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Aprile 2009

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Attualità Nel Segno del Sangue<br />

qualche anno fa, Benedetto<br />

XVI in occasione della celebrazione<br />

della festa di San<br />

Giuseppe: “Il lavoro riveste<br />

primaria importanza per la<br />

realizzazione dell’uomo e per<br />

lo sviluppo della società, … al<br />

tempo stesso, è indispensabile<br />

che l’uomo non si lasci asservire<br />

dal lavoro, che non lo idolatri,<br />

pretendendo di trovare in<br />

esso il senso ultimo e definitivo<br />

della vita”.<br />

È vero. Oggi, purtroppo, si<br />

tende ad accumulare beni e<br />

ricchezze, considerandoli l’unico<br />

traguardo da raggiungere,<br />

come se l’uomo non avesse<br />

altri valori per conseguire la<br />

sua affermazione, la sua grandezza.<br />

Ciò è possibile perché<br />

manca un riferimento trascendente;<br />

si cerca infatti in vari<br />

modi di sopire l’anelito a Dio<br />

che è scritto in ogni cuore. Ed<br />

ecco l’affannarsi continuo a<br />

produrre e consumare.<br />

L’uomo ha diritto a vivere,<br />

e a vivere dignitosamente;<br />

perciò egli ha il dovere di utilizzare<br />

i frutti del suo lavoro<br />

114<br />

per soddisfare le sue esigenze,<br />

i bisogni essenziali, ma non<br />

può dare alla sua vita un senso<br />

materialistico e edonistico,<br />

che lo porta ad essere lontano<br />

da Dio e indifferente ai bisogni<br />

degli altri. Egli, invece,<br />

deve rispettare il disegno di<br />

Dio, datore di ogni bene, per<br />

crescere nel suo sviluppo interiore<br />

e realizzare la sua vocazione:<br />

vivere, anzi convivere<br />

nella libertà, abbracciando la<br />

verità per mezzo della carità.<br />

Se questa è la strada da<br />

seguire, allora le ricchezze, se<br />

non adoperate con giudizio e<br />

responsabilità, con spirito di<br />

carità per la giustizia, possono<br />

essere soltanto un ostacolo<br />

alla vera realizzazione dell’uomo,<br />

alla sua salvezza.<br />

Teniamo sempre presente il<br />

monito (o invettiva) di Gesù:<br />

“Guai a voi, ricchi, perché avete<br />

già la vostra consolazione!<br />

Guai a voi che ora siete sazi,<br />

perché avrete fame!”.<br />

Per questo molti santi provenienti<br />

da famiglie possidenti<br />

o nobili o viventi nell’agiatezza,<br />

conquistati dall’amore<br />

di Cristo e compreso di esser<br />

nati per amare, hanno voluto<br />

imitarlo, abbracciando la povertà<br />

per essere fratelli nella<br />

carità, quella carità che racchiude<br />

in sé tutto il Vangelo.<br />

Essi hanno compreso che la<br />

vera ricchezza è Gesù Cristo,<br />

il quale “… da ricco che era, si<br />

è fatto povero per voi, perché<br />

voi diventaste ricchi per mezzo<br />

della sua povertà” (2Cor 8,<br />

9). Lontano da ogni cupidigia<br />

e da ogni piacere mondano,<br />

queste persone hanno inoltre<br />

compreso che per amore di<br />

Gesù Cristo bisogna farsi<br />

come lui: essere poveri, “spogliarsi<br />

giorno dopo giorno per<br />

mettersi al servizio di Dio e<br />

dei fratelli, soprattutto di quelli<br />

più deboli, meno fortunati”.<br />

Occorre, perciò, non essere<br />

egoisti, non guardare sempre a<br />

se stessi, ma aprire il cuore e<br />

la mente e mettersi a disposizione<br />

degli altri, donando non<br />

solo i propri beni materiali.<br />

Insomma, bisogna cambiare<br />

prospettiva, modificare i nostri<br />

atteggiamenti, per vivere una<br />

fratellanza universale vivificata<br />

dall’amore che ci permette<br />

di comprendere i fratelli che<br />

soffrono, che sono nel bisogno,<br />

soccorrendoli, confortandoli,<br />

con cura e benevolenza.<br />

Il cristiano, colui che ha<br />

messo il suo cuore nel cuore di<br />

Cristo, non può che comportarsi<br />

in questo modo. Dice<br />

infatti san Giovanni apostolo:<br />

“Da questo abbiamo conosciuto<br />

l’amore. Egli ha dato

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