parte ii - circuiti elettrici ed elementi ideali - Fisica
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1. Introduzione ai <strong>circuiti</strong><br />
PARTE II<br />
CIRCUITI ELETTRICI ED ELEMENTI IDEALI<br />
I <strong>circuiti</strong> <strong>elettrici</strong> di cui ci occupiamo, e gli <strong>elementi</strong> che li costituiscono, vengono<br />
caratterizzati in termini delle due seguenti grandezze fisiche, che indicheremo nel seguito come<br />
grandezze elettriche:<br />
- differenza di potenziale o tensione, una grandezza del tipo "agli estremi", che si misura<br />
collegando uno strumento (voltmetro) tra due punti di un circuito;<br />
- intensità di corrente elettrica o corrente, una grandezza del tipo "attraverso", che si misura<br />
inserendo uno strumento (amperometro) in un punto del circuito.<br />
Tensioni e correnti sono grandezze reali, in generale dipendenti dal tempo.<br />
I <strong>circuiti</strong> sono costituiti dall'interconnessione di <strong>elementi</strong> <strong>ideali</strong>zzati, che sono descritti e<br />
definiti compiutamente dalle loro equazioni costitutive. Si considera un numero limitato di tipi<br />
diversi di <strong>elementi</strong>, che costituiscono dei modelli degli <strong>elementi</strong> reali corrispondenti,<br />
rappresentandone in modo sintetico il comportamento fisico essenziale.<br />
Per esempio, in ciascuno dei tre <strong>elementi</strong> passivi fondamentali (R, C, L) si evidenzia e si<br />
considera solo uno specifico effetto fisico, fra quelli descritti dalle equazioni di Maxwell. Nel<br />
resistore, si considera solo la relazione fra densità di corrente e campo elettrico in una regione di<br />
conducibilità elettrica finita (trascurando le correnti di spostamento e gli effetti di induzione<br />
magnetica come se si avesse =0, =0); nel condensatore, solo la relazione fra campo elettrico e<br />
corrente di spostamento in una regione di permeabilità elettrica finita (come se si avesse =0,<br />
µ=0); nell'induttore, solo il fenomeno dell'autoinduzione in una regione di permeabilità magnetica <br />
finita (come se fosse =0, =0) 1 .<br />
1 Dal momento che, in realtà, <strong>ed</strong> hanno sempre valore finito, si può anche dire che nel resistore ideale si considerano<br />
trascurabili l'energia magnetica e quella elettrostatica rispetto a quella dissipata per effetto Joule; nel condensatore<br />
ideale si considerano trascurabili l'energia magnetica e quella dissipata per effetto Joule rispetto all'energia<br />
elettrostatica; nell'induttore ideale ...<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 1<br />
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di <strong>Fisica</strong>
Per rendere conto del comportamento effettivo degli <strong>elementi</strong> reali di circuito si possono,<br />
naturalmente, usare modelli più complessi, come v<strong>ed</strong>remo fra breve, che però sono sempre ottenuti<br />
collegando assieme degli <strong>elementi</strong> <strong>ideali</strong>. Per esempio, per rappresentare l'effetto dell'autoinduzione<br />
in un resistore reale, si userà il modello costituito da un resistore ideale e da un induttore ideale<br />
disposti in serie.<br />
I vari <strong>elementi</strong> di circuito interagiscono fra loro solo in termini di tensioni e correnti, cioè<br />
soltanto attraverso i conduttori metallici che li interconnettono, supposti a loro volta <strong>ideali</strong>, nel<br />
senso di conduttori perfetti equipotenziali, privi di effetti capacitivi, induttivi e di irraggiamento.<br />
Quanto detto significa che i campi <strong>elettrici</strong> e magnetici, da cui dipende, rispettivamente. Il<br />
funzionamento dei condensatori e degli induttori, si suppongono strettamente confinati all'interno<br />
degli <strong>elementi</strong> stessi. Notiamo anzi, a questo proposito, che non vi è alcun elemento di circuito che<br />
rappresenti il fenomeno dell'irraggiamento.<br />
L'insieme delle interconnessioni tra gli <strong>elementi</strong> che costituiscono un circuito è descritto, a<br />
sua volta, da altre equazioni, dette equazioni topologiche. Queste non dipendono dalla natura degli<br />
<strong>elementi</strong> in gioco, ma solo dalla "topologia" dello schema di collegamento. Le equazioni complete<br />
dei <strong>circuiti</strong>, infine, si ottengono combinando le equazioni costitutive degli <strong>elementi</strong> con quelle<br />
topologiche che ne descrivono le interconnessioni ( <strong>parte</strong> III).<br />
Gli <strong>elementi</strong> dei <strong>circuiti</strong> sono di due tipi: a costanti distribuite e a costanti concentrate. In<br />
questi ultimi non ha importanza la distribuzione spaziale dell'energia, sicché essi si considerano<br />
puntiformi, privi di dimensioni fisiche. Il loro comportamento è descritto da equazioni costitutive<br />
che sono equazioni differenziali ordinarie. Negli <strong>elementi</strong> a costanti distribuite, invece, ha<br />
importanza la distribuzione spaziale dell'energia al loro interno, sicché non possiamo trascurarne le<br />
dimensioni (e la forma). Fra questi <strong>elementi</strong>, che sono descritti da equazioni differenziali a derivate<br />
parziali (per poter tener conto delle dipendenze spaziali, oltre che temporali, delle grandezze<br />
elettriche), rientrano le linee di trasmissione, che considereremo in un'altra <strong>parte</strong> del corso.<br />
In quanto segue ci occupiamo solo dei <strong>circuiti</strong> costituiti da <strong>elementi</strong> a costanti concentrate.<br />
Nei quali l'ipotesi costanti concentrate assume un duplice significato: quello già detto a proposito<br />
degli <strong>elementi</strong> che li costituiscono e quello relativo ai conduttori di collegamento, che si assumono<br />
equipotenziali a ogni istante di tempo. Per la validità di quest’ultima ipotesi, che non sempre è<br />
verificata in pratica, occorre dunque che le dimensioni del circuito siano sufficientemente piccole,<br />
rispetto alla lunghezza d'onda dei segnali, in modo da poter trascurare i ritardi di propagazione. In<br />
altre parole, occorre che i tempi di propagazione siano così brevi da essere trascurabili sulla scala<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 2<br />
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dei tempi che ci interessano. La dimensione L più estesa di un circuito a costanti concentrate in cui<br />
vi siano segnali di frequenza massima fM dovrà dunque soddisfare la condizione:<br />
(1) L
Prima di discutere in dettaglio i vari tipi di bipoli, è fisicamente significativo distinguerli a<br />
seconda del loro comportamento energetico. Si può avere, più precisamente:<br />
a) trasferimento irreversibile di energia (il bipolo assorbe dal circuito energia elettrica<br />
dissipandola poi in calore), che esce dal circuito definitivamente, come nel caso di un resistore;<br />
b) trasferimento reversibile vincolato di energia (il bipolo assorbe energia dal resto del<br />
circuito, a cui può restituirla; l'energia che esso possi<strong>ed</strong>e a ogni istante è ben definita e non può mai<br />
diventare negativa), come nel caso di un condensatore;<br />
c) trasferimento reversibile non vincolato di energia (il bipolo c<strong>ed</strong>e o assorbe energia senza<br />
vincoli, cioè si comporta come un accumulatore di capacità idealmente infinita) fra il circuito e<br />
un'altra struttura fisica, come nel caso di una pila reversibile.<br />
Notiamo infine che in un circuito costituito da più bipoli la somma delle potenze elettriche<br />
assorbite da ciascuno di essi è nulla a ogni istante<br />
(3) k vk(t) ik(t) = 0<br />
stabilendo così una relazione di ortogonalità fra il vettore costituito dalle tensioni e quello costituito<br />
dalle correnti. La (3) è una conseguenza del principio di conservazione dell'energia: ad ogni istante<br />
l'energia (con segno positivo secondo la nostra convenzione) assorbita da una <strong>parte</strong> dei bipoli è<br />
esattamente uguale a quella (negativa) fornita dagli altri, dal momento che i conduttori di<br />
collegamento sono supposti perfetti.<br />
3. Le leggi di Kirchhoff<br />
Le tensioni e le correnti di qualsiasi circuito debbono soddisfare le due leggi di Kirchhoff,<br />
che nella teoria dei <strong>circuiti</strong> vengono assunte come postulati (è ben noto, d'altra <strong>parte</strong>, che queste<br />
leggi derivano dalle equazioni di Maxwell).<br />
La prima di esse, chiamata legge delle correnti (in inglese KCL) stabilisce che, a qualsiasi<br />
istante di tempo, la corrente totale attraverso una qualsiasi superficie chiusa è nulla, esprimendo<br />
così la conservazione della carica elettrica. Se la superficie chiusa viene fatta passare attraverso i<br />
terminali degli <strong>elementi</strong> del circuito, si scriverà:<br />
k ik(t) = 0<br />
dove la sommatoria è estesa a tutte le correnti ik(t) che attraversano la superficie, per esempio<br />
assegnando verso positivo alle correnti entranti, negativo a quelle uscenti. Se la superficie<br />
considerata racchiude soltanto un bipolo, si conclude che la corrente che entra in un terminale è<br />
uguale a quella che esce dall'altro.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 4<br />
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La seconda legge di Kirchhoff, o legge delle tensioni (in inglese KVL), stabilisce che, a<br />
qualsiasi istante di tempo, la somma algebrica delle differenze di potenziale fra i terminali degli<br />
<strong>elementi</strong> che costituiscono un circuito chiuso è nulla 3 :<br />
(5) k vk(t) = 0<br />
Per applicare questa legge, partiamo da un nodo del circuito e individuiamo un circuito chiuso,<br />
costituito da una catena di k <strong>elementi</strong> collegati fra loro che ci riporti al punto di <strong>parte</strong>nza, e gli<br />
assegniamo arbitrariamente un verso di percorrenza. Il segno da attribuire alle tensioni vk degli<br />
<strong>elementi</strong>, che sommeremo assieme nella (5), sarà positivo per quelle concordi col verso di<br />
percorrenza del circuito chiuso, negativo per le altre.<br />
Esempio di applicazione delle leggi di Kirchhoff<br />
KCL (linea continua): -i1 -i2 + i4 + i6 = 0<br />
KVL (linea tratteggiata): v5 - v2 - v4 = 0<br />
E' chiaro che, in generale, ciascuna delle due leggi può essere applicata più volte a un dato circuito,<br />
ottenendo così più relazioni fra le grandezze elettriche; anticipiamo qui che un punto chiave degli<br />
sviluppi successivi sarà quello di individuare, di queste relazioni, un numero minimo, ma sufficiente<br />
a caratterizzare completamente il circuito.<br />
Un'altra, essenziale, osservazione: le leggi di Kirchhoff sono rappresentate da equazioni<br />
algebriche lineari omogenee nelle grandezze elettriche e non dipendono dalla natura fisica degli<br />
<strong>elementi</strong> del circuito, ma solo dal loro numero e da come essi sono collegati, cioè soltanto dalla<br />
"topologia del circuito".<br />
E' interessante notare che la relazione (3), che avevamo stabilito in base al principio di conservazione<br />
dell'energia, può essere d<strong>ed</strong>otta direttamente dalle leggi di Kirchhoff, cioè senza richi<strong>ed</strong>ere considerazioni energetiche.<br />
Consideriamo un circuito costituito da bipoli. Siano vk' e ik' le grandezze elettriche associate al bipolo generico in una<br />
generica situazione (per esempio a un certo istante), tutte evidentemente compatibili con le leggi di Kirchhoff. Siano vk"<br />
e ik" le stesse grandezze in un'altra situazione (per esempio a un altro istante). Si dimostra che è sempre valida la<br />
seguente relazione, che prende il nome di teorema di Tellegen:<br />
k vk' ik" = 0<br />
3 Questa legge esprime la conservatività del campo elettrico all'esterno degli <strong>elementi</strong> induttivi e dei generatori di<br />
tensione, tenendo presente che le tensioni ai terminali di questi <strong>elementi</strong> sono determinate da opportune forze<br />
elettromotrici e ricordando che i campi magnetici si suppongono confinati all'interno degli <strong>elementi</strong> induttivi.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 5<br />
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A questo risultato si arriva esprimendo nella (6) le tensioni fra le coppie dei morsetti dei bipoli come differenze fra le<br />
tensioni dei due morsetti rispetto a un riferimento comune: vk = vk+ - vk-; e poi applicando la legge delle correnti alle<br />
superfici chiuse che intersecano i bipoli collegati ai due morsetti di ciascuno degli <strong>elementi</strong> del circuito. Per il morsetto<br />
generico, e quindi per tutti i morsetti, si ha allora i=0, per qualsiasi situazione elettrica (in particolare i"=0), da cui<br />
segue la (6). Dalla (6), nel caso particolare vk"=vk' e ik"=ik', si riottiene la (3).<br />
4. Elementi a più terminali, reti a due porte<br />
Negli <strong>elementi</strong> che possi<strong>ed</strong>ono più di due terminali, chiamati multipolari, le leggi di<br />
Kirchhoff stabiliscono dei vincoli sia fra le correnti che fra le tensioni. E' evidente, per esempio, che<br />
per un elemento a n terminali sarà sufficiente conoscere le n-1 correnti che scorrono in n-1 terminali<br />
per determinare univocamente la corrente nell'n-esimo, che si potrà assumere come "riferimento"<br />
comune. Discorso analogo vale per le tensioni, quando se ne conoscano n-1 rispetto a un terminale<br />
comune, perché allora saranno individuate anche le differenze di potenziale fra tutte le possibili<br />
coppie di terminali.<br />
Anche qui conviene scegliere i versi delle tensioni e delle correnti in modo coordinato:<br />
positive tutte le correnti entranti negli n-1 terminali diversi da quello di riferimento; positive tutte le<br />
tensioni rispetto a quest'ultimo.<br />
Certi <strong>elementi</strong> multipolari possi<strong>ed</strong>ono particolari coppie di terminali, che godono della<br />
proprietà che la corrente che entra in un terminale è uguale a quella che esce dall'altro. In tal caso la<br />
coppia di terminali prende il nome di porta. E qui notiamo che qualsiasi bipolo, evidentemente, è<br />
una rete a una porta.<br />
I quadrupoli che godono della proprietà anzidetta prendono il nome di reti due porte o<br />
doppi bipoli: il numero totale delle grandezze elettriche che li caratterizza è quattro (anziché sei<br />
come nel caso di un quadrupolo generico). Qualsiasi quadrupolo, d'altra <strong>parte</strong>, può essere sempre<br />
rappresentato come una rete a tre porte; un n-polo, come una rete a n-1 porte.<br />
Il concetto di porta presenta particolare interesse ai fini della caratterizzazione esterna di un<br />
circuito. Diventa così possibile,<br />
infatti, rappresentare<br />
sinteticamente (in termini delle<br />
sole relazioni fra le grandezze<br />
elettriche alle porte) <strong>circuiti</strong><br />
comunque complessi, che in tal<br />
modo possono essere considerati come <strong>elementi</strong> funzionali che costituiscono a loro volta i<br />
componenti di sistemi più complessi. In particolare, un circuito comunque complesso che sia<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 6<br />
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collegato ad altri <strong>elementi</strong> solo attraverso due dei suoi terminali, può essere rappresentato molto<br />
semplicemente come una rete a una porta, cioè un bipolo.<br />
PROPRIETA' GENERALI DEGLI ELEMENTI E DEI CIRCUITI<br />
Per quanto riguarda le proprietà generali degli <strong>elementi</strong> e dei <strong>circuiti</strong>, che sono<br />
evidentemente sistemi analogici a tempo continuo, rimandiamo a quanto detto nella prima <strong>parte</strong> del<br />
corso. Ricordiamo in particolare le proprietà di stazionarietà (invarianza temporale) e di linearità,<br />
che supponiamo poss<strong>ed</strong>ute da tutti gli <strong>elementi</strong> e <strong>circuiti</strong> che consideriamo in questa <strong>parte</strong>. Notiamo<br />
peraltro che le leggi generali di Kirchhoff (4) e (5), come pure la conservazione dell'energia (3),<br />
sono valide comunque, anche per <strong>circuiti</strong> nonlineari e/o non stazionari.<br />
Accenniamo ora a due proprietà, passività e reciprocità, che hanno particolare interesse nei <strong>circuiti</strong>.<br />
5. Passività<br />
Un bipolo si dice passivo se l'energia da esso assorbita dal tempo - a un generico istante t è<br />
non negativa, a qualunque circuito esso venga collegato:<br />
t t<br />
<br />
(7) p d v i d 0<br />
<br />
Ciò significa, in altre parole, che un bipolo passivo non è in grado di fornire energia a un circuito<br />
esterno, a <strong>parte</strong> quella eventualmente immagazzinata prec<strong>ed</strong>entemente al suo interno . Altrimenti il<br />
bipolo si dice attivo.<br />
La stessa definizione può essere estesa a una rete a più terminali e in particolare a una a più<br />
porte; in quest'ultimo caso la potenza p(t) sarà espressa dalla sommatoria dei prodotti v(t)i(t) relativi<br />
alle porte del circuito (con l'avvertenza che i versi delle grandezze elettriche siano definiti nel modo<br />
coordinato detto prima). Notiamo infine che è passivo solo un circuito che sia costituito unicamente<br />
da <strong>elementi</strong> passivi.<br />
Una importante condizione di passività di una rete è che la <strong>parte</strong> reale dell’imp<strong>ed</strong>enza<br />
(dell’ammettenza), fra due terminali qualsiasi della rete, sia positiva per qualsiasi frequenza.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 7<br />
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Supponiamo che la tensione applicata da un generatore esterno a una porta di una rete sia v(t) = V cos(t+v) = Re[V<br />
e jt ], dove V=V e jv e V=|V|. La corrente che scorre nella porta in regime sinusoidale permanente sarà evidentemente:<br />
i(t) = I cos(t+i) = Re[I e jt ], dove I=I e ji e I=|I|. La potenza istantanea assorbita dalla rete alla porta considerata è<br />
allora: p(t) = v(t) i(t) = VI cos(t+v) cos(t+i) = ½ VI cos(v - i) + ½ VI cos(2t+v+i).<br />
Dato che il valor m<strong>ed</strong>io del secondo termine a destra è nullo, la potenza m<strong>ed</strong>ia assorbita in regime sinusoidale è:<br />
Pm = ½ VI cos(v - i); in termini di valori efficaci si ha la formula di Galileo Ferraris Pm = Veff Ieff cos(v - i).<br />
Si nota che l'argomento v - i è uguale all'angolo di fase dell'imp<strong>ed</strong>enza Z(j) della rete alla frequenza angolare .<br />
Inoltre, dato che Z(j) = V / I = (V/I) exp(j(v - i)), Y(j)=1/Z(j), si può esprimere la potenza m<strong>ed</strong>ia nelle due forme<br />
seguenti:<br />
Pm = ½ I 2 Re[Z(j)] = ½ V 2 Re[Y(j)]<br />
Se una rete a una porta è passiva, la potenza m<strong>ed</strong>ia assorbita da essa deve essere non negativa a qualsiasi frequenza, e<br />
allora, per quanto sopra, sia l'imp<strong>ed</strong>enza che l'ammettenza della rete devono avere <strong>parte</strong> reale non negativa a qualsiasi<br />
frequenza, cioè deve essere:<br />
(7a) Re[Z(j)] 0 ; Re[Y(jω)] 0 per qualsiasi <br />
D'altra <strong>parte</strong>, se vi è una frequenza a cui la (7a) non è verificata, allora la rete è attiva.<br />
Notiamo infine che per quanto riguarda la potenza istantanea assorbita da una rete non vale evidentemente il<br />
principio di sovrapposizione degli effetti. Questo è, invece, verificato per quanto riguarda la potenza m<strong>ed</strong>ia nel caso di<br />
un circuito in regime permanente sinusoidale, quando l'ingresso sia costituito dalla somma di più sinusoidi a frequenze<br />
diverse. La dimostrazione è basata sull'ortogonalità fra sinusoidi di frequenza diversa.<br />
6. Reciprocità<br />
La reciprocità è una proprietà che stabilisce delle relazioni fra gli effetti di eccitazioni<br />
applicate in punti diversi di un circuito.<br />
Consideriamo una rete costituita da bipoli e da <strong>elementi</strong> a più porte, riconducibile quindi a<br />
una rete di bipoli. Se in serie a un bipolo h disponiamo un generatore di tensione vo(t), nel bipolo k<br />
scorrerà una corrente corrispondente, che indichiamo con ikh(t) (questa corrente, per la linearità del<br />
circuito, si somma a quella determinata dalle altre eventuali eccitazioni del circuito, di cui qui non<br />
ci occupiamo). Disponendo lo stesso generatore in serie al bipolo k, nel bipolo h scorrerà la<br />
corrispondente corrente ihk(t).<br />
Allo stesso modo, se colleghiamo un generatore di corrente io(t) fra una coppia H di<br />
terminali dei bipoli del circuito, fra la coppia K si stabilirà la tensione vKH(t) (anche qui, in aggiunta<br />
a quella determinata da eventuali altre eccitazioni). Disponendo lo stesso generatore in parallelo alla<br />
coppia di terminali K, fra la coppia H si stabilirà la tensione vHK(t).<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 8<br />
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Diciamo che il circuito è reciproco se<br />
(8) ihk(t) = ikh(t) ; vHK(t) = vKH(t)<br />
per tutte le coppie h e k di bipoli, e per tutte le coppie H e K di terminali del circuito.<br />
Da quanto sopra consegue che in un circuito reciproco è possibile scambiare fra loro di<br />
posto un generatore di tensione (di corrente) e un amperometro (un voltmetro) senza che si<br />
modifichi l'indicazione dello strumento. Il significato della reciprocità può essere dunque<br />
interpretato così: l'effetto non si modifica se scambiamo fra loro la posizione della causa con quella<br />
dell'effetto.<br />
Chiariamo quanto detto con l'esempio illustrato nella figura, relativo a una rete costituita da<br />
tre resistori. Disponendo il generatore vo in serie al bipolo 1, nel bipolo 3 scorre la corrente i31.<br />
Disponendo vo in serie al bipolo 3, nel bipolo 1 scorre la corrente i13. Si dimostra facilmente che<br />
i31 = i13, per qualsiasi valore dei tre resistori.<br />
Notiamo che la reciprocità è<br />
una proprietà diversa dalla passività.<br />
Sebbene la quasi totalità degli<br />
<strong>elementi</strong> passivi e delle reti passive da essi costituite goda della proprietà di reciprocità, vi sono<br />
alcuni esempi di <strong>elementi</strong> reali passivi non reciproci (dispositivi a microonde costituiti da strutture<br />
contenenti ferriti, dispositivi a effetto Hall). Si dimostra, d'altra <strong>parte</strong>, che una rete costituita da<br />
bipoli passivi lineari stazionari è sempre reciproca.<br />
Diverso è il caso delle reti contenenti <strong>elementi</strong> attivi, in particolare generatori controllati,<br />
che sono certamente non reciproche; è evidente, infatti, che l'effetto della tensione d'ingresso di un<br />
amplificatore sulla corrente d'uscita è alquanto diverso da quello della stessa tensione, applicata in<br />
uscita, sulla corrente d'ingresso del circuito.<br />
1 2 3 1 2 3<br />
vo +<br />
-<br />
vo +<br />
-<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 9<br />
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di <strong>Fisica</strong><br />
i31<br />
i13
7. Resistore<br />
ELEMENTI IDEALI DEI CIRCUITI<br />
ELEMENTI BIPOLARI<br />
Il resistore ideale è descritto dall'equazione costitutiva:<br />
(9) v(t) = R i(t) ovvero i(t) = G v(t)<br />
dove G=1/R. La costante reale R, chiamata resistenza, si misura in ohm (); la costante reale G,<br />
chiamata conduttanza, si misura in siemens (S). Se la costante R è positiva si ha il resistore passivo,<br />
che costituisce un ottimo modello dei resistori reali; se è negativa, si ha il resistore attivo 4 ; se è<br />
nulla, l'elemento degenera in un cortocircuito.<br />
Dato che la (9) è un'equazione algebrica, il resistore è un dispositivo statico, privo di<br />
memoria; la conseguenza è che, nel caso di segnali variabili nel tempo, le forme d'onda della<br />
corrente e della tensione sono identiche, a <strong>parte</strong> il fattore di scala stabilito dalla (9).<br />
frequenza:<br />
In regime sinusoidale permanente l'imp<strong>ed</strong>enza del resistore è reale e indipendente dalla<br />
(10) Z(j) = R<br />
sicché la fase della corrente coincide con quella della tensione.<br />
La funzione del resistore positivo è quella di puro assorbitore di energia. Quando viene<br />
attraversato da una corrente i(t), esso assorbe, dissipandola in calore per effetto Joule, l'energia<br />
t t<br />
2 2<br />
(11) <br />
<br />
E t R i d G v d<br />
0 0<br />
Si dimostra facilmente che disponendo in serie dei resistori Rk essi si comportano come un<br />
unico resistore di resistenza R = k Rk. Analogamente, disponendo in parallelo dei resistori di<br />
conduttanza Gk, essi si comportano come un unico resistore di conduttanza G = k Gk.<br />
L'applicazione ripetuta delle due regole prec<strong>ed</strong>enti permette spesso di semplificare l'analisi dei<br />
<strong>circuiti</strong>.<br />
4 Il resistore attivo, più precisamente il resistore differenziale attivo, costituisce un modello sia di alcuni dispositivi fisici<br />
(per esempio il diodo tunnel), sia di particolari <strong>circuiti</strong> comprendenti <strong>elementi</strong> attivi.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 10<br />
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di <strong>Fisica</strong>
8. Condensatore<br />
Il condensatore ideale è descritto dall'equazione costitutiva:<br />
(12) <br />
<br />
dv t<br />
1<br />
i t C ovvero v t i d v<br />
dt C <br />
0<br />
t<br />
0 dove la costante reale C, chiamata capacità, si misura in farad (F); v(0) rappresenta la tensione del<br />
condensatore al tempo t = 0. Se la costante C è positiva si ha il condensatore passivo, che<br />
costituisce un buon modello dei condensatori reali; se è negativa, si ha il condensatore attivo 5 ; se è<br />
nulla, l'elemento degenera in un circuito aperto.<br />
La (12) è un'equazione differenziale (integrale) e pertanto il condensatore è un dispositivo<br />
dinamico, dotato di memoria; la conseguenza è che, nel caso di segnali variabili nel tempo, le forme<br />
d'onda della corrente e della tensione sono diverse. Si nota, in particolare, che l'andamento della<br />
corrente è soggetto a variazioni più rapide di quello della tensione (che ne costituisce l'integrale). In<br />
particolare, se la tensione è costante la corrente è nulla: nei <strong>circuiti</strong> in continua, pertanto, un<br />
condensatore si comporta come un circuito aperto.<br />
In regime sinusoidale permanente l'imp<strong>ed</strong>enza del condensatore è immaginaria e<br />
inversamente proporzionale alla frequenza:<br />
(13) Z(jjC<br />
Si conclude dalla (13) che la fase della corrente è in anticipo di /2 rispetto a quella della tensione.<br />
E' molto importante osservare che nessun condensatore reale ubbidisce effettivamente alla<br />
(12), quando si considerino tempi sufficientemente lunghi, nè alla (13) quando si considerino<br />
frequenze sufficientemente basse. Infatti qualsiasi condensatore reale è inevitabilmente soggetto a<br />
fenomeni di autoscarica a causa di vari effetti fisici, che si manifestano in modo evidente quando<br />
l'elemento si trova a circuito aperto.<br />
Introducendo nella (12) la carica elettrica q poss<strong>ed</strong>uta dal condensatore, si ottiene la<br />
seguente relazione di proporzionalità diretta 6 fra carica e tensione:<br />
t<br />
<br />
q t i d Cv t<br />
5 Questo costituisce un modello di particolari <strong>circuiti</strong> comprendenti <strong>elementi</strong> attivi.<br />
<br />
<br />
6 Ciò significa che se avessimo definito come grandezze elettriche fondamentali la tensione e la carica, il condensatore<br />
sarebbe un elemento statico (con questa definizione, d'altra <strong>parte</strong>, il resistore risulterebbe dotato di memoria).<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 11<br />
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di <strong>Fisica</strong>
La funzione del condensatore positivo è quella di puro immagazzinatore di energia. Questo<br />
elemento, collegato a un circuito, può infatti assorbire oppure c<strong>ed</strong>ere energia, col vincolo però che<br />
l'energia c<strong>ed</strong>uta sia minore o uguale a quella immagazzinata nell'elemento (trasferimento vincolato<br />
di energia). L'energia immagazzinata in un condensatore a un dato istante t dipende solo dalla<br />
tensione v(t) a quello stesso istante:<br />
(14) <br />
2<br />
<br />
t t dv C v t<br />
E t v i d C v d<br />
<br />
<br />
che rappresenta dunque lo stato dell'elemento.<br />
0 0 d<br />
2<br />
La disposizione in serie di più condensatori equivale a un unico condensatore di capacità<br />
pari all'inverso della somma degli inversi delle capacità di questi; la disposizione in parallelo, a un<br />
condensatore di capacità pari alla somma delle capacità.<br />
Un caso particolare interessante è quello dei <strong>circuiti</strong> costituiti esclusivamente da<br />
condensatori. Le relazioni fra le tensioni che si stabiliscono in questi <strong>circuiti</strong> sono infatti di natura<br />
algebrica e non differenziale. Un esempio semplicissimo è quello del partitore capacitivo mostrato<br />
nella figura. Supponendo che le tensioni v1 e v2 siano determinate dall'applicazione di un generatore<br />
ideale di tensione quando i condensatori C1 e C2 si trovano nello stato di riposo, si ha:<br />
C<br />
v v<br />
1 tt 2 1<br />
C1C2 9. Induttore<br />
(15) <br />
L'induttore ideale è descritto dall'equazione costitutiva:<br />
<br />
di t<br />
1<br />
v t L ovvero i t v d i<br />
dt L <br />
0<br />
t<br />
0 dove la costante reale L, chiamata induttanza, si misura in henry (H); i(0) rappresenta la corrente<br />
nell'induttore al tempo t=0. Se la costante L è positiva si ha l'induttore passivo, che costituisce un<br />
modello per gli induttori reali 7 ; se è negativa, si ha l'induttore attivo (di scarso interesse pratico); se<br />
è nulla, l'elemento degenera in un cortocircuito.<br />
7 Con l'eccezione degli induttori superconduttori, il comportamento degli induttori reali, realizzabili in pratica,<br />
differisce da quello ideale ancor più che nel caso dei condensatori reali.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 12<br />
Università di Roma Sapienza - Dipartimento di <strong>Fisica</strong>
La (15) è un'equazione differenziale (integrale) e pertanto l'induttore è un dispositivo<br />
dinamico, dotato di memoria; la conseguenza è che, nel caso di segnali variabili nel tempo, le forme<br />
d'onda della corrente e della tensione sono diverse. Si nota, in particolare, che l'andamento della<br />
tensione è soggetto a variazioni più rapide di quello della corrente (che ne costituisce l'integrale). In<br />
particolare, se la corrente è costante la tensione è nulla: nei <strong>circuiti</strong> in continua, pertanto, un<br />
induttore si comporta come cortocircuito.<br />
In regime sinusoidale permanente l'imp<strong>ed</strong>enza dell'induttore è immaginaria e direttamente<br />
proporzionale alla frequenza:<br />
(16) Z(j) = jL<br />
Si conclude dalla (16) che la fase della corrente è in ritardo di /2 rispetto a quella della tensione.<br />
E' importante osservare che nessun induttore reale (neanche gli induttori superconduttori,<br />
che tuttavia presentano caratteristiche molto prossime a quelle <strong>ideali</strong>) ubbidisce effettivamente alla<br />
(15), quando si considerino tempi sufficientemente lunghi, nè alla (16) quando si considerino<br />
frequenze sufficientemente basse. Qualsiasi induttore è infatti inevitabilmente soggetto a fenomeni<br />
di autoscarica a causa di vari di effetti fisici, che si manifestano in modo particolarmente evidente<br />
quando l'elemento si trova in cortocircuito.<br />
Introducendo nella (15) il flusso magnetico (t) prodotto dalla corrente i(t) quando<br />
attraversa l'induttore, si ottiene una relazione di proporzionalità diretta fra flusso e corrente:<br />
t<br />
t vd Li t <br />
<br />
<br />
<br />
La funzione dell'induttore positivo è quella di puro immagazzinatore di energia, con<br />
comportamento energetico simile a quello del condensatore (trasferimento vincolato di energia).<br />
L'energia immagazzinata in un induttore a un dato istante t dipende solo dalla corrente i(t) a quello<br />
stesso istante:<br />
(17) <br />
2<br />
<br />
t t di Li t<br />
E t v i d L i d<br />
<br />
<br />
che rappresenta dunque lo stato dell'elemento.<br />
0 0 d<br />
2<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 13<br />
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La disposizione in serie di più induttori equivale a un unico induttore di induttanza pari alla<br />
somma delle induttanze di questi; la disposizione in parallelo, a un induttore di induttanza pari<br />
all'inverso della somma degli inversi delle induttanze.<br />
Anche nel caso dei <strong>circuiti</strong> costituiti esclusivamente da induttori si trovano relazioni di<br />
natura algebrica e non differenziale, fra le correnti e i flussi magnetici. Ma si tratta di <strong>circuiti</strong> di<br />
limitato interesse pratico.<br />
10. Circuiti equivalenti dei bipoli passivi reali<br />
I resistori sono disponibili con una gamma di valori che si estendono dai milliohm ai<br />
teraohm (1 T = 10 12 ); i valori delle serie più comuni sono compresi fra 10 e 22 M. I resistori<br />
sono costruiti in vari modi: avvolgendo un filo conduttore su un supporto isolante (resistori a filo),<br />
depositando un sottile strato di metallo o di altro materiale conduttore su un supporto isolante<br />
(resistori a strato metallico e a strato di carbone), pressando ad alta temperatura una miscela di<br />
carbone, legante e sostanze isolanti (resistori a impasto o a composizione).<br />
Qui ricordiamo che in un conduttore metallico percorso da una corrente variabile la<br />
distribuzione della corrente non è uniforme nella sua sezione, ma si addensa verso la periferia<br />
(effetto pelle o effetto Kelvin, skin effect) a causa delle correnti parassite autoindotte nel metallo.<br />
Nel caso di una corrente alternata, la resistenza del conduttore aumenta dunque al crescere della<br />
frequenza. Se questa è sufficientemente elevata, la corrente scorre quasi esclusivamente nella<br />
periferia del conduttore, in uno straterello con spessore dell'ordine di (µ) -½ , dove è la<br />
conducibilità elettrica e la permeabilità magnetica. In queste condizioni, la resistenza di un<br />
conduttore metallico cilindrico di diametro d e lunghezza L, è data dalla seguente formula di Lord<br />
Kelvin:<br />
(18) R<br />
<br />
L <br />
<br />
d2 Nel modello di un resistore reale, per tener conto dell'effetto di autoinduzione (che è<br />
particolarmente rilevante nei resistori a filo, assai meno in quelli a composizione) si dispone un<br />
induttore di valore opportuno in serie al resistore ideale; per tener conto delle capacità parassite (fra<br />
cui, inevitabile, quella tra i terminali),<br />
si dispone un condensatore in parallelo<br />
al resistore ideale.<br />
Circuito equivalente di un Circuito equivalente di un<br />
resistore reale (a impasto) resistore reale (a filo)<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 14<br />
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Al crescere della frequenza, l'andamento dell'imp<strong>ed</strong>enza è prima resistivo, poi induttivo oppure<br />
capacitivo (a seconda della struttura dell'elemento) sino a che si verificano anche fenomeni di<br />
risonanza.<br />
Esercizio 1. Tracciare i diagrammi del modulo dell'imp<strong>ed</strong>enza in funzione della frequenza per i due <strong>circuiti</strong> equivalenti<br />
mostrati nella figura, assumendo in entrambi R = 1000 e C = 1pF, nel primo L = 1 µH, nel secondo L = 0.1 µH.<br />
Esercizio 2. Individuare una geometria atta a minimizzare l’induttanza parassita di un resistore realizzato usando un<br />
filo metallico di lunghezza data.<br />
Nei resistori a impasto e in quelli a carbone di alto valore, oltre alle capacità parassite fra i terminali<br />
(e fra l'elemento e massa), intervengono anche le capacità distribuite interne fra le particelle<br />
conduttrici, separate da materiale isolante, che li costituiscono. L'azione di queste ultime capacità fa<br />
sì che il valore della resistenza diminuisca al crescere della frequenza 8 : questo fenomeno è chiamato<br />
effetto Boella.<br />
Anche i condensatori sono disponibili su una estesa gamma di valori, dai picofarad ai farad;<br />
nelle serie più comuni i valori sono compresi fra qualche pF e qualche centinaio di F. Le<br />
tecnologie realizzative sono molto varie, anche perché si usa un'ampia varietà di geometrie e di<br />
materiali di<strong>elettrici</strong>: aria, mica, materiali plastici, materiali ceramici, ... I valori maggiori di capacità<br />
si ottengono nei condensatori realizzati con un proc<strong>ed</strong>imento elettrolitico (questi ultimi, a differenza<br />
degli altri, hanno polarità definita), fra cui i cosiddetti “supercondensatori”, utilizzati in applicazioni<br />
di potenza, con capacità fino a migliaia di farad.<br />
Gli effetti dissipativi che si verificano nei conduttori (incluse le armature) si rappresentano<br />
disponendo un resistore in serie al condensatore ideale; quelli che si verificano nel dielettrico,<br />
disponendo un resistore in parallelo al condensatore ideale. L'autoinduzione, infine, si rappresenta<br />
disponendo un induttore in serie all'elemento ideale.<br />
Circuito equivalente di un condensatore reale<br />
Alle frequenze più basse un condensatore rappresentato dal modello in figura si comporta come un<br />
resistore di altissimo valore. Poi c'è un'ampia regione di comportamento capacitivo. Intervengono<br />
quindi effetti di risonanza e a frequenze ancora superiori l'elemento reale si comporta come un<br />
induttore.<br />
8 Tipicamente, in un resistore da 1 M l'effetto Boella si manifesta poco oltre 100 kHz; in un resistore da 10 G ad<br />
appena 1 kHz.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 15<br />
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Nella maggior <strong>parte</strong> dei condensatori la carica elettrica non viene immagazzinata solo sulle<br />
armature, ma anche, in piccola <strong>parte</strong>, nel dielettrico stesso, per un effetto chiamato di assorbimento<br />
dielettrico 9 (dielectric absorption, soaking). L'assorbimento e il rilascio delle cariche nel dielettrico<br />
sono processi assai lenti, che vengono rappresentati con lo schema equivalente di Dow: accanto alla<br />
capacità direttamente accessibile ai morsetti, vi è una molteplicità di "capacità remote" collegate<br />
all'ingresso attraverso resistori di valore elevato.<br />
a) modello di Dow per rappresentare il<br />
fenomeno dell'assorbimento dielettrico<br />
b) modello semplificato di un<br />
condensatore in Mylar da 1 µF<br />
Gli induttori sono disponibili con valori tipicamente compresi fra i microhenry e gli henry.<br />
Una distinzione importante è fra quelli avvolti in aria (o su un supporto isolante) e quelli avvolti su<br />
un nucleo di materiale ferromagnetico (che permette di ottenere induttanza più elevata). Questi<br />
ultimi possono manifestare effetti nonlineari, dato che in questi materiali la caratteristica flusso<br />
magnetico-corrente presenta sia saturazione che isteresi.<br />
Gli effetti dissipativi che si verificano negli induttori si rappresentano disponendo un<br />
resistore in serie all'induttore ideale; quelli che si verificano nell'eventuale nucleo ferromagnetico<br />
(correnti parassite), disponendo un resistore in parallelo (perché? provate a stabilirlo) all'induttore<br />
ideale. Le capacità parassite, infine, si rappresentano (in prima approssimazione, dato che si tratta di<br />
capacità distribuite fra le spire) disponendo un condensatore<br />
in parallelo.<br />
Circuito equivalente di un induttore reale<br />
Gli induttori reali sono soggetti a fenomeni di accoppiamento magnetico con l'esterno, che<br />
sono particolarmente rilevanti nei dispositivi che non sono avvolti su un nucleo ferromagnetico<br />
9 Per osservare questo fenomeno basta caricare un condensatore, poi scaricarlo, cortocircuitandolo brevemente, e quindi<br />
misurare la tensione ai suoi terminali con un voltmetro avente alta resistenza d'ingresso.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 16<br />
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chiuso: non è trascurabile, in generale, nè il campo magnetico prodotto da un induttore al suo<br />
esterno nè l'induzione prodotta nell'elemento stesso da un campo variabile esterno 10 .<br />
Negli <strong>elementi</strong> reali, in generale, i vari effetti parassiti sono via via più rilevanti passando<br />
dai resistori (che meglio verificano il comportamento del modello <strong>ideali</strong>zzato), ai condensatori e poi<br />
agli induttori (che sono gli <strong>elementi</strong> passivi reali con comportamento più lontano da quello<br />
dell'elemento ideale corrispondente). Generalmente, i parametri che rappresentano effetti parassiti<br />
che dipendono solo dalla geometria dei dispositivi reali (per esempio, le capacità elettrostatiche)<br />
sono costanti, indipendenti dalla frequenza. Altri parametri, invece, presentano una sensibile<br />
dipendenza dalla frequenza (per esempio, quelli che rappresentano le dissipazioni associate alla<br />
polarizzazione di un dielettrico oppure dovute all'effetto pelle).<br />
11. Rappresentazione delle dissipazioni degli <strong>elementi</strong> reattivi reali<br />
Negli induttori e nei condensatori si usa spesso un solo parametro equivalente per<br />
rappresentare globalmente tutti gli effetti dissipativi: una resistenza Rs disposta in serie all'elemento<br />
ideale, chiamata resistenza serie equivalente (ESR, equivalent series resistance), oppure una<br />
resistenza Rp disposta in parallelo. Queste grandezze si misurano, o si calcolano, come <strong>parte</strong> reale<br />
dell’imp<strong>ed</strong>enza o dell’ammettenza dell’elemento reale. Esse hanno generalmente valori dipendenti<br />
dalla frequenza.<br />
Per lo stesso scopo si usa anche un parametro adimensionale, chiamato fattore di merito (o<br />
fattore di qualità) Q, che è definito, a ciascuna frequenza, dal rapporto fra il modulo della reattanza<br />
dell'elemento e la resistenza serie equivalente oppure, che è lo stesso, fra il modulo della<br />
suscettanza B dell'elemento e l'inverso Gp della sua resistenza equivalente parallelo:<br />
(19)<br />
X B<br />
Q <br />
R G<br />
s p<br />
Il fattore di merito ha un significato fisico diretto: esso esprime il rapporto, moltiplicato per 2, fra<br />
l'energia massima immagazzinata dall'elemento reattivo e l'energia dissipata in un periodo, quando<br />
l'elemento reale si trova in regime sinusoidale permanente alla frequenza considerata.<br />
Per un induttore e per un condensatore si ha rispettivamente:<br />
10 E’ possibile schermare gli induttori per minimizzare gli inconvenienti dovuti a questi fenomeni, ma questo<br />
proc<strong>ed</strong>imento ne riduce l’induttanza (effetto prossimità) e introduce dissipazioni addizionali. Per minimizzare<br />
l’accoppiamento fra due bobine cilindriche, conviene disporle con gli assi perpendicolari fra loro. D'altra <strong>parte</strong>, se si<br />
vogliono rappresentare in un circuito gli effetti dell'accoppiamento magnetico fra due induttori, si utilizza un apposito<br />
elemento a due porte: gli induttori accoppiati.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 17<br />
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(20)<br />
L<br />
Rp<br />
1<br />
Q ; Q CR<br />
R LCR S S<br />
Nel caso dei condensatori le dissipazioni si caratterizzano più spesso con<br />
la grandezza tang= 1/Q, chiamata fattore di perdita. La figura a fianco<br />
rappresenta nel piano complesso l’imp<strong>ed</strong>enza Z di un condensatore C in<br />
serie a una resistenza Rs, individuando l’angolo δ (angolo di perdita).<br />
Il valori del fattore di merito sono generalmente compresi tra 100 e 10000 per i<br />
condensatori, mentre superano difficilmente qualche centinaio per gli induttori. Questa grandezza<br />
dipende dalla frequenza, ma la sua dipendenza è di solito più debole di quella che presentano le<br />
resistenze equivalenti Rs e Rp.<br />
Nel caso particolare dei <strong>circuiti</strong> che presentano il fenomeno della risonanza (sia serie che<br />
parallelo) il fattore di merito, di solito, viene specificato alla frequenza di risonanza. In tal caso la<br />
reattanza che si considera nella (19) è quella della sola <strong>parte</strong> induttiva del circuito (o di quella<br />
capacitiva, dato che sono uguali), mentre la resistenza Rs è data dalla somma delle resistenze serie<br />
equivalenti dei due <strong>elementi</strong> reattivi.<br />
Per ridurre le perdite nei conduttori, e nelle bobine, ad alta frequenza, in particolare quelle<br />
per effetto pelle, si possono impiegare vari accorgimenti. Come utilizzare conduttori argentati<br />
oppure il cosiddetto filo litz, costituito dal parallelo di una molteplicità di conduttori molto sottili,<br />
isolati singolarmente.<br />
Esercizio 1. Si consideri il modello di un condensatore reale, costituito da un resistore R1 in serie alla capacità C e da<br />
un resistore R2 in parallelo ad essa, dove C, R1 e R2 sono grandezze indipendenti dalla frequenza. Ricavare l'espressione<br />
dell'imp<strong>ed</strong>enza del circuito e individuarne la resistenza serie equivalente e la capacità equivalente. Determinare i limiti<br />
per e per dell'imp<strong>ed</strong>enza, della resistenza serie equivalente e della capacità equivalente. Ricavare<br />
l'espressione del fattore di perdita tang in funzione di e tracciarne un grafico. Esprimere questa grandezza in<br />
funzione di tang (R1 0, R2 = ) e di tang (R1 = 0, R2 < ).<br />
Esercizio 2. Misurando con un ponte il fattore di merito tang di un condensatore da 10 nF a varie frequenze si sono<br />
ottenuti i valori riportati nella tabella.<br />
frequenza (kHz) 0.1 0.2 1 2 10 20 100<br />
tang (10 -4 ) 11 5 1.2 0.8 2.2 4.1 21<br />
Supponendo costante con la frequenza la capacità equivalente del condensatore, determinare, alle frequenze<br />
considerate, i valori della resistenza serie equivalente e della resistenza parallelo equivalente. Usando questi risultati,<br />
individuare un modello del condensatore con parametri indipendenti dalla frequenza.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 18<br />
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p
12. Generatori indipendenti <strong>ideali</strong><br />
I generatori indipendenti sono i bipoli che permettono di intervenire dall'esterno su un<br />
circuito elettrico. Sono <strong>elementi</strong> attivi, che non dissipano nè accumulano energia, ma la scambiano<br />
in modo reversibile e senza vincoli con un sistema fisico esterno (che non è rappresentato nel<br />
circuito). Una pila, per esempio, scambia energia in modo, idealmente, reversibile fra il circuito<br />
elettrico e un sistema elettrochimico.<br />
Il generatore indipendente ideale di tensione è descritto dall'equazione costitutiva:<br />
(21) v(t) = vo(t) per i(t) arbitraria<br />
Esso impone dunque ai suoi terminali la tensione vo(t), con legge prestabilita,<br />
indipendentemente dalla corrente che lo attraversa, e quindi dal circuito a cui esso è collegato.<br />
Dipende invece dal circuito il valore e il segno della potenza che esso fornisce, che possono essere<br />
qualsiasi. Se vo(t) = 0, l'elemento è disattivato e degenera in un cortocircuito 11 . Il generatore<br />
indipendente ideale di tensione costituisce un buon modello di molti generatori <strong>elettrici</strong> reali (pile,<br />
accumulatori, dinamo, alternatori, ecc.).<br />
Simboli grafici dei generatori indipendenti <strong>ideali</strong>. La convenzione<br />
dei segni usata di solito è opposta a quella coordinata, in modo<br />
che il prodotto v(t) i(t) rappresenti la potenza erogata da questi<br />
<strong>elementi</strong>.<br />
Il generatore indipendente ideale di corrente è descritto dall'equazione costitutiva:<br />
(22) i(t) = io(t) per v(t) arbitraria<br />
Esso è dunque attraversato dalla corrente io(t), con legge prestabilita, indipendentemente dalla<br />
tensione ai suoi morsetti, e quindi dal circuito a cui esso collegato. Dipende, invece, dal circuito<br />
esterno il valore e il segno della potenza che esso fornisce, che possono essere qualsiasi. Se io(t) = 0,<br />
l'elemento è disattivato e degenera in un circuito aperto 11 . Il generatore indipendente ideale di<br />
corrente costituisce un modello di vari <strong>circuiti</strong> contenenti <strong>elementi</strong> attivi reali.<br />
Le definizioni degli <strong>elementi</strong> <strong>ideali</strong> date sopra conducono a varie incongruenze. Per<br />
esempio: quale tensione si stabilisce ai terminali di due generatori di tensione disposti in parallelo?<br />
11 Si può, in alternativa, considerare il cortocircuito come un particolare generatore di tensione caratterizzato da vo(t) = 0<br />
e, allo stesso modo, considerare il circuito aperto come un particolare generatore di corrente caratterizzato da io(t) = 0.<br />
Questi <strong>elementi</strong> sono, però, evidentemente passivi.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 19<br />
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Quale corrente attraversa due generatori di corrente disposti in serie? E ancora, come può un<br />
generatore fornire corrente, o tensione, (e quindi potenza) illimitata?<br />
Per risolvere tali incongruenze occorre fare riferimento a modelli più realistici, basati sul<br />
comportamento fisico dei dispositivi reali di cui i generatori controllati costituiscono i modelli<br />
<strong>ideali</strong>zzati. Nel caso dei generatori di tensione si deve tener conto della resistenza, o dell'imp<strong>ed</strong>enza,<br />
interna che è disposta in serie all'elemento ideale; nel caso dei generatori di corrente, invece, si deve<br />
tener conto della conduttanza, o dell'ammettenza,<br />
interna che è disposta in parallelo all'elemento ideale. E<br />
allora i modelli dei generatori reali sono quelli mostrati<br />
nelle figure a fianco.<br />
Collegando ora in cortocircuito i due generatori<br />
reali così ottenuti, la corrente che scorre fra i loro<br />
terminali è, nei due casi:<br />
i(t) = {zo(t)} -1 vo(t) ; i(t) = io(t)<br />
mentre lasciandoli a circuito aperto la tensione che si stabilisce ai loro terminali è, nei due casi:<br />
v(t) = vo(t) ; v(t) = {yo(t)} -1 io(t)<br />
Si conclude allora che i due generatori reali sono equivalenti fra loro, nel senso che l'uno<br />
può essere sostituito con l'altro, se sono verificate le condizioni:<br />
(23) vo(t)={yo(t)} -1 io(t) (io(t)={zo(t)} -1 vo(t)) ; {yo(t)}={zo(t)} -1<br />
In regime permanente sinusoidale si ha l'equivalenza se:<br />
(23a) Vo = (Yo(j)) -1 Io (Io = (Zo(j)) -1 Vo) ; Yo(j) = 1/Zo(j)<br />
Se vale la (23a), infatti, collegando ai generatori reali un bipolo di imp<strong>ed</strong>enza arbitraria Z(j), la<br />
corrente che scorre in quest'ultimo è la stessa in entrambi i casi.<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 20<br />
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ELEMENTI A DUE PORTE<br />
Si considerano tre <strong>elementi</strong> passivi fondamentali a due porte, induttori accoppiati,<br />
trasformatore ideale e giratore, e vari <strong>elementi</strong> attivi, fra i quali hanno particolare importanza i<br />
generatori controllati.<br />
13. Induttori accoppiati<br />
L'elemento ideale induttori accoppiati è descritto dalle seguenti equazioni costitutive:<br />
(24) <br />
<br />
<br />
di1 t di2 t di1 t di2 t<br />
v1 t L1 M ; v2 t M L2<br />
dt dt dt dt<br />
Simbolo grafico dell'elemento induttori accoppiati. I pallini indicano il segno della<br />
tensione indotta a una porta per effetto di una corrente entrante nell'altra (se sono<br />
concordi M > 0, se sono discordi M < 0).<br />
Si tratta di equazioni differenziali e pertanto l'elemento è dinamico,<br />
dotato di memoria. Si nota che se le due correnti sono costanti, le due tensioni sono nulle e allora<br />
svanisce l'accoppiamento fra le due porte. In continua, in particolare, ciascuna delle due porte<br />
dell'elemento si comporta come un cortocircuito. In regime permanente sinusoidale le equazioni<br />
costitutive assumono la forma:<br />
(25) V1 = jL1I1 + jMI2 ; V2 = jMI1 + jL2I2<br />
La passività dell'elemento impone le seguenti condizioni per i valori delle tre costanti reali che figurano nelle equazioni<br />
costitutive:<br />
(26) L1 0 ; L2 0 ; |M| (L1L2)<br />
Se, infatti, la porta 2 è aperta, e quindi i2 = 0, l'elemento si comporta alla porta 1 come un induttore di induttanza L1,<br />
sicché deve essere L1 0 per la passività. Analogo discorso, scambiando fra loro le porte, conduce alla condizione<br />
L2 0. La condizione per M, infine, si ricava imponendo la passività dell'elemento quando si considerino amb<strong>ed</strong>ue le<br />
porte percorse da corrente. Poiché la potenza assorbita è:<br />
p(t) = v1(t) i1(t) + v2(t) i2(t) = L1i1di1/dt + M(i1di2/dt + i2di1/dt) + L2i2di2/dt<br />
la condizione di passività (7), applicata alle due porte dell'elemento, diventa:<br />
E(t) = p() d = ½ L1i1²(t) + Mi1(t)i2(t) + ½ L2i2²(t) 0<br />
Che è verificata per qualunque valore delle due correnti all'istante generico t, e quindi per qualunque valore del rapporto<br />
i1/i2, soltanto se M² - L1L2 0, da cui deriva l'ultima delle condizioni (26).<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 21<br />
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Il comportamento energetico dell'elemento induttori accoppiati è analogo a quello dell'induttore<br />
(come mostra anche la prec<strong>ed</strong>ente discussione sulla passività).<br />
La costante M, il cui valore determina l'accoppiamento fra le due porte, si esprime spesso<br />
nella forma normalizzata:<br />
(27)<br />
M<br />
K 0 K 1<br />
LL<br />
1 2<br />
Le equazioni costitutive (24) indicano che lo stato del sistema è caratterizzato dalle due<br />
variabili i1(t) e i2(t) (ma ne basta una sola se K=1). E' possibile invertire le equazioni costitutive,<br />
esprimendo le correnti in funzione delle tensioni (e introducendo i termini che rappresentano lo<br />
stato iniziale, come nella (15)), salvo quando si verifica K=1. Questo caso particolare di<br />
accoppiamento totale viene rappresentato con un altro elemento: il trasformatore ideale.<br />
E' possibile generalizzare l'elemento induttori accoppiati da 2 a N porte. Le costanti che appaiono nelle<br />
equazioni costitutive dovranno soddisfare condizioni analoghe alle (26): Lk 0, |Mhk| (LhLk).<br />
Esercizio. Determinare l'induttanza del circuito ottenuto collegando in serie le due porte dell'elemento induttori<br />
accoppiati, in ciascuno dei due modi possibili. Nel primo si porrà: v = v1+v2, i1 = i, i2 = i; nel secondo, v = v1 - v2,<br />
i1 = i, i2 = -i.<br />
Esercizio. Dimostrare che l'elemento induttori accoppiati è reciproco.<br />
14. Trasformatore ideale<br />
Il trasformatore ideale è descritto dalle seguenti equazioni costitutive:<br />
(28) v1(t) = n v2(t) ; i1(t) = -i2(t) / n<br />
dove n è una costante reale e il segno negativo che appare nella seconda equazione dipende dalla<br />
scelta coordinata dei versi delle grandezze elettriche. Questo elemento costituisce un modello dei<br />
trasformatori reali, dove il modulo del coefficiente n rappresenta il<br />
rapporto fra il numero di spire dell'avvolgimento primario e quello<br />
del secondario.<br />
Simbolo grafico del trasformatore ideale<br />
Le (28) sono equazioni algebriche e pertanto il trasformatore<br />
ideale è un elemento statico, privo di memoria. La conseguenza, nel caso di segnali variabili nel<br />
G. V. Pallottino – Aprile 2011 Appunti di Elettronica - Parte II pag. 22<br />
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tempo, è che le forme d'onda delle tensioni (delle correnti) alle due porte sono identiche fra loro, a<br />
<strong>parte</strong> il fattore di scala n.<br />
Calcolando la potenza totale assorbita dal trasformatore ideale p(t) = v1(t)i1(t) + v2(t)i2(t), si<br />
conclude che è identicamente nulla a ogni istante di tempo. Si tratta dunque di un elemento non<br />
energetico, che non assorbe nè c<strong>ed</strong>e energia, ma la trasferisce integralmente da una porta all'altra.<br />
La funzione del trasformatore ideale quella di alterare, secondo i rapporti n e 1/n, le<br />
grandezze elettriche tensione e corrente alle due porte e quindi, secondo il rapporto n 2 , i livelli<br />
d'imp<strong>ed</strong>enza alle porte. Ciò ha conseguenze di grande importanza. Esaminiamo, in particolare,<br />
quanto accade quando colleghiamo una porta del trasformatore, per esempio la porta 2, a un<br />
resistore di resistenza R. Si ha i2 = -v2/R, da cui i1 = v2/nR. Poichè v2 = v1/n, si conclude che la<br />
corrente che fluisce nella porta 1 ha intensità: i1 = v1/n²R ossia il resistore viene visto, attraverso il<br />
trasformatore, come se avesse resistenza n²R. Analogo discorso vale per un induttore L, che sarà<br />
visto come se avesse induttanza n²L, e per un condensatore, che sarà<br />
visto come se avesse capacità C/n².<br />
v1 = n 2 R i1<br />
Ricordiamo qui come la possibilità di alterare a piacimento il<br />
rapporto fra tensione e corrente, idealmente senza perdite di energia (con dissipazioni relativamente<br />
modeste nei trasformatori reali 12 ), abbia condotto alla fine dell’Ottocento, dopo l'invenzione del<br />
trasformatore, a scegliere le correnti alternate, invece delle correnti continue, per la trasmissione a<br />
distanza e la distribuzione dell'energia elettrica. Infatti, quando si collega un generatore a un carico<br />
attraverso un linea di resistenza R, la potenza dissipata nella linea per effetto Joule è Ieff 2 R.<br />
Disponendo un trasformatore elevatore fra il generatore e la linea (e uno riduttore fra la linea e il<br />
carico), la corrente sulla linea si riduce di un fattore n e la potenza dissipata in R di n², a parità di<br />
potenza trasmessa (la tensione sulla linea, invece, aumenta dello stesso fattore n, rendendo<br />
necessario affrontare i conseguenti problemi di isolamento, per evitare scariche indesiderate).<br />
Il modello ideale rappresentato dalle (28) conduce a una evidente incongruenza: l'elemento<br />
ideale trasferisce anche segnali in continua, oltre che in alternata (sappiamo, invece, che le correnti<br />
indotte nascono soltanto da variazioni di flusso magnetico). Per risolvere questa incongruenza,<br />
occorre fare riferimento a un modello più realistico, basato sul comportamento fisico del<br />
trasformatore reale: per questo si introduce un induttore di valore opportuno in parallelo alla porta 1<br />
(oppure alla porta 2) dell'elemento ideale. L'induttanza di questo induttore rappresenta quella<br />
12 I trasformatori usati nelle applicazioni di potenza possono presentare rendimenti di oltre il 99%.<br />
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dell'avvolgimento del trasformatore reale che corrisponde alla porta 1 (alla porta 2), misurato a<br />
vuoto, cioè con l'altro avvolgimento a circuito aperto.<br />
Osserviamo infine che il trasformatore ideale può essere ricavato con un passaggio al limite<br />
dall'elemento ideale induttori accoppiati. Per questo occorrono due ipotesi. La prima è che vi sia<br />
accoppiamento totale K=1, cioè M=(L1L2) ½ , da cui si ha: L1 = n²L, M = nL, L2 = L. Sostituendo i<br />
coefficienti nelle equazioni costitutive (24) si ottiene: v1 = n v2. La seconda ipotesi è che<br />
l'induttanza L abbia valore infinito. Ricavando dalla seconda delle (24) il rapporto: (di1/dt)/(di2/dt) =<br />
(v2/nL)/(di2/dt) - 1/n Facendo tendere L all'infinito, si ottiene: di1/dt = -(di2/dt)/n. Integrando da -<br />
a t si ha infine: i1 = -i2 / n.<br />
E' dunque chiaro che il trasformatore ideale e l'elemento induttori accoppiati sono due<br />
modelli dello stesso elemento reale, realizzato tipicamente avvolgendo due bobine su un nucleo di<br />
materiale ferromagnetico. Usiamo pertanto un unico circuito equivalente per rappresentare gli<br />
effetti parassiti dei due <strong>elementi</strong> <strong>ideali</strong>.<br />
15. Circuito equivalente degli <strong>elementi</strong> induttivi a due porte reali<br />
Circuito equivalente reale per gli induttori accoppiati e il<br />
trasformatore ideale. La <strong>parte</strong> racchiusa dal tratteggio è un<br />
trasformatore ideale con l’aggiunta dell’induttore Lp.<br />
L'effetto di dispersione del flusso magnetico,<br />
dovuto al fatto che il flusso prodotto in ciascuno<br />
dei due avvolgimenti dell'elemento reale è solo parzialmente concatenato con l'altro avvolgimento,<br />
cioè si ha K < 1, è rappresentato in figura dai due induttori Ls1 e Ls2 disposti in serie alle due porte (i<br />
quali non sono accoppiati nè fra loro nè con gli altri induttori del circuito). La rete compresa nel<br />
rettangolo tratteggiato gode invece di accoppiamento totale <strong>ed</strong> è rappresentata da un trasformatore<br />
ideale con l'induttore Lp in parallelo. Si ha dunque L1= Ls1+Lp, L2=Ls2+Lp/n². Nel caso in cui la<br />
dispersione del flusso sia della stessa entità nei due avvolgimenti, avremo Ls1 = (1-K)L1,<br />
Ls2 = (1-K)L2, da cui si ricava, ponendo n = (L1/L2) ½ : Lp = K(L1L2) ½ .<br />
Il resistore Rp disposto in parallelo rappresenta le dissipazioni nel nucleo ferromagnetico<br />
(dette perdite nel ferro); i resistori Rs1 e Rs2 disposti in serie, le dissipazioni nei conduttori degli<br />
avvolgimenti (dette perdite nel rame). Le capacità Cp1 e Cp2 rappresentano le capacità elettrostatiche<br />
dei due avvolgimenti. Il circuito può essere completato con l'aggiunta di altre capacità che tengano<br />
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conto, per esempio, dell'accoppiamento elettrostatico fra i due avvolgimenti (che in pratica si può<br />
minimizzare inserendo fra essi uno schermo elettrostatico separatore).<br />
Esercizio 1. Usiamo un trasformatore con rapporto spire n per collegare un carico di resistenza RL = 4 all’uscita di<br />
un amplificatore, che schematizziamo come un generatore di tensione alternata di valore efficace Vo = 10 volt con in<br />
serie una resistenza Ro = 1000 . Calcolare, in funzione di n, la tensione efficace ai terminali del carico, la corrente<br />
efficace che attraversa il carico e la potenza assorbita dal carico. Determinare il valore di n che massimizza quest'ultima<br />
grandezza. Calcolare quindi l'induttanza L che deve avere il primario perché il circuito trasmetta la banda audio (entro<br />
-3 dB al limite inferiore della banda).<br />
Esercizio 2. Abbiamo un amplificatore il cui stadio di uscita (supposto avente resistenza interna nulla) presenta le<br />
seguenti caratteristiche: a) la sua tensione è compresa nell'intervallo -15, +15 V; b) la corrente che può erogare è<br />
compresa tra -0,1 e +0,1 A. Vogliamo usarlo per alimentare un resistore di carico di 8 , al quale si desidera fornire la<br />
massima potenza in regime sinusoidale.<br />
1) Calcolare la potenza ottenibile nel carico quando esso viene collegato direttamente all'amplificatore.<br />
2) Calcolare la potenza nel carico quando esso viene collegato all'amplificatore tramite un trasformatore.<br />
3) Determinare il valore del coefficiente n per cui la potenza nel carico è massima.<br />
16. Giratore<br />
La terza rete passiva a due porte, chiamata giratore, è l'unica che non sia reciproca. Le sue<br />
equazioni costitutive sono:<br />
(29) v1(t) = -R i2(t) ; v2(t) = R i1(t)<br />
Simbolo grafico del giratore<br />
dove la costante reale R prende il nome di costante di girazione. Si<br />
tratta di equazioni algebriche e pertanto il giratore è un elemento statico,<br />
privo di memoria. Si dimostra facilmente che si tratta di una rete passiva, più precisamente non<br />
energetica, come il trasformatore ideale: la potenza assorbita p(t) è infatti identicamente nulla a ogni<br />
istante.<br />
La caratteristica fondamentale del giratore è costituita dallo scambio fra tensione e corrente<br />
alle due porte; questo si traduce in particolare nel trasformare un induttore collegato a una porta in<br />
un condensatore osservato all'altra porta (e viceversa).<br />
Se chiudiamo una porta di un giratore, per esempio la porta 2, su un resistore di resistenza<br />
R', alla porta 1 si ottiene: v1=(R²/R')i1. Se chiudiamo la porta 2 su<br />
un condensatore di capacità C, alla porta 1 si ottiene:<br />
di<br />
2 1 v1 <br />
R C<br />
dt<br />
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cioè il condensatore viene visto come un induttore.<br />
Notiamo che l'impiego di un giratore costituisce un mezzo per ottenere induttori con<br />
caratteristiche più vicine a quelle <strong>ideali</strong> rispetto agli induttori fisici. Vi sono vari schemi per<br />
realizzare giratori, usando <strong>circuiti</strong> attivi, e sono stati anche realizzati giratori nella forma di moduli<br />
integrati.<br />
17. Generatori controllati <strong>ed</strong> altri <strong>elementi</strong> attivi <strong>ideali</strong> a due porte<br />
Nei generatori controllati si distingue una porta d'ingresso, dove si esercita il controllo, e<br />
una d'uscita, dove è inserito un generatore di tensione o di corrente. La grandezza elettrica d'uscita<br />
associata al generatore è proporzionale, secondo una costante reale che ne costituisce il parametro<br />
di controllo, a una soltanto delle due grandezze elettriche della porta d'ingresso (tensione o<br />
corrente). Si hanno così i seguenti quattro tipi di generatori controllati:<br />
a) generatore di tensione controllato in tensione (amplificatore ideale di tensione o convertitore<br />
tensione-tensione)<br />
(30) v2(t) = av1(t) per i2(t) arbitraria ; i1(t) = 0<br />
b) generatore di tensione controllato in corrente (amplificatore ideale a transresistenza o<br />
convertitore corrente-tensione)<br />
(31) v2(t) = r i1(t) per i2(t) arbitraria ; v1(t) = 0<br />
c) generatore di corrente controllato in corrente (amplificatore ideale di corrente o convertitore<br />
corrente-corrente)<br />
(32) i2(t) = k i1(t) per v2(t) arbitraria ; v1(t) = 0<br />
d) generatore di corrente controllato in tensione (amplificatore ideale a transconduttanza o<br />
convertitore tensione-corrente)<br />
(33) i2(t) = g v1(t) per v2(t) arbitraria ; i1(t) = 0<br />
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dove i parametri di controllo a, r, k, g sono costanti reali. a e k sono adimensionali, r ha le<br />
dimensioni di una resistenza, g quelle di una conduttanza.<br />
I generatori controllati così definiti sono evidentemente degli <strong>elementi</strong> statici, attivi e non<br />
reciproci. Essi possono essere trasformati in <strong>elementi</strong> dinamici, sostituendo le costanti a, r, k, g con<br />
altrettanti operatori differenziali. Le loro proprietà di attività e di non reciprocità, invece, sono<br />
intrinseche alla loro natura di generatori controllati.<br />
I generatori controllati costituiscono modelli di vari tipi di componenti elettronici attivi reali.<br />
In particolare, il generatore di corrente controllato in tensione è un modello per i tubi elettronici<br />
dotati di griglia di controllo e per i transistori a effetto di campo; il generatore di corrente<br />
controllato in corrente, per i transistori bipolari. Notiamo però che uno qualsiasi di essi, con<br />
l'aggiunta di opportuni bipoli passivi, è sufficiente a realizzare il circuito equivalente di qualsiasi<br />
componente elettronico attivo reale.<br />
I generatori controllati sono usati anche come modelli di <strong>circuiti</strong> amplificatori comprendenti<br />
uno o più <strong>elementi</strong> attivi, e la scelta fra l’uno o l’altro dipende sia dal tipo degli <strong>elementi</strong> attivi sia<br />
dell'imp<strong>ed</strong>enza della sorgente e del carico. In generale, conviene utilizzare come modello di un dato<br />
circuito amplificatore quel generatore controllato, fra i quattro possibili, che meglio verifica la<br />
condizione che il relativo coefficiente di proporzionalità sia, almeno approssimativamente,<br />
indipendente dai valori effettivi delle imp<strong>ed</strong>enze della sorgente e del carico del circuito considerato.<br />
Si assume, per esempio, il modello (30) (amplificatore ideale di tensione) quando l'imp<strong>ed</strong>enza<br />
d'ingresso del circuito è molto maggiore di quella della sorgente e l'imp<strong>ed</strong>enza d'uscita molto<br />
minore di quella del carico.<br />
Questi modelli, in pratica, vengono resi più realistici con l'aggiunta di opportuni <strong>elementi</strong><br />
passivi: nel caso di un amplificatore di tensione rappresentato dal modello (30), una imp<strong>ed</strong>enza<br />
posta in parallelo alla porta 1 rappresenterà l'imp<strong>ed</strong>enza d'ingresso dell'amplificatore reale; una<br />
imp<strong>ed</strong>enza in serie alla porta 2 ne rappresenterà l'imp<strong>ed</strong>enza d'uscita. Notiamo poi che il modello<br />
più conveniente per uno dato circuito amplificatore potrà risultare diverso a seconda dei valori delle<br />
imp<strong>ed</strong>enze della sorgente e del carico.<br />
Per quanto riguarda l'impiego dei generatori controllati come modelli dei dispositivi<br />
elettronici, è necessario osservare che si tratta generalmente di "modelli linearizzati" di tipo<br />
differenziale, chiamati <strong>circuiti</strong> equivalenti alle variazioni o per piccoli segnali. In questi modelli si<br />
ammette che il dispositivo elettronico reale sia polarizzato, cioè percorso da correnti elettriche di<br />
opportuna intensità, che ne stabiliscono il punto di lavoro e che ne assicurano il funzionamento, le<br />
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quali non sono rappresentate 13 nel modello stesso. Questi modelli, pertanto, rendono conto soltanto<br />
delle relazioni fra le variazioni delle grandezze elettriche alle due porte (variazioni intese rispetto ai<br />
valori, costanti, associati a un determinato punto di lavoro).<br />
Notiamo poi che il modello differenziale di un "componente attivo" è certamente attivo, ma<br />
il componente reale modellizzato non lo è, quando ad esso si applichi la definizione (7)<br />
considerando le grandezze elettriche in toto e non soltanto le loro variazioni. L'energia che il<br />
modello differenziale di un dispositivo attivo può fornire al circuito esterno (per esempio il carico<br />
collegato alla porta d'uscita) non deriva infatti dal dispositivo stesso, ma dal generatore che<br />
provv<strong>ed</strong>e all'alimentazione del circuito. Chiariamo questo punto specifico attraverso un esempio,<br />
considerando un transistore bipolare inserito in un circuito nella connessione a emettitore comune.<br />
18. Circuito comprendente un transistore bipolare: circuito equivalente per piccoli segnali<br />
L'elettrodo di<br />
base (B) del transistore<br />
in figura è polarizzato<br />
da un apposito circuito,<br />
che schematizziamo<br />
con un generatore ideale di corrente costante IB = 60 µA; l'elettrodo di collettore (C), è polarizzato<br />
dall'alimentatore (un generatore di tensione con vo = VCC = 12 volt) attraverso il resistore<br />
R = 1 k. Se il guadagno di corrente del transistore, in queste condizioni, è pari a 100, la corrente<br />
continua che scorre nel collettore è IC = 6 mA e la corrispondente tensione del collettore, rispetto al<br />
riferimento comune di massa, è VC = VCC - ICR = 6 volt. Calcolando la potenza assorbita dai vari<br />
<strong>elementi</strong>, si ottiene: per il generatore di alimentazione pA = -72 mW (esso, cioè, fornisce potenza),<br />
per il resistore pR = 36 mW, per il transistore pT = 36 mW, avendo trascurato la potenza dissipata nel<br />
circuito di base del transistore.<br />
Quando all'ingresso del circuito viene applicato il generatore di corrente variabile ib(t),<br />
questa corrente scorre nella base del transistore, sovrapponendosi a quella di polarizzazione. Se<br />
l'eccitazione segue la legge ib(t) = Ibsenot, con ampiezza Ib = 102 µA, la corrente totale nella base<br />
del transistore sarà iB(t) = IB + Ibsenot; e quella totale nel collettore sarà iC(t) = IC + Icsenot, con<br />
ampiezza Ic=2 mA se il guadagno in corrente rispetto alle variazioni è uguale anch'esso a 100. La<br />
tensione del collettore sarà allora: vC(t) = VCC iC(t)R = VCC ICR IcRsenot.<br />
13 Dalle condizioni di polarizzazione, tuttavia, dipendono i valori del parametro di controllo e delle altre costanti che<br />
figurano eventualmente nel modello del dispositivo.<br />
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In queste condizioni, la potenza assorbita dall'alimentatore è pA(t) = VCCiC(t), il cui valor<br />
m<strong>ed</strong>io su un periodo è PA= 72 mW; la potenza assorbita dal resistore è iC 2 (t)R, con valor m<strong>ed</strong>io<br />
PR = IC²R + ½Ic²R = 37 mW. La potenza assorbita dal transistore è vC(t)iC(t), con valor m<strong>ed</strong>io<br />
PT = IC 2 R ½Ic 2 R = 35 mW.<br />
Consideriamo ora il modello differenziale del circuito: un generatore di corrente controllato<br />
in corrente con k = 100, comandato da un generatore esterno ib(t) alla porta d'ingresso, alla cui porta<br />
d'uscita è collegato il resistore di carico R (il generatore VCC presenta infatti idealmente resistenza<br />
interna nulla e tensione costante sicché nel modello differenziale viene considerato come un<br />
cortocircuito).<br />
Calcolando le potenze assorbite in alternata dagli <strong>elementi</strong> del circuito equivalente, si ottiene<br />
che la potenza m<strong>ed</strong>ia assorbita dal carico è uguale a quella fornita dal generatore controllato:<br />
PR = PGC = 1mW.<br />
Ciò conferma quanto detto prima, ossia che il dispositivo elettronico "attivo" è<br />
effettivamente attivo solo quando se ne considera il modello differenziale, mentre è passivo quando<br />
si considerano i valori totali delle grandezze elettriche. Nel seguito, in accordo con l'uso corrente,<br />
chiameremo attivi i dispositivi elettronici il cui modello o circuito equivalente per piccoli segnali<br />
risulti attivo. Quello che in realtà si verifica, in tali dispositivi, è un fenomeno di conversione di<br />
energia: più precisamente, <strong>parte</strong> dell'energia erogata dall'alimentatore (in continua) viene utilizzata<br />
per accrescere l'energia del segnale variabile (in altrernata). E qui notiamo che generalmente<br />
l'alimentatore fornisce energia in continua, ma questo non avviene sempre: negli amplificatori<br />
parametrici l'energia viene fornita al circuito in alternata da una sorgente, detta pompa, e si verifica<br />
poi una conversione dalla frequenza della pompa in quella del segnale d’uscita.<br />
Oltre ai generatori controllati si definiscono vari altri <strong>elementi</strong> attivi <strong>ideali</strong> a due porte. Tra questi ci limitiamo<br />
a citare i convertitori di imp<strong>ed</strong>enza negativa (negative imp<strong>ed</strong>ance converters, NIC), che cambiano da passivo in attivo<br />
un elemento bipolare, alterandone inoltre il valore.<br />
VNIC v1 = -k1v2 ; i1 = -k2i2<br />
INIC v1 = k1v2 ; i1 = k2i2<br />
dove k1 > 0, kk > 0.<br />
Collegando per esempio un resistore R alla porta 2 di un INIC, si ha: v2 = -i2 R. Si ha d'altra <strong>parte</strong> v1 = k1 v2, da<br />
cui v1 = -k1 i2 R. Dividendo per i1 = k2 i2, si ottiene infine: v1/i1 = - (k1/k2) R. Si conclude che il resistore R, osservato<br />
attraverso la porta 1 dell'INIC, viene trasformato da passivo in attivo (o viceversa) e che il valore della resistenza viene<br />
mutato nel rapporto k1/k2.<br />
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