI PER IL SUPERAMENTO DELLE<br />

<strong>DI</strong>FFICOLTÀ <strong>DI</strong> APPREN<strong>DI</strong>MENTO<br />

DUE IN<strong>DI</strong>RIZZI INTERCONNESSI E<br />

COMPLEMENTARI<br />

RIDUZIONE ED<br />

ELIMINAZIONE <strong>DI</strong><br />

COMPORTAMENTI<br />

PROBLEMATICI E<br />

DEVIANTI<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


Alcune tecniche di intervento<br />

SHAPING (MODELLAGGIO)<br />

TECNICA FINALIZZATA A PROMUOVERE UN GRADUALE MIGLIORAMENTO NEL SOGGETTO<br />

<strong>DI</strong>SABILE ACCOMPAGNANDOLO NEL PERSEGUIMENTO DELL’OBIETTIVO.<br />

PROMPTING<br />

TECNICA <strong>DI</strong> CONTROLLO DELLO STIMOLO ME<strong>DI</strong>ANTE LA QUALE SI FAVORISCE L’EMISSIONE <strong>DI</strong><br />

COMPORTAMENTI ADEGUATI E L’INIBIZIONE <strong>DI</strong> QUELLI INADEGUATI.<br />

MODELING<br />

TECNICA D’INSEGNAMENTO BASATA SULL’OSSERVAZIONE <strong>DI</strong> UN MODELLO E SULL’IMITAZIONE<br />

DEL SUO COMPORTAMENTO.<br />

CHAINING<br />

TECNICA ME<strong>DI</strong>ANTE LA QUALE I COMPORTAMENTI COMPLESSI VENGONO SUD<strong>DI</strong>VISI IN<br />

SEGMENTI, OGNUNO DEI QUALI VIENE SOTTOPOSTO AD UN <strong>DI</strong>STINTO PROCESSO <strong>DI</strong><br />

APPREN<strong>DI</strong>MENTO.<br />

D. MILITO, La didattica speciale per il decondizionamento e l’integrazione, Roma, Anicia, 2002, p. 137.<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


Per l’integrazione del bambino con “bisogni educativi speciali”<br />

Quali sono le strategie che si rivelano più<br />

efficaci nei percorsi di integrazione del<br />

bambino con “bisogni educativi speciali”?<br />

Insegnamento individualizzato<br />

Apprendimento cooperativo<br />

Metodologia del tutoring<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


Sull’insegnamento individualizzato<br />

Nei processi di integrazione viene privilegiato l’insegnamento individualizzato.<br />

Esso parte dal presupposto che nel processo didattico vadano assecondati stile, ritmi, tempi,<br />

peculiarità del soggetto che apprende.<br />

Tale insegnamento non può risolversi perciò nella dialettica docente-discente, ma chiama in<br />

causa<br />

Il gruppo<br />

Team teaching - Team learning<br />

entrambi godono di una<br />

particolare flessibilità e i<br />

membri del gruppo sono<br />

considerati a tutti gli effetti<br />

risorse.<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


La metodologia del tutoring (1)<br />

In piccoli gruppi<br />

della stessa classe<br />

A favore<br />

dell’ambiente<br />

Tutoring<br />

Allievo che<br />

insegna<br />

all’altro allievo<br />

Tra alunni di età<br />

diversa<br />

A favore del Tutor<br />

Imparare “insegnando”<br />

Impalcatura “cognitiva”<br />

(Scaffolding – J. Bruner)<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


La metodologia del tutoring (2)<br />

Allievo che<br />

insegna<br />

all’altro allievo<br />

Apprendimento<br />

individualizzato<br />

Maggior<br />

attenzione alla<br />

soggettività<br />

D. IANES, V. MACCHIA, La didattica per i Bisogni Educativi Speciali, Trento, Erickson, 2008<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


L’apprendimento cooperativo (Il cooperative learning)<br />

A Marco Polo che sta descrivendo un ponte, pietra per pietra Kublai Khan chiede:<br />

“Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?” “Il ponte” – risponde Marco Polo, -“<br />

non è sostenuto da questa o quella pietra ma dalla linea dell'arco che esse<br />

formano“ (I. Calvino, Le città invisibili)<br />

L’apprendimento cooperativo viene considerato il metodo più adatto per i<br />

processi di integrazione.<br />

Il cooperative learning può rappresentare una risposta ai nuovi bisogni educativi e<br />

di formazione, aiutando a sviluppare le abilità relazionali, a migliorare il clima di<br />

classe e riconoscere il gruppo come strumento di crescita<br />

(http://www.apprendimentocooperativo.it/Il-coop-learning/cos-è/introduzione/).<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


Le note distintive dell’apprendimento cooperativo<br />

Tale metodo promuove:<br />

un miglioramento delle relazioni interpersonali tra gli studenti,<br />

indipendentemente dalle differenze dovute alle capacità e alle caratteristiche di<br />

ciascuno;<br />

il rispetto e il riconoscimento di ciascuno quale persona competente;<br />

una maggiore consapevolezza dei punti di vista e delle diverse prospettive;<br />

il pensiero creativo, perché facilita la comunicazione e la condivisione di molte<br />

idee;<br />

il successo di tutti gli studenti del gruppo, in modo tale che ciascuno si senta<br />

competente<br />

http://www.apprendimentocooperativo.it/Il-coop-learning/cos-è/metodi-di-apprendimento/<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


I vantaggi dell’apprendimento cooperativo<br />

l’interdipendenza positiva e sinergica tra i membri del gruppo contribuisce ad<br />

alimentare un diffuso senso di responsabilità;<br />

Il gruppo inteso come microsistema favorisce modalità comunicative, interazioni<br />

verbali e socio-relazionali. I membri non sono raggruppati in base ad abilità simili,<br />

bensì diverse.<br />

Vengono promosse le competenze sociali.<br />

Gli studenti imparano ad apprezzare il valore della responsabilità individuale, della<br />

collaborazione, dell'aiuto, dell'accettazione del diverso da sé del contributo<br />

dell'altro, della conoscenza come sforzo condiviso. Tutti questi elementi sono alla<br />

base delle cosiddette 'comunità di apprendimento', verso le quali oggi gli esperti<br />

rivolgono una particolare attenzione.<br />

L’insegnante è vissuto ed interpretato come un animatore.<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


Un possibile schema<br />

Gruppi di lavoro<br />

Gruppi di studio<br />

Comunità virtuali Comunità virtuali<br />

Allievi<br />

Allievi<br />

Allievi<br />

Allievi<br />

Sapere<br />

Allievi<br />

Comunità reali<br />

Allievi<br />

Insegnanti<br />

Allievi<br />

Comunità apprendimento<br />

Groupware<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


L’applicazione e la diffusione dell’apprendimento cooperativo<br />

Un sicuro merito della diffusione della metodologia cooperativa va ai centri e ai gruppi di<br />

ricerca che operano negli Stati Uniti, in Canada, in Israele, in Olanda, in Inghilterra ed in molti<br />

altri paesi<br />

Nel nostro Paese è solo in questi ultimi anni che si è risvegliato l'interesse verso i metodi<br />

cooperativi come risposta alternativa all'apprendimento competitivo o individualistico o<br />

peggio di pseudogruppo, in cui le relazioni tra i membri sono di tipo "parassitario" senza<br />

alcuna condivisione di obiettivi e relazione di interdipendenza, in cui cioè la pseudointerazione<br />

di gruppo non conduce ad alcun processo di crescita individuale, né a livello<br />

cognitivo né a livello sociale.<br />

L'efficacia dell'apprendimento cooperativo, rispetto ai metodi individualistici e competitivi, è<br />

documentata da numerose ricerche, condotte soprattutto negli Stati Uniti.<br />

http://www.apprendimentocooperativo.it/Il-coop-learning/cos-è/metodi-di-apprendimento/<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


La resilienza<br />

Le dinamiche che spesso si instaurano in gruppi cooperativi rimandano al concetto<br />

di resilienza.<br />

Si intende con resilienza la capacità o il processo di una persona o di un gruppo di<br />

far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la<br />

propria vita, dopo aver vissuto situazioni particolarmente difficili o traumatiche.<br />

(http://www.superando.it/content/view/2558/120/).<br />

Il termine è mutuato dalla tecnologia, dove si definisce materiale resiliente:<br />

“un materiale che, a seguito di un colpo subito, abbastanza forte da non<br />

provocarne la rottura, torna nella sua forma originale».<br />

Questo fenomeno va tenuto in profonda considerazione perché prevede la presa in<br />

carico della persona con una prospettiva globale, facendo sì, cioè, di non ridurre la<br />

persona stessa solo ai suoi problemi, ma valorizzando anche le sue potenzialità,<br />

aiutandola a scoprirle e a diventare responsabile del proprio processo di<br />

cambiamento.<br />

LA COSTRUZIONE DEL SETTING EDUCATIVO


L’attività motoria nei processi d’integrazione<br />

Per illustrare il ruolo dell’attività nei processi di integrazione per la costruzione di<br />

ambienti “inclusivi” rimandiamo all’esperienza del Comitato di SPECIAL OLIMPICS.<br />

Special Olympics, attraverso l'organizzazione di allenamenti, competizioni atletiche<br />

ed eventi sportivi, utilizza lo sport come mezzo per una piena integrazione nella<br />

società delle persone con disabilità intellettiva.<br />

SPECIAL OLIPMPICS


L’attività motoria nei processi d’integrazione<br />

Special Olympics è l'organizzazione<br />

per persone con disabilità intellettiva<br />

più diffusa al mondo.<br />

E' stata fondata 40 anni fa da Eunice<br />

Kennedy Shriver .<br />

E’ riconosciuta dal CIO (Comitato Olimpico<br />

Internazionale).<br />

SPECIAL OLIMPICS : LA MISSION


L’attività motoria nei processi d’integrazione<br />

Special Olympics è presente in 180 Paesi<br />

al Mondo con:<br />

2.700.000 di Atleti<br />

25 discipline sportive<br />

1.000.000 di Volontari<br />

3.000.000 di Familiari<br />

200.000 Coach<br />

21.732 Giochi ogni anno<br />

SPECIAL OLIMPICS: LA MISSION


Special Olimpics nel mondo<br />

544.581 426.063 660.014<br />

243.319<br />

111.424<br />

81.884 467.735<br />

SPECIAL OLIMPICS NEL MONDO


Le regole ufficiali di Special Olimpics<br />

LE COMPETIZIONI DANNO L’OPPORTUNITA’ <strong>DI</strong> <strong>DI</strong>MOSTRARE LE ABILITA’ ACQUISITE<br />

IN ALLENAMENTO.<br />

A PRESCINDERE DA COME GLI ATLETI SI CLASSIFICANO, OGNI PERFORMANCE E’<br />

UNA VITTORIA PERSONALE.<br />

I REGOLAMENTI SONO STATI ADATTATI PER MASSIMIZZARE LA PARTECIPAZIONE <strong>DI</strong><br />

TUTTI GLI ATLETI.<br />

NELLE GARE SPECIAL OLYMPICS SI DEVONO INCORAGGIARE A PARTECIPARE ATLETI<br />

<strong>DI</strong> TUTTI I LIVELLI <strong>DI</strong> ABILITA’.<br />

SPECIAL OLIMPICS


La regola dello sforzo onesto<br />

Gli atleti devono partecipare onestamente e con il<br />

massimo dello sforzo a tutte le gare preliminari e/o<br />

finali.<br />

Gli allenatori devono incoraggiare i loro atleti a<br />

gareggiare sempre con il massimo impegno.<br />

Gli atleti e gli allenatori non devono essere offensivi<br />

nel linguaggio e nei gesti nei confronti di altri atleti, di<br />

altri allenatori, volontari, giudici, spettatori.<br />

SPECIAL OLIMPICS


Differenze con le altre organizzazioni sportive<br />

•Non ci sono costi per gli atleti<br />

•Opportunita’ sportive per tutti i livelli di abilita’<br />

•Divisioni per consentire competizioni eque<br />

•Premiazioni per tutti i partecipanti<br />

SPECIAL OLIMPICS


Requisiti per gli atleti (1)<br />

PERSONE CON <strong>DI</strong>SABILITA' INTELLETTIVA<br />

• Si manifesta prima dei 18 anni di età<br />

• Difficolta' di tipo cognitivo generale o intellettivo<br />

• Prestazioni in un test di intelligenza inferiore al punteggio di 70 (nei<br />

test piu' utilizzati) in QI (quoziente intellettuale)<br />

Cause biologiche genetiche (Sindrome di Down, di Williams, di<br />

Turner, di Klinefelter)<br />

Cause biologiche non genetiche:<br />

• Prenatali (rosolia, fumo, alcool)<br />

• Perinatali (prematurità, asfissia)<br />

• Postnatali (encefaliti, meningiti)<br />

Cause ambientali , uno svantaggio socio-culturale può produrre<br />

effetti negativi sull’apprendimento a chi ha una dotazione di partenza<br />

inferiore alla norma, maggiori in presenza di disturbi della personalità.<br />

SPECIAL OLIMPICS


Requisiti per gli atleti (2)<br />

Bambini al di sopra dei 5 ANNI<br />

Persone con deficit motori o<br />

sensoriali associati alla disabilità<br />

intellettiva<br />

SPECIAL OLIMPICS


Special Olimpics Italia<br />

E’ una Associazione Benemerita del CONI<br />

E’ presente dal 1983<br />

E’ presente su territorio<br />

nazionale<br />

Lavora costantemente<br />

con il Coni,<br />

le Federazioni e<br />

con 8 Enti di<br />

Promozione Sportiva<br />

SPECIAL OLIMPICS


Special Olimpics Italia<br />

10.000 Atleti<br />

200 Team<br />

10 discipline ufficiali:<br />

atletica, nuoto, basket, bocce, calcio, ginnastica, equitazione, tennis, sci<br />

alpino e sci nordico<br />

2 discipline sperimentali:<br />

rowing-canottaggio unificato, corsa con le racchette e snowboard<br />

7 discipline dimostrative:<br />

floor hockey, ciclismo, tennistavolo,bowling, golf e pallavolo<br />

SPECIAL OLIMPICS


L’atleta al centro<br />

Area<br />

Famiglie<br />

Area<br />

Tecnica<br />

AREA<br />

ATLETI<br />

Area<br />

Organizzativa<br />

Area<br />

Volontari<br />

Area Medico<br />

P.P.<br />

SPECIAL OLIMPICS


Giochi Special Olimpics<br />

Sono il momento della verifica del lavoro svolto...<br />

ma devono essere anche un momento di<br />

gratificazione e di crescita per ciascun Atleta<br />

ed un momento di condivisione per famiglie,<br />

Amici volontari...<br />

e di comunicazione per Autorità, Media,<br />

Stampa e l’intera comunità.<br />

Per questo hanno grande importanza<br />

Le cerimonie in stile olimpico...<br />

Le premiazioni per tutti con grande enfasi...<br />

Gli eventi collaterali di prestigio...<br />

La presenza e preparazione di Volontari<br />

SPECIAL OLIMPICS


Giochi Special Olimpics<br />

Sono un’ opportunità di crescita per tutti<br />

e per ciascuno a prescindere dal<br />

livello di disabilità<br />

Mettono in rilievo<br />

la performance di ciascuno<br />

Fanno misurare ad ognuno<br />

il proprio miglioramento<br />

individuale<br />

e collettivo<br />

mediante il confronto<br />

con Atleti e Squadre<br />

di pari abilità.<br />

Questo processo avviene attraverso le gare preliminari.<br />

SPECIAL OLIMPICS


Per uno Sport<br />

Non agonistico<br />

Non di élite<br />

Adattato alle<br />

potenzialità di ognuno<br />

SPECIAL OLIMPICS


Obiettivi<br />

• Apprendimento comportamenti<br />

• Sviluppo psico - fisico<br />

• Crescita educativa<br />

• Autonomia personale<br />

• Integrazione sociale<br />

Incremento autonomia<br />

SPECIAL OLIMPICS


Special Olimpics<br />

MEZZO<br />

SPORT e PERFORMANCES SPORTIVE<br />

non come FINE, ma come…<br />

PER SUPERARE LIMITI MOTORI<br />

E PSICOLOGICI<br />

STRUMENTO <strong>DI</strong> INTEGRAZIONE SOCIALE<br />

SPECIAL OLIMPICS


Giochi Mondiali Special Olimpics<br />

Durante gli ultimi Giochi per la prima volta al Mondo si è svolto un<br />

Torneo tra squadre di Unified Football<br />

SPECIAL OLIMPICS


Unified Sport<br />

dall’integrazione<br />

attraverso lo sport<br />

aIl’inclusione nel<br />

gioco e nello sport<br />

SPECIAL OLIMPICS


Sport Unificato<br />

Lo Sport Unificato in Special Olympics mette insieme atleti con e senza<br />

disabilità intellettiva per allenarsi e competere nella stessa squadra<br />

SPECIAL OLIMPICS


Sport Unificato<br />

SPORT UNIFICATO<br />

In tutte le discipline<br />

Individuali …<br />

SPECIAL OLIMPICS


E <strong>DI</strong> SQUADRA<br />

SPECIAL OLIMPICS


L’ATTIVITÀ SPORTIVA PER L’INTEGRAZIONE<br />

Per<br />

CONOSCERE<br />

e<br />

SVILUPPARE<br />

le qualità<br />

di<br />

ognuno<br />

SPECIAL OLIMPICS


L’ATTIVITÀ SPORTIVA PER L’INTEGRAZIONE<br />

perché<br />

nessuno è<br />

uguale<br />

ad un altro<br />

SPECIAL OLIMPICS


L’ATTIVITÀ SPORTIVA PER L’INTEGRAZIONE<br />

Perché nessuno possa sentirsi NON INCLUSO<br />

nel contesto sociale:<br />

LA <strong>DI</strong>VERSITÀ È UNA RISORSA<br />

SPECIAL OLIMPICS


L’ATTIVITÀ SPORTIVA PER L’INTEGRAZIONE<br />

Tutti<br />

possono e debbono poter usufruire delle grandi opportunità che<br />

l’attività fisica, il gioco e lo sport possono dare<br />

SPECIAL OLIMPICS


BENEFICI DELL’ATTIVITÀ SPORTIVA<br />

a livello<br />

fisico<br />

psicologico<br />

cognitivo<br />

SPECIAL OLIMPICS


PER COLTIVARE AMICIZIE…<br />

SPECIAL OLIMPICS


…PER CRESCERE INSIEME<br />

SPECIAL OLIMPICS


L’attività sportiva integrata<br />

… per<br />

condividere<br />

successi e<br />

impegni<br />

SPECIAL OLIMPICS


L’attività sportiva integrata<br />

per apprendere insieme nuovi sport<br />

SPECIAL OLIMPICS


Per cambiare atteggiamento!<br />

LO SPORT UNIFICATO E' UN PASSO AVANTI PER UN VERO<br />

CAMBIAMENTO CULTURALE<br />

SPECIAL OLIMPICS


“Che io possa vincere,<br />

ma se non riuscissi<br />

che io possa tentare,<br />

con tutte le mie forze”<br />

Giuramento dell’Atleta Special Olympics<br />

SPECIAL OLIMPICS


Per approfondimenti<br />

www.specialolympics.org<br />

www.specialolympics-eu.org<br />

www.specialolympics.it<br />

SPECIAL OLIMPICS


Grazie!<br />

www.specialolympics.it<br />

SPECIAL OLIMPICS

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